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CAPITOLO 13° - LA RESTAURAZIONE DI GIUSTINIANO E GLI SVILUPPO DEL DIRITTO ROMANO-BIZANTINO
1. L’epoca di Giustiniano. Aspetti economici, sociali e politici
Il periodo postclassico del diritto romano si conclude con l’impero di Giustiniano. Quest’ultimo, ultimo imperatore
bizantino, dal 1° agosto del 527 d.C. alla sua morte, fu uno dei più grandi sovrani di età tardo-antica e altomedievale.
Mentre l’Occidente concludeva la sua parabola storica, il suo governo coincise con un periodo d’oro per l’impero
romano d’Oriente, dal punto di vista civile, economico e militare: le vittoriose campagne di Belisario permisero il
ricongiungimento all'Impero di parte dei territori dell'Occidente romano; venne portato a compimento un progetto
di edilizia civile che ha lasciato opere architettoniche di eccezionale importanza come la chiesa di Santa Sophia a
Costantinopoli; per combattere l’usura e i fenomeni inflazionistici, i tassi di interesse furono ridotti entro i limiti
accettabili.
Inoltre, il commercio estero aumentò di intensità, anche per la politica favorevole del governo di Costantinopoli, che
adottò al riguardo misure di sostegno. Costantinopoli divenne così il nuovo centro del commercio internazionale.
Ritrovamenti papirologici sembrano mostrare una riduzione dei prezzi a fronte, talvolta, di un aumento dei salari.
L’intervento statale fu consistente anche nel settore dei trasporti e delle comunicazioni.
L’artigianato era abbastanza fiorente, e discreto era lo sviluppo dell’industria dell’epoca, anche per la presenza di
fabbriche statali (ergasteria) e per l’intensa attività edilizia, soprattutto nella capitale, mentre l’agricoltura,
nonostante la riduzione del numero degli schiavi, attraverso il colonato e vari forme di sfruttamento della terra, a
parte le cicliche carestie, presentava un certo grado di stabilità. In papiri e in altre fonti egizie troviamo talvolta
notizia dell’introduzione di nuove culture, dello sviluppo della zootecnica, dell’invenzione di importanti attrezzi
agricoli e di metodi di produzione più progrediti.
Il sistema germanico dei tre campi, con la sua rotazione triennale si estese in molte zone dell’impero.
La maggiore eredità lasciata da Giustiniano è la raccolta normativa del 535, poi conosciuta come Corpus iuris civilis,
una compilazione omogenea della legge romana che è tutt'oggi alla base del diritto civile, l'ordinamento giuridico più
diffuso al mondo. In occidente, il Corpus iuris venne preso come testo di riferimento solo a partire dal Basso
Medioevo, dato che nell'Alto Medioevo sia sul diritto germanico che sul diritto in uso presso le genti di espressione e
cultura latine, ebbe maggiore influenza il Codex Theodosianus, emanato nel periodo di costituzione dei regni
romano-barbarici entro un Impero in pieno smembramento.
La peste che colpì lo Stato bizantino e più in generale, l'intero mondo mediterraneo durante il suo regno segnò la
fine di un'epoca di splendore. 1
2. Il Corpus iuri civilis di Giustiniano
Tornando al Corpus iuris civilis, è la denominazione con cui, dall’età medievale in poi, si indica la grande compilazione
giustinianea del diritto romano, opera di capitale importanza per la scienza giuridica di ogni tempo.
Esso oggi si presenta composto da 4 parti: il Digesto, il Codice, le Istituzioni e le Novelle.
L’imperatore Giustiniano (527-65 d.C.) inserì, nel suo programma di restaurazione della grandezza romana in tutti i
possibili ambiti, anche il progetto di un generale recupero della tradizione legislativa e giurisprudenziale precedente,
finalizzato a un pieno riordino sia della prassi giudiziaria sia dello studio universitario del diritto.
- Già nel 529 venne alla luce la prima edizione del Codex, con il quale tutta la massa delle costituzioni imperiali del
passato (leges), compresa in parte nei codici Gregoriano Ermogeniano e Teodosiano, veniva ricondotta, mediante
un’opera sapiente di selezione e di intervento, a una unità coerente, utile per i tempi nuovi.
Ai lavori partecipò – pur non ancora in qualità di presidente della commissione all’uopo istituita dall’imperatore – un
personaggio importante, Triboniano, che poi, nella sua qualità di Quaestor sacri Palatii (ministro della Giustizia),
oltre che di giurista colto e di organizzatore abilissimo, si sarebbe mostrato come il vero animatore dell’intera
imponente impresa compilatoria.
- A lui venne infatti affidata, alla fine del 530, la guida della commissione incaricata di compilare i Digesta, ossia di
compiere un’opera ulteriore di selezione e armonizzazione, avente a oggetto l’enorme produzione giurisprudenziale
classica (iura). I commissari avrebbero cioè dovuto leggere gran parte della letteratura scritta dai giuristi del 1°, 2° e
3° sec. d.C., estrarne i passi più significativi e riassumerli in un testo unico e coerente, il quale, munito di forza di
legge, si sarebbe dovuto imporre alla prassi per la risoluzione di qualsiasi controversia.
