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Estratto del documento

Francia. Da qui il fuoco rivoluzionario si propagò in fretta alla Germania, dove però

Matternich non concedette nessun tipo di riforma isolando ancora di più la monarchia dagli

affari tedeschi. I focolai insurrezionali arrivarono poi fino alla Polonia zarista e resero

quindi pericolosi anche i confini orientali austriaci.

La mancanza di risposte pratiche e la crescente difficoltà economica in cui versava

l'impero furono all'origine della chiamata del conte Kolowrat che all’interno del Consiglio

di stato ricevette competenze sulla politica finanziaria; tuttavia egli si dimostrò nel tempo

un pessimo amministratore.

Nell'opinione pubblica austriaca il dualismo Kolowrat- Matternich rappresentò una sorta di

sfida tra opposti: il primo era rappresentato come il sostenitore ( a torto ) della costituzione

e dei ceti, il secondo veniva rappresentato come grande promotore del centralismo statale.

Rivoluzione e controrivoluzione ( 1848 – 1861 )

3)

3.1- La Cina in mezzo all'Europa

Uno dei termini più diffusi usati per descrivere l'Austria ai primi dell'Ottocento era quello di

Cina d'Europa. L'analogia si basava su quattro caratteristiche: eccessiva estensione

territoriale, struttura della società ingabbiata nella divisione tra ceti, una burocrazia

invadente e un'economia asfittica.

L'impero asburgico era qualcosa di inevitabilmente lontano dalla modernità europea, una

nobiltà troppo forte al suo interno controllava i quattro quinti dei possedimenti terrieri e

rimaneva, anche alla vigilia nel nuovo secolo, il potere dominante. Questa classe attirava

candidati da ogni fascia grazie alla protezione e agli interessi garantiti dalla burocrazia.

Questa aristocrazia era poi legata da un vincolo di fedeltà personale all'imperatore che

concedeva ampie sfere di autonomia territoriale che gli permettevano di esercitare

un’efficace prelievo agrario sulle masse contadine.

Un primo scompenso si accentuò sotto il governo Kolowrat che diede maggior potere al

l'aristocrazia dando il via ad una serie di rivolte e proteste popolari che egli prese però

sotto gamba. Vienna non percepiva l'aria di cambiamento che stava per sopraggiungere,

ma lontano dalla capitale, in varie regioni dell'impero, si avvertiva l'inizio di un qualcosa di

nuovo. Nel lombardo – veneto ad esempio la disaffezione verso la nobiltà austriaca,

l'insediamento nelle cariche pubbliche di ufficiali esteri e il ruolo solo decorativo e

puramente di facciata occupato dal viceré portarono la gioventù e il popolo milanese a

provare sempre più disprezzo verso le imposizioni della monarchia. La rivoluzione era alle

porte e il governo austriaco non voleva aprire gli occhi.

Matternich, così come il resto del Consiglio di stato, era a conoscenza di questi disordini;

tuttavia il cancelliere mise in secondo piano il Regno e le sue problematiche per occuparsi

meglio della politica estera. L'ascesa della potenza sabauda, nella penisola italiana, sotto

Carlo Alberto era per il ministro fonte di preoccupazione; la parola costituzione, che in

quegli anni circolava più insistente che mai, era per il cancelliere il motivo per cui l'Austria

rischiava di collassare.

In realtà non vi erano ancora aspirazioni così forti tanto da immaginare una rottura netta

con la monarchia. Nemmeno in Ungheria il distacco totale da essa era qualcosa di

concreto e tangibile, qui vi erano altri problemi più pressanti cui pensare, come le leggi di

riforma costituzionale o quelle sull’individualità linguistica. Sotto questo punto di vista

anche il regno di Santo Stefano stava attraversando un periodo molto difficile e colmo di

agitazioni: accanto ai movimenti di rivendicazione d'autonomia croata anche la

Transilvania si dimostrava sempre più insofferente alla magiarizzazione forzata di cui era

oggetto. Il governo austriaco, paralizzato dal fantasma delle insurrezioni popolari in altre

regioni, trovò questa situazione perfetta e cercò di mantenere lo stesso quadro politico.

Alla vigilia del 1848 si stavano creando le condizioni generali per una rivoluzione di

dimensioni e portata molto più ampia di tutte le precedenti e che stavolta aveva come

fulcro la campagna. La combinazione di risentimento anti - signorile, le cattive condizioni

economiche di questi anni e le speranze di riscatto nazionale, divenne letale già a partire

dal 1846 nella Galizia.

3.2- Intermezzo galiziano: 1846

Dalle fonti a nostra disposizione non è possibile conoscere il modo preciso in cui ebbe

inizio questa insurrezione; probabilmente accadde che una parte di fuoriusciti polacchi -

francesi abbia tentato di dare il via ad una sommossa in questa regione cercando di

accendere più focolai simultaneamente e che l'intervento tempestivo di polizia ed esercito

abbia fermato sul nascere il tentativo. Ebbe invece un esito molto più sanguinoso

l'insurrezione in un altra zona della Galizia dove un grande folla di contadini ruteni,

appresa la notizia della tentata rivoluzione di questi fuoriusciti, diede il via ad un vero e

proprio massacro di nobili polacchi. L'esercito austriaco ci mise settimane a fermare la

rivolta e nel frattempo la notizia aveva fatto il giro d'Europa suscitando un eco molto vasta

tra l'opinione pubblica.

