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Non si raggiunge niente se non si ha in mente quello che deve essere raggiunto. Bisogna darsi qualcosa di
difficile da fare e vedere se si riesce a farlo.
-Spesso, incanalando la sensazione e poi, al momento del sentimento o dell'impulso, permettendo
all'attore di fare cose che non ha mai fatto prima, senza sapere in anticipo che cosa farà, lo aiuti a staccarsi
dal proprio modello. L'attore inizia a trovare nuovi modi di espressione che hanno a che fare con le forti
risposte che sono state inespresse.
-Il song-and-dance: invece di fare delle cose con le parole, si fanno delle cose con le canzoni. Ma invece di
cantarle, si separano i suoni, così che si possa imparare a fare quello che si vuole, a prescindere dal fatto
che sia giusto o sbagliato. Allena la volontà facendole realizzare qualcosa che va contro le proprie
inclinazioni. Ciò che l'esercizio fa è consentire agli impulsi, che nascono nel subconscio od inconscio
dell'attore, di esprimersi con più prontezza di quanto non gli fosse consentito prima. Nel song-and-dance
l'attore consente ai propri impulsi di seguire il loro corso.
-Un attore spesso non fa tutto quello che vuole. Le sue intenzioni sono deviate da abitudini di cui per la
maggior parte del tempo non è consapevole. Il training cerca di rendere consapevole l'attore di ciò che sta
facendo nel momento in cui una cosa accade. Questo viene chiamato il sentimento della verità e deve
svilupparsi come una specie di sesto senso, ma non può farlo a spese della fede dell'attore, della sua
concentrazione o del suo coinvolgimento in ciò che sta facendo.
-In scena, ciò che facciamo spesso può fermarsi, perché l'incentivo è immaginario e quindi non è
abbastanza forte. L'arte è sempre creazione volontaria, sebbene a volte arrivi a dei risultati che non puoi
prevedere. La consapevolezza è essenziale se l'attore deve fondersi col personaggio e attuare il
coinvolgimento. 5
-L'attore deve sapere quello che fa quando va in scena, eppure deve farlo in modo che sembri accadere per
la prima volta.
6) Problemi: il blocco dell'immaginazione
-Nella recitazione, il mezzo e lo strumento sono l'attore, e lo strumento è soggetto ad ogni disturbo della
persona. Lo strumento della recitazione è così vicino ai sentimenti soggettivi dell'attore che questi non sa
distinguere le due cose e la sua immaginazione è bloccata. Più ci si mette a lavorare solo con un oggetto
fisico e più si acquista fiducia nella propria capacità di dirigere la volontà verso la soluzione di problemi
impostati da sé stessi o dal regista.
-L'essere umano è spesso spinto da schemi inconsci associati alle parole. Questi immediatamente danno
origine ad un modo convenzionale di intonare o di parlare, o anche a una sequenza o ad un significato
inconscio.
-La nostra prima impressione delle battute si ricava dalla punteggiatura; perciò inconsciamente creiamo
uno stampino della punteggiatura che da allora in poi ci serve da guida.
-Se già all'inizio l'attore è come dovrebbe diventare alla fine, non c'è dramma. All'inizio deve apparire come
una cosa e alla fine essere riconosciuta come un'altra. Qualunque cosa fa all'inizio non dovrebbe rivelare la
fine.
-Quello che l'attore rivela è sempre nei termini di ciò che sta creando. Rivela le cose che sono collegate a
quel particolare oggetto o evento.
-Bisogna vedere come si è comportato un personaggio con un altro personaggio. Questo è il lasciarsi
andare. Non vuol dire scagliare oggetti o essere soltanto a proprio agio esteriormente, ma essere a proprio
agio interamente. Sul palcoscenico due attori devono agire in modo tale da trarre l'uno dall'altro ciò che
l'autore desidera che accada.
-Il valore specifico di un esercizio dipende dalle esigenze individuali.
-I più grandi momenti in scena sono momenti in cui l'eccitazione nasce dall'interno, quando esce fuori
qualcosa di molto semplice, puro e disinvolto e in qualche modo cattura per noi la totale natura del testo.
-Cose del tutto senza importanza possono stimolare l'attore ad un grado straordinario, mentre
un'interpretazione esposta freddamente, filosoficamente e correttamente spesso corrompe, soffoca,
inibisce e rende stitica la parte.
-La recitazione è una professione in cui il fare e la consapevolezza del fare devono andare mano nella mano.
Questa consapevolezza è essenziale, perché l'attore svolge il dramma per mezzo di ordini che derivano dal
dramma stesso.
-In scena ci vuole la peculiare mentalità dell'attore per darsi alle cose immaginarie con lo stesso tipo di
pienezza che ordinariamente manifestiamo solo nel darci a cose reali. L'attore deve evocare quella realtà in
scena, allo scopo di vivere pienamente in essa e con essa.
-Nella vita la realtà esiste con o senza la consapevolezza di chi vi partecipa. In scena deve essere creata e si
ottiene con l'esercizio.
-Lo scopo della semplicità è quello di mettere l'attore in grado di esplorare la scena.
-Se si vuole essere originali bisogna seguire solo il proprio impulso.
