Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse, Balboni - Appunti
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INSEGNARE LE LINGUE IN UNA SOCIETA’ COMPLESSA
I primi manuali di Glottodidattica risalgono, al 1994. Nei primi anni ’90, la società era di tipo
monoculturale per cui andava bene una glottodidattica semplice. Oggi invece nasce e cresce l’esigenza
delle conoscenze linguistiche di una o più lingue straniere oltre all’inglese.
DAI GRUPPI NAZIONALI ALLE SOCIETA’ COMPLESSE.
Nella seconda metà del 900 si diffonde la nozione di società di massa. Dopo la seconda guerra
mondiale la conoscenza dell’inglese coinvolge la massa. Solo nel secondo 900 si studia l’inglese
comunicativo (massa anglofoba trans-nazionale).
Anni 50 e 60:per diventare parte della massa bisognava cancellare l’individualità, imparando usi costumi,
lingue e valori.
Anni 80:la massa che condivide un Threshold Leiel di inglese, si frammenta in gruppi legati da interessi
musicali, sportivi, economici, politici, in spazi reali ma soprattutto virtuali. Si passa dai mass media
ecumenici ad universi specifici. L’Unione Europea si trova a dare una risposta politica al
rimescolamento delle masse:
1. finanziamenti per la diffusone di nuove tecnologie informative e comunicative
2. supporto alle spese di creazione di una classe dirigente, non più legata ad una nazione ma a
gruppi di interesse condivisi.
3. adozione, nell’art. 126 del trattato di Maastricht, del principio della pluralità linguistica.
La massa nazione non scompare ma viene invasa nelle scuole e nei quartieri da persone che vengono da
altre nazioni.
L’Unione Europea impose un modello multilingue multinazionale, a differenza dell’America che ha
imposto e vorrebbe imporre al mondo propri valori, cultura e lingua.
La glottodidattica italiana ha lo scopo di consentire a tutti nuove masse a cui appartenere, per nutrire e
condividere i propri interessi.
DALLA VITA SEMPLICE ALLA VITA COMPLESSA
Oggi la vita risulta molto più articolata per cui in alcuni casi è elettiva in altri invece è parzialmente
imposta.
1. ELETTIVA: Es. tutti i canali musicali ci mettono a disposizione, forme di tutte le culture da cui
possiamo scegliere.
2. OBBLIGATI: Es. i momenti della scelta professionali, prima si sceglieva una professione e la si
manteneva per tutta la vita; oggi la professione cambia continuamente, cercando di apprendere
le modifiche dei tempi.
E’ la conoscenza delle lingue l’elemento qualificante sia per la riqualificazione professionale che per la
ricerca esistenziale. La glottodidattica deve dare la possibilità ad ognuno di scegliere cosa essere senza
che la lingua costituisca una barriera.
SINDROME DEL PENDOLO NELLLA GLOTTODIDATTICA DEL XX SECOLO.
TEORIE DI RIFERIMENTO:
Si è spostato il focus dalla lingua come sistema alla lingua in atto (dalla langue alla parole).
Sul versante di chi apprende si sono utilizzate la neuro e la psicolinguistica, e altre teorie umanistico-
affettive che prendono in considerazione l’intera gamma della potenzialità umana. Il focus si è spostato
dall’oggetto da apprendere (LA LINGUA) al soggetto che apprende(LO STUDENTE).
LO STUDENTE. non è più una tabula rasa ma i suoi bisogni i suoi stili e ritmi di apprendimento
determina il tipo di insegnamento che gli viene imposto.
Processo deduttivo :ha un ruolo secondario
Processo induttivo: se lo studente deve imparare una lingua è necessario che impari ad osservare, la
cultura e indurre i meccanismi di funzionalità cogliendone anche il loro variare. In Italia la logica
induttiva è più una dichiarazione di principio che non può essere consolidata, dove i docenti diffidano
dell’autonomia dello studente.
IL DOCENTE:nella terza metà del secolo l’insegnante era il modello, negli anni 60 e 70 divenne tutor,
regista, facilitatore. L’insegnante è un tecnico non solo della lingua e della cultura ma deve dare la
possibilità di connettersi con la lingua e la cultura straniera. In Italia hanno molte difficoltà ad accettare
questo ruolo ritenuto quasi degradante.
LA LINGUA: strumento di comunicazione che domina la socio e la pragmalinguistica, intese come
capacità d’uso. Questo vale soprattutto per l’inglese come lingua franca, mentre per le altre lingue si
mira ad un approfondimento più equilibrato. Il Curricolo cioè, la descrizione delle mete glottodidattiche
e contenuti linguistici selezionati per un dato corso e un dato livello, diviene flessibile e
personalizzabile.
LA CULTURA: la cultura diviene importante quando la lingua. La competenza interculturale a livello
della lingua franca, (nell’insegnamento dell’inglese), tende a prendere il posto della competenza della
cultura anglo- americana pura e semplice. Da ciò rimane assente la glottodidattica anglofoba.
MODELLI OPERATIVI
Negli anni ’70 si abbandona la lezione a favore di una attività di problem solving (comunicare in un bar
o in una stazione), sotto forma di unità didattica. Oggi invece si imposta il concetto di modulo, ossia
una tranche autonoma di lingua che può essere accreditata nel CV. Il modello operativo più recente è
l’unità d’apprendimento più adatto alle società complesse.
TECNICHE DIDATTICHE.
Oggi si sono imposte tecniche proprie degli approcci comunicativi e umanistico-affettivi, tecniche di
simulazione, di sviluppo nelle varie abilità, di riflessione sulla lingua.
Le tecniche tendono più allo sviluppo dei processi piuttosto che alla realizzazione di prodotti(testi,
frasi).
MATERIALI
Ai manuali si aggiungono attività, audio, video, in rete, con collegamenti e-mail.
STRUMENTI TECNOLOGICI. Le tecnologie sono sempre più a disposizione nei nuclei familiari, a
lavoro a scuola, non si tratta di macchine per apprendere ma per comunicare.
Rispetto ai primi materiali di glottodidattica il cambiamento sta nella apertura alla lingua
autentica(attraverso la tecnologia), dove il ruolo centrale è dello studente(interessi, processi cognitivi.
(CAP. 2) ASPETTI COMUNI A TUTTE LE SITUAZIONI GLOTTODIDATTICHE
APPROCCIO INTERDISCIPLINARE
L’epistemologia distingue tra:
Scienze teoriche :mirano a conoscere(es. la linguistica tende a conoscere la natura della lingua),
applicano la loro attenzione sui particolari.
Scienze pratiche:risolvono problemi. (es. la glottodidattica, vuole rispondere alla necessità di acquisire le
lingue), sono interdisciplinari, si fondano su scienze teoriche e su altre pratiche.
TEORICHE APPLICAZIONE PRATICHE IMPLICAZIONE
Non si tratta di un bisticcio tra applicazione e implicazione, ma conoscere chi è il soggetto che decide,
sulle fonti di conoscenza e sul loro uso:
• Nella logica glottodidattica, come linguistica applicata, il soggetto è il linguista che applica la sua
conoscenza a un settore particolare.
• Nella prospettiva della glottodidattica, come scienza pratica interdisciplinare, il soggetto è colui
che definisce il problema, e che prende da più scienze ciò che gli serve.
La linguistica applicata ha prodotto un approccio grammatico-traduttivo, .
La linguistica e la psicologia applicate hanno prodotto un approccio strutturalistico.
Approcci come quello, diretto, comunicativo, naturale, sono pensati per chi si trova ad operare sul
campo e deve riprodurre un risultato pratico: FAR APPRENDERE UNA LINGUA COME
STRUMENTO DI COMUNICAZIONE.
COMPONETI EPISTEMOLOGICI DELLA GLOTTODIDATTICA SONO:
SCIENZE DEL LINGUAGGIO E DELLA COMUNICAZIONE:
Si deve riflettere in maniera scientifica sulla natura della comunicazione e della lingua. I temi principali
sono:
1. natura della comunicazione e degli eventi comunicativi.
2. nozioni di grammatica, fonologia, morfosintattica, lessicale, testuale.
3. nozioni di sociolinguistica e pragmalinguistica
4. competenza comunicativa: natura delle abilità linguistiche, delle funzioni e degli atti
comunicativi
5. nozioni i interlingua e strumenti per l’error analysis
6. natura semiotica e strutturazione logica dei linguaggi non verbali e multimediali.
Le scienze del linguaggio identificano:
• IL CONCETTO DI GRAMMATICA PEDAGOGICA
• IL CONCETTO DI ORDINE NATURALE DI ACCQUISIZIONE.
