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Dopo la visione dei due brevi video, veniva chiesto ai partecipanti di ricordare i dettagli delle varie
immagini.
Risultati: i partecipanti assegnati alla condizione emotiva erano in grado di ricordarsi più dettagli
relativi ai contenuti del video emotivamente significativo, piuttosto che quelli presenti nella
condizione neutrale.
Labar e Phelps (1998): eseguono un esperimento ulteriore per appurare l'effettivo effetto
dell'arousal dell'amigdala sui compiti di rievocazione mnestica. Nello specifico prendono un
gruppo di controllo ed un gruppo di pazienti suddiviso in pazienti con asportazioni al lobo
temporale sinistro e pazienti con asportazioni al lobo temporale destro (asportazioni che
includono ippocampo e amigdala).
Mostrano una serie di parole, alcune neutre ed altre con carico emotigeno (che riescono a
misurare tramite esiti della conduttanza cutanea). Nei successivi compiti di rievocazione mnestica
il gruppo di controllo mostra un pattern regolare: a condizioni di maggiore arousal corrisponde
dell'arousal dell'amigdala sui compiti di rievocazione mnestica. Nello specifico prendono un
gruppo di controllo ed un gruppo di pazienti suddiviso in pazienti con asportazioni al lobo
temporale sinistro e pazienti con asportazioni al lobo temporale destro (asportazioni che
includono ippocampo e amigdala).
Mostrano una serie di parole, alcune neutre ed altre con carico emotigeno (che riescono a
misurare tramite esiti della conduttanza cutanea). Nei successivi compiti di rievocazione mnestica
il gruppo di controllo mostra un pattern regolare: a condizioni di maggiore arousal corrisponde
una maggior precisione nella rievocazione. Per quanto riguarda i pazienti lesionati, sebbene
alcune differenze tra le due tipologie di asportazione, entrambi non presentano miglioramenti nel
recall legato all'arousal.
Questi dati sono importanti a sostegno della tesi che l'amigdala, attraverso l'arousal, può
influenzare i processi attivi nell'ippocampo, modulando il consolidamento dei ricordi dipendenti
dall'ippocampo.
L'interferenza con l'immagazzinamento mnestico da parte dell'arousal non presenta, tuttavia, una
relazione lineare. Essa presenta in realtà un andamento parabolico: ad un basso arousal
corrisponde una performance mnestica più scarsa, con l'aumentare dell'arousal -come abbiam già
detto- la performance ha maggiori probabilità di migliorare.
Esistono poi situazioni in cui l'aumento eccessivo dell'arousal e/o condizioni di stress prolungato
hanno effetto contrario, ossia interferiscono negativamente sull'immagazzinamento di
informazioni.
Ciò sembra essere dovuto dal cambiamento ormonale che si attua durante situazioni di stress: la
ghiandola surrenale rilascia glucocorticoidi, i quali vengono riconosciuti da recettori appositi posti
nell'ippocampo, andando a ridurre la velocità di reazione dei neuroni e quindi a indebolire le
prestazioni della memoria. Oltre a ciò, se l'esposizione ad eventi stressanti è prolungata, è stato
visto da studi sui topi che i glucorticoidi possono portare all'atrofia dell'ippocampo.
Se ciò avvenga altrettanto nell'essere umano non è ancora del tutto chiaro. Studi sull'esposizione
a stress prolungato non possono essere effettuati per ragioni etiche, tuttavia le osservazioni su
pazienti affetti da disturbi stress correlati (come depressione o disturbo post-traumatico da
stress) sembrerebbero hanno portato prove a sostegno di tale tesi in quanto essi presentassero
negl'anni un'atrofia ippocampale.
I fattori legati alle emozioni che influenzano la memoria sono svariati:
• stress: come appena detto, lo stress ha un ruolo considerevole sul funzionamento ippocampale.
Un fenomeno nello specifico è di particolare rilevanza: esso prende il nome di flash di memoria o
flashbulb memory coniato da Brown e Kulik.
Brown e Kulik (1977): eseguono un esperimento in seguito ad un evento pubblico ad alto carico
emotivo, ossia l'assassinio di John F. Kennedy nel 1963. Essi chiedono ai partecipanti di ricordare
dove si trovassero e cosa stessero facendo il giorno dell'evento, oltre a chiedere se e cosa si
ricordassero di tale. Quanto osservarono fu una diretta correlazione tra l'intensità dello stimolo
emotivo e la precisione delle informazioni ricordate.
Tale studio, tuttavia, venne parzialmente smentito da altri due studi: Talarico e Rubin (2003) sugli
eventi dell'attentato dell'11 Settembre e Schmolck et al. (2000) sul verdetto finale del caso
fortemente mediatico di O. J. Simpson. Ambedue gli studi hanno valutato memoria degli eventi
traumatici e memoria degli eventi quotidiani il giorno dell'evento traumatico a distanza di vari
intervalli di tempo. Oltre a ciò, in concomitanza ad ogni recollection task, somministravano anche
dei questionari riguardo a quanto provassero il giorno dell'evento e sulla sicurezza con la quale
dicevano di ricordare tali informazioni.
Quanto osservarono fu un pattern analogo allo studio di Brown e Kulik solo per quanto riguarda le
memorie dell'evento traumatico (precisione nei dettagli e nelle domande sulla sicurezza). Vi era
invece un netto calo della precisione nel recall degli eventi quotidiani e un'ingente introduzione di
distorsioni più o meno grandi, nonostante la sicurezza di tali dettagli veniva percepita ancora
come molto alta.