-Un certo tipo di nervosismo proviene dall'ego. L’ego ha anche un aspetto pericoloso, perché sottintende
che devo essere talmente bravo che è chiaro che non potrò mai esserlo. Il senso di verità dentro l'attore in
questo momento proviene dall'ego con quale sta combattendo, più che da una qualche reale
consapevolezza di qualcosa che sta in scena. Il suo giudizio su ciò che è buono o cattivo non ha a che fare
con ciò che sta venendo fuori. Ha a che fare solo con un senso soggettivo del sentimento dell'attore e non
con un senso oggettivo di ciò che l'attore sta facendo. Questa porta a fare affidamento su di un processo 6
emotivo soggettivo e quando viene innescato non rimane niente. Non c'è vera concentrazione e
l'immaginazione non sta lavorando veramente.
-Goethe ha detto che la carriera di un attore si sviluppa in pubblico, ma l'arte dell'attore si sviluppa solo in
privato.
7) Problemi: espressione
-L’attore arriva a lavorare su una scena con delle forti idee consce e inconsce su come dovrebbe essere
recitata. Quando un attore affronta una scena, prima che cominci a lavorarci, un'idea di come quella scena
dovrebbe essere fatta è già chiara nella sua mente. Quella risposta abituale nella recitazione porta al cliché
o linea verbale: significa che l'impulso primario alla creazione è perduto e che il lavoro su una scena entra
nell'ambito degli schemi inconsci. Quando l'attore non sa come risolvere il problema della recitazione,
questi schemi inconsci si fanno avanti e recitare diventa impossibile. Lo stampo convenzionale offre
all'attore l'attrattiva della sicurezza ma l'allievo ha il compito di distruggere il cliché.
-La permissività e quando l'attore sceglie un qualunque monologo e dice a se stesso “Ora mi siedo e lavoro
su queste parole”. Non prepara il come dirà le parole. Lo scopo è di vedere se si permetterà o meno di
esprimere a parole qualunque cosa stia pensando davvero. L'esercizio è molto difficile perché le battute
che l'attore dice non hanno nessun significato in sé.
-L'esercizio del gibberish costringe gli attori a comprendersi veramente l'un l'altro e a farsi capire
veramente. Ciascuno impara ad ascoltare in modo fresco e impara anche a facilitare il senso
dell'espressione delle parole. Ma ciascuno dei due deve tener conto costantemente dell'altro, quindi
l'esercizio richiede un modo di recitare molto più convincente di quello che gli attori adatterebbero senza di
esso.
-Il meccanismo vocale è legato fortemente alla prima formazione, quindi all'intera sensibilità dell'essere
umano. Superare l'incapacità di cantare una melodia ha molto a che fare con la recitazione, perché aiuta a
liberare l'attore da certi inconvenienti inconsci che riguardano la trasmissione all'esterno di qualunque cosa
stia accadendo dentro di lui. In quasi tutti i casi la difficoltà è connessa all'emozione e non ad una vera
incapacità fisica. Bisogna cantare la canzone comodamente e semplicemente, senza fermarsi, senza
preoccuparsi se si dimenticano le parole. Bisogna rimanere fermi non deve esserci altro movimento al di
fuori del cantare la canzone. Poi attore canta una canzone per sé stesso, quasi a bocca chiusa ma il più
lentamente possibile. Se arriva un momento in cui deve muoversi in quel momento deve farlo lasciando
uscire l'impulso. Bisogna indurre l'attore a fare quello che vuole fare in modo che sia convincente per il
pubblico, ma allo stesso tempo abbia fede in sé stesso.
-Il training dell'attore consiste nell'aiutarlo ad imparare a creare da solo, in modo che possa dare ad un
regista il tipo di cose chiede. Quando l'attore vuole slegarsi, deve mandar fuori di sé qualunque di energia ci
sia.
-La frustrazione proviene dal fatto che non si sta lasciando uscire a sufficienza rispetto alla forza del
sentimento. Riconoscere il nervosismo è già un modo di affrontarlo. L'attore deve sia fare quello che vuole
fare sia essere consapevole di quello che sta facendo. La paura non deve inibire il lavoro dell'attore, lo fa
solo se funziona senza che l'attore ne abbia consapevolezza. Quando l'attore si fa prendere dal panico
l'impulso soggettivo prende il comando e diventa separato dal personaggio. Ma se l'attore fa lo sforzo
appropriato per svolgere i compiti oggettivi, per la maggior parte del tempo raggiungerà i risultati
oggettivamente necessario.
-Se una cosa è noiosa bisogna farla più veloce e allora diventerà più interessante.
-Un attore non recita mai un discorso. Recita sempre una scena, un evento, una situazione o un
avvenimento. 7
-Le persone che stanno cercando di lavorare in modo corretto lavorano dapprima per sé stessi e poi
lavorano per il testo.
-Nella recitazione attenersi al risultato significa essere decisi ad andare dove ti porterà la recitazione, invece
che dove si pensi dovrebbe portare.
-Il senso del vero è l'ultima cosa che l'attore sviluppa. È la somma totale di tutte le esperienze che l'attore
ha avuto, quindi può svilupparsi solo come risultato dell'esperienza.
8) Problemi: esplorazione
-La tecnica per l'esplorazione si compone di tre elementi essenziali: 1) prendersi tempo, l'aspettare consiste
nell'offrire all'immaginazione qualcosa che la induca a cominciare a lavorare; 2) andare avanti, implica la
disponibilità a seguire gli