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Il termine “liberalizzazione” si distingue anche da quello di “deregolazione”.
La “deregolazione” insiste sul quadro regolatorio (standard di regolazione o
standard di disciplina pubblicistica), cioè, sull’ insieme delle regole che
disciplinano lo svolgimento dell’attività economica e comporta la riduzione
delle regole sullo svolgimento di quell’attività. Il venir meno del potere
autorizzotorio (in quanto sostituito dalla scia) non comporta necessariamente
anche una deregolazione di quelle attività economiche. Si osserva che,
poiché la regolazione di quelle attività economiche, anche quelle
liberalizzate, trova e mantiene la sua ragion d’essere nella tutela di interessi
pubblici, l’attività liberalizzata, rimane, comunque, soggetta ad una
disciplina pubblicistica ; sol che l’amministrazione, in caso di attività
liberamente intrapresa, non scompare, ma si ricolloca, cioè, si riposiziona a
valle di quell’attività che è già in atto (fenomeno della ricollocazione
dell’amministrazione). In sintesi, non si tratta più di un potere amministrativo
ex ante (nella specie, autorizzazione), ma di un potere amministrativo ex post
(nella specie, controllo e vigilanza)che si appunta su un’attività in itinere e
mai su una autorizzazione (pressoché inesistente perché mai rilasciata).
In ordine alle situazioni giuridiche soggettive configurabili nel modello
silenzio-significativo e nel modello scia, si può osservare che nel modello
della scia, l’interessato - colui che presenta la scia ed è legittimato a
intraprendere contestualmente l’attività - è titolare di un diritto soggettivo
pieno e perfetto attribuitogli direttamente dalla legge; a fronte dell’eventuale
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esercizio dei poteri di verifica o di controllo ex post che spettano
all’amministrazione (poteri ablatori o inibitori personali), egli è titolare di un
interesse legittimo oppositivo. Invece, nel modello del silenzio-assenso,
quando l’interessato presenta una domanda o istanza che funge da atto di
iniziativa procedimentale, egli è titolare di un interesse legittimo pretensivo; a
fronte dell’eventuale potere di annullamento d’ufficio da parte
dell’amministrazione, l’interessato è titolare di un interesse legittimo
oppositivo qualificabile come interesse alla conservazione di un
provvedimento di primo grado a lui favorevole, cioè, il titolo abitativo tacito.
Negli ultimi anni la scia è stata costruita come scia a legittimazione
immediata: la legge stabilisce che con la presentazione della scia,
l’interessato è legittimato a intraprendere immediatamente l’attività, cioè, vi
è una perfetta contestualità tra la presentazione della scia e l’avvio
dell’attività. Invece, in passato, la scia era costruita come scia a
legittimazione differita:infatti, presentata la scia, la legge imponeva di
attendere 30 giorni, decorsi i quali, l’interessato poteva intraprendere
l’attività. La scia a legittimazione differita è stata fino al 2011 spesso confusa
con il silenzio-assenso: la mancata inibizione dell’avvio dell’attività nei 30
giorni successivi alla presentazione della segnalazione generava un assenso
tacito da parte dell’amministrazione in base al quale la scia veniva
considerata “assentita”, cioè,si riteneva che l’amministrazione avesse
“accolto” la domanda insita nella scia. Questa posizione è stata superata a
partire dalla sentenza del CdS riunito in adunanza plenaria (2011). Tale
sentenza, in ordine alla natura giuridica della scia, ha definitivamente chiarito
che la scia è “atto soggettivamente e oggettivamente privato”: è atto
soggettivamente privato perché il privato ne é l’autore e la amministrazione
ne é destinataria; è atto oggettivamente privato perché il privato non sta
svolgendo alcuna funzione pubblica. A tal proposito, in riferimento
all’esercizio da parte del privato di funzioni pubbliche, è invalsa in dottrina la
formula “autoamministrazione” che troverebbe fondamento normativo
nell’articolo 19. Tuttavia, tale tesi è da ritenersi erronea perché, innanzitutto,
per l’esercizio di funzioni pubbliche da parte del privato è necessaria
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l’interpositio legislatoris che non è ravvisabile nel contenuto dell’art. 19;
inoltre, è attività amministrativa soltanto quella imputata all’amministrazione
e postuma rispetto alla presentazione della scia. In conclusione, sarebbe più
corretto parlare, per l’appunto, di “autoresponsabilità” e non di
“autoamministrazione”. Tuttavia, ora non soltanto la plenaria del 2011 non
tollera più quella contaminazione (o , come affermato in dottrina, quello
“snaturamento”) della scia con il silenzio-assenso in passato molto ricorrente.
Anche il legislatore, dopo la pronuncia della plenaria, ha introdotto
nell’articolo 19 il comma 6 ter che espressamente stabilisce che la scia non
costituisce provvedimento tacito e, quindi, non è direttamente impugnabile. A
ben vedere, la scia non solo non costituisce provvedimento tacito, ma, ancor
prima, nemmeno genera (prelude a) un provvedimento tacito: in definitiva,la
scia è altro dal provvedimento - espresso o tacito -.