SCIENZE PSICOLOGICHE
Si devono considerare i principi basilari di
1. neurolinguistica: le modalità di funzionamento del cervello nell’acquisizione linguistica
2. psicolinguistica: i processi della mente nell’acquisizione linguistica
3. psicopedagogia e psicodidattica: su cui fondare i modelli operativi (unità di
apprendimento, di didattica, il modulo)
4. psicologia relazionale: con particolare attenzione al problema del filtro affettivo
5. formazione dell’identità
6. sviluppo di una personalità bilingue
SCIENZE DELLA CULTURA E DELLA SOCIETA’
Non si insegna solo una lingua ma anche una cultura, per cui servono le nozioni:
1. generali di antropologia, dai concetti di cultura e di civiltà alle metodologie di identificazione
e di descrizione dei modelli culturali.
2. specifiche relative ad una cultura che si esprime ad una data lingua
3. di pragmatica e comunicazione interculturali
SCIENZA DELLA EDUCAZIONE E FORMAZIONE:(il didatta deve possedere un bagaglio di base
di: 1. pedagogia generale
2. metodologia didattica
3. tecnologia didattica
La glottodidattica ha due caratteristiche:
1. MEZZO E FINE CHE COINCIDONO
2. Nelle lingue “seconde” L’INPUT NON E’ FORNITO SOLO O PRIMARIAMENTE A
SCUOLA ma in ogni momento della vita extrascolastica.
Le quattro grandi aree di conoscenza, divengono glottodidattica nel momento in cui vengono integrate.
TEORIA APPROCCIO, METODO, TECNICA.
Le scienze teoriche o pratiche forniscono delle teorie di riferimento. La conoscenza e l’azione
glottodidattica si articolano su tre livelli:
1. APPROCCIO:
• Individua le finalità dell’educazione linguistica
• Indica gli obbiettivi glottodidattici
• Definisce le coordinate scientifiche per proporre metodi per raggiungere le finalità e gli
obiettivi
Sono approcci, quello grammatico traduttivi; quello diretto e quello della lettura; quello audio- orale,
quello comunicativo e quello naturale.
Un approccio si valuta in base alla:
• Fondatezza scientifica da cui ha assunto i principi
• Coerenza interna
• Capacità di generare metodi in grado di realizzare l’approccio stesso.
2. METODO.
E’ un insieme di principi metodologico-didattici, che traducono un approccio in modelli operativi, in
materiali didattici, in modalità d’uso delle tecnologie didattiche.
Un metodo, può essere adeguato o non adeguato, all’approccio che si intende realizzare, è nello stesso
tempo coerente e non coerente, nel proprio interno.
Il compito essenziale è la selezione delle tecniche glottodidattiche.
3. TECNICA.
Una tecnica glottodidattica è una attività o un esercizio che realizza in classe le indicazioni del metodo e
le finalità dell’approccio. Le tecniche sono coerenti o non con il metodo e l’approccio, efficaci e non nel
raggiungere l’obiettivo didattico che si propongono.
MODELLO DIDATTICO A TRE POLI.
La tradizione propone un modello tripolare.
• STUDENTE:indica una persona che vuole studiare per apprendere; l’apprendimento è un atto
volontario. Lo studente è posto al vertice di una piramide in posizione di privilegio.
• FRECCIE:l’uso delle frecce bidirezionali indica che l’interazione è continua tra docente e
studente e tra studente e disciplina
• COMUNICAZIONE. fino a qualche anno fa era solo verbale , oggi si parla di scelte della
modalità di comunicazione:audiovisiva, telematica.
LE VARIABILI PER PROGETTARE O DESCRIVERE L’ATTO DIDATTICO, sono:
• I soggetti del processo glottodidattico: lo studente – il gruppo di studenti
• Gli oggetti del processo glottodidattico: lingue nazionali, seconde, etniche, straniere, franche,
per uso quotidiano, le microlingue scientifico-professionali, la cultura e la dimensione
interculturale.
• I registri: il responsabile del processo formativo e del curricolo, l’autore dei materiali didattici,
l’insegnante
• La Comunicazione e l’interazione tra soggetti, oggetti e registri: fini e mezzi, la modalità face to
face verso quella virtuale verso quella uomo/macchina.
(CAP.3) GLI ATTORI NEL PROCESSO GLOTTODIDATTICO
Gli attori sono 2 studenti e insegnanti:
GLI STUDENTI:
Neurolinguistica = studia il funzionamento del cervello cioè dell’ HARDWARE
Psicolinguistica =studia il funzionamento del SOFTWARE, del Language acquisition device
(chomski)
HARDWAR DELL’ACQUISIZIONE LINGUISTICA:IL CERVELLO.
• LA NEUROLOGIA =descrive il fenomeno della lateralizzazione cioè il fatto che i 2
emisferi celebrali, collocati a sinistra e a destra all’interno del cranio, lavorano in maniera
differente.
• LA PSICOLOGIA = descrive la natura di questa specializzazione: si affidano all’emisfero
sinistro i compiti di natura analitica, sequenziale,logica, e si eseguono con l’emisfero destro
compiti di natura globalistica, simultanea, analogica. Studia anche i meccanismi della
memoria cioè del collocamento di nozioni nel cervello e del loro successivo recupero,
quando esse sono necessarie.
• LA NEUROLINGUISTICA =individua nell’emisfero sinistro le due aree in cui avviene
l’elaborazione del linguaggio attraverso operazioni interrelate tra i due emisferi .
Danesi ha studiato questi fenomeni traendone, implicazioni glottodidattiche:
1. BIMODALITA’: entrambe le modalità del cervello sono coinvolte nella
comunicazione linguistica e quindi devono essere integrate per coinvolgere l’intera
mente dell’allievo nel processo di acquisizione linguistica. Questo principio verrà
ripreso nell’opposizione di KRASHEN tra acquisizione, che implica la memoria a
lungo termine e l’integrazione dei due emisferi, e apprendimento, che rimane nella
memoria a breve termine e si basa sull’emisfero sinistro.
Il modello di unità didattica elaborato da GIOVANNI FREDDI si basa su un gioco
di rimandi tra i due emisferi:
dalla fase di motivazione (che integra le emozioni, le curiosità del cervello destro +
analisi dei bisogni di quello sinistro) si passa ad una fase di globalità (modalità
destra) cui segue l’analisi della lingua (modalità sinistra) per approdare alla sintesi .
2. DIREZIONALITA’ :l’uso bimodale del cervello avviene secondo una direzione
ben precisa dall’emisfero destro a quello sinistro.
SOFTWARE DELL’ACQUISIZIONE LINGUISTICA : IL LAD.
CHOMSKY ha ipotizzato l’esistenza di un Language Acquisition Device
KRASHEN: è partito dall’ipotesi di Chompsky per elaborare la SLAT (Second Language
Acquisition Theory) e in particolare l’opposizione tra :
1)ACQUISIZIONE (acquisition): è un processo inconscio che sfrutta le strategie globali
dell’emisfero destro con quelle analitiche dell’emisfero sinistro: ciò che è acquisito rientra a
far parte della competenza della persona, nella memoria a lungo termine.
2) APPRENDIMENTO ( learning): è un processo razionale, governato dall’emisfero sinistro e
basato sulla memoria a breve termine; la competenza appresa è a termine non è definitiva, è
solo un fatto temporaneo.
Krashen individua altri 3 principi:
1) input comprensibile. l’acquisizione avviene quando l’allievo concentra l’attenzione
sul significato, dell’ input e non sulla forma e permette al LAD di procedere.
2) ORDINE NATURALE E i+1: la 1° condizione perché l’input sia acquisito è che
esso si collochi al gradino dell’ordine naturale immediatamente successivo all’input acquisito
fino a quel momento, che Vygotskij chiama area di sviluppo potenziale e che in Bruner
troviamo come zone of proximal development: è la distnza tra la parte di un compito che una
persona è già in grado di eseguire e il livello cui può giungere nel tentativo di compiere la
parte restante del compito, distanza che può percorrere da solo o sotto la guida di una
persona più esperta.
i = il compito in grado da eseguire sulla base della competenza acquisita.
+1 = l’area di sviluppo potenziale.
Le possibili conseguenze sono:
• Se si prende un elemento a caso della sequenza, tutti gli elementi che vengono prima di quel
punto sono condizione necessaria per poterlo acquisire.
• Se l’input i +1 compare nell’input reso comprensibile, il fatto di aver già acquisito gli
elementi precedenti è condizione sufficiente perché l’acquisizione del nuovo avvenga,
purché il filtro affettivo sia aperto.
Secondo le definizioni di Corder e Schumann LA LINGUA VIRENE APPRESA SECONDO UN
PROCEDIMENTO A SPIRALE, CHE PROCEDE PER APPROSSIMAZIONI SUCCESSIVE
ALLA LINGUA OBIETTIVO.
