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CHEMIOTERAPIA

Trattamento indicato per le lesioni di 1° grado. In realtà può trovare indicazione in gradi più avanzati là

dove non venga considerata una terapia risolutiva ma una terapia per tirare avanti. La letteratura

(soprattutto gli studi do Ross e Thomson) dimostra che molti denti considerati hopeless perché portatori

di una lesione avanzata, in realtà questi denti, pur essendo condannati a morte, se mantenuti in bocca

con sedute di mantenimento periodico a cui possono essere aggiunte pratiche di chemioterapia, questi

denti vengono estratti alla fine, ma, lo sono dopo 20 anni. Per cui nel frattempo il pz ci mastica sopra

senza accorgersi della lesione della formazione. Se ci ricordiamo qual è l’obiettivo della terapia

parodontale, ovvero dare al pz più allungo possibile una masticazione valida senza disconfort. Anche

un dente che dovrò togliere, se mantenuto in bocca, senza dar fastidio e senza danneggiare i denti

vicini, può essere una terapia di successo. Se si vuole applicare la terapia del tirare avanti, la

chemioterapia (considerata in senso negativo se si considera solo come terapia risolutiva, nel senso

che la chemioterapia non è una terapia risolutiva), usata come aggiunta durante le sedute di

mantenimento periodicamente in questi denti per tirare avanti, può essere una valida alternativa non

solo nei primi gradi ma anche nei secondi e terzi gradi. La chemioterapia si basa sull’applicazione di

antibatterici locali nella zona interessata in associazione sempre ad una pulizia meccanica che può

essere fatta a cielo coperto o aperto. E’ chiaro che l’applicazione del farmaco è fatta a tessuti guariti. E’

considerato un trattamento non chirurgico da fare in una seduta successiva al debridement a cielo

aperto o coperto.

C’è poca letteratura su questa pratica clinica. La dott.sa Di Tullio vi farà una lezione sugli antibiotici dal

punto di vista sistemico (quando associare alla terapia parodonatale una chemioterapia sistemica) e

locale. Tutti i presidi antibatterici usati a livello sistemico descritti dalla dott.sa possono essere usati a

livello locale.

In letteratura è indicato il gel di Metronidazolo all’1%(unguento iniettato con una siringhetta ad ago

smusso dentro la forcazione dopo averla pulita) che, però, paragonato ad una terapia di mantenimento

trimestrale senza aggiunta di Metronidazolo (sul lato controllo si è applicato un gel placebo), non ha

dato nessuna differenza.

Oppure possiamo effettuare un’irrigazione della zona dopo averla pulita con una soluzione di

Tetraciclina.

Hegerberg ha provato questo trattamento andando ad irrorare la forcazione con 50 mg per ml di

Tetraciclina una volta al giorno per 15 gg, per tre mesi senza ottenere nessun vantaggio rispetto alla

sola pulizia meccanica.

DINAVE ha provato a mettere polvere di Tetraciclina inglobata in spugnette di collagene che sono state

inserite nella forcazione. La Tetraciclina veniva rilasciata in modo sostenuto. I farmaci a rilascio locale

hanno 2 modi di essere rilasciati: rilascio sostenuto (rilascio iniziale sostenuto con graduale riduzione),

rilascio controllato (strumento che rilascia il farmaco in misura più o meno costante). Con il rilascio

sostenuto c’è grande rilascio iniziale e piccolo finale. Con tale modalità di rilascio la Tetraciclina ha dato

il vantaggio, rispetto al lato di controllo (dove veniva applicata la spugna di collagene non caricata con

Tetraciclina) ha dato un minor sanguinamento al sondaggio. Quindi, un’azione antibatterica c’è stata.

Tonetti nel 1998 ha sperimentato le fibre di Tetraciclina che sono dei microtubi (come quelli usati nella

macchina per dialisi renale) costruiti con sostanze sintetiche non riassorbibili in cui viene messa della

Tetraciclina. Visivamente queste fibre sono simili al filo retrattore. Queste fibre sono raggomitolate ed

inserite nella tasca dove vengono lasciate per 10 giorni dopo aver sigillato il margine gengivale con una

goccia di ciano acrilato (simile al Super Attak). Dopo 10 giorni la fibra viene presa e portata via con una

pinzetta e sembra che l’azione antibatterica duri per circa 9 mesi (almeno nei difetti verticali) perché la

Tetraciclina è un antibiotico chelante quindi si lega alla radice. Le fibre di Tetraciclina sono un device per il

rilascio controllato di farmaco, cioè, per la maggior parte di questi 10 giorni il rilascio di Tetraciclina è

costante. Anche in tale caso non ci sono miracoli. C’è tata una maggiore riduzione del sondaggio e del

sanguinamento limitato ai primi 3 mesi. Ciò vuol dire che col passare del tempo l’efficacia antibatterica si

riduce. Le fibre di Tetraciclina non hanno avuto un grosso successo in Italia perché erano vendute ad un

prezzo pazzesco in base al rapporto costo-beneficio. Queste fibre possono essere una soluzione per

mantenere il più allungo possibile denti che altrimenti non avrebbero troppe chance.

