I VIZI DELLA VOLONTÀ
Affondano le loro radici in ambito religioso. Ogni negozio giuridico comporta una o più manifestazioni di volontà. La volontà in sé non basta: deve essere manifestata. Poteva capitare che taluno dichiarasse una volontà che non aveva, e che pertanto si creasse divergenza tra volontà e manifestazione, tra il voluto e il dichiarato.
La manifestazione della volontà può passare non solo attraverso una dichiarazione, ma anche attraverso un comportamento percepito unicamente come espressione della volontà. Impattano in maniera molto diversa sui negozi formali dello ius civile e i negozi causali formali e informali. Nei negozi causali la rilevanza dei vizi della volontà è del tutto diversa.
La divergenza tra volontà e manifestazione della volontà può essere innanzitutto INTENZIONALE. Ad esempio, la riserva mentale si verifica quando qualcuno compie un negozio ma internamente non vuole essere vincolato.
(principio dell'affidamento dei terzi = i terzi devono potersi affidare alla stabilità del nostro comportamento, questo principio serve a garantire la sicurezza dei traffici) es. simulazione = presuppone l'esistenza di un negozio almeno bilaterale, pure qui la divergenza travolontà e manifestazione e consapevole; in questo caso la consapevolezza di non volere ciò che si dichiara è comune ad entrambi le parti e l'intento di non volere il negozio dichiarato è tra di esse concordato. Si fa questo ad esempio perché un negozio può essere vietato. (divieto di donazione tra coniugi - per sviare questo divieto tra i coniugi si stipulava una compravendita fittizia che nascondeva la donazione) I negozi solenni del ius civile restavano validi ed efficaci pure se simulati. Gli altri negozi dove l'effettiva volontà non poteva mancare, la conseguenza della simulazione sarebbe stata la nullità del
negozio simulato.fiSIMULAZIONE ASSOLUTA le parti dichiarano di volere un negozio ma in realtà non ne voglionoalcuno fiSIMULAZIONE RELATIVA le parti vogliono un negozio diverso da quello palesemente dichiarato, conla conseguenza di dare luogo ad un negozio simulato, non voluto, ed un altro dissimulato, effettivamentevoluto, quale risulta dall’accordo simulatorio.ERRORE = la divergenza tra dichiarato e voluto può anche essere non consapevole, in conseguenza diERRORE, potendo taluno attribuire alla propria manifestazione di volontà un significato diverso da quelloche essa obiettivamente ha. fiErrore ostativo o errore nella dichiarazione esclude la volontà, può dipendere da una svista, unacattiva conoscenza della lingua o più in generale da un fraintendimento.Errore viziofi non esclude la volontà. La volontà esiste ma è viziata. Qualcuno convinto di circostanzenon vere, e in dipendenza da ciò, compie il
negozio che non avrebbe compiuto se avesse saputo la verità. I romani non arrivarono mai alla netta distinzione tra volontà e manifestazione e di conseguenza non distinsero nemmeno errore ostativo e errore-vizio. Ciò nonostante si posero il problema. Il problema dell'errore si pose per tutti i negozi non formali, ma anche per quelle parti dei negozi formaliche non fossero fisse (ad esempio la sponsio o la stipulatio = potevano essere oggetto ad errore).
ERRORI RILEVANTI ERRORI NON RILEVANTI
Errore su elementi di fatto Errore di diritto
Error in negotio Error in qualitate
Error in persona Error in causa
Error in corpore
Error in materia
DOLO = espressione polisemica
Il dolo, in questo caso, è negoziale – può essere definito come una macchinazione posta in essere da una parte per indurre in errore l'altra parte. (pag. 48 definizione di dolo di Labeone)
Quando si parla di dolo negoziale si fa riferimento al:
Dolus malus = è la vera e
La propria macchinazione per trarre altri in inganno
Dolus bonus = è alla base di qualunque mercanteggiamento, vanteria del prodotto. Non è rilevante anche perché normalmente quello che produce è un errore in qualitate (tendenzialmente ha come errore la qualità dell'oggetto del negozio che è irrilevante)
Nell'antico ius civile il dolo era irrilevante. Con l'introduzione del processo formulare e quindi dei contratti in buona fede questo cambia. Con i negozi che davano origine a giudizi in buona fede si diede rilevanza al dolo negoziale.
Exceptio doli serviva a paralizzare la pretesa dell'attore che richiedesse al convenuto una prestazione derivante da un negozio viziato da dolo qualora questa azione fosse di stretto diritto (es. stipulatio) e quindi non di buona fede.