3) FILTRO AFFETTIVO: l’ipotesi afferma che affinché i +1 sia acquisito è necessario
che non sia inserito il filtro affettivo. La metafora può essere spiegata come un interruttore
lungo un cavo, dove il filtro è l’interruttore che può interrompere il flusso. In realtà il filtro
corrisponde a stimoli chimici, che in stato normale trasforma adrenalina in noradrenalina,
(facilita la memorizzazione). In stato di stress invece si trasforma in steroide, che blocca la
noradrenalina e fa andare in conflitto l’amigdala, e l’ippocampo. Il filtro è un meccanismo di
autodifesa che viene inserito da :stati di ansia, attività che pongono a rischio l’immagine di se
che lo studente vuole offrire al resto della classe, attività che mirano all’autostima, attività che
provocano la sensazione di non essere in grado di apprendere.
ENERGIA CHE METTE IN MOTO HARDWARE E SOFTWARE: LA MOTIVAZIONE
Acquisire è uno sforzo per cui HW e SW vanno messi in moto e tenuti in azione: l’energia per fare
questo proviene dalla motivazione.
Modelli:
• EGODINAMICO (Renzo Titone): ogni persona ha un progetto di sé; se questo richiede la
conoscenza di una lingua, la persona individua una strategia: decide di iscriversi a un corso, ecc.
Poi si ha il momento tattico cioè il contatto reale con la sua scelta: se i risultati si ottengono
aumentano i feedback altrimenti il progetto di apprendere una lingua cade.
• MODELLO TRIPOLARE individua le tre cause dell’agire umano.
1. IL DOVERE: questa motivazione non porta all’acquisizione perché inserisce un filtro
affettivo che fa restare nella memoria a breve termine le informazioni apprese. Si
produce quindi apprendimento e non acquisizione!
2. IL BISOGNO: è una motivazione legata all’emisfero sinistro, razionale e consapevole,
presenta due limiti:
- Il bisogno deve essere percepito
- Funziona se lo studente decide che ha soddisfatto il suo bisogno
3. IL PIACERE:
- di apprendere : piacere primario annullato dal fallimento: fallire provoca
dispiacere e quindi annulla la motivazione, toglie energia al processo di
acquisizione, mentre sbagliare è più accettabile se l’errore viene studiato (errare è
umano)
- della varietà : vario deve essere il corso, il materiale, il modo di guidare la
comprensione, il modo di chiedere produzione linguistica perché se no ci si
annoia e si stacca la spina della motivazione.
- della novità, dell’imprevisto, dell’insolito : che Schumann pone come fattore
importante nella valutazione dell’Input da parte di una mente
- il piacere della sfida : a tutti piace mettersi alla prova ma la valutazione del
risultato deve essere fatta dagli studenti, ricorrendo all’insegnante solo dove non
si capisce un eventuale errore.
- Il piacere della sistematizzazione : capire come funziona il mondo ecc, è un
piacere molto forte e di natura formale, astratta e coinvolge anche l’emisfero
sinistro.
In tal modo uno studente rinforza l’idea che imparare una lingua sia una cosa utile (bisogno); e
imprevedibilmente stimolante (piacere), anche nel caso in cui è imposto in un sistema
formativo(dovere).
• STIMULUS APPRAISAL (Schumann): si fonda su dati neuro-biologici. L’emozione gioca un
ruolo fondamentale nel processo cognitivo. Il cervello coglie stimoli (che Krashen chiama
input), e procede a un appraisal che è insieme valutazione e apprezzamento,e su questa base
decide se accettare l’input, se interiorizzare gli elementi nuovi che compaiono nello stimolo. Il
cervello seleziona quello che vuole selezionare sulla base di 5 motivazioni:
1) Novità
2) Attrattiva: dovuta alla piacevolezza e bellezza dello stimolo
3) Funzionalità: nel rispondere al bisogno che lo studente percepisce (need significance)
4) Realizzabilità: un compito possibile (collocato nella zone of proximal development) viene
percepito come motivante e innesca il LAD
5) Sicurezza psicologica e sociale: ciò che si deve imparare e la risposta che si deve dare allo
stimolo non mettono a rischio l’autostima e l’immagine sociale (cioè non devono innescare il
filtro affettivo).
LA MEMORIA
Le informazioni vengono elaborate dalle memoria di lavoro che ha persistenza limitata nel tempo sia
nella quantità: da questo deriva la necessità di organizzare l’input in CHUNKS, in frammenti che
contano come unità di significato. Quanto viene elaborato dalla memoria di lavoro viene collocato nella
memoria a breve termine che però presenta 2 problemi:DIMENTICA FACILMENTE, ACCOMODA
LE NUOVE INFORMAZIONI SULLA BASE DI QUELLE GIA’ POSSEDUTE. Insegnare una
nuova lingua vuol dire impostare un nuovo sistema linguistico diverso da quello della lingua madre.
Il terzo livello è costituito dalla memoria a lungo termine, che include la conoscenza del mondo, la
cosiddetta enciclopedia, la memoria semantica, che interpreta e memorizza la lingua.
FUNZIONAMENTO DELLA MEMORIA
Aristotele teorizzava il meccanismo di memoria che chiameremo associazionismo: si ricorda per
somiglianza o per contrasto; molte tecniche della glottodidattica si basano sulle associazioni. Le
associazioni risultano utili se le crea lo studente.
Apprendere è un progetto. L’atto didattico per essere inciso sulla memoria consta di diversi modelli:
• Maggiore riflessione corrisponde a maggiore memorizzazione
• La codifica profonda è a livello semantico più che sintattico, lessicale più che grammaticale.
• L’immagine visiva è meno efficiente di quella sonora.
Complesso è anche il processo di recupero del lessico dalla mente, si ipotizza che il lessico sia realizzato
in una serie di reti semantiche, di schemi in cui classifichiamo le esperienze e di copioni
comportamentali.
FILTRO AFFETTIVO.
Il filtro affettivo è la metafora psicodidattica, che serve a rendere visibile una realtà organica precisa
dalla quale dipende la memorizzazione,.
Nella situazione di piacevole sfida l’organismo rilascia noradrenalina che serve per fissare le tracce
mnestiche, cioè introiettare e poi ricordare l’input che viene recepito, in caso di stress o di ansia una
ghiandola emotiva blocca l’effetto dello steroide. Ne segue che:
• Le attività didattiche stressanti non si traducono in acquisizione
• Questa lotta ghiandolare rallenta l’attività dell’area neo-frontale del cervello, che ospita la
memoria di lavoro e lo studente va in tilt
Una glottodidattica umanistica non può ignorare come funziona l’uomo ne tanto meno la intelligenza
emotiva
DIVERSI TIPI DI INTELLIGENZE E DIVERSI STILI COGNITIVI.
Gardner ritiene che l’intelligenza sia multipla, e che si può parlare di diversi tipi di intelligenza:
• VISIVA
• UDITIVA
• CINESTETICA
Per cui materiali didattici ed insegnanti devono proporre attività variate.
Sulla base del proprio tipo di intelligenza ogni persona si dota di strategie di apprendimento.
Un secondo fattore che viene spesso ripreso dalla lettura divulgativa rimanda alla psicologia della
Gestalt, cioè al fatto che le persone possono essere analitiche o sincretiche e quindi risulterebbero poi
intro o estroverse
Vi sono delle variabili che caratterizzano lo studente.
1) Tolleranza per l’ambiguità. Le persone che si accontentano di una comprensione
globale hanno una maggiore facilità di comprensione delle persone precise
2) Indipendenza dal campo:capacità di non lasciarsi distrarre da stimoli irrilevanti
3) Capacità di prevedere: di estrapolare dal contesto quello che può trovarsi nel testo: è
la Pragmatic Expectancy grammar descritta da Oller
4) Tendenza ad apprendere dai propri errori
5) Personalità empatica:i entrare in sintonia con l’interlocutore ed individuarne gli
scopi comunicativi.
Bisogna comunque tenere presente che lo studente è immerso in un contesto sociale e condizionato
dal vissuto personale, per cui.
1) A secondo della propria personalità alcuni studenti di lingua straniera sono favoriti
nella fase iniziale altri in quella di consolidamento.
2) Nella fase iniziale bisogna spingere gli studenti più riflessivi a rischiare e a procedere
intuitivamente; bisognerà fornire loro ampio sostegno affettivo in caso di errore o fallimento.
3) Spingere gli studenti più tolleranti per le ambiguità e per gli errori ad una maggiore
riflessione sulla lingua.
IL GRUPPO DI STUDENTI
Di norma l’apprendimento avviene in gruppo, è molto utilizzato recentemente il metodo di
insegnamento che fa vedere gli alunni come colleghi. Anche l’attività di cooperativa porta buoni
risultati( elementi oscuri per uno studente lo sono chiari per un altro).
Un problema fondamentale è quello dei vari livelli in una classe, si tende a dare la colpa, per chi è in
difficoltà ad insegnanti o al materiale.
