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VENEZIANA E DELLE OPERE PUBBLICHE DEI MAESTRI VENEZIANI pubblicata nel
1771 a Venezia.
Zanetti è un personaggio importante nella Venezia del tempo tantoché Goldoni gli
Famiglia aristocratica,
dedica la commedia viene educato agli studi canonici di
antiquaria accompagnati da passaggi a bottega a cui aggiunse anche degli studi a
carattere scientifico. In virtù della sua educazione alla pittura e all’incisione Zanetti si
considerava un professore delle arti e del disegno (nell’accezione che già Baldinucci
aveva codificato); su suggerimento dell’Algarotti elabora una raccolta di stampe tratte
dai monumenti importanti di Venezia (ciò che già era stato fatto per Roma dal Bellori),
viene così elaborato un catalogo degli affreschi veneziani, compilato al fine di
preservane la memoria e l’evidenza visiva, visto il decadimento forte che le pitture
avevano. Fu responsabile della biblioteca marciana di Venezia, col compito di
catalogare i manoscritti greci e latini.
L’attività di critico e storico delle arti di Venezia nasce da qui e confluisce nell’opera
del 1771 che ha superato l’orizzonte biografico per giungere a ricostruire una storia
degli stili. Più in generale è un attività tesa a penetrare i valori formali dell’opera d’arte
entrando nella successione degli stili, rifacendosi a Winckelmann e a Boschini. La sua
prima opera a stampa è DESCRIZIONE DI TUTTE LE PUBBLICHE PITTURE DELLA
CITTÀ DI VENEZIA E ISOLE CIRCONVICINE: O SIA RINNOVAZIONE DELLE
RICCHE MANIERE DI MARCO BOSCHINI: COLLA AGGIUNTA DI TUTTE LE OPERE,
CHE USCIRONO DAL 1674 FINO AL PRESENTE 1733: CON UN COMPENDIO
DELLE VITE, E MANIERE DE' PRINCIPALI PITTORI, il rapporto con gli scritti di
Boschini che si instaura è veramente importante perché viene a svilupparsi la
possibilità di trasformare una guida cittadina in una storia dello sviluppo figurativo
della storia dell’arte veneziana. L’opera del 71 è una storia dell’arte che vuole
addestrare alla comprensione la grande tradizione coloristica organizzando il discorso
in fasi e periodi. Nell’opera di Boschini distingue la parte pittoresca dalla parte più
storica, si disinteressa del racconto storico non interessandosi quindi dell’iconografia
per valorizzare i modi e i caratteri (pittoreschi), ovvero i valori esclusivamente formali.
L’opera è compartita in 5 libri: 1) i primitivi, 2) 5 grandi fari della pittura veneziana del
‘500 (Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Veronese, Bassano), 3) maestri minori del ‘500, 4-
5) pittura secentesca che continua nel quinto libro dedicata alla pittura del suo
periodo. Tutti questi fatti e protagonisti si dispongono in uno schema di sviluppo ben
preciso, inteso come periodizzazione e definizione delle maniere dei vari periodi
all’interno dei quali si distinguono gli stili individuali.
LA FORTUNA DEI PRIMITIVI: A Zanetti i primitivi, non interessano, sono abbastanza
bistrattati, riconosce ai precedenti di Bellini una certa diligenza, una meticolosità ma
non una bontà di stile, definendo greco stile la pittura veneziana fino a metà ‘400.
L’autore elabora una netta distinzione tra il contenuto, cose molto ben pensate, e la
forma, così debolmente eseguite. Tralasciando questo apprezzamento pur sempre
relativo, l’importanza di Zanetti risiede nella pratica di ricerca dei loro dipinti e nello
studio delle loro personalità, a lui si deve ancor prima del Ruskin la rivalutazione di
Vittore Carpaccio. L’artista veneziano è lodato per la sua perfetta cognizione della
prospettiva lineare e l’invenzione fondata sulla verità. Gli interessi dello Zanetti si
estendono, sia pure con entusiasmi minori, indietro nel tempo fino al Trecento e
perfino ai mosaici di San Marco.
Il grande salto di qualità nella storia della pittura veneziana si compie con Giovanni
Bellini, che muove i primi passi, e poi con Giorgione e gli altri grandi nomi del ‘500, in
cui il buongusto è perfettamente realizzato; Bellini è quindi un pittore di snodo colui
che apre al via alla perfezione della pittura veneziana (come aveva fatto Vasari),
partendo da un inquadro storico; c’è una concatenazione legata alla dinamica interna
dello stile, un’attività critica che ha come modello Boschini, pur andando indietro
anche a vedere alla costruzione di Vasari.
Riflettendo sul cromatismo della pittura veneziana Zanetti arriva a sostenere la
supremazia dell’arte sulla natura, le sue considerazioni sono molto empiriche sostiene
che la logica formale può spingere l’occhio al di là di quanto vede (ad esempio
Giorgione spinge le ombre al di là del vero). Una prosa molto aderente al fine della sua
opera: comprendere, cogliere e verbalizzare gli aspetti formali della pittura; in questa
logica ci sono dei sintagmi veramente notevoli (parla di lume alto e radente quando
parla di Tiziano, a proposito di Tintoretto parla di furioso entusiasmo e impeto
dell’immaginazione). Zanetti con uno sforzo molto considerevole salva dal dipingere di
pratica e di maniera, o meglio dalla setta del manierismo, Tintoretto e Veronese,
superano la realtà solo per la forza del loro stile, giustifica solo parzialmente la
maniera riproponendo la superiorità della pittura sulla natura.
