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Vita dei campi è una raccolta organizzata nel 1880. Tra i racconti ricordiamo Cavalleria
rusticana, La lupa, Fantasticheria, L’amante di Gramigna; anche queste raccontate con le
tecniche suddette tranne per Fantasticheria, che ha la forma di una lettera rivolta
dall’autore ad una dama borghese, con cui rievoca un soggiorno ad Aci Trezza. In queste
novelle ci sono tracce di romanticismo: la natura arcaica e paradisiaca in cui nascono
passioni violente in antitesi con l’artificiosità della vita borghese; ma anche il conflitto tra
l’individuo e il contesto sociale che lo rifiuta.
Il ciclo dei Vinti si propone di tracciare un quadro sociale passando in rassegna tutte le
classi, dai ceti popolari alla borghesia di provincia all’aristocrazia. Criterio centrale è il
darwinismo sociale ma l’accento non è posto sui vincitori di questa guerra universale e
sceglie come oggetto della sua narrazione i “vinti”. La Premessa del ciclo dei vinti
definisce i romanzi e i temi. Con I Malavoglia si parte dalle “basse sfere” e della “fiumana
del progresso” pronta a travolgere tutti coloro che non accettano il proprio ruolo sociale.
Poi abbiamo Mastro-don Gesualdo con la ricerca del meglio e l’avidità di ricchezza nella
borghesia di provincia. Il ciclo dei vinti si conclude ufficialmente qui: La Duchessa de Leyra
rimase incompleto insieme agli altri romanzi.
I Malavoglia è la storia di una famiglia di pescatori di Aci Trezza, i Toscano, denominati i
Malavoglia (nell’uso popolare i soprannomi sono spesso il contrario delle qualità di chi li
porta). Possiedono una casa e una barca, la Provvidenza, che consentono loro una vita
relativamente felice. Nel 1863 il giovane ‘Ntoni, figlio di Bastianazzo e nipote di padron
‘Ntoni, deve partire per il servizio militare. La famiglia deve così pagare un dipendente,
affrontare una cattiva annata e provvedere alla dote di Mena, la figlia maggiore che deve
sposarsi. Padron ‘Ntoni, dunque, compra a credito un carico di lupini dall’usuraio zio
Crocifisso per rivenderli in un porto vicino. Ma la barca naufraga nella tempesta,
Bastianazzo muore e il carico va perduto. Siamo davanti ad un dramma affettivo ed
economico. La casa viene pignorata; Luca, il secondogenito, muore nella battaglia di
Lissa; la madre, Maruzza, muore di colera; la Provvidenza, recuperata e riparata, naufraga
ancora, e la sventura disgrega il nucleo familiare. ‘Ntoni, che ha conosciuto le grandi città,
non si adatta più alle dure fatiche e comincia a frequentare l’osteria e le cattive compagnie
e, coinvolto e sorpreso nel contrabbando, finisce per dare una coltellata alla guardia
doganale. A causa del disonore caduto sulla famiglia, Mena non può più sposare Alfio.
L’ultimo figlio Alessi riesce a ripristinare la casa del nespolo continuando il mestiere del
nonno. ‘Ntoni, tornato da prigione, torna una notte in famiglia ma sente di non poter
restare e si allontana per sempre.
Il primo sconvolgimento è storico e avviene con il nuovo Regno che impone la coscrizione
obbligatoria che toglie le braccia al lavoro, ciò non avveniva con il Regno borbonico (e il
dazio della pece). Il vecchio sistema sociale è investito da quello nuovo. Oltre a questo
vediamo spinte interne che rappresentano la modernità: ‘Ntoni che vuole emanciparsi
contro padron ‘Ntoni che rappresenta la tradizione e l’ideale dell’ostrica. Il finale è
emblematico: il personaggio inquieto che ha messo in crisi il sistema se ne va in cerca del
progresso. Il suo percorso è continuato da Mastro-don Gesualdo; si passa dal
pre-moderno al moderno self-made man.
Dopo La roba delle Novelle rusticane, Verga è determinato ad abbandonare la
mitizzazione nostalgica e romantica del mondo rurale, ancora presente nella piccola
famiglia di Aci Trezza (che rappresenta i valori positivi contro i cattivi sguardi della
comunità catanese che tramite lo straniamento giudicano le azioni dei protagonisti), e a
guardare la realtà così com’è nella sua lotta quotidiana.
Mastro-don Gesualdo. Gesualdo Motta da semplice muratore è arrivato ad accumulare
una fortuna. All’inizio del romanzo, egli vorrebbe coronare la sua ascesa sociale sposando
Bianca Trao, di famiglia nobile, ma in rovina. Vuole farlo per aprirsi le strade
all’aristocrazia del paese che gli avrebbe consentito di stringere legami con quelli che
contano. Nonostante il matrimonio, però, Gesualdo rimane escluso dalla società nobiliare,
che lo disprezza per le sue origini, e persino la moglie non lo ama, anzi lo respingerà. La
figlia Isabella è frutto di una relazione prematrimoniale di Bianca con un cugino, e,
crescendo, respingerà a sua volta il “padre”, vergognandosi delle sue umili origini.
Gesualdo raccoglie discordie anche dai suoi parenti invidiosi dei suoi averi. Durante il ’48, i
nobili dirottano l’odio popolare contro Gesualdo, che si salva a stento dall’ira della folla.
Isabella gli crea un altro dolore: s’innamora di un cugino povero e fugge. Per riparare,
Gesualdo la dà in moglie al duca de Leyra, nobile squattrinato, ma deve sborsare una dote
spropositata. Gesualdo si ammala di cancro e viene accolto a Palermo nel palazzo del
genero e della figlia, ma viene segregato per le sue maniere rozza. Così egli trascorrerà i
suoi ultimi giorni in solitudine e senza ricchezze.