Quali sono i denti per cui si deve adottare “la terapia del tirare avanti”? immaginiamo un molare superiore

con una tasca verticale ed un coinvolgimento della forcazione orizzontale di terzo grado, con un tronco

radicolare lungo che riporta la forcazione a livello apicale (per cui è difficile raggiungerla), però, con 2 radici

belle lunghe, per cui il dente non si muove. Ve la sentite di togliere un dente così? In teoria dovreste farlo

perché è un ricettacolo di germi, però, il pz non sa niente di tasche e batteri, sa solo che ha un dente bello

fisso e che la piorrea è una malattia che fa muovere i denti. Il pz pensa che noi vogliamo togliergli un dente

buono. Se sappiamo che questo dente, se ben mantenuto, può durare anni. Quando inizia a diventare

mobile e quando il pz inizia ad avere fastidi, accetterà più volentieri l’ipotesi estrattiva. Però, più aspetto a

lasciare il dente, più osso mi si riassorbe e mono potrò mettere un impianto. Il piano di trattamento va

ritagliato su tante variabili, come l’età del pz, la sua apertura mentale, la situazione locale le possibilità

economiche, mantenere un dente homeless con terapia di mantenimento che il pz deve fare perché ha la

parodontite, quindi, non è un costo aggiuntivo, magari associata con una chemioterapia economica, per e.

metterci dentro del gel di Clorexidina dopo ogni seduta di mantenimento e a casa, può evitare al pz di fare

una protesi o un impianto.

Qual è il punto di separazione tra la scelta estrattiva e non estrattiva? Questa è una domanda da un

milione di dollari. La situazione va scelta volta per volta. La linea guida che ci deve indirizzare è questa:

quando mantenere il dente può rappresentare un cospicuo rischio per i denti adiacenti, conviene togliere il

dente. Ma se noi, seguendo nel tempo ed effettuando ad ogni controllo i sondaggi parodontali, vediamo che

i denti adiacenti non risentono della presenza di questo dente perché il pz ha un’ottima igiene orale

domiciliare, perché, per quanto la lesione sia grave, l’odontoiatra o l’igienista, riesce trimestralmente in

modo accettabile e se magari si aggiunge un chemioterapico locale e se vediamo che la situazione nel

tempo si mantiene stabile, possiamo ipotizzare anche la possibilità di mantenere nel tempo questo dente il

più allungo possibile.

Quando, invece, vediamo che c’è un deterioramento progressivo che si estende soprattutto ai denti vicini, è

urgente estrarre il dente. Per questo vi rimando a ciò che abbiamo detto per l’estrazione strategica che è

un atto terapeutico migliorativo sui denti adiacenti ai denti da togliere, ma può essere rinviata in condizioni

di detraibilità dei denti adiacenti e del dente in questione. Quando il dente in questione non da fastidio al pz

( perché è un dente su sui si mastica) e non da fastidio ai denti vicini (cosa di cui noi dobbiamo accorgerci

attraverso parametri clinici e radiografici) nel tempo, allora possiamo ipotizzare una terapia di

mantenimento ad oltranza.

Quando dico si somministrare questi farmaci localmente, mi riferisco più ad antisettici che ad antibiotici

perché i protocolli di trattamento con antibiotici locali sono limitati nel tempo, ad es. le Tetracicline in fibre

possono essere usate una volta all’anno. In genere non ci sono fenomeni di resistenza perché uno dei

punti forti della terapia antibiotica locale è quella di creare un’altissima concentrazione locale di farmaco

che ha un’azione così intensa da non creare resistenze (nel senso che stermina tutto). Per esempio la

Tetraciclina è un antibiotico batteriostatico che però ad altissime concentrazioni diventa battericida. Le

concentrazioni che otteniamo con questo metodo sono altamente battericide. Io non mi esporrei

continuamente ad una carica antibiotica.

Quali sono gli antibiotici che si usano? Tetraciclina, Aminociclina e Metronidazolo. Questo per uso locale.

Se dal trattamento chemioterapico che possiamo fare in primi gradi o magari nei secondi e terzi gradi

(quando volgiamo tiare innanzi), ci aspettiamo una risoluzione del problema, scordatevelo! La

chemioterapia non serve a chiudere le forcazioni, serve a mantenerle. In particolare può essere una scelta

che migliora la condizione clinica in maniera limitata nelle lesioni piccole (primi gradi). Nei secondi e terzi

gradi non ci dobbiamo aspettare niente. A me sono capitati dei pz con una manualità molto elevata che

erano in grado con delle siringhette con ago smusso si autoiniettarsi nelle forcazioni di secondo grado del

molare inferiore il gel di clorexidina. Io lo facevo fare 2-3 volte a settimana e vedevo forcazioni che

continuavano ad essere sondabili che però non sanguinavano. Non dobbiamo aspettarci che ricresca il

tessuto, ma che non si sia infezione dentro si.

Qual è il problema? Fare questo per tutta la vita comporta un annerimento dei denti di quella zona ed alla

lunga una perdita del gusto e tutti gli effetti collaterali della clorexidina. Abbiamo ottenuto simili risultati col

gel di Metronidazolo (non nella formulazione costosa odontoiatrica di cui vi parlerà la professoressa) sotto

forma di un unguento dermatologico che si vende in farmacia a 5 euro. Ha lo svantaggio di essere molto

amaro perché è un prodotto per dermatologia e non odontoiatria. Ci sono tante sostanze antibatteriche da

mettere nelle tasche.

La chemioterapia non va mai fatta senza aver fatto terapia meccanica, soprattutto a cielo coperto o anche

eventualmente a cielo aperto (ma noi sappiamo che la terapia meccanica a cielo aperto senza nient’altro

lascia il tempo che trova). Per cui facciamo la terapia meccanica a cielo aperto sempre se ci troviamo in

presenza di una forca di primo grado in associazione all’osteo-odontoplastica, cioè col rimodellamento del

dente e della

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
16 pagine
SSD Scienze mediche MED/28 Malattie odontostomatologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ottavoincluso di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Parodontologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Paolantonio Michele.