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La famiglia patriarcale e il criterio del "puro seme"
Il criterio che sta a base della famiglia patriarcale è quello che i greci chiamano del "puro seme" e che considera l'opera della generazione come propria del padre. La donna non può aver figli, né come madre è legata alla prole da agnazione. La concezione patriarcale della famiglia subì, in epoca storica, notevoli attenuazioni. Mentre, infatti, in epoca arcaica, si escludeva qualsiasi rilievo alla discendenza materna (c.d. cognatio), in seguito si ritenne che questa non solo costituisse impedimento per il matrimonio, ma si ammise la possibilità di donazioni tra cognati (come tra agnati) contro il divieto della lex Cincia de donis et muneribus del 204 a.C.; si dava, inoltre, preferenza ai cognati, rispetto agli estranei, nell'esercizio della funzione di tutore. Solo in materia successoria, allo scopo di evitare il passaggio di patrimoni da una familia all'altra, la resistenza alla successione tra cognati fu più dura.Tuttavia, già in epoca classica, grazie all'Editto pretorio, furono ammesse eccezioni; in epoca imperiale, poi, i senatoconsulti Tertulliano e Orfiziano riconobbero e regolarono la successione tra madre e figli. In epoca giustinianea la distinzione tra agnati e cognati fu abolita, e con il solo termine di cognati vennero chiamati tutti i parenti, sia per linea maschile che per linea femminile. Dalla agnatio e dalla cognatio occorre tener distinta la adfinitas, cioè il vincolo tra coniuge e i parenti dell'altro. L'adfinitas aveva valore solo come impedimento matrimoniale. L'evoluzione della familia ebbe termine in diritto giustinianeo, quando la famiglia fu considerata come complesso di persone avente una sua individualità giuridica anche in campo patrimoniale. La parola manus dovette esprimere, in un primo momento, ogni forma di potere su persone e cose: lo dimostra il nome della manumissio, che è l'atto con cui il domino o quasi domino libera il.Servoo la persona in causa mancipii, nonché il nome del mancipium o mancipatio, che deriva da manucapere ed esprime la signoria sulle persone e sulle cose più preziose. Ma in epoca storica manus è solamente la potestà sopra la moglie o nuora o pronuora. Accanto ad essa, rimangono differenziatela patria potestas sui discendenti e la dominica potestas sui servi e sulle persone in causa mancipii.
Il matrimonio
Il matrimonio come relazione personale
La forma più antica di matrimonio era costituita dal c.d. matrimonium cum manu ossia un atto o fatto giuridico, in forza del quale una donna, sui o alieni iuris, esce dalla famiglia d'origine ed entra in una famiglia nuova, in condizione di sottoposta. Gli atti giuridici predisposti al fine sono:
- confarreatio che è una cerimonia religiosa compiuta alla presenza del flamen Dialis con l'intervento di 10 testimoni; prende il nome da una focaccia di farro divisa fra gli sposi come simbolo della vita
comune che s'inizia;
2. mancipatio della moglie al marito da parte del padre di lei o che la donna fa di se stessa al futuro marito o all'avente potestà sopra di lui;
3. l'usus: si trattava di un'applicazione del principio dell'usucapione: per evitare che eventuali vizi della coemptio impedissero il verificarsi degli effetti, o anche in mancanza di effettiva coemptio, il marito acquistava la manus sulla donna grazie all'usus prolungato derivante dalla coabitazione di almeno uno o due anni.
La conventio in manum fa si che il maritus acquisti sulla moglie una particolare potestà, che prendeva il nome di manus maritalis: la donna perdeva ogni rapporto di agnazione con i suoi familiari di origine e quindi ogni aspettativa sulla loro eredità, nel contempo, entrava a far parte della famiglia del marito, in loco filiae rispetto al maritus, loco neptis rispetto al suocero. Se era donna sui iuris, e come tale titolare di un patrimonio proprio,
apportava al maritus sui iuris tutto il suo patrimonio. Questo passaggio della donna alla famiglia del marito dovette riuscire increscioso, non tanto per le aspettative di successione che toglieva alla donna stessa, quanto per l'aspettativa che toglieva all'agnatus proximus sull'eredità di lei. Allo scopo di evitare che l'agnatus proximus (che era anche il tutore della donna) potesse impedire le nozze, fu previsto un nuovo tipo di unione matrimoniale, caratterizzato dal fatto che la convivenza non comportava la soggezione della moglie alla manus maritalis. A tal fine fu utilizzata una disposizione contenuta nella legge delle XII tavole, che prevedeva l'interruzione dell'usus sulla moglie, nel caso in cui la donna si fosse allontanata dalla casa coniugale per 3 notti (c.d. trinoctii usurpatio); in questo modo conservava lo status familiae originario. Tale tipo di unione fu soprannominata matrimonium sine manu, matrimonio tipico del diritto romano.epoca classica, i modi che servivano a stringere il matrimonio cummanu divennero desueti ed eccezionali. L'usus fu abolito dai mores, mentre la coemptio erararamente pratica e solo allo scopo di sottrarre la donna alla tutela degli agnati: la donna