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La sindacabilità dei decreti legislativi e degli altri atti normativi
Il decreto legislativo è sindacabile anche per violazione dei limiti posti dalla legge di delegazione. Quest'ultima, infatti, rientra nella categoria delle norme parametro interposte tra Costituzione e atto legislativo oggetto di controllo. Sindacabili sono anche i decreti del presidente della Repubblica che contengono i decreti legislativi di attuazione degli statuti delle regioni speciali.
Problematica appare la sindacabilità dei regolamenti parlamentari: la Corte ha escluso la sindacabilità diretta dei regolamenti parlamentari non solo perché atti fonte non compresi tra quelli aventi forza di legge, ma anche perché essi sono espressione della posizione di autonomia costituzionalmente garantita al Parlamento.
Complessa è pure la questione della sindacabilità dei regolamenti comunitari.
I vizi sindacabili
Un atto normativo per essere costituzionalmente legittimo deve essere, oltre che esistente, valido: e cioè...
Conforme alle norme che ne disciplinano la forma, il procedimento e il contenuto. Sotto questo profilo si può parlare di illegittimità costituzionale dell'atto con riferimento a:
- Vizi formali. Attengono all'atto in quanto tale, e si hanno quando un atto legislativo non rispetta le regole che ne disciplinano il procedimento di formazione o anche la forma di pubblicazione.
- Vizi sostanziali. Un atto legislativo è incostituzionale per vizio sostanziale:
- quando il suo contenuto lede la disciplina desumibile da una o più norme costituzionali;
- quando il suo oggetto non rispetta l'ambito materiale di competenza assegnato all'atto legislativo da una o più norme costituzionali.
I giudizi sulle leggi: il giudizio in via incidentale si ha quando la questione di legittimità costituzionale sorge "nel corso del un giudizio". In questo caso il controllo della Corte presuppone l'esistenza di
un giudizio pendente innanzi ad un qualsiasi autorità giurisdizionale, chiamato giudizio principale, per contrapposizione al giudizio incidentale che si svolgerà innanzi al giudice costituzionale, oppure giudizio a quo. Un primo aspetto è quello dell'individuazione del giudice a quo. La giurisprudenza della Corte ha riconosciuto la possibilità di sollevare la questione di costituzionalità non solo ai giudici ordinari ed amministrativi, ma anche ad un'estesa e variegata categoria di altri organi, talora estranei all'ordinamento giudiziario, comunque dotati di funzioni giudicanti. Affinché si abbia un giudizio e un giudice a quo la Corte costituzionale richiede due requisiti: - requisito soggettivo: ossia l'esistenza di un giudice; - requisito oggettivo: ovvero di attività qualificabile come esercizio di una funzione giurisdizionale. Un secondo aspetto riguarda chi,nel corso del processo, solleva la questione di legittimità. Seconda la legge, essa può essere: - sollevata su istanza di una delle due parti in giudizio; - rilevata d'ufficio da parte dello stesso giudice innanzi al quale pende il giudizio principale. Perché la questione sollevata possa accedere al giudizio è necessario che il giudice a quo accerti preliminarmente l'esistenza di due condizioni di ammissibilità: la prima, che la questione di costituzionalità sia rilevante, la seconda che sia non manifestamente infondata. Si richiede che il giudice accerti sommariamente che sussiste un dubbio sulla costituzionalità della legge che si tratta di applicare. In tale evenienza il giudice a quo deve sospendere il giudizio per rimettere con ordinanza la questione di legittimità costituzionale al giudizio della Corte costituzionale. Il fatto che il giudice deve preventivamente accertare la sussistenza della rilevanza e dellanon manifestamente infondatezza della questione di legittimità costituzionale è una garanzia per evitare che la Corte costituzionale venga chiamata a pronunciarsi su questioni di mero interesse teorico o su questioni che non presentano dubbi di costituzionalità.Manifesta infondatezza indica che il giudizio in via incidentale ha carattere indisponibile. Provvede a notificare l'ordinanza sia alle parti sia al pubblico ministero, se presente. Deciso il rinvio alla Corte, il giudice a quo provvede a notificare l'ordinanza dell'imminente instaurarsi di un giudizio di legittimità è soddisfatta attraverso la pubblicazione dell'ordinanza che solleva la questione di costituzionalità nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Trascorsi i 20 giorni dalla notifica dell'ordinanza di rinvio, il presidente della Corte nomina un giudice istruttore e relatore, convocando poi la Corte entro i 20 giorni successivi per la discussione della questione, in vista della decisione definitiva.
I giudizi sulle leggi: il giudizio in via d'azione
Il giudizio in via d'azione, diversamente da quello incidentale, si apre direttamente mediante:
- ricorso dello Stato contro leggi regionali;
- ricorso della regione contro leggi e atti aventi forza
di legge dello Stato o contro leggi di altre regioni.
Il giudizio in via d'azione ha carattere di procedimento astratto, nel senso che le disposizioni impugnate vengono valutate sotto il profilo formale del proprio contenuto prescrittivo, a prescindere dalla loro concreta applicazione.