In caso di attività economica liberalizzata, il regime autorizzatorio viene meno
a monte; tuttavia, a valle resta un regime amministrativo dell’attività a
presidio degli interessi pubblici. Tale regime amministrativo potrà essere
invocato dal terzo a tutela della propria sfera giuridica rispetto a colui che ha
avviato l’attività. In base alla teoria generale del diritto, sul piano del diritto
sostanziale, si distingue “l’interessato” e il “controinteressato”. Per
“interessato” si intende colui che presenta la scia e che avvia l’attività: egli è
titolare del diritto soggettivo pieno e perfetto all’intrapresa dell’attività
mediante presentazione della scia. Per “controinteressato sostanziale” si
intende colui che riceve un pregiudizio dell’avvio dell’altrui attività: in materia
edilizia, il terzo-controinteressato sostanziale è sempre identificato attraverso
il criterio della vicinitas, cioè, il titolare di un interesse differenziato e
qualificato che rischia di subire un pregiudizio dall’altrui attività. Nell’ambito
del giudizio questi ruoli si invertono: infatti, colui che è terzo-
controinteressato sostanziale diviene ricorrente; colui che è interessato sul
piano sostanziale diventa controinteressato nel giudizio. Allora, è possibile
distinguere il terzo dall’autorizzazione e il terzo dalla scia: se l’attività è
ancora sottoposta al regime autorizzatorio, si riconoscerà un terzo rispetto
all’autorizzazione; invece, se l’attività è stata liberalizzata, si riconoscerà un
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terzo rispetto alla scia.
In tema di tutela del terzo-contro interessato sostanziale, secondo la plenaria
2011, a fronte della presentazione di una scia da parte dell’interessato, il
mancato esercizio dei poteri inibitori entro un breve termine configura un
silenzio-diniego. Il terzo-controinteressato sostanziale si tutelerebbe
impugnando il provvedimento di diniego tacito di inibizione domandandone
l’annullamento e, contestualmente, proponendo azione di adempimento ai
sensi dell’articolo 34 co 1 lett c cpa, cioè, proponendo azione di condanna a
che l’amministrazione eserciti i poteri inibitori precedentemente omessi,
ovvero, proponendo azione di condanna a che la amministrazione si produca
in un provvedimento inibitorio dell’attività avviata (cumulo di domande). Sul
punto il legislatore ha dimostrato di muoversi in aperta polemica con quella
plenaria introducendo nell’articolo 19 l 241 del 1990 il comma 6 ter il quale
stabilisce che il terzo-controinteressato sostanziale”può sollecitare l’esercizio
delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, può,
esclusivamente, ricorrere avverso il silenzio ai sensi dell’articolo 31 cpa”.
Così, la possibilità di tutela da parte del terzo-controinteressato sostanziale
risiede esclusivamente nell’azione contro l’inerzia dell’amministrazione a
seguito del mancato esercizio delle “verifiche” ad essa spettanti e
previamente sollecitate.
Stante l’infelice formula utilizzata dal legislatore, ci si è interrogati su cosa
debba intendersi per “verifiche spettanti all’amministrazione”di cui
all’articolo 19 co 6 ter. Le “verifiche” possono astrattamente riferirsi al solo
potere di cui all’articolo 19 co 3, o al solo potere di cui all’articolo 19 co 4, o
ad entrambi poteri, alternativamente o cumulativamente considerati, a
seconda di come è stata formulata la sollecitazione del terzo. L’articolo 19 co
3 descrive un potere inibitorio-repressivo: inibitorio perché si traduce nel
“divieto di prosecuzione dell’attività”, cioè, non è più il potere inibitorio di
avviare l’attività – poiché la scia è divenuta a legittimazione immediata , ma
è il divieto di proseguire l’attività poiché è presupposto che l’attività sia già
stata avviata; repressivo perché, oltre a vietare la prosecuzione dell’attività,
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tale potere consiste nell’ordinare la rimozione degli eventuali effetti dannosi
di essa. Tale potere inibitorio-repressivo è dovuto nell’an e vincolato nei suoi
esiti in quanto l’inibizione e la repressione si impongono”in caso di accertata
carenza dei requisiti e dei presupposti di legge”; inoltre, il provvedimento
inibitorio-repressivo mutua il suo connotato vincolato dalla ipotetica
autorizzazione che è sostituita dalla scia: se esistesse una autorizzazione (art.
19 co 1 : “l’autorizzazione è costituita da una segnalazione”), il suo rilascio
dipenderebbe esclusivamente dall’ “accertamento dei requisiti e presupposti
richiesti dalla legge”, cioè, si tratterebbe di una autorizzazione rilasciata sulla
base dell’esistenza di tutti i presupposti e requisiti previsti dalla legge. Tale
potere inibitorio-repressivo è soggetto a un breve termine di decadenza pari a
60 giorni già decorrenti dal ricevimento della scia: co