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LA COSTITUZIONE ECONOMICA

La costituzione economica è l’insieme delle norme costituzionali che riguardano le relazioni degli

individui e della repubblica, intesi come soggetti economici. In primo luogo si considereranno i

“rapporti economici” contenuti all’interno del titolo terzo della parte prima della costituzione. In

secondo luogo si tratterà anche altre considerazioni che si riferiscono al fisco, alla moneta, e alla

finanza pubblica. Il lavoro e i diritti sociali connessi alla condizione lavorativa

Gli articoli con cui si apre il titolo terzo sui rapporti economici sono dedicati alle condizioni dei

lavoratori e alle connesse garanzie tipiche di una forma di stato sociale. Al centro della

costituzione economica c’è la persona umana, in questo caso nella figura del lavoratore, a cui

debbono essere garantite le condizioni minime vitali. Il lavoro, che trova posto fondamentale nella

nostra costituzione (l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, art.1), costituisce un diritto

senz’altro, ma anche un dovere, uno dei fondamentali doveri di solidarietà sociale ed economica di

cui parla l’art.2. Le varie attività lavorative sono da leggersi secondo l’ottica personalistica, come

specificazioni e tutele aggiuntive rispetto a quelle poste dai principi fondamentali della

costituzione.

Il lavoro dipendente rappresenta l’anello debole della catena lavorativa, di conseguenza ad esso

sono conferite maggiori tutele. L’art. 35 parla del lavoro in generale dicendo che “la repubblica

tutela il lavoro in tutte le sue forme e le sue applicazioni”, gli articoli che seguono al 35, prevedono

una tutela specifica per il lavoro dipendente. Il comma 2 dell’art.35 stabilisce che la repubblica

cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori, secondo un disegno in cui mondo

dell’istruzione e mondo del lavoro si incrociano per la diffusione delle conoscenze teoriche e

pratiche indispensabili a svolgere il lavoro. Il comma 3 stabilisce invece la promozione degli accordi

e delle organizzazioni internazionali per l’affermazione dei diritti del lavoro, la più importante è

l’organizzazione Internazionale del Lavoro. L’ultimo comma dell’articolo è dedicato invece

all’immigrazione, fenomeno divenuto sempre più attuale a seguito del processo di integrazione

Europea (con la libertà di circolazione). Inoltre si è ipotizzato che l’articolo 35 tuteli anche

situazioni di assenza di lavoro. C’è l’articolo 38 che si occupa di queste situazioni, ma tale articolo è

pensato per un mercato del lavoro rigido e caratterizzato dal posto fisso, mentre a causa della

flessibilizzazione del lavoro avvenuta negli ultimi anni si è trovato un appiglio nell’art.35 per la

tutela di situazioni di assenza del lavoro. L’art.36 sancisce limiti più specifici per il lavoro

dipendente (retribuzioni, orari giornalieri, riposo e ferie). Mentre l’orario giornaliero è sottoposto

a riserva di legge, il riposo settimanale e le ferie annuali sono qualificati come diritti irrinunciabili,

in quanto la sospensione del lavoro è ritenuta indispensabile per la salute del lavoratore.

Per quanto riguarda la ricompensa per il lavoro prestato, si utilizzano due criteri:

a) Il criterio minimo della sufficienza, che prescinde dalla quantità e qualità del lavoro

prestato, dunque è il limite minimo al di sotto del quale la ricompensa sarebbe illegittima,

che rappresenta dunque l’ottica solidaristica e dell’uguaglianza sostanziale.

b) Il criterio della ragionevole proporzione tra remunerazione e lavoro svolto. Rappresenta

l’ottica tipica dei rapporti “sinallagmatici” ovvero quei rapporti in cui le parti si scambiano

beni con carattere di reciprocità

L’art.37 ha per destinatari due categorie di soggetti particolarmente vulnerabili, ovvero le donne e

i minori. Questo articolo ribadisce che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti, e a parità di lavoro,

la stessa retribuzione dell’uomo lavoratore. Ovviamente per “parità del lavoro” si intendono le

stesse mansioni, e non la quantità di lavoro svolta, per quanto riguarda la quantità è legittimo che

se l’uomo produce di più riceva una retribuzione maggiore. Questa prima parte ha consentito negli

anni l’emancipazione legislativa ma anche culturale del lavoro femminile. La seconda parte

dell’art. prescrive, invece, che le condizioni di lavoro devono consentire alla donna lavoratrice

l’adempimento della sua essenziale funzione femminile, assicurando a madre e figli una adeguata

protezione. Si capisce quindi che alla base di questo articolo c’è la tutela dei figli attraverso la

tutela genitoriale, non solo nel ruolo di lavoratrice ma anche di lavoratore, con l’estensione della

tutela di maternità anche ai padri, integrando la ratio con cui venne previsto l’art.37 che era quello

della protezione della donna. Un ulteriore estensione della ratio si è avuta nei confronti delle

donne lavoratrici non dipendenti, con il decreto legislativo 151/2001 che ha esteso la maternità

anche alle lavoratrici autonome o alle libere professioniste.

