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Prevalgono i contenuti e di fatto l'unica strada possibile per confrontarsi con il mercato resta la commedia.

-Non si può raccontare nessuna storia senza stupore, senza cioè quel sentimento di meraviglia che ci apre

alla curiosità e all'interrogazione. In questo il documentario si distacca dal cinema di finzione. Si permette 2

una libertà è un coraggio che muove contaminazioni, forme inedite e salti imprevedibili. Questo cinema,

con i suoi affetti, le sue illusioni, le sue sorprese, sembra collocarsi in prossimità di un mondo nuovo.

-Il documentario in Italia è in una fase di transizione: può morire del tutto perché sfrattato da televisioni e

palinsesti; oppure può riuscire a crescere, diventare visibile, forte, caratterizzato da elementi vivi come la

ricerca, la trasformazione, l'attualità. Tutto dipende dalla capacità dei protagonisti e dalle condizioni

storico, politiche ed economiche che si determineranno nei prossimi anni.

-Per essere autori bisogna rivendicare e difendere la propria identità culturale e produttiva e ciò significa

riappropriarsi di una condizione e di uno stato.

-Non mi riconosco in un cinema che racconta la realtà attraverso un modo che, invece di ampliare lo

sguardo su ciò che ci circonda, ci schiaccia in un immaginario stereotipato, non tanto per quello che

racconta ma per il modo con cui lo racconta. È un fenomeno di sterminio progressivo del mondo reale a

favore di un mondo iperreale e perfetto che ne è solo la riproduzione.

-La televisione ha diminuito la presenza e la riflessione politica, sociale e culturale e ha reso superficiale la

realtà. Perciò i documentari sono visti come spiriti liberi e danno fastidio in tv; di conseguenza devono

sparire dai palinsesti e mai affacciarsi nelle sale. La loro minaccia è di restituire il senso e il sentimento alle

immagini.

-Non bisogna mai perdere la propria identità. È l'unica cosa che ti preserva, ti definisce e ti colloca con

dignità in un preciso luogo e in un preciso tempo.

5) Una ricerca di intensità. Roberto Nanni

-È importante avere un progetto sonoro, un'idea di suono insieme a un'idea filmica. L'importante non è

solamente avere un buon suono che segua passivamente la scena, ma un suono che costringa a lavorare

sulla scena in modo originale. Per prima cosa cerco di stendere un percorso sonoro che sarà lo scheletro di

tutto il lavoro. A volte è proprio il suono a suggerirmi come lavorare sul visivo.

-Attraverso un vetro sporco è un diario filmato dalla finestra del mio bagno su un incrocio di strade di Roma

prossime alla stazione Termini.

-Se vogliamo idee cinematografiche più stimolanti, bisogna lottare per la visibilità delle diversità del

cinema.

6) La documentazione di uno sguardo. Enrica Colusso

-Fare cinema è anche e soprattutto interrogarsi sul proprio sguardo sul mondo. Un viaggio intimo

all'interno di sé.

-Attraverso la cinepresa, le persone che sto riprendendo non sono più fuori da me, esterne ma esistono

all'interno di qualcosa di mio.

-I miei film nascono dal desiderio di raccontare delle storie, di interrogare la realtà, di rappresentare la

condizione umana e la scelta di un soggetto scaturisce sempre da una curiosità interiore. A quel punto inizia

una prima fase di ricerca per dare corpo all'idea, individuare la situazione e i personaggi che possono dare

vita al film. Spesso la fase di ricerca può coincidere e sovrapporsi con la fase delle riprese. Sebbene all'inizio

abbia in mente un elenco di situazioni che mi interessa girare è molto raro che abbia idea di cosa succederà

veramente in una determinata scena quando inizio a girarla.

-Questo scoprire con la camera provoca una continua tensione con da una parte il desiderio di controllo,

formale, espressivo, contenutistico che porta a fare continuamente delle scelte su cosa filmare come

filmarlo; dall'altra il desiderio di scoprire, di capire, di lasciarmi andare, di farmi trasportare in territori

sconosciuti e di dare spazio alla realtà. 3

-La telecamera è lo strumento che uso per scrivere: posizionandomi, definendo lo spazio d'azione dei

personaggi, mettendoli in relazione all'interno dell'inquadratura, sottolineando un momento, cogliendo un

gesto, un silenzio, soffermandomi su un dettaglio. La stesura definitiva avviene in fase di montaggio.

-Si ha una perdita di autenticità del lavoro nel caso si faccia uso di scene ricostruite piuttosto che realizzate

in presa diretta sul reale.

-La verità di un lavoro documentario risiede nella fedeltà dell'autore alle proprie impressioni, alle proprie

scoperte nel corso della ricerca e della realizzazione del lavoro.

-Spesso le persone filmate nei primi giorni di ripresa si aspettano direttive precise su cosa fare. Col tempo,

prendendo confidenza con le riprese, sono loro stessi a proporre delle situazioni che gli sembrano

interessanti per il film.

-Una delle sostanziali differenze tra la fiction e il documentario è che i personaggi di un documentario

hanno un'esistenza reale al di fuori del film. Il documentario indaga il reale, stimola l'immaginazione e

l'attenzione su alcune realtà e ha anche un'evidente dimensione politica.

-In Italia si ha ancora una grande difficoltà a separare il cinema documentario dal giornalismo, dal reportage

televisivo e dal programma informativo.

