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2.2
I SEGNI DELLA DANZA TRA AZIONE, TESTO E SIGNIFICAZIONE
Incentrata sull’azione e sui movimenti, la danza si appella a tre elementi costitutivi:
-fisicità, che si basa sulla propriocezione (capacità di percepire e riconoscere la
posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli,
anche senza il supporto della vista) del danzatore e sulla facoltà di far giungere in chi
danza e in chi osserva, la composizione dei movimenti;
-indicalità e ostensione, che riguardano il linguaggio, la cognizione e la comprensione
delle formule deittiche e delle forme esibite, le quali aspirano a far emergere i
significati veicolati dagli oggetti.
Si farà ora una lettura semio-cognitiva della danza vista sia come semplice insieme di
movimenti coordinati, sia come testo simbolico portatore di senso e significato.
La danza intesa come insieme di singoli movimenti corporei fa parte degli atti naturali,
che appartengono al soggetto. La danza delle origini non richiedeva alcuna dialogicità;
si trattava di un movimento ripetuto, fine a sé stesso che non dipendeva dalla volontà
del soggetto, come la respirazione, il battito cardiaco, etc.
Cosa agisce nell’individuo da fare in modo che questi diventino volontari e armoniosi?
Consideriamo dunque il corpo non più un motore di atti naturali ma un “pro-motore” di
azioni simboliche, spostandoci da un contesto psico-fisiologico ad uno prettamente
epistemologico. Ciò è dovuto alla consapevolezza dello iato che separa uno status
cerebrale, sufficiente a mettere in atto le cinestesie, dai processi mentali che fanno sì
che i semplici movimenti ripetuti divengano interpretabili e possano assumere
gradualmente la fisionomia delle rappresentazioni culturali. U Eco affermò che la
postura adottata da un individuo viene colta dagli osservatori in maniera diversa da
come essa è percepita ed elaborata dalla mente dell’agente.
Aristotele
La nozione filosofica di atto naturale è stata articolata da nei due concetti
di necessità e possibilità. Egli ha abbinato la necessità alle azioni involontarie che
riguardano il funzionamento del corpo umano, e ha invece associato il concetto di
possibilità ai comportamenti prodotti volontariamente.
Distinse inoltre
-le azioni possibili, assegnandogli una qualificazione di tipo artistico, che trovarono
collocazione nell’alveo dell’estetica
-da quelle pratiche, alle quali assegnò una funzione prevalentemente tecnica,
collocate nell’elenco delle operazioni governate da regole.
San Tommaso propose la distinzione tra azioni transitive, correlate alla volontà di fare
qualcosa a partire da qualcos’altro; e immanenti, inerenti al soggetto che le percepiva.
Kant separò
-l’arte piacevole, che appare sotto forma di sensazione provocata da qualcos’altro
che assume in virtù di ciò la denominazione di oggetto piacevole
-dall’arte bella, che si riferisce all’elemento al quale tale qualificazione è riferita e che
avrà appunto la bellezza tra i propri requisiti intrinseci.
Alla luce della lettura segnica e veicolante, la danza odierna è corretto collocarla tra le
arti piacevoli, in quanto si ritiene che le cinestesie, pur essendo atti naturali,
possiedono grazie a ritmo e ricorsività una componente simbolica che le separa dai
comportamenti meramente pratici. Ciò permette di inquadrare le cinestesie in una
categoria ibrida che è sia naturale sia simbolica e questa chiave di lettura è l’unica a
spiegare perché è possibile riscontrare nelle cinestesie alcuni elementi convenzionali,
interpretabili con discrezionalità, ciò con criteri autonomi.