Un modo per omogeneizzare la classe è quella di spezzettare la classe dedicando più tempo a quelli più
lenti.
L’INSEGNANTE E I PROGETTISTI DEL CORSO
Nella tradizione didattica l’insegnante era l’unico responsabile, oggi vengono individuate anche altre
figure.
• L’INSEGNANTE: il vecchio insegnante non era altro che una guida spirituale, oggi in
particolare dal XX sec. È stato trasformato in: FACILITATORE; CONSIGLIERE;
REGISTRA; MAIUEUTA, TUTORE. Deve inoltre avere le qualità tipo:
SAPER LAVORARE IN TEAM;
o IMPARARE A CAMBIARE E AD EVOLVERSI,
o PROPORRE INNOVAZIONI,
o COMPETENZA GESTIONALE;
o ORGANIZZARE SCAMBI DI STUDENTI PER PROGETTI INTERNAZIONALI.
o
• I PROGETTISTI DEL CURRICOLO: nelle scuole è difficile abbandonare la vecchia legge di
piani di studi, e del programma, anche se tendono a trasformarsi in aziende formative. Le
funzioni che il progettista deve svolgere sono:
definire il ruolo del corso di lingua straniera nell’ambito dell’intero percorso formativo
dello studente;
2) analizzare i bisogni per definire gli scopi del corso;
3) definire quali risorse sono necessarie per soddisfare quei bisogni,
4) definire quale tipo di insegnante serve per quel corso;
5) definire il curricolo di lingua straniera secondo i modelli disponibili;
6) indicare il tipo di materiale didattico adeguato.
L’AUTORE DEI MATERIALI DIDATTICI
Oggi la realtà è mutata non esiste più il libro di testo, ma l’equipe che produce materiale didattico
Il materiale didattico per l’insegnamento delle lingue straniere include:
1) Manuale di base : presenta un percorso programmato, graduato, che deve guidare lo
studente a raggiungere uno dei livelli codificati da Quadro di riferimento comune europeo o dai
consorzi di certificazione linguistica Tale corso si può basare su carta, su Cd-Rom o in Rete
2) Materiali per il rinforzo e il recupero
3) Materiali audio
4) Ampliamento in rete
5) Adattamento del materiale alle necessità degli studenti del paese in cui viene usato
6) Video
7) Guida didattica
8) Sito in rete
Tuttavia molte tradizioni scolastiche affidano agli insegnanti il compito di predisporre i materiali
didattici.
( CAP . 4) CONTENUI DEL PROCESSO GLOTTODIDATTICO.
Un corso di lingua straniera presenta 3 contenuti:
1) Nozioni di comunicazione
2) La lingua come oggetto di insegnamento
3) La cultura
Uno studente deve conoscere l’approccio comunicativo in questo caso può essere utile il modello di
Hymes.
RIFLESSIONI, SULLA COMUNICAZIONE
Comunicare significa: “insegnare a Scambiare Messaggi Efficaci”.
1)SCAMBIARE: la comunicazione non è monodirezionale. La parola comunicare ha la sua radice in
communis = mettere in comune, si mettono in comune i significati, li negoziano, e li modificano di
comune accordo.
2)MESSAGGI : la comunicazione avviene tramite scambio di messaggi che includono testo verbale e
una componente non verbale
3)EFFICACI : non si comunica solo per il piacere di comunicare ma anche per convincere ottenere o
vietare qualcosa, evitare qualcosa per far ridere o stimolare sentimenti; l’efficacia della comunicazione si
basa sul raggiungimento dei propri obiettivi.
La comunicazione si situa in un evento comunicativo. Bisogna quindi, portare gli studenti, alla
consapevolezza esplicita di questi fattori, spesso noti solo in maniera implicita e tarati sulla cultura
italiana.
MODELLO DI HYMES RAPPRESENTATO DALL’ACRONIMO SPEAKING
• S = setting, luogo fisico, nell’interazione viso a viso è possibile utilizzare gesti, indicare oggetti,
lo schermo del computer, invece, rappresenta un nuovo caso di setting, per cui bisogna far
conoscere allo studente le opportunità del luogo fisico come aiuto alla comunicazione.(s anche
come scena culturale: ci sono dei modelli di cultura quotidiana e valori che non si conoscono)
• P = partecipanti:non si sa comunicare se non si conoscono le regole che governano i rapporti
di ruolo e il modo in cui essi si riflettono sulla lingua e su altri linguaggi non verbali. Un errore
di registro può compromettere la comunicazione.
• E = ends: comprendere un testo significa anche cogliere gli scopi, dichiarati o non, di chi ha
prodotto il testo.
• A = atti, sono delle azioni per raggiungere gli scopi. Lo studente deve imparare a non
focalizzarsi nelle singole parole, ma ha cogliere lo scopo delle espressioni linguistiche che
ascolta.
• K = key: “chiave psicologica” è la dimensione psicologica, la relazione tra i partecipanti
all’evento comunicativo: sarcasmo, ironia, ira, sono gli elementi essenziali per comunicare.
Imparare a conoscerli e a esprimerli secondo le regole della cultura straniera è importante per
evitare messaggi involontari di aggressività, di mancanza di rispetto ecc..
• I = instruments : strumenti verbali e non anche fisici, di trasmissione dei vari linguaggi,
dall’aria e internet, dal telefono alla Chat. La lingua varia a secondo gli strumenti usati.
• N = norme di interazione e interpretazione dei messaggi
• G = genere comunicativo: i generi comunicativi hanno una struttura profonda e una
superficiale che varia da cultura a cultura.
Riflettere sulle peculiarità e in genere sulla comunicazione, è una precondizione per il successo
nell’acquisizione della lingua straniera.
LINGUA SECONDA, STRANIERA, ETNICA, FRANCA
• LINGUA STRANIERA: E’ una lingua che viene studiata in una zona in cui essa non è presente
se non nella scuola. E’ straniero l’inglese studiato in Italia, dove l’input viene dato
dall’insegnante.
• LINGUA SECONDA: E’ quella che lo studente può trovare anche fuori dalla scuola, Es, un
italiano che studia il francese in Francia
• LINGUA ETNICA: E’ la lingua della comunità d’ origine di una persona quando essa non è la
sua lingua materna, ma è presente nell’ambiente degli immigrati; es. i figli di immigrati in Italia
che sono diventati italofoni. In America si distinguono: 1)family language: se si tratta di famiglie
immigrate e stanziate in zone in cui non ci sono immigrati della stessa provenienza 2)
community language: quando c’è una comunità e quindi la lingua etnica è anche usata fuori di
casa.
• LINGUA FRANCA: duemila anni fa lo era il latino, oggi lo è l’inglese: si tratta di una lingua
semplificata che permette la comunicazione internazionale. Oggi la natura di questo
insegnamento sta cambiando, non si mira a una pronuncia vicina alla madre lingua ma che sia
comprensibile a tutti, il lessico si riduce, l’esito pragmatico ha un valore più alto dell’accuratezza
formale,. Ciò costringe gli inglesi, gli americani, gli australiani, a imparare l’inglese
internazionale, per attenersi ad un Bad English che tutti sono in grado di comprendere e
parlare.
LA LINGUA
E’ il contenuto per eccellenza dell’insegnamento linguistico, esistono vari modi di considerare una
lingua e ciascuno di essi ha un ruolo in glottodidattica:
1. mezzo per raggiungere scopi: il giudizio su un testo o su un enunciato sarà basato sulla
capacità di produrre esiti attesi
2. espressione di un rapporto di ruolo sociale e mezzo per modificare questo rapporto: è
l’ambito della sociolinguistica, nel momento in cui studia i registri
3. indicatore di appartenenza ad un gruppo :che può essere geografico, sociale, professionale
4. forma: la lingua ha vari livelli formali. Fonologica, grafemica, morfologica, sintattica, lessicale.
5. espressione di una cultura e strumento per tramandarla di generazione in generazione.
6. strumento del pensiero insegnando lingue straniere bisogna insegnare le varie forme di
concettualizzazione.
7. strumento di espressione oltre che di comunicazione.
Tra questi aspetti vanno tenuti in considerazione:
1. non tutte queste grammatiche potranno essere inserite nel curricolo
2. non di tutte le grammatiche si darà una visione completa
3. le grammatiche vanno affrontate secondo un procedimento a spirale che ritorna su quando già
acquisito integrandolo con nuovi elementi
4. le grammatiche non hanno scopo descrittivo ma consentono di generare messaggi linguistici.
I LINGUAGGI NON VERBALI.
Oltre alla competenza linguistica bisogna possedere una extralinguistica, ossia i codici usati insieme alla
lingua per modificare o sottolineare alcuni significati.