A finire sul banco di accusa furono sia i nobili polacchi, responsabili di un comportamento

troppo duro verso i contadini, ma anche gli austriaci furono accusati di aver incoraggiato

da dietro le quinte gli insorti. In numerosi articoli e dispacci, il diplomatico Schwarzemberg

attribuì la colpa principale alla élite polacca di aristocratici, colpevole sia per

l'atteggiamento dimostrato verso le classi servili ma anche per non aver mai voluto ne

provato uniformarsi e integrarsi nella grande famiglia delle nazioni austriache. Egli apprese

tramite i suoi viaggi di come la Galizia e la sua società abbiano smarrito i loro riferimenti e

che le gerarchie di potere della nobiltà non facessero ormai più presa sul popolo ruteno

che si sentiva culturalmente molto distante da questa aristocrazia. Lezione questa che a

pochi anni di distanza dall’episodio era stata lasciata cadere nel vuoto dal governo di

Vienna.

3.3- L'anno della rivoluzione: 1848

Il 1848 fu per la monarchia l'anno più duro e in cui più in assoluto si avvicinò al collasso.

Già dai primi mesi Vienna comprese come i luoghi più critici per la tenuta dell'impero

sarebbero stati l'Italia è l'Ungheria.

Alle normali rivendicazioni cetuali si accompagnavano ora sensibilità verso istanze più

moderne: la libertà di stampa e una maggiore libertà personale.

La prima delle due regioni a insorgere fu ovviamente l'Ungheria. Qui a seguito di una

serie di accuse pesanti contro il governo asburgico, Kossuth convinse i deputati magiari a

pronunciarsi a favore di una costituzione ungherese separata; il documento in pochi giorni

venne reso pubblico e consegnato ad una delegazione in partenza per la capitale. Il 13

marzo un ulteriore convocazione della dieta provinciale gettò nel caos la capitale, l'esercito

chiamato a disperdere la folla sparò su di essa provocando una sessantina di feriti. Gli

insorti alzarono le barricate e le guardie civiche si allearono con loro. L'imperatore sciolse

la Staatskonferenz, accettò le dimissioni di Matternich e nominò Kolowrat alla guida di un

governo provvisorio.

Appresa la notizia delle dimissioni di Matternich anche il lombardo – veneto sprofondò

nel caos. Prima Milano il 18 marzo mise in fuga l'esercito austriaco che dovette rifugiarsi

nel Quadrilatero, in quegli stessi giorni insorse anche Venezia. L'esercito imperiale era

completamente in rotta, molti soldati non seguirono i loro comandanti e preferirono

disertare o unirsi agli insorti. Anche grazie a questo smembramento dell'esercito austriaco

le truppe sabaude riuscirono ad entrare a Milano praticamente senza colpo ferire.

Nel frattempo lo strappo ungherese iniziato con una riforma costituzionale richiesta da

Kossouth raggiunse il suo apice quando il 17 marzo, dopo che anche la Tavola alta aveva

dato il suo appoggio al progetto di riforma, una delegazione inviata a Vienna ritornò con

ampie concessioni da parte del sovrano e con l'approvazione delle leggi presentate dalla

dieta. Il nuovo governo venne ricomposto con basi completamente magiare e nel mese

successivo riuscì a strappare con un colpo di mano là famose leggi di aprile con le quali

sostanzialmente l'Ungheria si definiva come Regno autonomo e unitario della monarchia.

L'impero si trovava ora sull'orlo del baratro. A parte Vienna e pochi altri territori fedeli alla

monarchia, anche in altre regioni si accendevano focolai di rivolta più o meno violenti. A

Praga ad esempio la rivolta iniziò con contorni po’ meno violenti; qui un gruppo di liberali

chiede la fusione tra i regni Boemia, Moravia e Slesia e la parificazione della lingua ceca a

quella tedesca. I liberali cechi mantennero comunque toni abbastanza prudenti e lealisti

verso la monarchia. La rinascita culturale di questo popolo ebbe una notevole spinta verso

la fine del 700 e proseguì per tutto il secolo seguente. Le fondamenta di questo revival

linguistico – culturale erano pressoché le stesse che si trovavano in altre regioni come

Ungheria o Croazia; tuttavia nell'area boema si faceva un po' più di confusione e le radici

culturali, ma sopratutto linguistiche, erano poco chiare ( a tratti quasi del tutto inesistenti )

oltre che contraddittorie. Un esempio su tutti riguarda appunto la lingua. Gli intellettuali

boemi esprimevano il loro concetto di rinascita Ceca attraverso la lingua tedesca,

dominante in quelle aree, mentre il ceco veniva parlato solo nel privato.

Il processo di differenziazione nazionale ceco subì una curva più morbida rispetto ad altre

regioni. Intellettuali del calibro di Palacky, benché sostennero una certa autonomia

nazionale, non ricercarono mai la rottura totale con Vienna definendo più volte i boemi

come un ponte tra il mare tedesco a occidente e quello slavo a oriente, per questo i cechi

riconoscono in maggioranza nell'Austria una garanzia di sopravvivenza.

L'imperatore Ferdinando accolse comunque alcune istanze boeme, la principale riguardò

quella della lingua. Egli fece sì che il ceco venisse affiancato al tedesco e dovesse essere

conosciuto, al pari di quest'ultimo, in tutti i rami della pubblica amministrazione e

dell'insegnamento. Questa riforma non trovò però uno sbocco felice e duraturo in quanto

scatenò reazioni molto dure e contrastanti inducendo così il ministro in carica a

sospenderne l'entrata in vigore. A questi

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A.A. 2016-2017
21 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/03 Storia dell'europa orientale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher diego2800 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'Europa orientale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Lami Giulia Maria Isabella.