Il ricorso, inoltre, ha carattere specifico, in quanto deve individuare un particolare vizio di incompetenza.
Infine, il ricorso è disponibile, essendo il giudizio di costituzionalità in questa ipotesi un giudizio di parti.
Il ricorso statale contro la legge regionale e quello regionale contro una legge statale hanno entrambi carattere successivo nel senso che riguardano disposizioni già in vigore.
L'azione del governo richiede la delibera del consiglio dei ministri, cui segue l'iniziativa del presidente del consiglio, mentre per la regione è necessaria una delibera della giunta regionale.
Quanto alla titolarità del ricorso, i giudizi sulle leggi possono essere di diversa tipologia.
sentenze
- La classificazione delle decisioni in generale
Il giudizio di costituzionalità sulle leggi si chiude con una decisione della Corte costituzionale.
Le decisione hanno una forma tipica: la sentenza, quando la Corte giudica in via definitiva; l'ordinanza, in tutti gli altri casi.
Le decisioni hanno pure una struttura tipica: in esse è possibile distinguere:
- in fatto, cioè l'esposizione dei fatti della causa;
- la motivazione;
- la motivazione in diritto, cioè le ragioni che giustificano la decisione adottata;
- il dispositivo, cioè la soluzione della controversia costituzionale.
Le decisioni della Corte costituzionale, a seconda del contenuto, possono distinguersi in decisioni processuali e decisioni di merito: le sentenze di merito della Corte possono essere classificate secondo più criteri, alternativi e concorrenti: il criterio del contenuto riguarda solo se la questione è posta dall'ordinanza costituzionale del
giudice a quo è stata accolta dalla Corte o no, ossia se l'esito del giudizio è stato di accoglimento o di rigetto. Tale esito può essere raggiunto sulla base dei diversi percorsi seguiti. Le sentenze di accoglimento, infine, possono classificarsi in base alla tecnica di incisione dei testi controllati. In base al criterio del contenuto: le sentenze di accoglimento e le sentenze di rigetto. La principale distinzione delle decisioni di merito è tra sentenze di accoglimento e di rigetto. Il giudizio della Corte è un giudizio comparativo, nel quale vengono messe a confronto le norme di legge che si assumono viziate e le norme costituzionali che si assumono violate: ad esso si applica il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Tuttavia, un'eccezione espressa è data dalle sentenze che dichiarano l'illegittimità conseguenziale di alcune norme. In base al percorso seguito: le sentenze interpretative. Una secondaLa classificazione delle decisioni di merito si fonda sulla distinzione tra disposizione enorma. Quando il giudizio della Corte si svolge su norme si parla di sentenze interpretative. In particolare si può osservare quanto segue:
- Sentenza interpretativa di accoglimento: si ha quando la Corte costituzionale giudica fondatala questione sottopostale e dichiara l'illegittimità costituzionale della disposizione impugnata;
- Sentenza interpretativa di rigetto: si ha quando la Corte ritiene non fondata la questione di illegittimità.
In base alla tecnica di incisione: le sentenze di accoglimento cosiddette manipolative. In base alla tecnica di incisione è possibile disegnare una classificazione delle sentenze di L'effetto accoglimento, in questo caso chiamate sentenze manipolative. Manipolativo è da riferirsi al fatto che esse producono vere e proprie innovazioni nel sistema normativo. In particolare, si possono inserire nelle classificazioni le seguenti:
decisioni:
- sentenze di accoglimento parziale: la Corte accoglie la questione dichiarando illegittima una parte di una disposizione o uno dei possibili significati ricavabile da essa;
- sentenze sostitutive: con esse la Corte dichiara illegittima una disposizione che prevede una certa norma che viene eliminata e contemporaneamente la sostituisce con un'altra norma, che essa individua nella sentenza e aggiunge al testo;
- sentenze additive o aggiuntive: è possibile ricondurre a questa categoria tutte quelle ipotesi in cui la Corte estende il significato normativo di una disposizione a situazioni che essa non comprendeva nel proprio oggetto;
- sentenze additive di principio: questo tipo di decisioni mitiga gli effetti delle additive semplici. La Corte vi ha fatto ricorso per limitare il rischio di toccare le prerogative del Parlamento. Le additive di principio si limitano ad individuare il principio generale secondo cui disciplinare una certa materia.
Le cosiddette "sentenze
La Corte costituzionale, talvolta, utilizza la motivazione delle sue decisioni per una sorte di dialogo con il legislatore: si è parlato in casi del genere di sentenze monito, decisioni appunto che contengono anche auspici, sollecitazioni, indicazioni rivolte al Parlamento. Tali moniti non hanno valore vincolante nei confronti del legislatore.
La Corte costituzionale giudica anche sui "conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le regioni, e tra le regioni".
Sul piano soggettivo, i conflitti possono classificarsi in due categorie:
- conflitti tra poteri dello Stato, definiti conflitti interorganici;
- conflitti fra Stato e regioni o fra regioni, ossia fra soggetti costituzionali diversi e dotati di personalità giuridica distinta, definiti conflitti intersoggettivi.
Sul piano oggettivo, il giudizio della Corte costituzionale concerne la delimitazione della sfera di