Competenze extralinguistiche sono:
1. CINESICA:comprendere e utilizzare gesti, espressioni del viso e movimenti del corpo
2. PROSSEMICA. Vicinanza e contatto con l’interlocutore, cui spesso sono legate le scelte di
registro di lingua
3. VESTEMICA: padroneggiare il sistema della moda: divise, uniformi, abiti più o meno formali.
4. OGGETTUALE. Rimanda all’uso di oggetti come strumenti per comunicare uno status sociale,
una funzione
Se si deve comunicare a Babele è necessario ricordare che siamo prima visti e poi ascoltati, e più facile
affidarsi a quello che si vede con gli occhi rispetto alle incertezze da esprimere in lingua straniera.
CULTURA E CIVILTA’.
Non si insegna una lingua ma anche la cultura che vi sta dietro. Anche se oggi la tendenza e quella della
de-culturizzazione.
LA PROSPETTIVA ANTROPOLOGICA E SOCIOLINGUISTICA
Tra la fine degli anni ’20 e ’40, i nomi di riferimento per il tema LINGUA/CULTURA sono:
Malinowsky e Firth: loro individuano la cultura come componente essenziale della situazione in
cui avviene la comunicazione.
Negli anni ’50 e ’60 Robert Lado descrive la cultura come un problema sia situazionale che
comunicativo, in quanto caratterizza e modifica la natura e la forma della comunicazione.
Ma cosa s’intende per CULTURA?
Cultura è parola d’uso quotidiano, ma anche un termine scientifico specifico delle scienze
antropologiche, dove definisce il modo in cui si dà risposta a bisogni di natura. In didattica delle lingue
si fa riferimento a questo significato quando si parla di insegnamento della cultura.
L’unità minima della cultura è il modello culturale: ogni popolo ha dei modelli di cultura di vita
quotidiana e dei modelli di civiltà, cioè dei valori o dei comportamenti che considera esemplari e che
considera in-civili i popoli che non condividono tali modelli.
LA PROSPETTIVA INTERCULTURALE:
SECONDA META’ ANNI 80: Metafora di Hofstede: ogni persona ha un SOFTWARE OF THE
MIND, che tra i diversi file include anche quelli che costituiscono la competenza comunicativa.
Funzionano solo quando siamo all’interno della nostra cultura. Questo sistema di interscambio
funziona solo se ci si scambia file semplici, se sono complessi, non sempre lo scambio riesce, bisogna
attivare una cultura di tipo profonda, ricorrendo alla competenza comunicativa interculturale.
Tra i SOFTWARE OF THE MIND, che possono creare problemi troviamo i seguenti aspetti:
• CONCETTO DI TEMPO: per un italiano la giornata inizia all’alba per gli asiatici e africani, al
tramonto. Il concetto di tempo crea anche molti altri problemi:
1. PUNTUALITA’: cambia a secondo dell’industrializzazione, dalla gestione del tempo per fini
produttivi
2. TIME IS MONEY: un telefonata americana va straight to the point mentre una telefonata
italiana inizia con convenevoli, tagliare nelle culture orientali i convenevoli è disdicevole
3. ORRORE DEL TEMPO VUOTO: il rifiuto del silenzio è tipico di molte culture, ciò in cui
eccedono gli anglosassoni infastidisce gli arabi.
4. IL TEMPO STRUTTURATO: scalette, ordini del giorno, agenda di valori, per i latini sono utili
suggerimenti, per gli inglesi invece una riedizione delle tavole della legge.
I CONCETTI DI :GERARCHIA ,STATUS, RISPETTO.
In alcuni casi si comunica tra funzioni in altre tra persone; alla base di tale gerarchia c’è il concetto
di status. Si utilizzano registri diversi, rispettosi, formali, familiari, colloquiali. Per mantenere lo
status non si può perdere la faccia( es. è difficile che un arabo in alcuni casi riuscirà a dire: I’m
sorry!).
I CODICI NON VERBALI
Le parti del corpo comunicano o contraddicono quanto diciamo in lingua straniera:
• TESTA:annuire può significare si o no
• OCCHI: sincerità o sfida; noia o attenzione
• BOCCA: sorridere vuol dire si o no
• MANI E BRACCIA.: informano sulla nostra tensione, (gli italiani che li agitano troppo
appaiono ridicoli agli anglosassoni)
• ODORI E RUMORI: in alcuni parti del mondo alcune cose sono vietate( in oriente soffiarsi il
naso e simile a defecare in pubblico).
In tutti questi casi, il rischio comunicativo è duplice.
LINGUA E COMUNICAZIONE INTERCULTURALE
Chi parla una lingua straniera spesso concentra la sua attenzione sulle dimensioni morfosintattica e
lessicale.
Molta rilevanza và attribuita al modo in cui il testo procede dal punto di partenza alla conclusione:
quelli inglesi sono composti da una sequenza di segmenti brevi, quelli italiani da sintagmi pieni. Nel
momento in cui un italiano cerca di tradurre porta all’inglese molte subordinate, e caratteristiche
che l’inglese non ha. In tal modo non si raggiungono i fini per cui si sta comunicando.
ASPETTI SOCIO-PRAGMATICI
Sul piano pragmatico ci basterà ricordare:
1. alcuni atti comunicativi, rimandano a differenti valutazioni dei rapporti interpersonali.
2. alcune mosse comunicative sono permesse in certe culture e non in altre. Es :ironizzare o
vantarsi o arretrare sono corrette per alcune culture e non corrette per altre.
Sul piano socio-culturale i maggiori problemi sono legati all’opposizione formale / informali.
Altro problema è costituito dalla presentazione delle persone, l’uso dei titoli, dei nomi e cognomi,
dei titoli pre-nominativi.
L’insegnante di lingua straniera che vuole creare una competenza comunicativa interculturale, può
<insegnare a osservarla>.
Ciò significa:
• rendere consapevoli le persone dei problemi della comunicazione interculturale attraverso i
diversi SOFTWARE mentali.
• Offrire strumenti concettuali semplici e chiari
• Far notare che nelle società complesse la realtà muta ogni giorno, per cui le varie culture si
modificano e si integrano.
• Insegnare gli studenti a osservare video o film in cui attori o registi imitano mosse e gesti
della vita quotidiana.
Lo scopo per cui non è istruire sui contenuti, ma far apprendere un metodo di osservazione.
UN MODELLO DI COMPETENZA COMUNICATIVA.
L’insegnante di lingue deve mirare allo sviluppo di una competenza comunicativa. Sono stati
proposti svariati modelli, l’ultimo dei quali è COMMON EUROPEAN FRAMEWORK.
La nozione di competenza comunicativa rimanda a :
• Saper fare lingua (comprensione e produzione orale-scritta, dialogo, riassunto parafrasi,
dettato, traduzione)
• Saper fare con la lingua (utilizzare la lingua come strumento di azione)
• Sapere la lingua( grammatiche: fonologica, grafemica, lessicale, morfosintattica e testuale)
• Saper integrare la lingua con i linguaggi non verbali( semiotica, prossemica, oggettuale, ecc..)
LA COMPONENTE SOCIO PRAGMATICA DELLA COMPETENZA COMUNICATIVA.
La tradizione della linguistica funzionale e di quella pragmatica, interessata a <fare> con la lingua a
posto le basi per decenni di confusione.
Da un lato i funzionalisti (Jakobson – Holliday); dall’ altro i pragmatici (Austin – Searle).
Per mettere un po’ di ordine possiamo prendere le mosse del modello antropologico delle relazioni
umane, secondo cui ogni persona è in contatto e genera funzioni con :
• Se stessa = funzione personale
• Gli altri = funzione interpersonale e regolativa
• Con il mondo(reale, della fantasia, presente e passato)= funzione referenziale, immaginativa,
metalinguistica.
Queste sei funzioni rendono conto di tutti i possibili atti comunicativi che furono, sono e saranno
compiuti. Ma abbiamo potuto conservare anche i richiami di
ontogenetica
Jakobson , che descrive un modello statico di comunicazione
Holliday filogenetica, che descrive lo sviluppo funzionale, durante l’acquisizione della lingua.
A ciascun atto corrispondono uno o più espressioni linguistiche nei registri della lingua: formale-
informale, colloquiale.
FUNZIONE ATTO ESPRESSIONE
GENERE
Possedere la competenza socio-pragmatica, la competenza funzionale, significa saper realizzare le
sei funzioni attraverso atti ed espressioni appropriate.
La competenza socio-pragmatica è costituita:
FUNZIONE PERSONALE :quando lo studente rivela la propria soggettività e personalità, quando
manifesta sentimenti, emozioni, pensieri sensazioni.
Principali atti comunicativi :
• Chiedere , dire: nome , età, provenienza,presentarsi
• Parlare dello stato fisico
• Parlare dello stato psichico
• Esprimere i propri gusti
Questa funzione è fondamentale sul piano della affettività e della motivazione.
