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Iddio, stava suonando. Due donne della prima classe avevano le lacrime agli occhi. Chiesero al capitano chi
fosse e gli gli disse che si trattava di Novecento. Dopodichè il comandante con passo deciso attraversò il salone
e giunse davanti al pianoforte. L'unica cosa che riuscì a dire fu:"Novecento, tutto questo è assolutamente
contrario al regolamento". Novecento smise di suonare. Era un ragazzino di poche parole. Guardò con dolcezza
il comandante e disse:"In culo al regolamento". Improvvisamente la nave fu colta da una burrasca. Io su quella
nave c'ero solo da quattro giorni ma non volevo fare la fine del topo. Così andai fuori dalla cabina e cominciai a
vagare senza meta. Non sapevo nemmeno dove mi trovassi. Mi persi. Arrivò uno tutto vestito elegante che
sembrava non sentire nemmeno le onde come se passeggiasse sul lungomare di Nizza. Era Novecento. Aveva
ventisette anni allora. Lo conoscevo appena. Ci avevo suonato insieme in quei quattro giorni con la band. Gli
altri che mi avevano parlato di lui mi dissero che Novecento non è mai sceso da qui. E' nato su questa nave e da
allora c'è rimasto per sempre. Dicevano anche che suonava musica che non esisteva. Tutte le volte prima di
andare nella sala da ballo un certo Fritz Hermann, un bianco che non capiva niente di musica gli si avvicinava e
diceva sottovoce:"Per favore Novecento solo note normali ok?". Mentre suonava Novecento non guardava mai i
tasti. Sembrava stesse tutto da un'altra parte. Adesso in effetti ci stava da un'altra parte. Quella notte di
burrasca, con quell'aria da signore in vacanza mi prese con sè e disse:"Vieni". Andammo nella sala da ballo
della prima classe e ci fermammo davanti al pianoforte. Mi invitò a sedermi e mi disse di togliere i fermi. Pensai
fosse diventato matto. Lo feci. Si sedette sul seggiolino e iniziò a suonare. Il pianoforte scivolava in maniera
impressionante ma Novecento continuava a suonare guidando il pianoforte come e dove voleva lui. Ad un certo
punto si sentì un forte frastuono. Tutti erano convinti che l'urto provocato dal pianoforte avesse spaccato i vetri. Il
comandante invitò me e Novecento ad andare in sala macchina e ci punì dicendo che avremmo dovuto pagare i
danni fino all'ultimo centesimo. Laggiu in sala macchine io e Novecento diventammo inseparabili. Ridevamo
pensando alla cifra che avremmo dovuto sborsare e piu la cifra saliva e piu ridevamo. Gli chiesi se era vero che
era nato su questa nave e non era mai sceso da qui. Mi rispose di sì. Sentì un forte brivido di paura. Gli chiesi a
cosa pensava mentre suonava. Mi disse:"Oggi sono stato in un paese bellissimo, le donne avevano i capelli
profumati, c'era luce dappertutto ed era pieno di tigri". E ogni volta finiva in un posto diverso. Nel centro di
Londra, in piena campagna e via dicendo. Era difficile capire cosa mai potesse sapere lui di Londra, della
campagna e delle tigri.. Eppure era come se l'avesse viste tutte quelle cose. Il mondo magari non l'aveva visto
mai. Ma erano ventisette anni che il mondo passava su quella nave ed erano ventisette anni che lui, lo spiava e
gli rubava l'anima. Ci vollero degli anni ma trovai il coraggio di chiedergli:"Novecento, perchè non sei mai sceso
dalla nave? Perchè cristo non scendi anche una volta sola? Perchè non lo vai a vedere con i tuoi occhi il
mondo?". Fu l'estate del 1931 quando sul Virginian salì Jelly Roll Morton. Lui era uno di quelli che quando
faceva dei concerti scriveva sui manifesti: "Stasera Jelly Roll Morton, l'inventore del Jazz". E ne era convinto
davvero. Aveva iniziato suonando nei bordelli. Qualcuno da qualche parte un giorno gli disse di Novecento.
Probabilmente gli disse:"Quello è il piu grande. Il piu grande pianista del mondo. E quando vuole suona il Jazz".
Cosicchè si convinse e decise di sfidarlo. Jelly disse:"Ma come fa ad essere il piu grande del mondo uno che
non ha nemmeno il coraggio di scendere da una stupida nave?" e uno a quel punto gli rispose:"Fai bene a ridere
perchè se solo quello si decidesse a scendere tu ritorini a suonare nei bordelli". Jelly gli puntò una pistola alla
tempia ma non sparò. Quello che aveva in mente l'inventore del Jazz era un duello ma dovette accettare di
suonare a bordo perchè Novecento da quella nave non sarebbe mai sceso. Lui non aveva il senso della gara,
era tutto il resto che lo stupiva. Alle ventuno e trentasette del giorno dopo Jelly si presentò nella sala da ballo
della prima classe, si avvicinò a Novecento e gli disse di alzarsi da lì. Novecento si alzò. Jelly iniziò a suonare il
Ragtime. C'erano tutti i bordelli d'America in quelle note. La sigaretta che aveva acceso restava in bilico sul
pianoforte e ci restò fino alla fine del suo pezzo. Jelly si avvicinò a Nocento, gliela mise sotto il naso e
disse:"Tocca a te marinaio". Novecento si sedette e suonò la canzone piu stupida che sapeva suonare. Si
trattava di Torna indietro paparino. Un pezzo che a lui faceva impazzire. Jelly guardò Novecento con due occhi
da lupo e si sedette nuovamente al pianoforte. Partì un pezzo blues che commosse la folla. Era il turno di
Novecento. Si sedette e suonò lo stesso pezzo di Jelly in maniera decisamente diversa da come l'aveva
impostata lui. La suonò in maniera totalmente dissonante. Si sentivano persino dei fischi. Jelly perse la
pazienza, si sedette nuovamente e suonò tutto quello che poteva suonare con quegli 88 tasti ricevendo gli
applausi della folla. Toccava di nuovo a Novencento. Suonò un pezzo che sembrava eseguito a quattro mani. La
sua preparazione era notevole. La folla applaudì impazzita. Aveva vinto lui, Novecento, non c'era alcun dubbio.
Jelly tremava nervosamente. Si fece spazio tra la folla e si allontanò. Passò il resto del viaggio rinchiuso nella
sua cabina. Arrivati a Southampton scese dal Virginian. Novecento lo vide scendere gli scalini con le sue valigie