si lasciava coemere da un prestanome fiduciario, il quale la mancipava ad altro uomo di fiducia, e questo la manometteva e ne rimaneva formalmente tutore (coemptio fiduciae causa). La confarreatio fu praticata da una limitatissima cerchia di persone. Nel periodo classico, il matrimonio era basato sulla affectio maritalis, o intenzione di trattarsi reciprocamente come marito e moglie; pertanto quando veniva a mancare il matrimonio veniva meno. In epoca postclassica, a seguito dell'influsso del cristianesimo, il matrimonio si andò configurando come negozio giuridico: per il sorgere del vincolo non occorreva più l'usus o il permanere dell'affectio, ma bastava il consenso iniziale dei nubendi (consensus).facit nuptias). Giustiniano, parallelamente all'affermarsi della concezione del matrimonio come sacramento, introdusse il principio per il quale la prova dell'esistenza o della mancanza di affectio maritalis poteva essere data dal fatto che i coniugi si fossero, o meno, prestati alla benedizione religiosa del sacerdote. Requisito essenziale di un matrimonio valido (iustum matrimonium o iustae nuptiae) è la reciproca capacità matrimoniale (connubium). Ad essa è necessaria l'età pubere la quale si stabiliva per i Sabiniani mediante un'inspectio corporis; per i Proculiani coincideva per i maschi col compimento del 14° e per le femmine con quello del 12° anno. Manca inoltre il connubium agli schiavi, a chi è già unito in altro matrimonio, e nel diritto giustinianeo a chi ha fatto voto di castità o rivestito ordini maggiori. Nei primi sec. dell'impero è vietato ai militari in servizio attivo di prender moglie;
famiglia adottiva. Inoltre, il diritto romano proibiva le nozze tra persone di diversa condizione sociale,come ad esempio tra un cittadino romano e uno schiavo. Questo divieto fu successivamente abolito daCaracalla. Infine, il diritto romano prevedeva anche l'impedimento delle nozze tra persone già sposate,anche se il matrimonio era stato sciolto per divorzio o morte del coniuge.famiglia in cui era stato adottato. Tra affini, il diritto classico vieta lenozze, oltre che in linea retta, nella prima collaterale (fra cognati). Infine il connubio può mancare per ragione di cittadinanza. Era escluso il matrimonio oltre che fra romani e stranieri, anche frapatrizi e plebei; fu abolito dalla legge Canuleia nel 445 a. C. e successivamente il connubio venne largamente concesso anche a non romani. Il matrimonio sine manu non modifica lo status civitatis: la straniera che sposa un romano resta straniera, la romana che sposa uno straniero resta romana. Per quanto riguarda lo status dei figli: i figli nati da un romano e da una straniera saranno romani, se fra i genitori esisteva il connubium; saranno invece stranieri se il connubium non vi era. Queste regole soffrirono attenuazioni. Un inasprimento è relativo alle nozze fra la romana e il peregrino non avente connubium: mentre l'applicazione dei principii generali farebbe romani i figli, una legge MiniciaStabilì che nascessero peregrini. Se una romana ha sposato un peregrino o un romano una peregrina per errore circa lo status del coniuge: dimostrato l'errore, il coniuge peregrino acquista la cittadinanza e i figli cadono sotto la potestà del padre (erroris causae probatio). Il matrimonio fra persone non aventi connubium per ragione di nazionalità era considerato matrimonium iniustum. Per la legge Iulia de adulteriis (di Augusto) era vietato il matrimonio fra la donna adultera e il complice dell'adulterio; per la legge Iulia et Papia Poppaea erano vietate le seconde nozze alla liberta che, maritata al patrono, l'avesse ripudiato, vietato ai senatori e discendenti di senatori il matrimonio con libertine, con prostitute, vietato il matrimonio di persone di età nuziale con chi tale età avesse superata. Altro requisito del matrimonio è il consenso dell'avente potestà: non può contrarre matrimonio il sottoposto di un furiosus.
Inoltre devono consentire alle nozze tutti gli ascendenti intermedi fra il capostipite e lo sposo, perché altrimenti alla morte del capostipite cadrebbero sotto la loro potestà discendenti non desiderati. Nel d. classico, se il pater era un furiosus, la filia poteva sposarsi col consenso del magistrato; solo in età giustinianea questa norma viene estesa a favore dei maschi, ammettendo che il magistrato consenta per lui. In epoca imperiale, e particolarmente da Augusto in poi, gli imperatori intervennero con varie norme tese o a favorire o a limitare i matrimoni o determinati tipi di matrimoni. In particolare la lex Iulia et Papia (fusione della lex Iulia de maritandis ordinibus e della lex Papia Poppaea nuptialis) sancì l'obbligo agli uomini dai 25 ai 60 anni, alle donne dai 20 ai 50, di contrarre matrimonio con persona entro i rispettivi limiti di età: un matrimonio tardivo è considerato come inesistente. L'obbligo incombe anche ai vedovi e divorziati.salvo per le donne un tempo intermedio, che la lex Papia Poppea fissò in due anni dopo la morte del marito e in 18 mesi dopo il divorzio. Come sanzione dell'obbligo matrimoniale, e come stimolo alla procreazione,