FUNZIONE INTERPERSONALE: quando la lingua serve a stabilire a mantenere o chiudere un
rapporto di interazione sia orale che scritta.
Principali atti comunicativi:
• Salutare e congedarsi
• Offrire, accettare, rifiutare
• Ringraziare e rispondere al messaggio
• Scusarsi
I rapporti interpersonali rimandano a regole socio-linguistiche da tenere in considerazione al fine di
un appropriato uso della lingua.
FUNZIONE REGOLATIVO -STRUMENTALE : Consiste nell’usare la lingua per agire sugli
altri, per regolare il loro comportamento, per ottenere qualcosa, per soddisfare le proprie necessità
Principali atti comunicativi:
• Dare / ricevere :istruzioni
• Dare/ricevere : consigli , ordini, disposizioni
• Chiedere, obbligare, impedire a fare qualcosa
Questa funzione rimanda a regole socioculturali, da tenere in considerazione al fine di una scelta
appropriata delle espressioni da usare. Una scelta errata provoca il blocco dello scambio
comunicativo.
FUNZIONE REFERENZIALE: quando la lingua viene usata per descrivere o per spiegare la
realtà in generi comunicativi quali la relazione su un evento ecc.
Principali atti comunicativi:
• Descrivere cose , azioni, persone, eventi.
• Chiedere/dare: informazioni o spiegazioni
I messaggi sono in questo caso, caratterizzati da oggettività e lessico denotativo molto preciso, per
cui gli studenti incontrano le maggiori difficoltà.
FUNZIONE METALINGUISTICA: quando ci si serve della lingua per riflettere sulla lingua stessa
o per risolvere problemi comunicativi tipici dell’interazione in lingua straniera .
Principali atti comunicativi:
• Chiedere come si chiama un oggetto
• Creare perifrasi per sostituire parole ignote.
• Comprendere o fornire spiegazioni sulla lingua e sulla
comunicazione.
E’ evidente che tale funzione è importante a scuola ma anche nella comunicazione reale.
FUNZIONE POETICO IMMAGINATIVA: si usa la lingua per produrre effetti ritmici,
suggestioni musicali, associazioni metaforiche. Es. i generi letterari( Divina Commedia)
Non ci sono atti comunicativi principali, tranne che:
• L’apertura di una fiaba (c’era una volta…)
• La chiusura di una fiaba (…vissero felici e contenti)
(Cap. 5) L’INTEGRAZIONE TRA I COMPONETI DEL PROCESSO GLOTTODIDATTICO
Affinché ci sia acquisizione è necessario far integrare lo studente , il docente, e la lingua o cultura
straniera.
DIMMI, MOSTRAMI, FAMMI FARE
La ricerca sulla comunicazione tra docente e studente in classe non è vasta anche se ci sono brevi
riflessioni passim in saggi su altri argomenti glottodidattici.
4 PUNTI CRITICI DELLA COMUNICAZIONE IN CLASSE:
1. FOREIGNER’S TALK, CARETAKER’S TALK, MOTHERESE: sono i tentativi di una madre
lingua di farsi capire da un forestiero, e di un adulto di farsi capire da un bambino: sintassi
elementare, sottolineature gestuali dei significati. L’insegnante di madrelingua cade spesso in questa
trappola.
2.TEACHER’S TALK: E’ il forestierese quando viene usato dall’insegnante di lingue nel tentativo
di farsi capire più facilmente dallo studente, con sintassi semplice e paratattica , cioè basata sulla
coordinazione; e un lessico ridotto. La dimensione fonetica è importante per cui quando di
pronunceranno le parole straniere si userà per es. protendere o allargare le labbra in modo che lo
studente comprenda più con gli occhi che con le orecchie Tale uso è comunque limitato ai primi
passi.
3. TTT, TEACHER’S TALKING TIME: la percentuale di tempo usata dal docente sul tempo
totale della lezione è una variabile utile per osservarne lo stile didattico:
• + parla il docente –parlano gli studenti
• + parla il docente – gli studenti acquisiscono
• + parla il docente + è il protagonista della lezione
E’ confutabile a Confucio il precetto didattico che si basa su tre verbi ai quali faceva seguire tre
risultati in termini di acquisizione:
1. →
DIMMI E IO DIMENTICO
2. MOSTRAMI→ E IO RICORDO
3. FAMMI FARE→ E IO IMPARO
QUALE LINGUA USARE?
La lingua va scelta sulla base dei fini che un atto comunicativo si propone. Es. può essere
funzionale discutere le correzioni in italiano piuttosto che in lingua straniera.
LA COMUNICAZIONE GLOTTODIDATTICA SULLA BASE DEI PARAMETRI DI
HYMES
SPEAKING: DIFFERENZA TRA DIDATTICA IN PRESENZA E DIDATTICA IN RETE
S --> scena culturale,:ogni cultura ha i suoi modelli di comunicazione
In rete: manca il contatto faccia a faccia, per cui è possibile che gli studenti agiscano secondo
SW mentali diversi. La rete evita turbative, ma accentua problemi interculturali di fondo.
S -->setting, o luogo fisico
In presenza: l’aula, dominata dalla presenza dell’insegnante, può assumere conformazioni
diverse:
- Una struttura a “U” consente al docente di occupare lo spazio centrale e di fare da registra in
un luogo in cui tutti vedono tutti, ma anche di camminare dietro gli studenti per aiutarli;
- Una struttura a “TAVOLI GRANDI” consente di lavorare bene in gruppo, non favorisce i
momenti frontali e l’allargamento all’intera classe;
- La struttura “TRADIZIONALE” è la peggiore: mette l’insegnate in evidenza ma al tempo
stesso lo isola, impedisce l’interazione tra studenti.
In rete: il luogo fisico è lo schermo che è costituito da e-mail, forum e Chat line
P --> partecipanti
In presenza: rapporto tra studenti e docenti
In rete: il tutor guida la comunicazione e gli studenti hanno più possibilità di comunicare i
loro dubbi.
E -->ends, scopi
L’insegnante deve rendere partecipi gli studenti sui perché di una data scelta, propone
un’attività, un testo, un test. Più gli studenti sono adulti , più è necessario condividere gli scopi
A -->atti e mosse comunicativi
In presenza:l’insegnante compie atti (chiede qualcosa, spiega, assegna compiti) e mosse
(attacca, ironizza, interrompe ecc) e deve considerare gli effetti sugli studenti non l’interazione
In rete: deficit comunicativo, anche se la web può superare il problema, un problema può
essere l’irreversibilità della comunicazione telematica: una volta spedito un messaggio non si
può tornare indietro.
K -->key, chiave, atteggiamento psicologico
In presenza: la classe ha una chiave psicologica verso l’insegnante, dimostrandosi ostili,
indifferenti, favorevoli, l’insegnante deve tener conto del loro comportamento e se è il caso
deve modificare il suo.
In rete: la comunicazione deve essere scherzosa sdrammatizzata( utilizzando anche gli
emoticon)
I --> instruments, mezzi
In presenza : handout fotocopiato e lavagna tradizionale devono essere usati tenendo ben
presenti:
- La percezione degli studenti: per es. scrivere in piccolo alla lavagna è cattiva comunicazione
didattica
- I meccanismi di memorizzazione: verbi scritti in blu con le desinenze in rosso sono molto
memorizzabili
N --> norme di interazione: relazione tra i partecipanti e l’influenza della chiave psicologica
G--> genere comunicativo : • monologo
• ascolto o visione con interventi guida dell’insegnante
• lavori di coppia, di gruppo, tra squadre
La regola dello SPEAKING è facilmente memorizzabile e può servire da rapida autoanalisi, nel
momento in cui si cerca di riflettere sulla propria prassi didattica
(CAP. 6) I MODELLI OPERATIVI COMUNI A TUTTE LE SITUAZIONI
GLOTTODIDATTICHE(lezioni, unità di apprendimento, unità di didattica, modulo).
IL CURRICOLO
• CORPUS O SILLABO:significa stilare l’elenco del materiale da insegnare in quel corso. Sono
corpora i volumi del consiglio d’Europa che descrivono i livelli di soglia delle principali
lingue europee. Il curricolo è un corpus che però include altre dimensioni
• PROGRAMMA: termine tipico della tradizione scolastica italiana e rimanda ai documenti
ufficiali in cui si descrivono mete ed obiettivi.
• CURRICOLO: proposte curriculari che si allontanano da quelli usati dagli esperti della
scienze dell’educazione.
ANALISI DEI BISOGNI
Progettare un curricolo significa definire i bisogni dello studente a cui è destinato o dell’azienda che
lo commissiona.
Molti studi ribadiscono la centralità dell’analisi dei bisogni, senza riflettere sulla nozione di bisogno.
Nei sistemi della tradizione europea è lo stato che definisce i bisogni, , in quella anglosassone è una
Local Educational Authority che rappresenta più le volontà locali e delle famiglie cioè degli elettori
che quelli dello stato.
