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Negli ultimi decenni del secolo Milano diventa il più importante centro culturale in Italia. Verga vi si

trasferisce nel 1872 e rimane fino al 1893; qui frequenta il gruppo degli scapigliati. Nei primi anni a

Milano, Verga pubblica i cosiddetti “romanzi mondani”, ambientati nei luoghi alla moda del tempo e

che trattano di tutto ciò che attira il pubblico borghese. Nonostante ciò Verga critica la Milano

contemporanea, in quanto ossessionata dai piaceri e le ricchezze. Tra il 1873 e il 1874 Verga

legge “Madame Bovary” di Flaubert; nel 1875 lavora a “Padron ‘Ntoni”, che rimasto inedito,

costituirà il primo nucleo dei “Malavoglia”, mentre un anno prima era uscito “Nedda”. La novella

descrive la vita di una giovane raccoglitrice di olive e presenta dei tratti innovativi.

In questi anni sta cambiando anche il clima letterario e socio-culturale e il primo romanzo

naturalista approda in Italia. Nel 1877 escono opere riguardanti le condizioni di arretratezza del

Sud Italia, che fanno emergere la questione meridionale.

La stagione del Verismo

Verga e Capuana, insieme ad altri critici e scrittori, si propongono di adattare la poetica naturalista

alla realtà italiana, sul modello di Zola con il ciclo Rougon-Maquart.

Nel 1878 Verga scrive una lettera all’amico Salvatore Paolo Verdura, in cui espone il progetto di un

ciclo di romanzi con cui vuole rappresentare la “lotta per la vita” delle diverse classi sociali. Nella

stessa lettera formula anche il principio dell’impersonalità, secondo cui l’autore deve adattare la

narrazione alla materia narrata e adotta il discorso indiretto libero, con cui può assumere l’ottica

dei personaggi. Inizia la grande stagione del verismo verghiano. Nel 1878 vede la luce la novella

“Rosso Malpelo”, in cui l’autore si eclissa, lasciando che la narrazione sembri uscire dalla bocca di

uno dei personaggi. In seguito pubblica tutti i suoi capolavori uno dopo l’altro: Vita dei Campi, i

Malavoglia, Novelle rusticane e Mastro-Don Gesualdo. Tuttavia queste opere così innovative non

riscuotono successo tra il pubblico borghese e la fama di Verga rimane legata a “Storia di una

Capinera”. Nel 1893 abbandona Milano e torna a Catania dove si emargina sempre più dalla

scena culturale. Continua a lavorare al terzo romanzo del ciclo dei “Vinti” ma senza andare oltre i

primi capitoli; si dedica anche al teatro. Ma il suo pessimismo lo porta pian piano a rinunciare

all’attività letteraria e nel 1920 si rifiuta di partecipare alla cerimonia per la sua nomina a senatore.

Muore il 27 Gennaio 1922 per una trombosi.

Verga matura come scrittore a Firenze e a Milano: in quest’ultima scrive i suoi capolavori. Tuttavia

resta sempre uno scrittore siciliano, nel senso che la sua terra d’origine è sempre presente nelle

sue opere. Nei “Romanzi mondani” la Sicilia viene idealizzata come la provincia rassicurante che

viene abbandonata per seguire i propri sogni nelle grandi città, ma che spesso è destinata ad

assistere al ritorno di chi l’aveva lasciata, ormai disilluso. La Sicilia diventa il simbolo del fallimento

degli ideali nazionali.

Vita dei campi

La raccolta Vita dei campi esce nel 1880 e contiene 8 novelle, che segnano la svolta definitiva di

Verga verso una narrativa verista. Sono ambientate nel mondo premoderno della campagna

siciliana.

Fantasticherie apre la raccolta e può essere considerata una specie di prologo: in essa sono

descritti l’esistenza e i drammi dei poveri pescatori di un villaggio. In genere i protagonisti di tutte le

novelle sono appartenenti a classi sociali basse: pastori, minatori, contadini, prostitute, ecc…

Questi eroi verghiani risultano degli “esclusi” e la loro sconfitta scaturisce dalla debolezza

all’interno della società. Un altro tema dominante è l’amore come forza primitiva e selvaggia, che

spinge i personaggi ad infrangere le regole sociali, destinandoli all’emarginazione. Le vicende

finiscono sempre in modo tragico e violento, e i personaggi sono dominati dal loro destino. Tuttavia

alcuni, in punto di morte, acquisiscono improvvisamente una conoscenza della loto condizione e

vengono salvati.

In queste novelle Verga sperimenta la tecnica dell’ eclissi dell’autore, narrando la storia dal punto

di vista dei personaggi, adottandone parole e giudizi.

I Malavoglia

Il romanzo I Malavoglia viene pubblicato a Milano nel 1881. In origine doveva costituire il primo di

un ciclo di cinque romanzi. Il titolo originale era Padron ‘Ntoni e avrebbe dovuto rappresentare il

primo stadio della lotta per la vita, quello della soddisfazione dei bisogni primari. Il romanzo è

ambientato nel borgo di Acitrezza, che rappresenta una realtà chiusa che tenta di resistere alle

spinte del progresso. Gli abitanti del villaggio partecipano attivamente alle vicende del romanzo e

attraverso essi vengono messe in scena le dinamiche della lotta per la vita. Questa lotta viene

fondata dai Malavoglia sull’etica familiare, mentre gli altri personaggi sono mossi da motivazioni

egoistiche di tipo economico. I valori sono calpestati dalla logica dell’interesse. L’etica dei

Malavoglia si basa sull’unità familiare e sul senso del dovere. Il resto è affidato alla cultura

immutabile e il tutto si fonda sull’ideale dell’ostrica: rimanere dove si è nati. Questo ideale viene

meno quando Padron ‘Ntoni, per il bene della famiglia, decide di allontanarsi da casa per

intraprendere il commercio di lupini. A questa etica familiare si ribella ‘Ntoni, che decide di

allontanarsi dalla famiglia dopo aver conosciuto le attrattive della città. Ma la sua ribellione fallisce

e lui finisce in prigione, tornando solo verso la fine del romanzo. Questo finale rende ‘Ntoni il

protagonista finale perché il suo addio alla famiglia (dopo il ritorno) va interpretato come una scelta

dell’eroe moderno di partire alla ricerca di un mondo più attuale.

