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LE MISURE CAUTELARI
Come anticipato, le misure cautelari vengono adottate all’interno del processo penale per
scongiurare le conseguenze pregiudizievoli di situazioni di pericolo, quali, ad esempio: il pericolo
d’inquinamento o dispersione di prove, la continuazione o ripetizione di condotte criminose, la
sottrazione da parte del soggetto del proprio patrimonio o di una parte consistente dello stesso.
Le misure cautelari, in base al loro oggetto, si distinguono in: personali (se incidono e limitano la
libertà dell’indagato o dell’imputato) e reali (se incidono sui beni e dunque sul patrimonio
dell’indagato o dell’imputato, limitandone la disponibilità in capo a quest’ultimo).
Le misure cautelari personali, a loro volta, vengono ripartite in :
• Interdittive: se comprimono l’esercizio di facoltà o diritti collegati allo status o alla
professione del soggetto, consistendo in divieti temporanei o sospensioni dell’esercizio di
attività o potestà. Esse sono: la sospensione dall’esercizio della potestà genitoriale, la
sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il temporaneo divieto di esercitare
un’attività imprenditoriale o professionale.
• Coercitive: sono quelle misure cautelari che limitano la libertà stessa del soggetto in modo
più o meno intenso a seconda della singola misura applicata. Esse sono: il divieto di espatrio,
l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, il divieto di dimora, l’obbligo di dimora,
l’allontanamento dalla casa familiare, gli arresti domiciliari, la custodia in carcere, la custodia
in un luogo di cura. Tra queste, merita qualche precisazione la misura massimamente
limitante, ovvero quella della custodia in carcere che, proprio in ragione per il suo carattere
particolarmente afflittivo, richiede una maggiore attenzione del giudice che può applicarla
solo ove vi siano esigenze cautelari e deve, altresì, sempre motivare tale scelta. Vi sono, poi,
casi in cui la custodia in carcere può essere disposta solo ove sussistano ragioni cautelari di
eccezionale rilevanza e si tratta di tutti quei casi in cui il destinatario della misura coercitiva
personale è un soggetto debole o si trovi in determinate condizioni incompatibili con la
custodia in carcere: sono i casi della donna incinta, o della madre che abbia prole di età
inferiore ai 3 anni o del padre se la madre è deceduta o impossibilitata ad assistere la prole,
persona con età superiore a 70 anni o soggetti affetti da patologie particolarmente gravi.
Il procedimento cautelare è una parentesi eventuale ed autonoma rispetto al processo penale e la
competenza a decidere sull’applicazione o meno della misura cautelare è del giudice che, in quel
preciso momento processuale, è titolare della funzione giurisdizionale e, dunque, potrà essere il
Giudice per le indagini preliminari, il Giudice dell’udienza preliminare, il Giudice del dibattimento o
quello dell’impugnazione di merito.
Se le esigenze che ogni misura cautelare intende soddisfare sono quelle sopra esposte ( dette,
appunto, esigenze cautelari) bisogna tener conto anche dei presupposti cautelari, cioè le condizioni
che devono sussistere affinché il Giudice competente possa applicare la misura: si deve trattare di
un delitto per il quale la legge consenta la restrizione delle libertà, devono esservi gravi indizi di
colpevolezza a carico del soggetto destinatario della misura ed essa deve risultare adeguata al caso
di specie.
Quanto al primo punto si precisa che i delitti che consentono l’applicabilità di una misura cautelare
sono quelli puniti con la pena:
a) dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a 3 anni, ove sia applicata una
misura cautelare diversa dalla custodia cautelare in carcere;
b) dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni, ove debba essere
applicata la misura cautelare della custodia cautelare in carcere.
A differenza di ciò che accade nel caso delle misure precautelari, in cui la misura viene eseguita e
poi convalidata dal Giudice, nel caso delle misure cautelari esse non possono essere applicate se
non con l’ordinanza del Giudice che le dispone. Sarà, pertanto, il P.M. a richiedere al Giudice
l’applicazione della misura cautelare e il Giudice, una volta ricevuta la richiesta, vaglierà la
sussistenza delle condizioni e delle esigenze cautelari e ù, nel caso in cui ravvisi l’esigenza di
applicare la misura, emana ordinanza in cui dispone la stessa. L’ordinanza deve essere sottoscritta,
a pena di nullità, dal Giudice e deve contenere, sempre a pena di nullità, la valutazione di quegli
elementi che il Giudice ha posto alla base per l’accoglimento o il rigetto della richiesta di
applicazione della misura. Tale valutazione, in ogni caso, dovrà pur sempre essere commisurata al
principio di adeguatezza, così che non potrà essere applicata una misura coercitiva personale
particolarmente stringente ove si presuma che il delitto sia di lieve entità, così come è vietato per il
Giudice disporre la misura cautelare ove questi presuma che in sede decisionale vi sarà la
sospensione della pena. Se viene emessa la misura cautelare della custodia in carcere o in un luogo
di cura, l’ordinanza è consegnata all’ufficio del P.M. il quale, servendosi dell’aiuto della polizia
giudiziaria, farà in modo che la stessa sia eseguita. In tutti gli altri casi, invece, l’ordinanza è
notificata direttamente all’indagato o imputato e, nel caso di misure interdittive, anche all’organo
preposto all’applicazione dell’interdizione (si pensi al caso della misura di sospensione dallo
svolgimento della professione: l’ordinanza sarà notificata al Consiglio dell’Ordine professionale, in
quanto organo deputato a prendere atto della sospensione, annotandola).