Qui il tema del darwinismo è crudele, le sfere sono quelle più alte e il tema dell’accumulo
della roba è esasperato. Più però si è attaccati ai beni e si cerca il progresso, più il destino
sembra essere crudele. La religione della famiglia e dei suoi valori, presenti ne “I
malavoglia”, ora diventa la religione della roba per questo il contrappasso è l’esser vinto
sul piano umano e vincitore materialmente.
Decadentismo. In Italia il romanzo decadente è conosciuto per D’Annunzio ma anche per
Fogazzaro che si allontanarono dalla narrativa verista. Nel Fogazzaro di Malombra nasce
un nuovo tema, largamente usato nel ‘900, quello dell’inetto (in aptus) a vivere; e viene
ripresa la donna fatale. Il romanzo non è scientifico e naturalista ma predilige il mistero, il
soprannaturale e gli aspetti morbosi della psiche. Oltretutto non c’è l’analisi della società
verista ma quella dell’individuo, quindi si deve ascrivere al “romanzo psicologico”.
Con Deledda siamo in un clima verista per l’analisi sociale, ambientale e folklorica della
Sardegna; ma anche interiore come in Elias Portolu in cui c’è il conflitto tra padre
autoritario e figlio debole e incerto che appartiene alla categoria degli inetti. In genere i
suoi personaggi fanno i conti con una società che, con le sue leggi morali, frena il
desiderio di evasione, di libertà e affermazione. L’amore dovrebbe rappresentare una via
d’uscita e molte volte lo è; altre volte è fonte di dolore e morte.
Malombra: Corrado Silla è uno scrittore ed è ospite del conte d’Ormengo presso il quale
vive la figlia di una sua sorella, Marina di Malombra, convinta di reincarnare l’anima di
Cecilia, una sua antenata che era stata segregata dal marito per espiare il tradimento. Fra
i due nasce un’attrazione che si conclude in tragedia: lei uccide lui.
Elias Portolu torna in famiglia, a Nuoro, dopo un periodo di reclusione passato in un
penitenziario. I buoni propositi di vivere in famiglia nel rispetto delle tradizioni e
dell’autorità, confidati alla madre al suo arrivo, si sfaldano davanti alla vista di Maddalena,
fidanzata e futura sposa del fratello. Inizialmente decide di non interferire e lascia che la
giovane si sposi. Dopo il matrimonio, però, i due cedono alla tentazione e lei rimane
incinta di un bambino che tutti credono essere figlio del fratello di Elias. Questi si fa prete
per il rimorso e solo di fronte alla morte del figlio troverà la pace interiore e un conforto
nella fede.
Gabriele D’Annunzio (1863-1939) nasce a Pescara da agiata famiglia borghese. Ancora
adolescente esordì con il Primo vere che ebbe una certa risonanza. Si trasferì a Roma per
l’università ma l’abbandonò per stare nei salotti e giornali. Presto si costruì la maschera
dell’esteta tra scandali e articoli dai contenuti erotici: visse d’arte contro la morale corrente
e la mediocrità borghese. Con gli anni ’90 si entra nella fase del mito del superuomo
ricavato da Nietzsche: non si parla solo di bellezza, ma di energie eroica, attivistica. Nella
realtà non abbracciò subito tale visione ma cercò un vivere inimitabile, fuori dalle norme
del vivere comune. In realtà questo ideale era strettamente legato alle esigenze del
mercato del suo tempo: più scandalo, più profitti. La contraddizione che non seppe mai
superare era quella secondo cui il culto della bellezza e il vivere inimitabile diventavano
ora schiavi delle esigenze di mercato e della borghesia. Nel 1910, A causa dei debiti,
dovette rifugiarsi in Francia. Il vero superuomo avvenne con la prima guerra mondiale,
durante la quale tornò in Italia e vi partecipò attivamente. Poi, la vittoria mutilata e la
marcia su Fiume. Il fascismo lo esaltò come padre della patria.
Esordio. Le raccolte liriche Primo vere e Canto novo si rifanno al Carducci delle Odi
barbare e prendono i temi del pagano e della natura sana e forte; la raccolta di novelle
Terra vergine, guarda al Verga di Vita dei campi. Come Verga anche D’Annunzio presenta
figure e paesaggi della sua terra, l’Abruzzo ma tramite una natura sensuale in cui
esplodono passioni primordiali e violenza e senza le speculazioni veriste.
Estetismo. Negli ’80 si avvicina ai decadenti francesi ed inglesi. Nell’Intermezzo di rime
confessa la stanchezza sensuale; Isaotta Guttadauro è un esercizio estetizzante di
recupero delle forme poetiche del ‘400; la Chimera insiste su temi di sensualità perversa e
immagini di femminilità fatale. In questa fase il verso è tutto e l’arte ha il valore supremo:
tutto è subordinato a essa, anche la vita che non risponde alle leggi del bene o del male,
ma al bello. Tramite la maschera dell’esteta, che l’autore veste nella letteratura e nella vita
isolata, egli riesce a rivalutare il ruolo sociale dell’intellettuale a lungo declassato e
surclassato dalla borghesia: tramite la sua vita eclettica e di scandali riesce a
pubblicizzare le sue opere e a vivere di agi e privilegi.
La crisi dell’estetismo. Si accorge presto, tuttavia, che l’esteta non ha la forza di
contrastare i nuovi valori borghesi: l’isolamento nel mondo dell’arte e della bellezza non è