7) Un documentarista per caso. Guido Chiesa

-Il mio desiderio di fare cinema è scaturito dall'esigenza di avere a disposizione dei mezzi espressivi che mi

permettessero l'elaborazione di un certo linguaggio. È necessario trovare per ogni storia, per ogni soggetto

e per ogni film il suo linguaggio.

-Il documentario è un terreno ideale di sperimentazione perché apre una serie di complesse questioni

etiche e ideologiche.

-Se non si hanno delle alternative non si possono formulare pensieri critici, perché questi si manifestano

solo quando ci sono delle scelte. Ogni immagine d'archivio è un frammento di un'alternativa futura.

-I cineasti potrebbero spiazzare il mercato creando in continuazione prodotti nuovi che si sottraggono alle

categorie comuni, ibridi mutanti che sfuggono alle definizioni.

8) Una terra senza sentieri. Ilaria Freccia

-Perché la verità si affermi tutto deve dileguarsi. La verità è un processo di trasformazione continua.

-La mia scelta di fare documentari è nata dalla necessità di informare, attraverso l'approfondimento di

quegli aspetti della realtà che sono precari e marginali, ma anche oscurati dal grande sistema mediatico. Ho

sempre cercato di analizzare gli aspetti più complessi della diversità, intesa come un altrove, un inesplorato,

un non sufficientemente visto ho raccontato. Volevo capire le realtà più complesse e cercare il volto di una

umanità sofferente, raccontandone l'orrore ma anche i momenti di speranza. L'India per me ha significato

andare oltre le convenzioni della nostra cultura, della nostra visione e capire che la realtà è come uno

specchio che nasconde altre verità. Ci si avvicina alla realtà quando il nostro sforzo è rivolto a colmare il

divario che separa il soggetto che osserva da colui che è osservato.

-La manipolazione dei media avviene comunque e ovunque, consciamente o inconsciamente.

-Si definisce realtà solo ciò che tutti riconoscono come tale, che è spesso la somma di informazioni e

sensazioni accumulate su un dato argomento. Anche nella scelta della struttura narrativa, avviene una

forma di manipolazione o di interpretazione della realtà, che è pur sempre soggettiva.

-Nel documentario la libertà d'espressione è la condizione necessaria per andare oltre i condizionamenti

che il genere altrimenti pone. 4

9) Un'ora sola ti vorrei. Alina Marazzi e Ilaria Fraioli

-Ho messo mano alla mole di materiali filmati da mio nonno.

-Chi ama fare documentari si scontra con le necessità delle programmazioni tv, con i palinsesti e con i

format.

-La discontinuità forzata della produzione documentaristica italiana non dà la possibilità di far nascere

correnti o scuole. La formula produttiva influenza fortemente la forma estetica e di conseguenza anche i

contenuti. I lavori che hanno una maggiore libertà produttiva sono anche quelli che hanno una maggiore

forza.

-Abbiamo scelto di raccontare la storia di mia madre inserendola nel contesto della sua famiglia, tracciando

una genealogia femminile che parte da mia nonna e arriva a me. È la scoperta del volto di mia madre e

l’identificazione con esso.

-Lo scopo di un film documentario è raccontare storie che aggiungano elementi a ciò che già si sa e che

testimonino qualcosa di speciale, di necessario, una sorta di ricerca sulla realtà perché si possa progredire

nell'avventurosa storia dell'animo umano.

-L'accostamento di questi due materiali particolari, le immagini del nonno e gli scritti di Liseli, ha contribuito

allo svelamento dell'enigma che contengono. Lo scopo ultimo del nostro film è quello di mostrare chi era

Liseli e chi siamo oggi noi.

-Abbiamo reso pubblico il privato. Quando si fanno documentari si mostra sempre il privato di qualcuno,

ma il pubblico spesso questo non lo rileva.

-Il modo in cui è costruito il film mantiene una costante tensione che si esprime su un doppio livello di

narrazione: quello privato e quello pubblico. È proprio la dimensione intima del racconto che lo porta a

essere universale. Sono tutti temi con i quali ognuno di noi si è confrontato nella vita e per questo noi tutti

ne siamo coinvolti e ci identifichiamo.

-Il tempo presente è il tempo del cinema, che grazie alla sua magia evocativa ha il potere di rendere

presente l'assente. È il tempo della scrittura privata, diaristica, delle lettere, che io ho voluto mantenere nel

film per rafforzare la presenza di Liseli e farla parlare direttamente a tutti.

-Abbiamo fatto affidamento sulla nostra soggettività, cercando di capire quello che c'era di vero per noi in

quelle immagini e lasciando che fosse una strada poetica a condurci e non una oggettiva.

-Un'ora sola ti vorrei è un film di un'ora in cui si ripercorre l'intera esistenza di Liseli, mia madre, attraverso

un montaggio visivo sonoro composto da filmini di famiglia, fotografie, nastrini sonori, lettere, diari, carte

d'ospedale. Tutti materiali che erano stati conservate in un armadio di mio nonno, l'autore dei filmati, o per

quello che riguarda le carte, in un baule nella soffitta di mia nonna paterna. Fino a quel momento non

sapevo nulla di mia madre. Non avevo mai pensato di realizzare un film sulla sua vita a partire da quei

Dettagli
Publisher
A.A. 2011-2012
15 pagine
2 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gianbiker di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Laboratorio di regia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) o del prof Bigoni Bruno.