La tendenza in Europa e in Italia va verso una formula mista in cui l’autorità centrale offre un
quadro di riferimento e le realtà locali lo adattano secondo i bisogni che esse percepiscono. Per
realtà locali, intendiamo sovrintendenze regionali, distretti scolastici, colleghi docenti che sono più
interessati allo sviluppo della personalità che all’analisi di ciò che succede fuori dalla scuola.
Il curricolo invece si basa in particolare sui bisogni esterni alla scuola , ed è il progettista del
curricolo stesso che chiede agli studenti di individuare i loro bisogni. In entrambi i casi si tratta di
soluzioni sbagliate.
L’ANALISI DEI BISOGNI, invece và compiuta tenendo conto dei:
• BISOGNI PRAGMATICI FUTURI: sia sulla base dei modelli forniti dai
glottodidatti, sia sulla conoscenza del contesto in cui verrà spesa la competenza
acquisita
• BISOGNO DI IMPARARE A IMPARARE: raggiungere autonomia
nell’apprendere una lingua man mano che la si usa.
• BISOGNI PRESENTI DELLO STUDENTE IN QUANTO TALE: i bisogni
che rimangono all’interno della classe ma dalla cui soddisfazione egli trae
motivazione per proseguire
Un curricolo è una costruzione teorica e solo dopo, è la sua applicazione al contesto della scuola o
del mondo reale.
I FINI DELL’INSEGNAMENTO LINGUISTICO:
Insegnare una lingua straniera vuol dire fare educazione linguistica.
Mete educative: 1.CULTURALIZZAZZIONE. cioè la conoscenza e il rispetto dei modelli
culturali e di valori di civiltà dei paesi dove si parla la lingua straniera.
2. SOCIALIZZAZIONE: cioè la possibilità di avere relazioni sociali usando la
lingua straniera
3.AUTOPROMOZIONE. cioè la possibilità di procedere nella realizzazione del
proprio progetto, di vita avendo maggiore conoscenza del mondo e delle persone.
Mete didattiche:
1.COMPETENZA COMUNICATIVA : sia nella lingua che nella cultura
straniera.
2.SVILUPPO DELLA COMPETENZA GLOTTOMATETICA: ossia la
capacità di apprendimento linguistico, riferito anche a tutte le altre lingue che
l’allievo studierà in futuro.
Sulla base delle finalità si individuano i mezzi che variano da situazione a situazione .
Materiali didattici e mezzi tecnologici dipendono dai fini e dagli obbiettivi, non sono variabili
indipendenti, per ogni tipo di attività si usa un certo strumento.
INDICAZIONE PER LA PROGRAMMAZIONE:
Il curricolo indica anche i modi per utilizzare i materiali in modo da farli acquisire agli studenti E’
l’operazione che di solito si definisce PROGRAMMAZIONE.
INDICAZIONI PER LA REALIZZAZIONE IN CLASSE
Un curricolo deve fornire indicazioni:
• Positive: raccomandando che si proceda secondo una sequenza didattica, che il lessico venga
sempre presentato in situazioni.
• Negativa: esclude la possibilità di presentare liste di lessico da imparare a memoria.
INDICAZIONI PER LA VALUTAZIONE DEI RISULTATI E DEL CURRICOLO STESSO.
1. VERIFICA: elemento ineludibile di un processo didattico, riguarda il raggiungimento
degli obiettivi didattici. Può essere SOMMATIVA,se è basata nella programmazione sui moduli;
può essere FORMATIVA, se è basata in base alle unità.
2. VALUTAZIONE. Tiene conto del percorso effettuato dal punto di partenza, delle
condizioni psicologiche e sociali.
Se lo stesso curricolo proposto dallo stesso insegnante dà risultati diversi in due gruppi diversi, allora è
errato.
Lo studente dovrebbe essere chiamato a compiere in maniera formale con una scheda articolata, in
modo sia da fornire feedback a chi lo ha progettato e realizzato, sia da crescere nella competenza
patetica, cioè nell’imparare a imparare una lingua straniera .
DAI CURRICOLI BIDIMENSIONALI A QUELLI TRIDIMENSIONALI
Il curricolo è sempre stato pensato in maniera bidimensionale, sull’asse orizzontale abbiamo gli anni di
studio, su quello verticale i livelli di competenza comunicativa.
Funziona in questo modo per i sistemi statici, ma poiché ogni situazione và differenziata si è passati a
quelli di tipo tridimensionale. Ogni colonna risulta dall’incrocio tra una delle funzioni e una delle abilità
linguistiche. In questo modo le colonne vengono riempite da contenuti linguistici, extralinguistici, e
culturali.
Per ogni settore si può realizzare un curricolo ad hoc. questo è fondamentale nelle società complesse.
I MODELLI OPERATIVI DELLA TRADIZIONE: DALLA CONVERSAZIONE CON IL
FILOSOFO ALLA LEZIONE CON IL RETORE.
La tradizione ci ha tramandato 2 modelli, la conversazione maieutica e la lezione ex-cattedra. Oggi
questo funziona solo per il dottorato di ricerca, o per la glottodidattica nell’insegnamento dell’italiano a
piccoli gruppi di immigrati.
Non è applicabile nell’insegnamento delle lingue nella nostra babele quotidiana.
Nella babele globale il maestro sacerdote non funziona più.
I MODELLI EREDITATI DAL XX SECOLO
Nella tradizione glottodidattica, dagli anni 60 si parla di unità didattica, in genere una unità è composta
da unità matetiche cioè di apprendimento: sono queste unità il punto di partenza nell’ottica di una
glottodidattica umanistico-affettiva che ponga davvero lo studente e i suoi processi acquisitivi al centro
dell’attenzione.
In tempi più recenti si è richiesto l’elaborazione di un ulteriore modello, di organizzazione didattica
organizzando blocchi di competenza e accreditarli ad una persona.
TRE MODELLI PER INSEGNARE LE LINGUE OGGI.
1.UNITA’ DI APPRENDIMENTOsi definisce sulla base delle ricerche di matrice psicodidattica in
particolare della Gestalt che descrive la percezione in termini di:
1)GLOBALITA’ 2)ANALISI 3)SINTESI
1) Nel modello gestaltico si ipotizza che ci sia innanzitutto una percezione globale dell’evento
comunicativo o del testo che coinvolge l’emisfero destro e si basa:
• Sfruttamento della ridondanza
• Formazione di ipotesi socio-pragmatiche su quanto potrà avvenire in quel contesto, sulla base
delle nostre conoscenze del mondo
• Formazione di ipotesi linguistiche ,sulla base delle nostre conoscenze grammaticali
• Elaborazione delle metafore che ci consentono di visualizzare alcuni significati. Lo schema
mentale delle metafore è elaborato dall’emisfero destro del cervello.
• Verifica globale e approssimativa delle ipotesi (skimming) oppure verifica dei singoli
elementi( scanning)
• Ricerca di analogie con eventi noti
La prima fase di un’unità di apprendimento è dedicata all’approccio globale al testo, per avviarsi ad una
comprensione più dettagliata, è quella che Danesi definisce left mode del cervello cioè focalizzazione
modale.
2) analisi vera e propria, che si effettua per mezzo di una serie di sequenze analisi→sintesi→riflessione,
relative a:
• Ciascun atto comunicativo che si vuole fare acquisire alla classe: lo si fa individuare nel testo,
poi lo si drammatizza, lo si fissa e lo si riutilizza guidando gli allievi nella riflessione sull’aspetto
funzionale che hanno acquisito.
• Gli aspetti grammaticali( fonologici, morfosintattici, lessicali, testuali), secondo varie tecniche
• I temi culturali impliciti o espliciti nel testo: sviluppano l’abilità di lettura
• I linguaggi non verbali se il testo di partenza è un video.
OGNI TESTO VA’ ESPLORATO ATTRAVERSO LE TRE FASI DELLA PERCEZIONE
GESTALTICA. , PRIMA IN MANIERA GLOBALE POI IN MANIERA ANALITICA, INFINE
REALIZZANDO UNA SINTESI O UNA RIFLESSIONE CHE PERMETTONO
ALL’APPRENDIMENTO DI EVOLVERE IN ACQUISIZIONE.
L’UNITA’ DIDATTICA COME RETE DI UNITA’ DI APPRENDIMENTO
Un’unità di apprendimento può durare pochi minuti o anche un’ora: è l’unità di misura secondo la
quale lo studente percepisce il suo apprendimento
Un’unità didattica è, invece, una tranche linguistico-comunicativa più complessa realizzata mettendo
insieme eventi, atti, espressioni, legati da un contesto situazionale.
Babele è articolata in comunità che nascono e si definiscono ogni giorno sulla base dei bisogni condivisi
da un certo numero di persone.
