vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Quando Temmu richiese la compilazione dell’opera il Giappone non disponeva di una
scrittura autonoma, perciò il testo venne scritto in 3 modi differenti:
• Introduzione scritta in cinese puro (caratteri cinesi).
• Testo narrativo – in prosa – scritto in similcinese (caratteri cinesi + segni posti accanto
ad essi, con i quali l’autore guida il lettore alla riorganizzazione dei caratteri in modo che
rispetti la sintassi giapponese).
• Poesie scritte in giapponese (utilizzando caratteri cinesi).
Alcune volte il carattere è usato per il suo carattere semantico (luna significa luna, ecc.),
mentre altre volte per il valore fonetico (unione di più caratteri che letti insieme danno un
significato differente dal valore fonetico: es. “montagna” + “fiume” = “nome proprio di
persona”). Motoori
La tecnica per leggere il Kojiki fu recuperata nel XVIII sec. dal filologo e studioso
Norinaga (1730-1801), il quale, in 35 anni di lavoro, gli dedicò un commentario che
chiamò Kojikiden.
Tra le varie fonti, oltre a quelle orali, furono utilizzate le cronache imperiali (teiki) e i detti
fondamentali (honji); inoltre si suppone che furono utilizzate anche delle cronache scritte
nel 620 da Shōtoku Taishi.
Il Kojiki è articolato in 3 libri e vi sono elementi che vanno dalla sfera mitologica a quella
storica:
• 1 libro: si riferisce all'epoca mitologica, e descrive le vicende cosmogoniche (la nascita
dell’arcipelago giapponese) e teogoniche (la nascita delle divinità) svoltesi in cielo, sino
alla leggendaria fondazione dell'Impero ad opera dell'altrettanto leggendario imperatore
Jinmu nel 660 a.C.
• 2 libro: la narrazione arriva fino al 300 d.C.
• 3 libro: si spinge fino al 628, anno in cui termina il regno dell'imperatrice Suiko.
Trama del Kojiki
La narrazione inizia con una piana celeste nella quale vi sono delle divinità; alle ultime
Izanagi Izanami
due, (maschio, “Colui che invita”) e (femmina, “Colei che invita”), viene
dato il compito di creare l’arcipelago giapponese e dare origine all’umanità. La prima isola
Onogoro.
che creano è I due discendono sull’isola e danno vita a un cerimoniale
matrimoniale: girando attorno ad una roccia pronunciano delle parole rituali ed Izanami
parla per prima (“oh che bell’uomo”). Prima che nascono le divinità, il primo tentativo
fallisce; nasce una divinità malforme e perciò le due divinità chiedono spiegazioni alle
divinità della piana celeste. A Izanaki e Izanami viene risposto che quanto accaduto sta
nel fatto che il primo a parlare sia stata una divinità femminile e non maschile. In
Kagutsuchi
seguito rifanno l’esperimento e nascono molte divinità; l’ultima di esse,
(divinità del fuoco), nel nascere ustiona Izanami, la quale muore. Izanagi, colpito da un
profondo dolore, ebbe desiderio di rivedere la sua diletta sposa e di andarla a cercare
negli Inferi. La incontra e Izanami gli dice che non può tornare indietro poichè ha già
mangiato il cibo cotto nel forno dei morti. Izanami cerca di intenerire le divinità degli
Inferi per cercare di seguire lo sposo a patto che questi non la guardi finchè non potrà
tornare indietro. Rientrata al palazzo ella tardava a ricomparire ed Izanagi, spinto
dall'impazienza e stanco di attendere, staccò un dente del pettine che portava infisso nel
ciuffo sinistro dei capelli ed una volta acceso entrò nel palazzo. Vide un brulicare di
vermi e la sua sposa in decomposizione, ed inorridito da quello spettacolo fuggì (l’atto di
vedere la donna nell’ottica shintoista e un atto impuro). Izanami ne ebbe grande
vergogna ed infuriata si gettò al suo inseguimento accompagnata da alcuni demoni,
donne infernali. Izanagi, che stava per essere raggiunto prima di poter varcare la soglia
del mondo dei morti, gettò a terra il suo diadema nero che subito si trasformò in grappoli
d'uva matura che rallentarono i demoni, le quali si attardarono a raccogliere. Alla fine del
tunnel, Izanagi sbarra la strada con un enorme masso ad Izanami, in seguito, lo
maledice: gli dice che da quel momento, per ogni giorno, farà morire 1000 uomini;
Izanagi le risponde dicendo che farà nascere 1500 uomini al giorno (equilibrio tra vita &
morte). mogari,
Nella discesa agli inferi si possono trovare elementi tipici del un antico rito
funebre in base al quale un morto veniva portato nella mogariya (stanza della veglia
funebre). I parenti si recavano in questo luogo fino a quando il corpo del defunto non si
fosse decomposto. Questo antico rito era letto come una speranza di rinascita da parte
del morto.
Dopo questi avvenimenti Izanagi non esitò a compiere atti di purificazione (nello
shintoismo, quando vi si crea un atto impuro c’è bisogno della purificazione). Si recò in
Amaterasu
un fiume e cominciò a lavarsi: dall’occhio sinistro gli spunto la divinità (dea
del sole), alla quale venne affidato il compito di sovrintendere la piana celeste, dall’occhio
Tsukuyomi
destro (dio della luna), al quale venne affidato il compito di sovrintendere il
Susanowo
regno della notte, e dal naso (dio del mare), al quale venne affidato il compito
di sovrintendere il regno del mare (le divinità che restano nell’opera sono Amaterasu e
Susanowo). In seguito, mentre Amaterasu accetta il compito datole da Izanagi, Susanowo
esprime il desiderio di incontrare Izanami agli inferi. Izanagi rimprovera il figlio e lo
caccia, e costui si reca dalla sorella per cercare conforto. Ella si lascia convincere dal
fratello di svolgere dei riti per provare che è in buona fede. Una volta svolti questi riti
Susanowo impazzisce: rompe gli argini delle risaie e defeca nella stanza della sacra
vestizione, nella quale successivamente getterà un cavallo che poi scuoterà. Alcune
ancelle della sala si spaventano ed una di esse muore addirittura per lo spavento.
