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RELAZIONE TERAPEUTICA
Un possibile percorso di cura nelle dipendenze patologiche non può che passare attraverso un profondo rapporto con l'altro. È indubbio che una problematica con forti valenze relazionali ed affettive può essere trattata solamente all'interno di una relazione terapeutica intensa e contenitiva.
In un'ottica di cura, ribadisce Correale: "non è possibile una terapia significativa senza un rapporto personalizzato in cui il soggetto incontra un altro soggetto e ripercorre con lui o con lei una strada dove gli oggetti interni, cioè le identificazioni accettate o temute sono riprese lentamente in considerazione e riesaminate nelle loro valenze affettive, e addirittura fantasmatiche".
Nei casi complessi ad alto livello di compromissione, il lavoro d'equipe multiprofessionale (affiancato ad una relazione personalizzata) diviene l'unico canale possibile di intervento, capace di accogliere il mondo.
internoangosciato e frammentato del paziente. “La qualità della relazione terapeutica è il fattore più potente dicambiamento in ogni forma di terapia” (Lino Grandi – Istituto Adler). Correale definisce la terapia delle dipendenzecome un lungo e accidentato percorso di graduale liberazione dalle ripetizioni… che hanno preso il posto dei ricordi,ostruito la speranza verso il nuovo». La liberazione dall’aspetto ripetitivo e vincolante dei traumi.Dal punto di vista psicoanalitico grazie al fenomeno del transfert si riprodurrebbe proprio questa ripetizione delleidentificazioni rigide (necessaria per comprendere la natura delle angosce arcaiche), ma al contempo, avverrebbeun nuovo incontro con l’altro (il terapeuta), capace di attivare la speranza di rinnovare tali identificazioni grazie apossibili cambiamenti di posizione e di prospettiva verso di sé, verso l’altro ed il mondo.Per transfert si intende un tipo
particolare di relazione oggettuale, vale a dire la trasposizione di sentimenti, pensieri e comportamenti sperimentati originariamente con figure significative dell'infanzia (es. interiorizzazione materna e paterna) ed attualizzate su di una figura del presente (es. terapeuta) con la quale si sta instaurando una relazione interpersonale (in questo caso terapeutica). I significati dei concetti di transfert e controtransfert sono ormai riconosciuti in ambito psicodinamico nel caratterizzare la potenza dei moti relazionali che si generano all'interno di una relazione terapeutica. Ma in termini generali, ed estendibili ad altri approcci non psicoanalitici, possiamo fare riferimento alla relazione terapeutica, e quindi alle dinamiche emotive che si creano nel paziente e nel terapeuta: "l'aspetto centrale del lavoro terapeutico è quello che verte sui sentimenti, sulle emozioni, e su tutto ciò che riguarda, dal punto di vista relazionale, due personalità".in gioco». (L. Grandi)
Il legame terapeutico con la figura curante e/o l’equipe di riferimento diviene così carico di potenti investimenti affettivi, che come abbiamo visto in riferimento alle dipendenze, producono timori e tentativi di svincolarsi per ritrovare una illusoria sensazione di autonomia, che sembra essere rintracciata solamente attraverso l’incorporazione della sostanza o tramite la ripetitività dell’azione compulsiva.
L’intervento terapeutico diviene il setting in cui si cerca di indagare e scoprire, attraverso la relazione paziente-terapeuta: le identificazioni, i desideri, i timori, i conflitti, le angosce ed i meccanismi di difesa inconsci del paziente.
Durante il percorso terapeutico nelle dipendenze, il paziente deve sentirsi guidato da una logica esplorativa precisa e non avere la sensazione di frammentazione del trattamento verso una logica improvvisata. Ciò che importa è quindi l’organizzazione mentale del
terapeuta (ed un buon lavoro d’equipe) che non deve procedere a caso, immergendosi nel caos interno del paziente ma deve essere capace di seguire il materiale raccolto con i necessari organizzatori mentali che devono guidare la sua azione terapeutica. Il paziente va accompagnato a centrare l’attenzione sulle proprie disarmonie in modo da fargli sentire l’interesse a riprendere i fili della sua storia che stanno ancor oggi facendo sentire i propri effetti attraverso i condizionamenti emotivi (traumi arcaici) che si sono strutturati nel periodo infantile. «Prima di procedere all’elaborazione delle memorie traumatiche, il terapeuta che lavora con il paziente che ha vissuto un trauma interpersonale precoce, deve costituire una base sicura che consente al paziente stesso di sperimentare un senso di fiducia rispetto all’esperienza di cura, preservando in questo modo il sistema di attaccamento dalla disorganizzazione che può sopravvenire con il riemergere
delle emozioni traumatiche». (Carretti, La Barbera). L’importante è che vi sia l’opportunità di fare l’esperienza di essere e sentirsi compreso. In tale prospettiva diventa essenziale la capacità del clinico di lasciarsi raggiungere dal cliente. L’ascolto diventa una forma specifica d’intervento nel momento in cui sia volta a mantenere un ponte tra realtà interna (conscia ed inconscia), interindividuale (con l’altro) ed esterna (con il mondo). (G. Rovera)
Aiutare il paziente a spostare l’attenzione su di sé, sui suoi conflitti interiori. Tali presupposti favoriscono lo sviluppo di una buona alleanza collaborativa con una sufficiente fiducia del paziente di potersi affidare a una persona che capisce e sa sopportare il peso dei problemi di cui si sente caricato. La necessità è quindi di strutturare un ambiente dentro il quale poter articolare progressivamente questa relazione terapeutica personalizzata.
