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Il Palazzo di Cnosso

Venne scoperto agli inizi del Novecento dall’archeologo inglese Sir Arthur, considerata la dimora del leggendario re Rhyton a forma di testa di toro,

Minosse. Questo palazzo fu progettato con ingegnosità, costituisce infatti l’esempio più notevole del fenomeno proveniente da Cnosso, XVII-XV

palaziale per ampiezza e articolazione dello sviluppo. Il palazzo è organizzato su più livelli: al piano terra, a ridosso della secolo a.C.

facciata occidentale, si sviluppano i magazzini, destinati allo stoccaggio delle riserve alimentari dell’intero regno. Fra i

magazzini e la corte centrale si snoda la parte pubblica, con sale di rappresentanza, sacelli e luoghi per la gestione

amministrativa. Una grande scalinata monumentale immette al primo piano, dove è ospitata la sala del trono. I quartieri

facciata occidentale, si sviluppano i magazzini, destinati allo stoccaggio delle riserve alimentari dell’intero regno. Fra i

magazzini e la corte centrale si snoda la parte pubblica, con sale di rappresentanza, sacelli e luoghi per la gestione

amministrativa. Una grande scalinata monumentale immette al primo piano, dove è ospitata la sala del trono. I quartieri

residenziali occupavano il settore sud-est, sviluppandosi sulle pendici della collina per quattro o cinque piani. Gli

ambienti più significativi sono costituiti dalla sala ipostila “delle doppie asce” e dai vani che compongono il megaron della

regina, che conserva splendidi affreschi parietali di carattere marino e una stanza dotata di impianto idraulico. Le case

comuni erano invece molto semplici, edificate in mattoni crudi o pietre non lavorate con tetti piatti in canne intonacate e

pavimenti in terra battuta, ciottoli o lastre di pietra, a seconda della funzione dell’ambiente e del livello sociale dei

proprietari. Le pareti erano decorate da dipinti che colpirono subito gli archeologi per la vivacità dei colori e l’originalità

delle composizioni. Manca quasi del tutto, a Cnosso come altrove nell’isola, le immagini di guerra e le scene che

celebrano la potenza del re. Gli artisti cretesi si ispiravano alla natura e dipingevano piante (gigli, pari, crochi), animali

(soprattutto tori, fauna acquatica e animali fantastici, come i grifoni) e figure umane, spesso rappresentate in movimento.

Molti affreschi raggirano sacerdotesse che celebrano cerimonie religiose avvolte nella veste sacerdotale di pelliccia a

macchie; in antichi sigilli figure femminili fabbricano vasellame al pari degli uomini; dai dipinti di Cnosso sembra che giovani

atlete siano impegnate nel difficile esercizio del volteggio sul toro, il borioso profilo della cosiddetta Parigina e gli altri

dipinti del palazzo hanno un grande fascino; la Dea dei serpenti, realizzata in maiolica che tiene in mano due serpenti e,

sul capo un animale rapace.. ambedue segni distintivi di una divinità; il Principe dei gigli, realizzato in un rilievo appena

percettibile che si staglia su un fondo dipinto con fiori e farfalle, il giovane personaggio maschile è incoronato con un

diadema di fiori di giglio e accenna delicatamente un passo. La cosiddetta “dea dei serpenti”

Minosse e il Minotauro

Secondo la leggenda, Minosse, figlio del Dio Zeus e della bellissima Europa, era stato destinato dagli dei a regnare sulla grande isola di Creta. Minosse per provare ai fratelli

Serpedonte e Radamanto che gli dei avevano destinato a lui il dominio dell’isola, chiese a Poseidone di far uscire dal mare un toro, che gli avrebbe poi sacrificato. Il dio

acconsentì alla sua richiesta, confermando così il potere di Minosse su Creta. Il re, però si dimenticò di adempiere alla sua promessa provocando la vendetta del dio che rese

furioso l’animale e fece innamorare Pasifae, la moglie di Minosse, del toro. Fu da questa unione che nacque il Minotauro, un mostro con il corpo di uomo e la testa di toro.

Minosse è ricordato come sovrano giusto e mite, portatore di civiltà nell’isola di Creta. Per queste sue caratteristiche la tradizione mitica gli assegna il compito di giudicare negli

inferi le anime dei morti. Ogni otto anni Minosse si recava fino al monte Ida, che era sacro a Zeus, e chiedeva al padre divino leggi sagge e giuste con cui governare il suo popolo.

Al famoso re cretese è attribuito anche il merito di aver espanso la talassocrazia di Creta sull’Egeo, tramite varie spedizioni militari. Tra queste, in particolare, Minosse riesce

vincitore contro Atene e pretende dalla città il tributo annuale di sette fanciulli e sette fanciulle da dare in pasto al Minotauro, rinchiuso in un immenso palazzo-prigione, il

labirinto, costruito da Dedalo, architetto noto anche come scultore e inventore. Un giorno Teseo, figlio del re di Atene, decise di affrontare e di uccidere il Minotauro, per porre

fine alla prepotenza di Creta. L’impresa riuscì grazie all’aiuto della principessa Arianna, che l’eroe ateniese aveva fatto innamorare. Arianna gli consegnò un gomitolo di filo

perché egli, svolgendolo dietro di sé nel labirinto, potesse segnare il cammino e ritrovare la strada del ritorno. Così il giovane eroe poté uccidere il mostro e ritornare incolume a

Atene, ormai libera da ogni obbligo nei confronti di Creta. Il buon esito dello stratagemma adottato da Teseo, provocò l’ira di Minosse, che rinchiuse Dedalo e suo figlio Icaro

nel labirinto. Da qui i due riuscirono a fuggire in volo grazie alla sorprendente capacità inventiva di Dedalo, che con la cera attaccò delle ali a sé e al figlio. L’espediente ebbe

buon esito per Dedalo ma non per Icaro che, avvicinandosi troppo al sole, precipitò. La vittoria di Teseo sul Minotauro indica che col tempo la potenza di Creta venne meno,

proprio mentre aumentava il potere delle città greche di terraferma.