Anche la pittura luministica dei tenebrosi a cavallo tra ‘600 e ‘700 non piace a Zanetti,
che anzi li critica perché hanno sporcato la tradizione della pittura veneziana, in
questo sottofondo si staccano alcuni grandi maestri che si elevano e tra questi Giovan
Battista Piazzetto, Giovan Antonio Pellegrini, Sebastiano Ricci e Tiepolo per la sua
grande capacità nel costruire i contrapposti, per la facilità disegnativa, per la ricchezza
delle gamme cromatiche ma soprattutto per la capacità di far rivivere l’arte di
Veronese. Zanetti poi ha un grande peso nella storiografia perché sarà il modello di
Lanzi, riuscendo ad innestare il nuovo modo di fare storia di Winckelmann sul modello
secentesco del Boschini, con un aggiornamento tempestivo.
JEAN-BAPTISTE SEROUX D’AGINCOURT – STORIA DELL’ARTE DIMOSTRATA
CON I MONUMENTI, PARIGI 1811-1820.
Zanetti è solo il primo che si pone su questa nuova strada aperta da Winckelmann,
uno dei risultati più importanti si deve a Jean Baptist Luis George Seroux d’Agincourt,
francese che vive a Roma, scrive STORIA DELL’ARTE DIMOSTRATA CON I
MONUMENTI, una storia delle arti tra la caduta dell’arte antica fino al grande
risorgimento all’inizio del ‘500, per un arco temporale di dieci secoli. È un’opera molto
importante perché si occupa di quello che noi chiamiamo Medioevo, vuole indagare la
storia del lungo periodo oscuro della civiltà occidentale.
Si tratta di un’opera storica dimostrata per mezzo dei monumenti ed è molto
importante perché interamente illustrata, la prima volta che abbiamo un apparato di
immagini così ampio. Il testo diventa una sorta di museo immaginario, in cui
compaiono degli esempi che aiutano a capire l’evoluzione delle arti nel periodo di
decadenza. Sono 365 incisioni di monumenti esemplari di architettura, pittura,
scultura scelti tra quelle datate-databili in base alle quali costruire lo sviluppo delle tre
arti. Il testo a lato è una lucida ricostruzione sintetica centrata su elementi formali-
stilistici-compositivi, per capire lo sviluppo storico delle tre arti secondo vari parametri.
Un’opera importante che venne stampata a Parigi nel 1811 e nel 1820, ebbe un
impatto fortissimo già nell’Ottocento, venne tradotta anche in Italia da Ticozzi, a Prato.
In realtà le date in cui l’opera venne pubblicata non corrispondono all’orizzonte
culturale in cui viene concepita; è un’opera settecentesca pubblicata tardi. Seroux
inizia nel lontano 1778 con l’attività di ricerca, prima dell’82 aveva compiuto già
un’importante serie di viaggi in tutto il mondo e in modo sistematico visita tutta l’Italia
studiando i monumenti, inizia a stilare l’opera nel 1779. Tuttavia, passarono più di
vent’anni prima che l’opera venisse pubblicata (tra la mancata edizione e l’edizione
effettiva muore l’autore) questo a causa della Rivoluzione francese. I vent’anni di
intermezzo portarono all’aggiunta di alcuni passi e alcuni ritocchi che però non
modificano il dato interpretativo; nella sua opera è fortissima l’insistenza sulla
necessità di basarsi sullo stile, l’occhio è l’organo decisivo del ricercatore e non deve
basarsi sul contenuto, l’opera d’arte deve prevalere sulla tradizione letteraria.
Seroux d’Agincourt elabora una storia illustrata dello sviluppo delle arti tra IV e XVI
secolo. La storia sulla lunga età medievale è strutturata partendo dalla tesi secondo
cui l’arte occidentale si sviluppa in continuità lungo quei secoli, e in questa
periodizzazione Seroux si prefigge di comprendere e descrivere le cause e i fenomeni
di decadenza e i suoi sviluppi dal IV secolo fino a giungere a un primo grado di
risorgimento nel Duecento per poi toccare un principio di rinnovamento nel
Quattrocento fino a svanire nel Cinquecento (secondo uno schema vasariano molto
diluito).
LA FORTUNA DEI PRIMITIVI: Con le sue tavole richiama l’attenzione verso alcuni
monumenti che erano sconosciuti, compiendo il primo passo verso l’apprezzamento
che avverrà un decennio dopo, richiamò una forte attenzione visiva sull’architettura
gotica che già destava un forte interesse in Inghilterra e aveva richiamato l’attenzione
di Milizia. L’interesse per l’architettura gotica si sviluppa nell’autore per la vicinanza
con la cultura inglese dovuta ai suoi viaggi in Inghilterra, nel 1777 è ospite di Horace
Walpole, a Strawberry Hill, villa progettata in stile neogotico. Rispetto all’entusiasmo
senza regole di Milizia, anche l’interesse per l’architettura gotica è rivisto in chiave
reazionaria, assume una posizione conservatrice, ha interesse verso il carattere
estetico-costruttivo (soffermandosi sugli ornamenti, che provocano una sorpresa in chi
guarda con un coinvolgimento emotivi), ma limita queste osservazioni dal momento
che trattiene del biasimevole; l’entusiasmo è attenuato in una cornice di gusto
fortemente classicista. Completamente criticata è la scultura romanica, in particolare
definisce l’opera di Wiligelmo per il Duomo di Modena composta di figure deformi,
un’arte barbara lontana dalle forme artistiche dell’arte antica e bizantina. Mentre Lanzi
recupera la divisione vasariana tra vecchia e nuova maniera e ciò gli permet