L’unità didattica per insegnare le lingue a babele è una struttura base utile per programmare un
contenitore che include una rete di unità di apprendimento utili per insegnare e che è inserita in un
modulo.
Sono stati proposti vari modelli di unità didattica, tutti caratterizzati da una successione simile:
• Fase iniziale
• Fase di lavoro dilatavano a varie ore di lavoro
• Fase conclusiva di controllo ed eventuale recupero.
Una nuova prospettiva prevede invece 3 momenti diversi:
1)INTRODUZIONE:presentare i contenuti del percorso che sta per iniziare con istruzioni specifiche
2)RETE DI UNITA’ DI APPRENDIMENTO: disponibile all’insegnante che può presentarli tutti o
solo in parte, seguendo la sequenza dell’autore o individuale (nei corsi di autoapprendimento è lo
studente a decidere la sequenza).Si richiedono materiali flessibili, con espansioni, quali internet, video,
quaderni aggiuntivi. Quello che conta è che in una rete:
• Non c’è una sequenza obbligata
• L’insegnante sa quali link può stabilire tra le varie unità d’apprendimento, in modo da
saper cogliere subito quale scegliere a quel punto del suo percorso.
• L’insegnante può interare la rete con elementi da lui creati ad hoc
3) FASE CONCLUSIVA: racchiude le fasi di verifica e di recupero, integrandole con attività finalizzate
al piacere di usa una lingua.
IL MODULO
Il modulo è una sezione, una porzione, un sottoinsieme del corpus dei contenuti di un curricolo. Per
essere definito tale deve avere le seguenti caratteristiche:
a. Deve essere autosufficiente, concluso in se stesso; alla fine lo studente deve essere in grado di
operare autonomamente nel contesto che viene affrontato dal modulo stesso.
b. Deve essere basato su ambiti comunicativi complessi
c. Deve essere valutabile nel suo complesso per essere accreditato nel CV dello studente
d. Pur nella sua autonomia, un modulo deve essere raccordabile con altri moduli.
I link possono essere di vario tipo:
• In successione obbligata
• Scegliere a quale modulo passare
• Iniziare da qualsiasi modulo e passare a qualsiasi altro.
I meccanismi di credito e di link, di collegamento tra moduli fanno si che lo studente può progettare il
proprio profilo professionale scegliendo e affrontando i moduli che gli servono per le situazioni in cui
si trova ad operare . Il modulo quindi è un blocco tematico concluso in sé, autosufficiente significativo,
che raccoglie i contenuti che si distribuivano su più unità didattiche.
(cap. 7) STRUMENTI COMUNI A TUTTE LE SITUAZIONI GLOTTODIDATTICHE
Esistono delle tecniche didattiche cioè delle procedure da utilizzare per lo sviluppo delle abilità e per
l’acquisizione delle regole e delle tecnologie didattiche da supporto alle varie tecniche: registratori,
audio, video, lavagna luminosa, episcopio.
LE TECNICHE PER LO SVILUPPO DELLE ABILITA’.
La tecnica glottodidattica è valutabile in termini di efficacia, economia di tempo e fatica d’uso, di
semplicità e di chiarezza. L’uso della tecnica deve essere coerente con il metodo e con l’approccio
seguito dall’insegnante.
LO SVILUPPO DELLE ABILITA’ RICETTIVE
La comprensione (orale, scritta, audiovisiva) si basa su 3 fattori:
1. LA EXPECTANCY GRAMMAR: Si tratta della grammatica che governa il processo di
previsione: • Di quello che può accadere in una data situazione
• Del lessico usato per parlare di certi argomenti
• Del tipo di testo e genere comunicativo che si sta
realizzando
• Della sintassi
La expectancy grammar funziona sulla base di due processi di conoscenza:
2.ENCICLOPEDIA: (conoscenze del mondo condivise tra i parlanti). Esistono:
• Degli script: copioni di comportamento in alcune situazioni
• Dei campi semantici prevedibili, che racchiudono le possibili
varianti su un tema.
Sulla base delle nostre conoscenze, riusciamo a capire anche messaggi che possono essere fortemente
disturbati.
3.COMPETENZA COMUNICATIVA NELLA LINGUA DEL TESTO: nell’insegnamento delle
lingue straniere la competenza possiede un interlingua. Insegnare a comprendere una lingua
significa affinare le strategie di comprensione, i processi cognitivi che governano la expectancy
grammar. L’attivazione delle strategie di comprensione, da chi ha già acquisito una lingua straniera
è un vantaggio nell’acquisizione di altre lingue.
LO SVILUPPO DELLE ABILITA’ PRODUTTIVE.
La produzione orale e scritta si dipana secondo un percorso lineare:
2)
1) CONCETTUALIZZAZIONE PROGETTAZIONE 3) REALIZZAZIONE.
1) CONCETTUALIZZAZIONE: reperimento delle idee:
• Diagramma a ragno: da 1 parola se ne diramano altre
• Brainstorming: forma strutturata per individuare possibili linee di
sviluppo e generare metafore
Queste forme possono essere presentate nell’insegnamento come esercizio gioco.
2) PROGETTAZIONE DEL TESTO: in questa fase si procede alla trasformazione delle idee e delle
metafore in FLOWCHART cioè una struttura concettuale che fornirà la coerenza del testo.
3)REALIZZAZIONE DEL TESTO: può generare un testo scritto oppure orale.
LO SVILUPPO DELLE ABILITA’ DI INTERAZIONE.
Quella orale è la più rilevante. Questa attività è la più complessa e la più difficile da sviluppare e
padroneggiare. Per dialogare è necessario:
• Conoscere gli script o copioni situazionali, cioè delle sequenze prevedibili e abbastanza fisse di
atti e mosse comunicative
• Definire il proprio ruolo all’interno della situazione sociale in cui avviene il dialogo
• Prepararsi a comunicare le proprie intenzioni, che rimandano a una competenza strategica che
organizza il discorso per raggiungere i fini pragmatici di chi parla
• Cercare di interpretare le intenzioni, la strategia degli interlocutori, per vedere se esista un punto
di accordo in cui entrambi raggiungono i propri scopi
• Negoziare i significati quando non sono chiari.
Il tutto avviene in tempi brevissimi all’interno del modello di evento comunicativo (SPEAKING).
ABILITA’ DI TRASFORMAZIONE E MANIPOLAZIONE DEI TESTI.
Queste abilità vengono sviluppate in lingua italiana.
Dopo avere una certa conoscenza della lingua si utilizzano per:
• Riassumere (concentrare l’informazione)
• Parafrasare (consente di aggirare l’ostacolo)
• Tradurre ( per imparare a ri-concettualizzare)
• Stesura di appunti e scrittura sotto dettatura ( sviluppare attività in ambito accademico e
professionale)
SCOPERTA, FISSASSIONE, RIUTILIZZO DELLE REGOLE
Per regole intendiamo =regolarità nei meccanismi di funzionamento morfosintattico, testuale, extra-
socio- e pragmalinguistico.
Le regole costituiscono una grammatica:
• Mentale (Competenza):che le raccoglie e ne governa l’uso.
• Descrittiva: illustra e descrive le regole di una data lingua.
• Pedagogica: teorizza il modo in cui organizzare le regole.
GRAMMATICA IMPLICITA E GRAMMATICA ESPLICITA
Uno dei temi cardinali della pragmatica pedagogica riguarda il modo in cui conosciamo le regole: si
tratta della dicotomia di Chomsky tra know e cognize che in glottodidattica diventa:
vs
conoscenza linguistica implicita conoscenza linguistica esplicita
vs
acquisizione apprendimento
vs
competenza d’uso sull’uso della lingua
Da trenta anni si concorda che l’insegnamento della lingua e quindi delle sue regole, deve portare alla
conoscenza linguistica implicita (per generare comprensione e produzione linguistica), ma anche a
quella esplicita (per analizzare ed interiorizzare il nuovo input).
Studi recenti hanno dimostrato che la focalizzazione esplicita può facilitare l’acquisizione. Bisogna
quindi mirare sia alla competenza d’uso che quella sull’uso della lingua.
DICHIARAZIONI, PROCEDURE, RAPPRESENTAZIONI MENTALI
Sulla base delle riflessioni di Ausubel, Gagné, Piattelli, Palmarini e Shank le conoscenze vengono divise
in due tipi fondamentali:
• fonologica,
Conoscenze dichiarative grafemica, semantica, morfologica che descrivono
uno stato di verità elementare.
• sintattiche
Conoscenze Procedurali e testuali
• spontanee
Rappresentazioni mentali o sviluppate con interventi opportuni da parte
dell’insegnante che raccolgono una serie di dichiarazioni e procedure in un sistema più
complesso.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Moses di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Didattica delle lingue moderne e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Suor Orsola Benincasa - Unisob o del prof Di Sabato Bruna.
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