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NEOPLASTICHE
La dipendenza del cancro dall'ambiente peritumorale (stroma reattivo del tumore) è in grado sempre
di condizionare le caratteristiche aggressive del tumore, esacerbandone la malignità intrinseca. Il
dialogo tra la cellula tumorale e quella dello stroma è continuo, promuovendo la cancerogenesi, ma
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è ancora più evidente durante il processo di invasione metastatica. L'accumulo intrinseco della
cellula che accumula mutazioni non p sufficiente, in quanto occorre questo dialogo con lo stroma. Il
tumore che inizialmente è in situ, confinato sulla lamina basale (carcinomi – derivazione epiteliale)
inizia a diffondersi quando inizia ad infiltrare il connettivo sottostante, facendosi strada nello stroma
e contattando i vasi sanguigni (mai presenti nei tumori in situ – epiteli non vascolarizzati). La
vicinanza con i vasi fa sì che l'attività erosiva si realizzi anche sulla parete vascolare, che viene
quindi degradata e emboli neoplastici entrano nel sangue dove si lasciano trasportare passivamente
per venire intrappolati nei capillari di tessuti lontani. L'intravasazione iniziale nell'organo di origine
diventa una extravasazione e le cellule tumorali si insediano nel tessuto distante, colonizzandolo
(prima micrometastasi occulta non rilevabile con nessuna tecnologia odierna e poi metastasi
clinicamente evidenti come sintomi e immagini diagnostiche). La malignità del tumore e le
caratteristiche negative di prognosi sono quasi sempre legare al processo di metastatizzazione. Un
tumore primitivo è confinato in situ o nei primissimi momenti di infiltrazione (curabile con
chirurgia); se progredisce o si ripropone con metastasi a distanza, la prognosi peggiora. La prognosi
di un tumore primitivo è legato al grado di infiltrazione (stadi tumori primitivi) e quanto più il
tumore primitivo in situ ha infiltrato, se c'è una positività linfonodale, indica la presenza di
metastasi silenti. Il processo metastatico è inefficiente, in quanto c'è la barriera selettiva legata al
fatto che in tutti gli step di questo processo la cellula è a rischio di anoikis (che aumenta quando
infiltra uno stroma non suo, quando naviga nel sangue e quando si trova n un tessuto non suo). Le
mutazioni di p53, lesioni legate ai sistemi segnalatori che controllano l'apoptosi sicuramente
indeboliscono l'anoikis, ma come sempre non sono fenomeni tutto/nulla. Capita quindi spesso che le
micrometastasi non diventano macrometastasi, in quanto è difficilissimo sopravvivere ma è ancora
più difficile ripopolare a distanza un territorio non loro. Anche se si tratta di cellule mutate, infatti,
manca quel contesto di fattori di crescita e stimoli alla proliferazione che aveva caratterizzato il loro
ambiente nativo.
Soprattutto durante il processo di invasione metastatico è particolarmente attivo il dialogo con lo
stroma, e perchè questo possa capitare le cellule tumorali devono recuperare adattandoli dei
processi fisiologici, come la riparazione delle ferite; i tumori sono infatti come ferite ce non
guariscono mai, in quanto adattano a loro vantaggio la riparazione delle ferite, in cui si ha la
liberazione del PDGF che agisce in modo paracrina stimolando i fibroblasti a proliferare
producendo più matrice e a produrre nuovi GF, e richiama in sede monociti che diventano
macrofagi, indotti sempre dal PDGF a rilasciare GF; alcuni GF agiscono sulle cellule epiteliali
facendole proliferare e migrare per chiudere la ferita, gli altri lavorano in maniera paracrina sulle
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cellule endoteliali sempre facendole proliferare e migrare. Ciascuna di queste cellule riceve lo
stimolo e risponde con un altro stimolo su un'altra popolazione. Analogamente, nell'invasione
tumorale, le cellule tumorali condizionano lo stroma, e il connettivo di un tumore non è uguale a
quello normale, in quanto ha ricevuto dei GF dal tumori, a cui risponde con nuovi stimoli. Il cancro
condiziona quindi lo stroma attorno ai tumori; uno dei principali fattori che lo condizionano è infatti
il PDGF. Lo stroma reattivo che risponde al PDGF tumorale è molto simile allo stroma reattivo di
una ferita, che risponde al PDGF prodotto dalle piastrine. Lo stroma infatti produce un sacco di
matrice (reazione desmoplastica), i fibroblasti hanno caratteristiche simili ai miofibroblasti
(contrazione) per far sì che il connettivo possa chiudere la ferita, chiamati CAF nei tumori
(fibroblasti associati ai carcinomi). I CAF inoltre liberano fattori angiogenetici (produzione di vasi
che nutriranno il tumore e lo renderanno metastatico) e degli enzimi proteolitici chiamati metallo-
proteasi che creano dei varchi meccanici demolendo la parte fibrosa della matrice in modo da
infiltrare il tumore, e liberano dei GF prodotti inerti e adsorbiti sui proteoglicani della matrice.
Questi GF agiranno sulle cellule tumorali facendole star meglio e impedendo loro di morire per
anoikis. Lo storma è quindi un contesto trofico per le cellule tumorali, che a loro volta educano lo
stroma a diventare il più favorevole possibile alla loro sopravvivenza. Le metallo-proteasi inoltre
tagliano e inattivano le IGFBP per il fattore di crescita IGF (insuline-like grow factor) che agisce
come fattore antiapoptotico; esse liberano le IGF che diventano attive.
