“A
l'ode Luigia Pallavicini caduta da cavallo”, gli vennero dati numerosi incarichi militari, che lo
condussero in varie città italiane, tra le quali Firenze dove s'innamorò di Isabella Roncioni, già
promessa sposa, che contribuirà ad ispirargli, con Teresa Pikler, il personaggio di Teresa nell'Ortis.
Gli anni tra il 1801 e il 1804 furono anni di intensa attività letteraria ma anche di grande dolore per
la morte del fratello Giovanni, che si era ucciso con un colpo di pugnale. compose l'ode” All'amica
“
risanata per Antonietta Fagnani Arese, suo nuovo ardente amore; nel 1803 diede alle stampe nella
loro versione definitiva i sonetti con l'aggiunta dei quattro più famosi (Alla sera, A Zacinto, In
morte del fratello Giovanni, Alla Musa). Risale allo stesso anno la e la pubblicazione della”Chioma
di Berenice” di Catullo, con l'aggiunta di un “Inno alle Grazie”, accompagnatO da quattordici
“Considerazioni e quattro Discorsi” che racchiudono i lineamenti principali della sua poetica
neoclassica, ispirata alle idee del Winckelmann. Morì a Londra nel 1827. Foscolo aderì alle teorie
illuministiche di stampo materialistico e meccanicistico (in particolare il materialismo di Thomas
Hobbes, Paul Henri Thiry d'Holbach, Diderot ed Helvétius, e il sensismo di Condillac). Tali teorie,
da una parte, contenevano elementi rasserenanti in quanto allontanavano le superstizioni, ma
dall'altra determinarono in lui l'angoscia davanti al "nulla eterno", all'oblio che avvolge l'uomo dopo
la morte. Foscolo, infatti, si può definire ateo e razionalista, ma non areligioso. In lui il pessimismo
e l'ansia di eternità si agitano dando un tono drammatico a poesia e a prosa. Altre grandi
ispirazioni, modelli di vita e di letteratura, furono per lui Giuseppe Parini e Vittorio Alfieri. Foscolo
celebrò i valori insopprimibili nell'uomo che erano secondo lui la patria (l'Italia, ma anche Zante),
l'amore, la poesia, la libertà, la bellezza, l'arte, il piacere della vita e soprattutto le nobili imprese,
che rendono degni di essere ricordati. Simbolo di questa concezione è il sepolcro che, da legame di
affetto, simbolo di civiltà ed esempio per i compatrioti diventa suscitatore di poesia eternatrice,
monumento dunque inutile ai morti ma efficace strumento per i vivi, specialmente nel caso di
sepolcri o memoriali di uomini illustri.E’ molto legato all'estetica neoclassica: fa frequente ricorso
alla mitologia, vede nella Grecia classica non solo la propria origine, ma anche il rifugio ideale di
serenità. La vicinanza con Alfieri gli fa concepire l'arte sempre impegnata anche in funzione civile,
come già era stato per Parini: i tre letterati saranno infatti tra i simboli più frequenti dei
risorgimentali. Dallo storicismo di Vico riprende anche l'idea che gli uomini primitivi attraverso la
religione, i matrimoni e la sepoltura sono gradualmente pervenuti alla civiltà. Influenzato dalle
tragiche vicende del suo tempo, Foscolo non nutre più la fiducia nel progresso e nell'umanità degli
illuministi, ma descrive gran parte del mondo come regredito ad una "foresta di belve", riprendendo
le idee di Machiavelli e Hobbes; questo gli provoca, un conflitto doloroso, perché il cambiamento
presupponeva la rivoluzione e la rivoluzione portava comunque guerra e violenza.
GIACOMO LEOPARDI nasce nel 1798 da nobile famiglia, ricevette la prima educazione da
precettori ecclesiastici, così come si usava nella famiglie di un certo lignaggio, che tanto influirono
sulla sua formazione. Studiò latino, teologia, filosofia, ma fu anche iniziato ad un sapere
scientifico.Dal 1809 al 1816 Leopardi si immerse totalmente in uno "studio matto e disperatissimo",
della durata di sette anni, che assorbì tutte le sue energie e che recò gravi danni alla sua salute.