Quanto emerso da questi studi conferma, dunque, che noi abbiamo la convinzione di ricordarci
con precisione gli eventi traumatici e altri dettagli ad essi annessi; tuttavia non ce li ricordiamo in
maniera così esatta. Le persone ricordano quanto avvenuto ma dimenticano i dettagli rispetto le
circostanze rispetto cui erano venuti a conoscenza dell'evento.
distorsioni più o meno grandi, nonostante la sicurezza di tali dettagli veniva percepita ancora
come molto alta.
Quanto emerso da questi studi conferma, dunque, che noi abbiamo la convinzione di ricordarci
con precisione gli eventi traumatici e altri dettagli ad essi annessi; tuttavia non ce li ricordiamo in
maniera così esatta. Le persone ricordano quanto avvenuto ma dimenticano i dettagli rispetto le
circostanze rispetto cui erano venuti a conoscenza dell'evento.
• umore: con umore intendiamo uno stato affettivo diffuso e perdurante, non necessariamente
legato a eventi specifici. È possibile osservare un legame tra stato affettivo e memoria: tale
prende il nome di effetto di congruenza. Esso è spiegabile in termini semplici, ossia quando si è di
cattivo umore è più probabile che si ripresentino ricordi più negativi, analogamente, quando si è
di buon umore è più probabile invece di ricordare fatti positivi.
L'effetto di congruenza è osservabile tramite l'induzione di un determinato stato affettivo: a dei
partecipanti viene mostrato un video adibito ad indurre determinati stati affettivi, dopodiché
vengono proposte parole emotivamente significative positive (es. umorismo), negative (es.
fallimento) e neutre (es. casa). Nel successivo compito di recall (accompagnato da questionari sul
grado dell'umore) è stato visto come in corrispondenza ad un'induzione di stati affettivi negativi
venivano ricordate maggiormente parole connotate negativamente, stesso pattern per l'umore
positivo e neutro.
Ciò cosa significa? L'effetto di congruenza implica un'alterazione nei processi di recupero
mnestico da parte degli stati affettivi. Ci sono due ipotesi a riguardo di tale funzionamento:
a. L'umore crea una distorsione nella risposta: le rappresentazioni della memoria rispetto agli
stimoli congruenti o incongruenti all'umore presente sono ugualmente disponibili, ma i
partecipanti tendono a preferire stimoli più coerenti;
b. I cambiamenti dell'umore modificano la disponibilità delle informazioni durante la fase di
recupero: la presenza di un determinato tipo di umore porta ad una maggiore attivazione
nel caso in cui la valenza degli stimoli sia coerente con l'umore presente.
Emozioni, attenzione e percezione
Le emozioni possono influenzare positivamente o negativamente i processi attentivi e percettivi. Il
là viene dato dalla natura dello stimolo che, se connotato emotivamente, attira la nostra
attenzione in maniera prioritaria, il che è di fondamentale per la nostra sopravvivenza (es. stimolo
di pericolo).
• gli stimoli emotivi attirano e mantengono l'attenzione, rendendo più difficile/lenta
l'elaborazione di altri stimoli non attraenti dal punto di vista emotivo.
McKenna e Sharma (1995) effettuano una versione variata del classico test di Stroop (presentare
dei nomi scritti con in vari colori, cui compito è la denominazione del colore e non del significato
della parola). Nel caso di questo esperimento, i vocaboli presentati erano sia vocaboli neutri a
livello emotivo (es. sedia, cucchiaio, etc.) sia vocaboli connotati emotivamente (es. cancro, stupro,
etc.). Il compito era il medesimo: denominare il colore della parola ignorandone il significato.
I risultati ottenuti sostengono la tesi dell'influenza delle emozioni sull'attenzione: quando le
parole presentano un contenuto emotivo (in fattispecie un contenuto fortemente emotivo per il
soggetto come per esempio la parola "ragno" per chi soffre di aracnofobia), i partecipanti hanno
difficoltà ad ignorarle e a concentrarsi sul colore.
Fox et al. (2001) eseguono un esperimento avvalendosi del fenomeno dell'allocamento attentivo:
presentavano una prima schermata sulla quale era presente un punto di riferimento.
Successivamente avrebbero presentato un punto luminoso che avrebbe potuto essere a destra o
a sinistra rispetto il punto di riferimento. Il compito dei partecipanti era banalmente di premere il
pulsante corrispondente al punto luminoso (rispettivamente pulsante dx per punto a dx, pulsante
sx per pulsante a sx).
Tra la prima schermata e la seconda, tuttavia, veniva presentata un'altrettanta schermata di 150
ms che proponeva dei vocaboli neutri o emotivamente significativi. Tali potevano precedere il
punto luminoso in posizione valida o non valida.
Quanto ottenuto dai ricercatori confermò le ipotesi: uno stimolo emotivamente significativo
collocato in posizione non valida diminuisce i tempi di risposta.
• le emozioni sono anche in grado di facilitare i processi attentivi, aumentando la velocità di
Tra la prima schermata e la seconda, tuttavia, veniva presentata un'altrettanta schermata di 150
ms che proponeva dei vocaboli neutri o emotivamente significativi. Tali potevano precedere il
punto luminoso in posizione valida o non valida.
Quanto ottenuto dai ricercatori confermò le ipotesi: uno stimolo emotivamente significativo
collocato in posizione non valida diminuisce i tempi di risposta.
• le emozioni sono anche in grado di facilitare i processi attentivi, aumentando la velocit&a