La Civiltà Micenea

La civiltà micenea si sviluppò tra XVI e XII secolo a.C. in Argolide, nella penisola greca del Peloponneso, gli abitanti erano chiamati Micenei. Il loro nome deriva da Micene, la più

grande e la più ricca delle loro città. Parlare della civiltà micenea significa inevitabilmente, anche discutere dell’atto di nascita della Grecia. I Micenei discendevano dalle

popolazioni di lingua indoeuropea stanziatisi nel continente fra XVII e XVI secolo a.C.. Queste popolazioni adoravano il dio Zeus che divenne più tardi il più grande fra gli dei

greci. La loro lingua fu la più antica forma di greco. I Micenei sono protagonisti di molte leggende e il poeta Omero (anch’egli leggendario) canta le loro imprese chiamandoli col

nome di Achei. Nel corso del III millennio, la Grecia continentale si caratterizzava per una tipologia insediativa costituita da villaggi, in alcuni casi delimitati da fortificazioni e

frequentemente collocati in posizione dominante. Alcuni insediamenti come Tirinto, Orcomeno, Tebe, Egita e Lerna, che non a caso divennero floridi centri micenei, si dotarono

entro la metà del millennio di strutture monumentali che sembravano presupporre l’esistenza di una società assai evoluta e strutturata, che costruiva ampie necropoli al di fuori

degli abitati. Sullo scorcio del millennio sono archeologicamente attestati una serie di eventi violenti che portarono alla distruzione di molti villaggi, a conferma dello sviluppo di

una fase, caratterizzata da una netta regressione culturale a livello continentale a da un generale stato di povertà e di spopolamento, che si protrò sino alla fine del Medio

Elladico (XVII secolo a.C.). Proprio da questa lunga fase di stasi, fiorì la civiltà micenea in Peloponneso per poi irradiarsi sul resto del continente greco e al di là del mare,

sostituendosi alla talassocrazia minoica nel controllo del mar Egeo e nei traffici commerciali con l’Oriente e l’Occidente. Nello sviluppo della potenza marina micenea, anche le

Cicladi ebbero un ruolo attivo, assolvendo a una fondamentale funzione di intermediazione. La presenze micenea è attestata dall’isola di Cipro alle coste di levante fino

all’Egitto. E’ stato più volte sottolineato come una delle grandi risorse di questa civiltà sia proprio l’innata capacitò di assimilare e rielaborare gli apporti derivanti dal proficui

contatti intrattenuti con altre culture, siano esse minoica, siriaca, fenicia, anatolica, egiziana. Il contatto più significato e foriero di esiti fondamentali per l’evoluzione cultura

micenea è certamente quello con il mondo cretese. Creta entra nell’orbita politica e culturale micenea e genti achee arrivano ad assoggettare l’isola, creandovi un proprio regno.

L’Argolide rappresenta il più importante centro di elaborazione della cultura micenea, questa piccola penisola del Peloponneso settentrionale, costituisce il cuore pulsante

dell’impero. I suoi abitati principali, Tirinto su mare e Micene a controllo delle vite di transito verso l’entroterra, assurgono a indiscussi centri di potere e di diffusione culturale.

La Messenia e la Laconia custodiscono allettante preziose testimonianze come anche, successivamente, l’Arcadia e, al di là dell’Istmo, l’Attica, la Beozia e la Focide. Le piccole

entità statali sembra che non abbiano conosciuto se non raramente, vicende belliche interne e, al contrario abbiano

sempre rivolto verso l’esterno il loro spirito espansionistico e la loro aggressività. La spedizione contro Troia manifesta

e conferma, più di qualsiasi altro avvenimento, questa propensione. Nel 1876 la scoperta, per opera di Heinrich

Schliemann, del “circolo A” delle tombe di Micene costituì la prima testimonianza materiale relativa a questa civiltà che

fino a quel momento aveva avuto un’esistenza solo letteraria Le testimonianza archeologiche ci parlano di una

compagine sociale gerarchizzata e guerriera, dominata da una élite terriera che sceglie al proprio interno il capo

supremo. Nei secoli questa struttura piramidale si articola ulteriormente sul piano burocratico e militare, con una crescita

esponenziale del potere dei signori della guerra. La cultura micenea si manifesta per la prima volta ai nostri occhi

attraverso il mondo dei morti, nelle scoperte di Schliemann, questo commerciante tedesco che mise in luce, all’interno

cittadella fortificata, un circolo di tombe denominato come già detto prima circolare A, fra le quali credete di individuare

la sepoltura di Agamennone, il valoroso re acheo che condusse la spedizione contro Troia. Per le epoche piu recenti,

oltre alle informazioni desumibili dai dati archeologici, si fa riferimento al ricchissimo patrimonio documentale, costituito

dalle tavolette in “lineare B” rivenute in grandissime quantità sia sul continente sia in ambito insulare. Tale sistema di

scrittura sillabica, che contribuì a identificare la lingua greca delle origini, venne decifrato negli anni cinquanta del

Novecento grazie alla geniale intuizione di Michael Ventries, cui si affiancò, proseguendone il lavoro, John Chadwick.

Con oltre mille tavolette, l’archivio del pal

Dettagli
A.A. 2018-2019
14 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/02 Storia greca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher prisonbreak.91 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia greca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Alonge Roberto.