L’obiettivo fu raggiunto con sorprendente rapidità, tanto che già alla fine del 533 Giustiniano poteva ufficialmente
pubblicare il Digesto (detto anche Pandectae): diviso in 50 libri, a loro volta ripartiti in titoli e frammenti, esso
contiene passaggi tratti dalle più varie opere della giurisprudenza classica, della quale costituisce anzi la fonte di
cognizione più preziosa. Ma il successo di quell’operazione – che è peraltro tutt’oggi difficile da spiegare, senza
ipotizzare l’adozione di particolari modalità di lavoro o l’uso di canovacci precedenti, secondo le diverse teorie
elaborate in proposito dagli studiosi – segnava anche la perdita drammatica di tutto il materiale originale utilizzato,
di cui Giustiniano ordinò la distruzione, e sul quale aveva disposto, per di più, che i commissari all’occorrenza
intervenissero, apportando le modifiche necessarie ad adattarlo alle esigenze dei contemporanei (cosiddette
interpolazioni).
Nella ricostruzione operata nel 12° sec. a Bologna, da Irnerio e dalla sua scuola il Digesto risulta diviso in: Digestum
Vetus (libri 1-24, fino al titolo 2 del libro 24), Digestum Infortiatum (dal titolo 3 del libro 24 al libro 38), Digestum
Novum (libri 39-50). In questa forma fu studiato e commentato nel Medioevo e in età moderna.
- Sempre alla fine del 533 giunsero a compimento, sotto la direzione dello stesso Triboniano, le Istituzioni: si trattava
di un’opera elementare, destinata all’insegnamento, nella quale la materia civilistica era esposta in 4 libri, secondo la
tradizionale sistematica tripartita propria delle Istituzioni di Gaio (personae, res e actiones). Ma l’imperatore, del
tutto singolarmente, accordò valore di legge anche a essa, rendendo così i precetti lì esposti suscettivi di
applicazione giudiziaria.
- Il 16 novembre 534, con la costituzione Cordi, venne pubblicato il Codex repetitae praelectionis, destinato a
rimpiazzare il primo Codice. L’opera si era resa necessaria, sia per consentire la sistemazione di tutte le costituzioni
emanate per risolvere i problemi connessi alla raccolta di iura, sia per emendare le leggi imperiali già codificate ed
eliminare quelle superflue o superate. Anche a questa nuova edizione del Codice fu attribuito valore di legge,
sostituendosi ad ogni altra costituzione imperiale precedentemente in vigore e al vecchio Codice. 2
3. Le Novellae e il diritto bizantino
Il Codex, le Institutiones e i Digesta, che vanno sotto il nome di Corpus iuris civilis (denominazione ideata da Dionisio
Gotofredo nel 1583), non esauriscono l’attività legislativa di Giustiniano.
Dopo la raccolta del Codex repetitae praelectionis nel 534, l’imperatore emanò una serie di leggi (dette Novellae
constitutiones o più semplicemente Novella), con le quali riformò vari settori del diritto, soprattutto in materia di
famiglia e di successioni. La lingua usata era il greco, salvo che per poche costituzioni bilingue (greco-latine).
Queste costituzioni (come quelle dei suoi successori), libere da qualsiasi aggancio con le fonti classiche, poterono
spiegare appieno tutta la loro efficacia riformatrice, quale espressione della realtà dell’impero bizantino.
A differenza delle precedenti costituzioni, le Novelle imperiali non furono inserite in raccolte ufficiali, ma solo in
compilazioni private: la collezione delle centosessantaquattro Novelle, l’Authenticum e l’Epitome Iuliani.
Per quanto riguarda l’Authenticum, letteralmente l’espressione significa “raccolta delle autentiche”, ossia delle
costituzioni imperiali. Nell’Authenticum le novelle sono riportate nel loro testo integrale e di quelle greche viene
fornita una mediocre tradizione letterale, ossia aderente al precetto giustinianeo.
Sulla sua origine sono state formulate numerose congetture. Secondo alcuni si tratterebbe di una versione ufficiale
destinata all’Occidente.
Secondo un’altra parte della storiografia, più attendibilmente, si tratterebbe di una compilazione dovuta ad un
autore privato in Italia e destinata ad essere utilizzata nelle regioni rimaste legate a Bisanzio.
Ad un certo momento, imprecisabile allo stato attuale delle nostre conoscenze, l’ Authenticum cessò di circolare,
lasciando incontrastato il campo all’Epitome Iuliani, la quale forniva, più di esso, il materiale legislativo in una
abbreviazione chiara e sintetica.
L’ Epitome Iuliani è così chiamata dal nome dell’autore, Giuliano, professore di diritto presso la scuola di
Costantinopoli.
Tale raccolta comprende 122 costituzioni imperiali (più due replicate con poche varianti), risalenti agli anni 535-555
d.C., tradotte dal greco in lingua latina. Probabilmente era destinata ad uso didattico, dal momento che delle varie
costituzioni imperiali fornisce il contenuto essenziale, opportunamente formulato in abili abbreviazioni.
4. Verso un “sistema” di repressione penale
Per quanto riguarda l’aspetto giudiziario, nel tardo romano impero, la legislazione criminale fu sempre più
sviluppata, come risulta evidente dalla massa di costituzioni in materia contenute nel codice Teodosiano e in quello
giustinianeo. Nonostante il carattere delle disposizioni, talora contraddittorie e legate a contingenze, circostanze
politiche, si profilò la tendenza alla formazione di un “sistema” del diritto penale con l’emersione di alcuni istituti e
principi che tuttora permangono.
Scomparsa ogni residua traccia di sistemi accusatori, dall’età di Costantino la giurisdizione criminale divenne
esclusivamente imperiale. La procedura della cognitio extra ordinem rimase, nel suo impianto fondamentale,
immutata, ma vi furono, per alcuni aspetti, interventi anche contraddittori. Circa l’accusa, ad esempio,