La misura applicata o, nel caso di rigetto della richiesta avanzata dal P.M., non applicata potrà
sempre essere sostituita o revocata nel caso in cui le condizioni o esigenze mutino e, dunque, ove
le esigenze cautelari si aggravino o il soggetto abbia violato le disposizioni della misura già applicata,
il Giudice potrà sostituirla con una misura più afflittiva o rendere le condizioni della misura già
applicata più gravose; viceversa, ove le esigenze cautelari si siano alleviate o, in base a nuove
risultanze ed elementi acquisiti, possa ritenersi che la pena che sarà applicata non è proporzionata
alla misura, questa sarà sostituita con una misura più lieve o, nel solo caso in cui i presupposti su cui
la misura si fondava siano venuti meno per motivi sopravvenuti, disporrà la revoca della misura
stessa.
Ultimo elemento da analizzare è quello riguardo la durata della misura cautelare, dato che
nell’ordinanza che la dispone il Giudice dovrà obbligatoriamente indicarla, non potendo sottoporre
ad oltranza e senza termine un soggetto a nessuna delle misure cautelari analizzate.
Le misure interdittive perdono di regola efficacia una volta trascorsi due mesi dalla loro emissione.
Le misure di mera coercizione (quelle che non custodiali che non comportano la privazione della
libertà personale del soggetto) perdono efficacia quando sia trascorso un lasso di tempo pari al
doppio dei termini previsti per le misure cautelari coercitive custodiali.
La durata massima delle misure cautelari custodiali (custodia in carcere, arresti domiciliari o
custodia in casa di cura) è stabilita dal codice di procedura penale agli articoli 303 e seguenti e, a tal
proposito, si distingue tra: termini parziali, termini complessivi e termini massimi.
I termini parziali si riferiscono alla durata massima della misura per ogni fase del processo penale,
fasi individuate dallo stesso art. 303:
fase 1- dall’inizio dell’esecuzione della misura sino all’emissione del provvedimento che dispone
il giudizio o dell’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, la misura potrà avere una durata
massima (oltre la quale la misura stessa non potrà più essere applicata) di:
1) tre mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della
reclusione non superiore nel massimo a sei anni;
2) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della
reclusione superiore nel massimo a sei anni;
3) un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena
dell'ergastolo o la pena della reclusione non inferiore nel massimo a venti anni ovvero per
uno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), sempre che per lo stesso la legge
preveda la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni;
fase 2- dall’emissione del provvedimento che dispone il giudizio fino alla pronuncia della sentenza
di condanna di primo grado, la misura non può durare oltre:
1) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione
non superiore nel massimo a sei anni;
2) un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione
non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dal numero 1;
3) un anno e sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena
dell'ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni;
Per i delitti di grave allarme sociale i termini di questa fase possono essere prolungati di sei mesi e,
dunque, la misura cautelare può avere una durata pari a 1 anno, 1 anno e 6 mesi, 2 anni.
fase 3- dall’emissione della sentenza di primo grado fino alla pronuncia che decide il giudizio di
appello, la misura non può durare oltre:
1) nove mesi, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a tre anni;
2) un anno, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a dieci anni;
3) un anno e sei mesi, se vi è stata condanna alla pena dell'ergastolo o della reclusione superiore a
dieci anni.
fase 4- dall’emissione della sentenza di appello sino al passaggio in giudicato della stessa e pronuncia
di sentenza irrevocabile di condanna si applicano gli stessi termini previsti nella fase 3.
Nei termini indicati non si contano i giorni d’udienza e quelli impiegati per la deliberazione della
sentenza.
La durata dei termini parziali, poi, può protrarsi per effetto delle proroghe, le quali possono essere
richieste dal P.M. in prossimità della scadenza dei termini parziali al Giudice nel caso in cui, nel corso
delle indagini preliminari, sia necessario effettuare accertamenti di una certa complessità o
l’indagato abbia richiesto di disporre nuove indagini, oppure, in ogni stato e grado del proc