Apprese perfettamente il latino e, senza l'aiuto di maestri, il greco, l'ebraico e, seppure in modo più
sommario, altre lingue (francese, sanscrito, inglese, spagnolo, tedesco e yiddish) e compose, poi,
“Storia
opere di grande impegno ed erudizione. Risalgono a questi anni la dell'astronomia” del
“Saggio
1813, il sopra gli errori popolari degli antichi” del 1815, diversi discorsi su scrittori
classici, alcune traduzioni poetiche, dei versi e le tre tragedie, mai rappresentate durante la sua vita,
“La “Pompeo “Maria
virtù indiana”, in Egitto” e Antonietta” (rimasta incompiuta).Iniziò anche le
prime pubblicazioni e lavorò alle traduzioni dal latino e dal greco, dimostrando sempre di più il suo
interesse per l'attività filologica. Sono questi anche gli anni dedicati alle traduzioni dal latino e dal
“Scherzi
greco, corredate di discorsi introduttivi e di note, tra i quali gli epigrammatici”, tradotti dal
“Batracomiomachia”
greco del 1814, la nel 1815, il Saggio di traduzioni dell'Odissea, la Traduzione
del libro secondo dell'Eneide e la Titanomachia di Esiodo. Tra il 1815 e il 1816 si avverte in
Leopardi un forte cambiamento, frutto di una profonda crisi spirituale, che lo porterà ad
abbandonare l'erudizione per dedicarsi alla poesia. Egli si rivolge ai classici come a modelli di
poesia da studiare. Seguiranno le letture di autori moderni come Alfieri, Parini, Foscolo e Vincenzo
“I
Monti, che serviranno a maturare la sua sensibilità romantica. Egli legge dolori del giovane
Werther” di Goethe, le opere di Chateaubriand, di Byron, di Madame de Staël. In questo modo
Leopardi inizia a liberarsi a porre le basi per liberarsi dai condizionamenti familiari. Appartengono
“Le “L'Appressamento
a questo periodo alcune poesie significative come Rimembranze”, della
“l'Inno
morte” e a Nettuno”. Nel 1815-1816 Leopardi fu colpito da alcuni seri problemi fisici e
disagi psicologici che egli attribuì almeno in parte all'eccessivo studio, isolamento ed immobilità in
posizioni scomode delle lunghe giornate passate nella biblioteca. La malattia gli causò la
deviazione della spina dorsale con dolori e conseguenti problemi cardiaci, circolatori e respiratori,
una crescita stentata, problemi neurologici alle gambe, alle braccia ed alla vista, ma anche
parestesie e talora mancanza di sensibilità nervosa agli arti inferiori, oltre a febbri ricorrenti, disturbi
disparati, ipotensione, reumatismi, infiammazioni gastrointestinali, ritenzione urinaria e stanchezza
continua. Nel 1816 Leopardi era convinto di essere sul punto di morire.L'ipotesi più accreditata è
che Leopardi soffrisse della malattia di Pott, cioè tubercolosi ossea (il fratello Luigi morì nel 1828 a
causa della forma comune polmonare) della colonna vertebrale, oppure una malattia genetica
ereditaria dovuta alla consanguineità dei genitori. Comincia a soffrire di crisi depressive che alcuni
attribuiscono all'impatto psicologico della malattia fisica, mentre altri sostengono che Leopardi
soffrisse di disturbo bipolare, il che spiega i frequenti cambi di umore nel corso della vita,
dall'euforia sfrenata alla disperazione inconsolabile. Il pensiero di Leopardi è caratterizzato,
dall'ambivalenza tra l'aspetto lirico-ascetico della sua poetica, che lo spinge a credere nelle
«illusioni» e lusinghe della natura, e la razionalità presente nelle sue riflessioni filosofiche, che
invece considera vane quelle illusioni, negando ad esse qualunque contenuto. Di Giacomo Leopardi
ci sono rimaste oltre novecento lettere, composte nell'arco di una vita e indirizzate a circa cento
“Epistolario”,
destinatari, tra amici e familiari. L'intero corpus epistolare di Leopardi è raccolto dall'
che si può leggere come un'opera autonoma: questa raccolta di prose private, infatti, costituisce un
fondamentale documento non solo per seguire le vicende biografiche del poeta, ma anche per
comprendere l'evoluzione del suo pensiero, dei suoi stati d'animo e delle sue riflessioni culturali.Lo
“Zibaldone di pensieri” è una raccolta di 4526 pagine autografe compilate dal luglio 1817 al
dicembre 1832, nelle quali Leopardi depositò ragionamenti e brevi scritti sugli argomenti più vari. Il
“Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani”, composto a Recanati tra la primavera e
l’estate del 1824 e rimasto inedito fino al 1906, è un breve trattato filosofico dove Leopardi analizza
le peculiarità che contraddistinguono la società italiana, e le compara con il carattere, la mentalità e
la moralità delle altre nazioni d'Europa. Alla fine dell'opera Leopardi giunge alla conclusione che
l'Italia, dilaniata da un esasperato individualismo, è troppo poco civile per godere dei benefici del
progressoma troppo civile per godere dei benefici dello «stato di natura», come accadeva nelle
“Operette
nazioni meno sviluppate. Le morali”, per usare le parole dello stesso poeta, sono un
«libro di sogni poetici, d’invenzioni e di capricci malinconici»: è ancora Leopardi a descrivere la
propria opera in una lettera del 1826 indirizzata all'editore Stella. Rappresentano la più alta
espressione del pensiero leopardiano, racchiudono l'essenza del pessimismo del poeta, trattando
argomenti quali la condizione esistenziale dell'uomo, la tristezza, la gloria, la morte e l'indifferenza
“I
della Natura. Canti”, considerati il capolavoro di Leopardi, racchiudono trentaquattro liriche
composte da Leopardi tra il 1817 e il 1836. Tra i componimenti poetici inclusi nei Canti ricordiamo
“Sopra “L'Ultimo “La
il monumento di Dante”, canto di Saffo” ,“Il passero solitario”, sera del dì di
“Alla “A “il “Il
festa”, luna”, Silvia”, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia”, sabato del
“La “L'infinito”,
villaggio”, ginestra” e infine uno dei testi più rappresentativi della poetica
leopardiana. Morì a Napoli nel 1837.
ALESSANDRO MANZONInasce a Milano nel 1785, nipote di Cesare Beccaria fu uno dei
principali promotori dell’Illuminismo lombardo. Dalla madre venne portato al Collegio di Merate
dove rimase cinque anni: furono anni duri, risentìdella mancanza della madre e soffriva del difficile
rapporto con i suoi compagni di scuola, violenti tanto quanto gli insegnanti che lo punivano di
frequente. Da un collegio passò ad un altro. La formazione culturale di Manzoni è imbevuta di
mitologia e letteratura latina, come appare chiaro dalle poesie adolescenziali. Due,
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