Exceptio opponibile al soggetto (decèptor), che dopo aver agito con dolo al fine di indurre un soggetto (deceptus) alla conclusione di un negozio, ne
chiedesse l'adempimento. Si distinguevano: - exceptio speciàlis, per il dolo commesso al tempo della conclusione del negozio; - exceptio doli generàlis, di più larga applicazione per il dolo commesso in un momento successivo, quindi per un comportamento iniquo. L'exceptio doli era formulata in modo da consentire al magistrato giudicante di valutare anche il comportamento che il deceptor avesse tenuto dopo la conclusione del negozio giuridico: poteva, perciò, accadere che il deceptor risultasse soccombente per un comportamento malizioso tenuto solo dopo la conclusione del negozio, oppure vittorioso per avere, dopo la conclusione del negozio, neutralizzato gli effetti del comportamento doloso tenuto in precedenza. Actio doli è stata introdotta da Aquilio Gallo (pretore) nel 66 a.C. Azione penale nella quale la condemnatio sarebbe stata definita e fissata nel valore della causa per l'attore. Azione penale esperibile dallaVittima contro l'autore del dolo. Era un'azione al simplum: l'importo della pena corrispondeva al danno subito. L'actio de dolo comportava l'infamia a carico di chi fosse in essa condannato.
Azione arbitraria– il convenuto avrebbe evitato la condanna se prima della sentenza e su invito del giudice avesse risarcito il danno.
Azione sussidiaria– il pretore la concedeva solo in difetto di altro mezzo giudiziario in favore dell'ingannato.
METUS – VIOLENZA MORALE
Non si parla di violenza in senso fisico. Si intende la minaccia di provocare una male se il minacciato non compie un certo negozio. La minaccia di un male genera timore ("metus"), e in conseguenza di esso taluno può essere indotto a compiere un negozio per lui pregiudizievole, che altrimenti non avrebbe voluto o avrebbe voluto ma a condizioni diverse.
La prima forma di rilevanza come fattore di inefficacia del negozio è nel caso di contratti tutelati dal giudizio di buona fede.
Anche in questo caso il pretore riconosce prima un'eccezione e poi un'azione. L'eccezione era opponibile anche nel caso in cui la minaccia non derivasse dalla controparte del negozio.
LA CONDICTIO versione formulare della legis actio per conditionem
La condictio era un actio con intentio certa esperita nel diritto romano per perseguire crediti di certa pecunia (denaro) e certa res. Si trattava pertanto di azione civile, in personam e di stretto diritto. Nella condictio formulare la formula era senza demonstratio e questo consentì la sua applicazione a una pluralità di fattispecie eterogenee.
La condictio presupponeva una datio, intesa come trasferimento di proprietà, da parte dell'attore nonché una ragione valida per cui il convenuto non dovesse più trattenere la cosa e dovesse ritrasferirgliene la proprietà. Ciò che era stato dato, doveva quindi essere restituito, anche nel tantundem (ovvero...
Nell'equivalente).APPLICAZIONE EXTRACONTRATTUALE riguardava dationes compiute per una causa inesistente ovenuta a mancare. Si sarebbe perciò impiegato la condictio come rimedio contro il difetto di causa nei negozi astratti di trasferimento:- chi trasferiva nell'erronea convinzione di esservi obbligato (solutio indebiti), perseguiva l'accipiens con la condictio indebiti.
LE PERSONE
La dottrina moderna pone a base di ogni discorso sul diritto delle persone i concetti di capacità giuridica e capacità d'agire. Per diritto romano le cose stavano diversamente. Anzitutto dal punto di vista terminologico: la parola "persona" era riferita solo a quelle che noi diciamo persone fisiche, ed era propria di esse. Tutti gli esseri umani, nel linguaggio giuridico, erano detti persone ma non tutti avevano capacità giuridica. La capacità d'agire era riconosciuta alle persone intellettualmente capaci ma non
Cause di schiavitù:
- Nascita da madre schiava
- Cattura al nemico: un’autorità pubblica provvedeva a vendere gli schiavi in modo che i privati glio acquistassero. La regola valeva sia per i Romani catturati dal nemico sia per i nemici catturati dai Romani.
Ma i Romani non tolleravano che cittadini romani diventassero schiavi in patria talchè esisteva l’istituto “ius postliminii” - cittadino romano catturato e divenuto schiavo del nemico avrebbe riacquistato libertà e cittadinanza una volta tornato in patria.
Condizione giuridica dei servi:
Il giureconsulto Gaio distingue il ius a seconda che riguardi le persone, le cose o le azioni. Viene dao pensare quindi che se
un'entità è persona, non è cosa e viceversa. Gli schiavi invece, quali
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