L’ultimo articolo del titolo terzo dedicato al rapporto tra diritti economici e sociali è l’art.38, il

quale ha per destinatari in primo luogo i lavoratori, richiedendo che vengano assicurati mezzi

“adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia,

disoccupazione involontaria”. Il verificarsi degli eventi previsti da tale articolo è condizione

sufficiente per il riconoscimento di misure previdenziali (assegni sociali, pensioni di invalidità,

cassa integrazione) o di natura assistenziale (l’assicurazione obbligatoria per infortuni sul lavoro).

L’aspetto più rilevante in cui si sostanzia la previdenza è nell’attribuire il diritto a una pensione

“adeguata” conseguente al lavoro prestato durante gli anni lavorativi. Per capire cosa si intende

per adeguatezza bisogna andare a leggere l’art.36, il quale stabilisce che risulta adeguato quel

trattamento previdenziale che sia in qualche modo proporzionato alla retribuzione ottenuta

durante il periodo lavorativo ma che al tempo stesso non sia inferiore a un trattamento minimo.

Il diritto all’assistenza riguarda il diritto al riconoscimento di un aiuto a soggetti in stato di bisogno

del minimo essenziale. Rispetto alla previdenza non ha alcun carattere mutualistico ma solo

solidaristico, e non si indirizza esclusivamente ai lavoratori ma a tutti i soggetti. L’assistenza non è

solo economica ma anche educativa. Il comma 3 dell’art.38 stabilisce che “gli inabili e i minori

hanno diritto all’avviamento professionale” e una delle attuazioni ti tale comma è il collocamento

dei disabili presso pubbliche amministrazioni o imprese con numero minimo di dipendenti. Il

comma 4 stabilisce che “ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti

predisposti o integrati dallo stato”, e conclude dicendo che “l’assistenza privata è libera”. Quello

che si può escludere sulla base della disposizione di tale articolo è da un lato un modello

esclusivamente statale e dall’altro un modello esclusivamente privato.

Strumenti di tutela e partecipazione dei lavoratori

Gli articoli 39, 40 e 46 cost. riconoscono ai lavoratori il diritto a partecipare alla politica economica

o alle scelte aziendali. In particolare i primi due articoli riconoscono ai lavoratori il diritto di

organizzazione sindacale (art.39) e il diritto di sciopero (art.40). il primo appartiene a tutti i

lavoratori, mentre del diritto di sciopero sono titolari anzitutto i lavoratori dipendenti e soltanto a

certe condizioni i lavoratori autonomi.

I contratti collettivi, stipulati dalle categorie di lavoratori e datori di lavoro, sono accordi di natura

privata ad effetti generali. Essi servono a stabilire una regolamentazione minima del rapporto di

lavoro, che i contratti aziendali e individuali dovranno rispettare. Questi contratti sono vincolanti

solo per i soggetti iscritti alle associazioni stipulanti.

L’art. 40 riconosce ai lavoratori il diritto di sciopero, ovvero il diritto all’astensione collettiva dal

lavoro finalizzata al conseguimento di un interesse comune dei lavoratori. Il diritto di serrata

invece non è riconosciuto dalla costituzione, in virtù dell’art. 3 comma 2. Sono titolari di tale diritto

tutti i lavoratori dipendenti, e oggi anche alcune categorie di lavoratori autonomi, quelli che

presentano delle caratteristiche di “parasubordinazione” come ad esempio gli agenti di

commercio. Con la modifica tramite la legge 146/1990 si è reso accessibile lo sciopero anche ai

piccoli imprenditori e liberi professionisti come medici di base o avvocati.

L’art. 46, prevede la possibilità per i lavoratori di collaborare alla gestione delle aziende, nei modi e

nei limiti previsti dalla legge. Impresa, proprietà e risparmio

a) Impresa

L’art. 41 riconosce la libertà di iniziativa economica. Ci sono dei limiti alla libertà d’impresa,

elencati nel comma 2, ovvero l’attività d’impresa non può svolgersi in contrasto con l’utilità

sociale, e non deve redare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Il comma

3 affida alla legge la determinazione dei controlli e dei programmi affinché l’attività

economica pubblica o privata sia indirizzata e coordinata a fini sociali. Il fatto che l’esercizio

di tale libertà sia condizionato al rispetto di questi limiti aiuta a configurarla come non

inviolabile, a differenza di quelle garantite dal titolo 1 della parte 1.

Alcuni principi sono ritenuti fondamentali nel mercato unico, ad esempio il diritto di

proprietà e la libertà contrattuale ma anche la libertà di concorrenza.

L’art. 43 consente il trasferimento allo stato, a enti pubblici o a comunità di lavoratori o

utenti di determinate imprese o categorie di imprese, ma questa nazionalizzazione

mediante espropriazione deve rispettare una duplice condizione: il perseguimento di fini a

utilità generale e individuare l’oggetto in servizi pubblici essenziali, fonti di energia o

situazioni di monopolio che abbiano carattere di preminente interesse generale. Questo

articolo esprime la sfiducia del costituente nella capacità del mercato di provvedere da solo

ad una equa e diffusa erogazione dei servizi pubblici essenziali, per questo negli anni 60 e

70 c’è stata la creazione di monopoli pubblici come l’Eni, l’Enel, la Rai e le Poste.

b) Proprietà

La proprietà che l’art.42 individua come pubblica o privata, è riconosci

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Publisher
A.A. 2018-2019
4 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher peppe.mate di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni Di Diritto Pubblico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Siena o del prof Groppi Tania.