Anche i macrofagi residenti vengono educati da citochine, mentre i monociti vengono richiamati da
fattori chemiotattici liberati da cellule tumorali e CAF. A questo punto le cellule rispondono agli
stimoli, producendo a loro volta nuovi stimoli trofici che cooperano con quelli liberati prima per far
star meglio le cellule cancerogene. È un sistema ridondante in cui cellule diverse hanno al stessa
funzione (dialogo eterotipico tra cellule del cancro e cellule dello stroma). La progressione
neoplastica è quindi un processo selettivo su base genetica, am anche un processo induttivo, per la
risposta a stimoli esterni (derivati dallo stroma reattivo o infiammato); nella progressione coesistono
processi selettivi su base genetica e processi induttivi su base ambientale, legato al dialogo
paracrino.
I macrofagi associati ai tumori si chiamano TAM. Il ruolo pro-tumorale dei TAM contrasta con il
ruolo dei macrofagi come cellule che immuno-sorvegliano; questi due ruoli contrastanti non si
capisce come vengano regolati. I gradi estremi di questa continua polarizzazione sono definiti M1 e
M2. Lo stroma quindi non ha pià una semplice funzione ancilalre ma è un elemento fondativo nella
fase precoce.
Queste cellule devono distrugger ele giunzioni aderenti diventando cellule epiteliali mobili,
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allungate e fusate (formazione transizione epitelio mesenchimale). Nella maggior parte dei casi,
questo processo è induttivo, a cui le cellule tumorali si sottopongono obbedendo ai segnali dello
stroma reattivo. Fattori solubili di CAF e TAM inducono le cellule tumorali ad andare incontro a
transizione dell'epitelio mesenchimale.
CONCETTO DELL'EFFETTO GRADIENTE DEI GF: i GF possono agire anche in maniera
analogica, in quanto quest'effetto può essere graduato in base alla distanza della cellula ricevente
dalla fonte del fattore (lavoro a gradiente); una cellula tumorale vicina ad un CAF avrà una
concentrazione di fattore solubile maggiore di una cellula lontana, dove il gradiente è minore. La
risposta di una cellula tumorale sarà maggiore rispetto alla risposta si una cellula lontana. La
caratteristica di lavorare a gradiente è una caratteristica tipica di fattori detti morfogeni (impo nelle
staminali) che saranno quindi in questo caso i fattori derivati dallo storma, che inducono u
cambiamento di forma. Molte cellule tumorali, disattivando il Rb, rende il contesto stromale
vantaggioso a livello induttivo. Le cellule tumorali sono quindi refrattarie all'azione del TGFbeta
perchè hanno disattivato l'Rb, le Smad o i complessi ciclina-Cdk, ma non sono refrattarie allo
stimolo ambientale del TGFbeta della transizione epiteliale. Un altro fattore è il HGF, prodotto
sempre dallo stroma reattivo, che induce sempre la transizione, inducendo l'espressione di uno o più
TF che a loro volta regolano l'espressione di proteine che regolano il fenotipo. I principali TF sono
Snail, Slug e Twist, che reprimono la trascrizione dell'e-caderina, che impedisce la formazione di
giunzioni, libera la beta-catenina facendo proliferare meglio, la cellula si stacca e acquista fenotipo
fibroblastoide.
Un'altra possibilità su base genetica è la mutazione disattivante che impedisce la giunzione adesiva
dell'e-caderina (non funzionale) o con metilazione del promotore; questa è più frequente nei tumori
gastrici. Ci possono poi essere delle regolazioni sulle giunzioni aderenti su base regolatoria, dove i
recettori tirosina-kinasi iperattivati fosforilano la e-caderina, segnalandola per la degradazione;
hakai è una proteina che serve a far demolire l'e-caderina. Ance la beta-catenina viene fosforilata da
questi recettori, staccandosi dalle giunzioni in modo chela cellula si stacchi. Quello che capita più
speso è l'attivazione dei TF da parte di fattori stromali a gradiente, attivando al trascrizione di altre
proteine. Nelle cellule che esprimono twist, la e-caderina, la beta-catenina e la gamma-catenina
scompaiono, mentre compaiono la fibronectina e la vimentina (che protegge da anoikis).
La cellula epiteliale diventata mesenchimale producono anche la n-caderina, che permette adesioni
dinamiche, reversibili, e tramite adesioni omotipiche tra n-caderina neo-espressa e n-caderina
costitutivamente espressa, vengono create interazioni tra le cellule del melanoma. Questo è legato a
fattori ambientali ed è reversibile (a meno che non siano fissati geneticamente); nel momento il cui
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gli emboli generano metastasi, le cellule tornano ad essere quelle di prime, abbandonando il
fenotipo fibroblastoide e recuperando quello epitelioide, poichè non ci sono i fattori proinvasivi
d'origine nel nuovo territorio da colonizzare. Le metastasi sono fenotipicamente simili ai tumori
primitivi.
Una cellula che quindi è diventata un fibrobalsto, deve muoversi nello stroma, polarizzandosi e
generando all'interno un fronte di avanzamento (zona che tasta il terreno davanti alla cellula per
aderire) e un fronte di retrazione; a livello del fronte di avanzamento la cellula emette delle
espansioni a ventagli della membrana plasmatica (lamellipodi) legate a forze protrusive che
spingono meccanicamente la cellula dovute alla polarizzazione locale dei microfilamenti di actina,
quasi sempre in cima al lamellipodio ci sono dei microfilamenti di actina chiamati filopodi. Queste
piccolo protrusioni tastano il terreno e poi sia allargano fondendosi nel lamellipodio, aumentando la
parte ventrale della cellula avanzando. Deve inoltre contrarre il fronte di retrazione per staccare
dalla matrice il piede dietro. Questi eventi si verif