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LIVELLO ESTERNO LIVELLO INTERNO
Adesione di nuovi Stati: il Trattato di Procedura di allarme e sanzionatoria (art. 7
Amsterdam modifica l’art. O del TUE e nel TUE) basata su due fasi:
nuovo art. 49 TUE, imponendo il rispetto ALLARME: Deliberazioni 4/5 del
dell’art. 6 par. 1 come condizione per Cons. UE previa approvazione del
l’adesione di un nuovo Paese = criterio PE su iniziativa di 1/3 SM/PE/COM;
politico vi succedono le osservazioni dello
Stato
D’ACCERTAMENTO E
SANZIONATORIA: Deliberazioni
unanimità del Consiglio europeo
previa approvazione PE su iniziativa
di 1/3 SM-COM; sanzioni: Cons. UE
magg. qual.
Si temeva che la prevalenza del diritto comunitario potesse compromettere i valori
costituzionali dei diritti dell’uomo. Alcune corti fecero pressioni affinché il diritto comunitario
non prevalesse sui diritti fondamentali e proprio grazie ad essere si introduce la tematica
dei Diritti Fondamentali del diritto comunitario. Sono stati introdotti come Principi Generali
del Diritto cioè regole non scritte a cui la Corte di Giustizia fa riferimento attingendo da varie
forme di ispirazione. Con l’Atto Unico si inizia a farvi riferimento nel preambolo, ma solo con
13
il Trattato di Maastricht vi è una vera e propria norma dei diritti fondamentali (art. 6 del TUE,
poi diventato art. 2 con la riforma di Lisbona). L’art. 6 fa quindi riferimento a diritti
fondamentali dell’UE e codifica tutto ciò che la Corte di Giustizia aveva affermato nella sua
giurisprudenza. La norma contenuta nell’art. 6 sopravvive a tutte le revisioni successive, ma
con il Trattato di Lisbona vengono introdotte alcune novità con riferimenti ai diritti
fondamentali. Il nuovo art. 6 conferma quanto affermato nel Trattato di Maastricht spostato
dal par. 2 al par. 3. Inoltre innova il sistema di tutela dei diritti fondamentali e nell’art. 6 si
inseriscono 2 paragrafi nuovi e innovativi. Si fa riferimento in un primo paragrafo ad uno
strumento specifico, cioè la Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, a cui il Trattato di Lisbona
assegna lo stesso valore giuridico dei Trattati. Il secondo riferimento è inserito nel par. 2
dell’art. 6 e menziona un altro specifico documento esterno all’UE, cioè la CEDU; si fa
riferimento qui alla possibilità per l’UE di aderire al Trattato CEDU. L’art. 6 è il punto di
approdo di due dibattiti che, a partire degli anni 2000, hanno cercato di risolvere due
questioni: la necessità di dare rilevanza giuridica alla Carta e l’adesione dell’UE alla CEDU.
Le tematiche si sono intrecciate negli anni precedenti in un dibattito che ha trovato soluzione
solo con il Trattato di Lisbona.
La Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE riflette l’esigenza di dotare l’UE di un catalogo
specifico dei diritti fondamentali. La tematica era stata introdotta dal dibattito sulla
costituzionalizzazione dell’UE. La prima soluzione per dotare l’UE di un catalogo dei diritti
fondamentali è stata esplorata negli anni ’70 dal Parlamento europeo che aveva proposto
di legarsi a un catalogo dei diritti già esistente in Europa, cioè la CEDU, poiché era già stato
ratificato dagli Stati membri. Tuttavia il processo di adesione trova molti ostacoli, tutt’oggi
esistenti.
Agli inizi degli anni ’90 ci si rende conto che il processo di adesione era troppo impervio e,
quindi, si opta per l’elaborazione di uno strumento specifico per l’UE in materia di diritti
fondamentali. Si voleva dotare l’UE di un catalogo autonomo e specifico di diritti; l’obiettivo
del catalogo era quello di raccogliere e consolidare in un unico documento tutta l’evoluzione
della giurisprudenza in materia di diritti fondamentali degli ultimi anni. I lavori di redazione
del documento iniziano nel 1999 nel Vertice di Colonia, in cui si decide di assegnare ad un
organo lo scopo di redigere un testo che dotasse l’UE di questo catalogo. I lavori che hanno
portato alla redazione del catalogo sono originali su due piani: metodo operativo e tecnica
redazionale. Per quanto riguarda il primo, durante il Vertice di Colonia si opta per affidare
ad un organo creato appositamente il compito di redigere il documento: l’organo dal 1999 si
autodefinisce Convention ed è costituito da rappresentanti di varie istituzioni: 15 capi di
governo, un rappresentante di Commissione, 16 membri del Parlamento europeo, 30
rappresentanti dei Parlamenti nazionali, 4 osservatori provenienti dal Consiglio d’Europa
(che aveva adottato la CEDU). Lo scopo era raccogliere tutti i riferimenti ai diritti fatti dalla
Corte di Giustizia. Non si lascia alle istituzioni europee questo compito, ma lo si affida ad un
organo specifico e, perciò, la modalità risulta innovativa. L’esito viene raggiunto nel 2000 al
Vertice di Nizza (7 dicembre), dove viene adottata e proclamata la Carta dei Diritti
Fondamentali dell’UE o Carta di Nizza. Per quanto riguarda la tecnica redazionale, essa
si distingue dagli altri documenti poiché rifiuta il classico approccio trigenerazionale che
prevedeva una tripartizione dei diritti in: diritti civili e politici (prima generazione), diritto
sociali e culturali (seconda generazione), diritti su tutela ambientale ecc. (terza
generazione). Vediamo questo approccio nella Dichiarazione Universale del ’48. La
conseguenza di tale tripartizione era la creazione di una gerarchia tra diritti essenziali e
meno essenziali, che pregiudicava il principio di universalità e indivisibilità dei diritti
dell’uomo, secondo cui è necessario tutelare allo stesso modo diritti civili, sociali e culturali.