In questo romanzo raggiungono l’apice le tecniche narrative di Verga: il narratore è completamente

eclissato e assume il punto di vista dei personaggi. Sul piano linguistico Verga adotta un lessico

adeguato al parlato comune dei personaggi.

Novelle Rusticane

Raccolta pubblicata nel 1883: comprende 12 novelle uscite 2 anni prima in rivista. La novella

conclusiva si differenzia dalle altre per struttura e contenuto. Predomina una visione più cupa del

mondo rurale e i personaggi condividono lo stesso destino di miseria e desolazione. I rapporti

umani ormai dipendono solo dall’interesse individuale che soffoca ogni valore. In questa raccolta

c’è anche una maggiore presenza di eventi storici, in particolare quelli del 1860 che segnano la

fine del regno borbonico in Sicilia. Sul piano della tecnica narrativa Verga tende a far coincidere il

punto di vista del narratore con quello dei protagonisti; in alcune novelle il narratore alterna diversi

punti di vista.

Mastro-Don Gesualdo

La versione definitiva del romanzo viene pubblicata a Milano nel 1889. Questo secondo romanzo

del ciclo dei Vinti rappresenta la lotta per la vita in ambito borghese, quindi mossa dall’avidità e

dalle ricchezze. Il romanzo è strutturato in quattro parti e incentrato sull’esistenza del protagonista,

dall’ascesa sociale al declino, fino alla morte.

La vicenda è ben sintetizzata dai due appellativi che precedono il nome del protagonista: mastro,

che rivela le sue umili origini di muratore, e don, titolo signorile che mostra il suo status di ricco

possidente. I due soprannomi sono in contrasto e in realtà Gesualdo non rispecchia né uno né

l’altro perché non è più un muratore ma allo stesso tempo viene disprezzato dall’aristocrazia.

Gesualdo ha accumulato la sua fortuna grazie alla sua intelligenza ed energia, e per questo può

essere considerato un modello di virtù, anche perché non ha vizi e vive in modo frugale. Tuttavia la

sua etica del sacrificio è fondata sul guadagno e sull’ossessione per la “roba”. Nonostante ciò

Gesualdo conosce il valore degli affetti e della famiglia, ma con la sua vicenda si assiste alla

negazione dei valori familiari, celebrati invece nei Malavoglia.

Giunto al culmine della sua ascesa sociale, Gesualdo si ritrova solo e malato e alla fine diventa

vittima della stessa logica economica che pensava di dominare. La morte sancisce la sua sconfitta.

In questo romanzo Verga si trova a rappresentare diverse realtà sociali, e per questo una una

tecnica narrativa composita, che comporta diversi toni e prospettive. Alterna, inoltre, il discorso

diretto a quello indiretto libero.

Il Decadentismo

Il termine Decadentismo ha due accezioni: in senso generale rappresenta un gusto in voga negli

ultimi 30 anni dell’ ‘800; in senso più specifico indica un fenomeno estetico e letterario che nasce in

Francia e si diffonde in tutta l’Europa. Il termine è denigratorio verso tutti quegli artisti che

esprimono la decadenza morale dell’arte e della società. Il Decadentismo non è un movimento

unitario ma una somma di esperienze artistiche che solo in seguito verranno raggruppate in quanto

affini. La nascita del Decadentismo risale ai primi anni ’80 del 19° secolo, quando nei circoli artistici

di Parigi si sviluppa l’idea che la civiltà contemporanea si stia esaurendo. Nascono in quegli anni

delle riviste che propugnano l’adesione alla cultura decadente, fra cui spicca “Le Décadent”. Nel

1883 il poeta Paul Verlaine pubblica “Languore”, un sonetto che dà un grande impulso al dibattito

sul decadentismo. Poi pubblica la raccolta “Poeti maledetti”, sotto la cui etichetta include poeti

come Rimbaud e Mallarmé.

Il senso di decadenza espresso dagli esponenti del movimento ha delle cause storiche:

l’industrializzazione è una di queste perché determina mutamenti sociali e morali anche traumatici.

Si afferma, inoltre, la classe borghese, per la quale il valore morale più alto è quello dell’operosità

fruttuosa. L’editoria diventa una macchina economica e il romanzo acquista molto successo,

mentre la poesia diviene sempre meno praticata; cresce, così, la sensazione di vivere una fase di

tramonto culturale. Nel 1852 Théophile Gautier sostiene che l’arte debba essere staccata da ogni

impegno sociale e che il Bello abbia la priorità su ogni esigenza di mercato. A questo proposito

formula il concetto dell’Arte per l’arte, cioè il culto dell’arte come valore supremo. I poeti che

condividono queste idee raccolgono dei componimenti nell’antologia “Il Parnasso

contemporaneo”, da cui viene la denominazione “Poeti parnas

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
24 pagine
3 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/11 Letteratura italiana contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Mitsuki_yu di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof D'Intino Franco.