Un ambiente(setting) che protegga dall'instabilità e dai potenti moti affettivi, come ad esempio la comunità terapeutica che vedremo meglio nel caso di Sara, o lo spazio terapeutico ambulatoriale presente negli altri casi clinici che tratteremo. Colloquio con Fabio (Fase di reinserimento abitativo) Durante il colloquio entriamo in merito delle difficoltà a gestire le relazioni lavorative. "Ci sono sempre piccoli confronti con i colleghi che mi fanno rimanere male (Rabbia) faccio fatica a starci dentro in quel sentimento, non riesco a tirarmelo via, sento il bisogno di staccare la spina. Mi sento solo! Ho voglia di usare, mi dico che prima stavo meglio, chi me lo fa fare!... sto pensando all'eroina... vorrei farmi scivolare le cose di dosso, di stare bene con me stesso e di non avere bisogno di nessuno, staccare dalle relazioni che mi coinvolgono. Sto resistendo!". Le corde di Fabio tremano, come se si riattualizzasse un suovissuto profondo: il sentirsi mettere i piedi in testa e la sensazione di essere sminuito, inadeguato (già visto in altri passaggi di comunità) che apre a profonde e antiche esperienze traumatiche e forti moti di rabbia correlati ad esso.
Nelle dipendenze, il terapeuta funge da specchio dello stato emozionale del paziente e diviene colui che nomina e convalida stati affettivi che il paziente non è in grado di riconoscere, ammettere e/o verbalizzare.
Il lavoro clinico verte proprio sulla possibilità di riconoscere questi vissuti, viverli senza fuggirne, di collegarli a sé, alla propria storia ed al proprio mondo interno. Nel caso di Fabio, l'obiettivo diviene di aiutarlo ad accoglierli, differenziarli dalla condizione attuale di conflittualità lavorativa, identificando la voglia di sostanze come tentativo di distanziarsi da essi. La grande difficoltà è quella di integrare le sue angosce correlate alla rabbia, elaborarle e percepirsi.
Capace di affrontarle. Rappresenta un passaggio fondamentale per accrescere il livello di autostima, ridurre l'onnipotenza, e poter intervenire nello strutturare relazioni attuali più armoniche. La terapia dovrà prevedere che l'assenza della dipendenza apra a nuovi scenari angosciosi, e come afferma Correale, a tali scenari andranno offerte fonti di piacere diverse in alternativa alla dipendenza stessa. Visualizzare una nuova traiettoria ed infondere speranza nel cambiamento.
LA SCELTA DELLA SOSTANZA
L'esplorazione adolescenziale della persona tendente all'addiction si articola spesso in un percorso di avvicinamento alle sostanze stupefacenti nel tentativo di rispondere a specifici bisogni profondi che influiranno sul tipo di "sballo" ricercato e sulle modalità di assunzione e associazione di sostanze. In generale è possibile affermare che l'effetto di una sostanza stupefacente dipenda dall'interazione tra lo stato
d'’animo e personalità del soggetto che la utilizza (set), dal clima affettivo-relazionale del gruppo (o situazione) con/nel quale si assume (setting) e dalla qualità/caratteristiche della sostanza utilizzata (drug). Sulla linea del pensiero sino a qui elaborato, possiamo concordare con le ipotesi esposte da Correale che la scelta della sostanza sia comunque relazionata al tipo di angosce strutturate nelle prime fasi evolutive dell’individuo. «Le prime esperienze relazionali possono determinare una sorta di propensione all’angoscia particolarmente accentuata… determinando una tendenza a vivere la sofferenza in modi accentuati e quasi intollerabili», strutturando così una personalità improntata alla difesa di tali istanze, attraverso l’utilizzo di processi difensivi imponenti e spesso maladattivi. Il consolidamento dell’uso di sostanze stupefacenti diviene perciò una di queste modalità per affrontare le.fragilità psichiche. Sulla stessa linea, Caretti e Schimmenti riportano come «uno dei principali fattori eziopatologici delle addiction, dunque, risiederebbe nelle relazioni traumatiche vissute nella prima infanzia: esse possono determinare un ricorso pervasivo a meccanismi difensivi di tipo dissociativo, i quali hanno proprio lo scopo di escludere dalla coscienza le esperienze intollerabili e gli stati emotivi non mentalizzabili, a questi connessi». Durante il percorso di crescita, queste organizzazioni di personalità possono incontrare condizioni favorevoli capaci di intervenire affinché certe disarmonie interiori vengano integrate in una identità sufficientemente stabile, ma in talune circostanze, situazioni ripetute di disagio e/o traumi consolidati, possono produrre strutturazioni di personalità improntate verso la dipendenza da sostanze o comportamenti compulsivi (es. disturbi di personalità). In ogni modo, confermato dalle ricerche cliniche,La psicoterapia e l'intervento terapeutico in generale possono invertire tale direzionalità esistenziale, apportando cambiamenti significativi nell'assetto psichico, andando a modificare le rappresentazioni interne, le associazioni mentali così come i circuiti neuronali correlati. ASPETTI NEURO-BI