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Il tema del lavoro nel cinema
Il film ST Mspezzone con il gruppo di operai che esce è tratto dal film dei Lumiere, a cui segue lo spezzone preso da Metropolis di Lang con i lavoratori che in fila entrano ed escono dalla fabbrica. Il tema del mobbing viene ripreso anche in un'altra opera di Sanguineti in Nun'installazione del 2005 a Bologna. Un frammento particolare è la sequenza in stile anime dal film di Tarantino dove Liberovici non utilizza nessun cartello di Sanguineti. Verso il finale ci sono due sequenze che viaggiano in parallelo che si alternano e si mescolano come se i due autori volessero mettere sullo stesso piano le 2 categorie di lavoratori. Liberovici innesta sull'ultima scena dove si vede Sanguineti nella sua biblioteca il cartello 20. La scena con Sanguineti che legge tutti i cartelli seguita dalla scena dell'incendio della petroliera che sottolinea una situazione di pericolo. La ballata del lavoro di Sanguineti viene ripresa anche alla fine.
Viene ripreso in più punti proprio per un discorso di militanza. Le tappe del proletariato vengono suddivise in tre tempi: la speranza iniziale, acquisizione della consapevolezza allo sfruttamento, la comprensione della necessità della lotta per liberarsi. Con questa opera Sanguineti sottolineo la sua visione gramsciana non basata sulla felicità futura ma sulla rivendicazione dell'ingiustizia verso la classe oppressa. Utilizza il cinema, il montaggio come un veicolo di un preciso messaggio ideologico: il fatto che per lui la lotta di classe fosse ancora una lotta da fare. I concetti chiave che si possono riconoscere in questa collaborazione fra Sanguineti e Liberovici sono: l'attenzione all sperimentalismo, l'attenzione alla contaminazione fra gli stili e fra le arti, il fatto che diverse arti montate insieme attraverso un'abile operazione ideologica possono trasmettere un chiaro messaggio militante.
LEZIONE 6
LEZIONE DI RESIODA "RACCONTI DI
CINEMA” (LIBRO): NON APRIRE QUELLA PORTA Il testo può essere straniante, ci sono richiami a diversi film dell'horror. Il testo dal punto di vista formale è molto semplice, ma appunto è pieno di riferimenti. Questi riferimenti portano anche a lavori cinematografici di serie b. L'elenco che fa Mari è un elenco molto preciso di errori, di cose da non fare, ma che si fanno. Questa cosa è stata ripresa anche da Rossari nel suo romanzo, dove alla fine si sceglie se prendere la strada giusta o sbagliata. “Piccolo mondo antico” è il titolo di uno dei racconti che si trova all'interno dell'ultima raccolta di Mari. Le opere di Mari fanno dei richiami a personaggi di altri romanzi di altri autori. Non aprire quella porta è del 2012. LadyhawkeS.https://www.youtube.com/watch?v=b0BTs66JAgMOÈ uno dei riferimenti di Mari: la trama del film è inerente a due amanti i quali di notte lui è AT Eun lupo digiorno lei è un falco. Questo film diventa lo spunto principale per la raccolta di cento poesie d'amore di Mari e in questa raccolta c'è una poesia sempre intitolata "non aprire quella porta". Questa poesia è direttamente collegata al racconto e il racconto è dedicato alla madre, la quale viene citata all'interno del testo ma potrebbe essere anche l'amata, un'amante. Altro riferimento presente nei due testi è il numero della camera 237 del Overlook hotel del film Shining. In questa stanza c'era una donna che tenta di avviluppare la sua vittima. Questa donna velata la si ritrova anche nell'ultimo romanzo dell'autore ed anche in quello precedente, dove viene rappresentata dalla figura di Greta Garbo. Un altro personaggio è Vedia, realmente esistita ed era la domestica di casa Mari. Questa Vedia è la rappresentazione del personaggio di questa donna.all'interno di questa camera 237. Tutto questo per dire che all'interno dei suoi romanzi c'è una convivenza con dei richiami filmografici piuttosto che autobiografici. Al momento abbiamo visto dei riferimenti abbastanza semplici, e la semplicità si riporta anche a livello lessicale. Nonostante ciò l'autore non è per niente facile. Mari è un autore contemporaneo, nasce nel 1955, figlio di un copywriter e di una illustratrice abbastanza noti. È stato docente di letteratura italiana si occupa in particolare di letteratura del Cinquecento e del Seicento, e contemporaneamente ha iniziato a pubblicare romanzi e racconti. Il primo fu "Di bestia in bestia": l'ultima edizione del 2013, pubblicata da Einaudi, è molto rimaneggiata rispetto alla versione originale del 1989. Il secondo romanzo si intitola "io venìa pien d'angoscia a rimirarti" e il protagonista è Giacomo Leopardi, il qualeè un lupo mannaro, e il cui fratello si accorge del suo interesse per la luna. Durante le notti di luna piena si tramuta in licantropo per vendicarsi dei torti subiti. La cosa affascinante di questo romanzo è il gioco linguistico, la struttura invece è semplice, il contenuto affascinante. Il terzo romanzo del 1992 è “La stiva e l’abisso” e rientra in una rilettura dei classici dell'800 con alcune novità evidenti. Nel frattempo, Mari ha anche pubblicato delle raccolte di racconti. Le prime due raccolte si basano sull'esperienza del protagonista e sui traumi giovanili, la terza raccolta si discosta da questa tematica ricorrente dell'opera di Mari, riprende il gioco più o meno colto nei primi S. romanzi ovvero l'utilizzo di materiale di altri autori e riprende importanti nomi nellaO trasformazione. “I demoni e la pasta sfoglia” è una raccolta di saggi su autori importanti della varia letteratura, sia