Tuttavia è necessario tenere conto del periodo storico in cui la Dichiarazione viene
formulata. Nella Carta di Nizza si abbandona l’approccio classico e si adotta un approccio
di tipo valoriali secondo cui tutti i diritti codificati nella Carta di Nizza sono organizzati in 6
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capitoli, ad ognuno dei quali è dedicato un valore specifico: dignità, libertà, uguaglianza,
solidarietà, cittadinanza e giustizia. Segue un settimo capitolo contenente le Disposizioni
Generali, che serve a comprendere la portata della Carta. Si tratta quindi di un testo che
raccoglie e codifica diritti preesistenti. Non è un trattato, né un atto vincolante o obbligatorio
sul piano giuridico. Si tratta di una dichiarazione solenne dall’alto valore simbolico. Dagli
anni 2000 in poi sono stati compiuti molti tentativi allo scopo di assegnare portata giuridica
a questo documento. La Carta non crea nuovi diritti ed è stata accompagnata dal documento
(interpretativo) Spiegazioni relativa alla Carta dei Diritti Fondamentali, in cui è possibile
rintracciare le fonti da cui derivano i diritti codificati nella Carta. La maggior parte dei diritti
deriva dalla CEDU, un trattato vincolante; in quest’ottica la preoccupazione principale era
quella di non creare attrito e contrasto fra Carta e CEDU. Nel capitolo 7 della Carta si
codificano negli articoli 52 e 53 le regolazioni vigenti tra Carta e CEDU in campo giuridico.
È presente la clausola di equivalenza, con la quale si afferma che, in riferimento ai diritti
contenuti su entrambi i documenti, la protezione di essi deve essere equivalente a quella
codificata nella CEDU.
Nell’art. 53 si inserisce la clausola di compatibilità, che afferma che la Carta non può
pregiudicare e impedire forme di protezione più ampie dei diritti contenuti nei due documenti,
Essa non può fungere da ostacolo a tutele maggiori.
Il primo tentativo di dare maggiore valenza giuridica alla Carta fu fatto con il Trattato
Istituzionale, poiché esso aveva inserito il documento all’interno del Trattato stesso in modo
da renderlo vincolante e valido dal punto di vista giuridico.
Anche il Trattato di Lisbona muove alcuni passi in quella direzione, ma in linea di
discontinuità con il Trattato istitutivo, non incorpora la Carta nel TUE, ma pur restando un
documento autonomo rispetto ai Trattati, con la modifica al par. 1 dell’art. 6, il Trattato di
Lisbona afferma che l’Unione Europea riconosce i valori e diritti fondanti contenuti nella
Carta e le conferisce lo stesso valore giuridico appartenente ai Trattati.
Al fine di rendere effettiva la soluzione trovata dal Trattato di Lisbona, sono stati adottati
diversi compromessi e la Carta è stata accompagnata dal Protocollo n.30. Esso si riferisce
al compromesso supportato da Regno Unito e Polonia, due Stati membri che avevano
espresso alcune preoccupazioni in merito alla manovra giuridica. Dunque, per sopire le
lamentele, il Protocollo afferma che i diritti contenuti nella Carta e, in particolare, quelli
contenuti nel Titolo 4 (solidarietà) non possono essere invocati a meno che essi non siano
presenti nell’ordinamento degli Stati membri. Un’altra problematica (Roma 1950) riguardava
l’impossibilità di aderire alla CEDU, catalogo dei diritti umani ratificato da tutti gli Stati membri
e adottato dal Consiglio d’Europa. Membri della CEDU sono, in tutto, 47 Stati. La prima
soluzione al problema consisteva nel favorire l’ammissione della CEDU nell’UE tramite un
trattato di adesione; tuttavia, poiché la CEDU era un trattato, era aperto solo agli Stati.
Un altro problema sorge nel ‘96 con il parere 294, fornito dalla Corte di Giustizia (essa deve
essere consultata ogni volta che si deve adottare un nuovo trattato). Il parere afferma che,
sebbene dal punto di vista tematico vi sia perfetta compatibilità tra CEDU e Carta, l’adesione
non è praticabile poiché nei trattati manca la norma che rende possibile per l’UE l’adesione
vera e propria alla CEDU. In seguito il dibattito subisce una battuta d’arresto e si opta per
una nuova prospettiva, cioè la creazione di un nuovo documento indipendente. Il dibattito è
poi stato ripreso, e si è giunti alla considerazione secondo cui, dato che i diritti contenuti
nella CEDU sono sottoposti al controllo della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, se l’UE
aderisse alla CEDU, sarebbe anch’essa sottoposta al controllo della Corte. Tale questione
è stata risolta nel Trattato di Lisbona, poiché esso fornisce una norma (art. 6 par. 2 TUE)
che afferma che l’UE aderisce alla CEDU. Si tratta di una norma che fornisce una base
giuridica ed ha valore imperativo, imponendo quasi l’obbligo per l’Unione Europea di aderire
alla CEDU. L’adesione è comunque tuttora ostacolata da diversi problemi da risolvere. Dal
2009 ad ogni sono state proposte molteplici soluzioni, ma nessuna è stata adottata. Nel
15
2014 la Corte di Giustizia ha bocciato una proposta di Trattato poiché incapace di regolare
a dovere la questione.
(Manca una parte)
Come ogni ord