Amaterasu, offesa, decise di ritirarsi in una grotta; tale gesto getta il mondo in una totale
oscurità, un mondo senza vita. Nel frattempo le altre divinità si riuniscono per cercare di
Ame no Uzume,
capire come tirar fuori la dea dalla grotta e per questo chiamano la
quale, preso un catino di legno, lo capovolge e ci sale su, e inizia una danza (all’inizio
lenta, in seguito veloce) ipnotica e sciamanica (sono alla base dello shintoismo); sulla
scena vi sono dei galli, animali che fanno sorgere il sole. La divinità utilizza dei
matagama, gioielli a forma di virgola, che hanno un valore magico, poi si denuda i seni,
comincia a ballare provocando un’ilarità generale, tutte le divinità attorno a ella
cominciarono a ridere; la divinità, sentendo queste risate, si incuriosisce dicendo come
mai in uno stato di sconforto e di oscurità il mondo abbia ancora la capacita di ridere. Le
rispondono dicendo che vi e una divinità più bella di lei che ha riportato la felicità. In
seguito, Amaterasu, insospettita, apre uno spiraglio della roccia e le altre divinità le
mettono di fronte uno specchio e rimasta abbagliata per la sua stessa bellezza un’altra
divinità, Taji-kawa-ō, riesce a tirarla fuori. Riconciliatisi con Amaterasu le divinità
rivolsero la loro attenzione su chi aveva causato lo sdegno della dea. Afferrarono
Susanowo, gli tagliarono la barba, gli strapparono le unghie delle mani e dei piedi e lo
esiliarono dal cielo sulla terra, a Yamato.
Il ritiro di Amaterasu nella grotta è stato visto dagli antropologi come un’allusione al rito
chinkonsai,
del un rito che si faceva a corte quando all’arrivo dell’inverno si pensava che
l’Imperatore potesse subire un indebolimento; essendo egli discendente di Amaterasu i
raggi del sole, che in inverno si fanno più deboli, avrebbero potuto indebolirlo. Il rito in
questione avrebbe dovuto proteggerlo e rinvigorirlo. La morte di Amaterasu è simbolica:
nasce per rinascere ancora più splendente.
L’esilio di Susanowo determina una sua metamorfosi: dal carattere ribelle ed impazzito al
carattere eroico (forza, coraggio, difese dei deboli, ecc.); ha la possibilità di riscattarsi
visto che per sua natura divina aveva commesso degli atti impuri. Il mare in antichità era
visto come un luogo temibile; perciò ecco spiegato il motivo degli atti commessi da
Susanowo prima che fosse spedito sulla Terra.
Una volta arrivato ad un villaggio trova un vecchietto che poi gli racconta che è vittima di
Yamata no Orochi,
un drago ad 8 teste, che ogni anno si reca al villaggio per uccidere
una ragazza vergine. Susanowo escogita un piano e dice al vecchietto di preparare 8 giare
colme di sakè profumato e di mettersi in attesa. Il drago arriva e nota le giare di sakè
nelle quali immerge la testa per berci e in seguito cade a terra perchè ubriaco. Nel
frattempo l’eroe prende la spada con la quale macella la testa del drago fino a
trasformare il fiume Hi in un torrente di sangue. Dalla testa del drago fuoriesce una
spada che donerà successivamente ad Amaterasu per farsi perdonare degli eventi
passati.
Susanowo nei tempi a venire prenderà casa ad Izumo e qui comporrà la prima poesia
waka
della storia giapponese: il classico metro della poesia giapponese, cioè un (lett.
“Poesia giapponese”) che si compone di 5 versi e di 31 sillabe (5-7-5-7-7). E’ probabile
che sia la prima poesia poichè nel Kojiki vi sono altre poesie con uno schema irregolare;
gli studiosi inoltre non hanno escluso l’ipotesi che tale poesia sia stata inserita in un
secondo momento. Nella poesia è presente per quattro volte l’ideogramma (numero 8),
八
che anticamente rappresentava la quantità innumerevole, immensa quantunque non
indefinibile (molto, tanto, ecc.).
La parte narrativa più interessante del Kojiki riguarda i racconti di tipo mitologico-
folkloristico. Una delle storie mitologiche, conosciute dalla maggior parte dei bambini
Ōkuninushi e la lepre di Inaba.
giapponesi, del Kojiki riguarda Il racconto inizia con
una lepre bianca confinata sull’isola di Oki che vuole raggiungere la terraferma di Inaba.
Non sapendo come fare decide di ingannare dei coccodrilli convincendoli ad allinearsi
uno dietro l'altro con la scusa di contarli per capire quanto fossero numerosi. Saltando
sui loro dorsi avrebbe potuto farlo, contandoli uno a uno. In realtà egli fece questo solo
per raggiungere la sponda opposta e dopo essere riuscito nel suo intento si prese anche
gioco dei rettili, l'ultimo dei quali resosi conto del trucchetto lo prese, la scuoiò e la lasciò
così, distesa sotto il sole cocente sulla spiaggia. L