italiana che straniera, sia passata che contemporanea, di vari generi (Sclavi, Molière, Connelly). Briscritto il testo in maniera più asciutto, l'operazione però non è quella di sostituzione ma la seconda versione va ad integrare la prima. La nota viene inserita all'interno di un volume, la prima edizione di un testo di Edgar Allan Poe all'interno di una libreria che raccoglie volumi di ogni tipo che è descritta nel testo "Di bestia in bestia", non si sa se nell'edizione del '89 o in quella del 2013. Una sorta di scatola cinese. Questo romanzo è "Una storia di mostri" in due parti: la prima edizione era un po' più lunga ed è raccontato dal narratore in prima persona mi assume anzi la forma di un diario tenuto dal narratore. Il narratore è uno studioso all'interno di questa spedizione scientifica,
e cercando di arrivare a meta si perdono. Per cercare riparo si recano nel castello di questo kosmos. Tutto ciò ci riporta a un riferimento letterario ben preciso che è il Gordon Pym di Edgar Allan Poe, che può essere ricondotto anche al romanzo di Lovecraft "Le montagne della follia" o a "La sfinge dei ghiacci" di Jules Verne. Sono tre romanzi fondamentali e collegati fra di loro. Quella descritta da Poe è un'avventura diversa, un realismo macabro ricorrente in ogni scena. Il protagonista è condannato di volta in volta a sperimentare una forma di morte, rischia di morire, sperimenta più volte la morte ma si risveglia poi. Per Mari questo romanzo ricorda le iniziazioni delle società segrete. Poe non termina il romanzo, Pym finisce con una spedizione in Antartide, dove vedono disegni di presenza di una civiltà misteriosa e il romanzo si blocca. Questo finale per Mari è la perfezione: il lettore dopoaver passato diversi stati di consapevolezza, rappresentato da queste variazioni di morte, il lettore deve arrivare a conoscere questa esperienza finale. Verne darà una spiegazione scientifica a questi segni di civiltà in Antartide mentre Lovecraft scegli un percorso completamente diverso, descrive l'incontro di questo gruppo di scienziati con ciò che è stato lasciato dei grandi antichi. Il film "La cosa" di John Carpenter potrebbe essere il seguito nel romanzo di Lovecraft, che prende una piega decisamente drammatica e orrorifica. Ritornando al romanzo di Mari, quando arrivano al castello i personaggi vengono accolti da questo anfitrione di nome Osmoc, prendendo decisamente una piega gotica. È il classico castello del romanzo gotico. Il primo castello della letteratura contemporanea che ci viene in mente è il castello di Udolfo, trattodal romanzo di Ann Radcliffe del 1794. I personaggi del romanzo di Mari si muovono all'interno diQuesto castello e incontrano iluoghi tipici della narrativa gotica, fra cui unabiblioteca labirintica (si può pensare allabiblioteca de “Il nome della rosa” di EcoS.piuttosto che la biblioteca di Babele). Ad accogliere il nostro narratore in questa fortezzaOgotica è Osmoc (anagramma di cosmo) di cui non c'è una vera e propria descrizione. ÈAT Esempre tutto abbastanza abbozzato, l'unico luogo descritto veramente bene nel romanzo è laILbiblioteca che è il cuore di questa fortezza. I protagonisti, che sono scienziati, dopo essersiEN Btrovati a disagio in tutto questo ambiente, finalmente si sentono a loro agio in questo spazioIARordinato, nella biblioteca. C'è il piacere filologico di raccogliere e ordinare una serie diCIdocumenti e di testi. Ne “La biblioteca di Babele” di Borges, sì descrive questa grandeERDbiblioteca che raccoglie poi il racconto di tutte le vite, diviene una mappa del mondo.
Tra le varie ossessioni di Mari c'è Tiziano Sclavi, lo scrittore di Dylan Dog, che scrisse un episodio ispirato alla torre di Babele che veniva invasa dai topi. Anche nel romanzo di Eco "Il nome della rosa" c'è una grande biblioteca con un'area riservata ai testi proibiti. All'interno dello stesso romanzo di Eco c'è un omaggio a Borges, con il personaggio di Burgos che era il monaco cieco assassino. Ritorniamo al romanzo di Mari: dentro questo castello ci sono dei personaggi inquietanti, e andando avanti con il racconto Osimo è.