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LIBERTA' DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO
Art. 21
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il
sequestro si intende revocato e privo d'ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento dellastampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buoncostume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
Oggetto di tutela
La dottrina prevalente, avvallata dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, considera oggetto dell'art. 21 tutte quelle forme (parole, suoni-emessi, scritti e registrati-, segni, disegni, foto, video, etc...) attraverso cui l'uomo si manifesta, rivelando un proprio sentimento, la propria arte, il frutto della propria ricerca o, in generale una propria attività psichica.
La giurisprudenza costituzionale ha introdotto come oggetto della libertà di manifestazione del pensiero anche il diritto all'informazione (sentt. nn. 105 del 1972; 148 del 1981 e...
L'art. 21 assicura la libertà d'espressione attraverso la previsione di una riserva di legge assoluta ("si può procedere a sequestro soltanto [...] nel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi[...]") e di una riserva di giurisdizione. Quest'ultima, a differenza della riserva prevista dall'art. 15, non è assoluta, infatti il dettato costituzionale prevede che, nel caso di violazione della legge sulla stampa, qualora vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, la polizia giudiziaria possa intervenire direttamente con il sequestro della stampa periodica senza previa autorizzazione.
Limiti alla libertà di manifestazione del pensiero
- Buon costume. Lo stesso dettato costituzionale al comma 6 vieta tutte quelle manifestazioni contrarie al buon costume.
- Ordine pubblico. Tale limitazione è stata
Può interpretare più oggettivamente i contenuti del giornale. Tale disposto costituzionale è sottoposto a riserva di legge ed ha trovato realizzazione con la legge n. 416 del 5 agosto 1981.
L'art. 21 della Costituzione considera oggetto della sua tutela il pensiero espresso tramite la parola, lo scritto e qualsiasi altro mezzo di diffusione. Ciò ha permesso di introdurre nell'arco delle garanzie previste dall'art. 21 anche la televisione, la radio ed internet, nonostante l'oggetto principale del dettato costituzionale rimanga la stampa scritta.
La legge sulla stampa menzionata nel testo costituzionale, viene redatta dalla stessa Assemblea costituente: l. n. 47 del 28 febbraio 1948. Tale legge prevede: a) l'iscrizione del giornale presso il registro pubblico, previo deposito della documentazione necessaria; b) l'iscrizione del direttore responsabile presso l'Albo dei giornalisti (ricordiamo però che
L'istituzione dell'Albo non viene disciplinata dalla normativa in esame) e, infine, tra gli ulteriori strumenti di garanzia alla libera manifestazione del pensiero:
- il diritto alla rettifica
- il divieto di minaccia o violenza esercitate sullo stampato, sull'autore o su chi ne garantisce la diffusione.
Tra le altre leggi di riferimento in materia di stampa ricordiamo, inoltre, la legge n. 416 del 1981 e la legge n. 62 del 2001. Con la prima vengono disciplinati:
- la trasparenza della proprietà e dei mezzi di finanziamento dei periodici
- la liberalizzazione del prezzo dei giornali e le sovvenzioni pubbliche all'editoria
- il divieto di posizioni dominanti (limite: 20% del mercato).
La legge del 1981 istituisce, inoltre, la figura del Garante dell'editoria.
La l. n. 62 del 2001 crea tre Fondi di sostegno finanziario per le imprese editoriali.
Si sottolinea, inoltre, che le attività e le funzioni dell'Albo dei giornalisti vengono
regolamentate con la l. n. 69 del 1963.
Come è stato già sottolineato, la nostra Carta Costituzionale e la successiva legge del 1948 hanno completamente trascurato la disciplina giuridica dei mezzi di comunicazione radioelettrici, nonostante questi fossero già ampiamente diffusi.
Fino al 1975 la materia si rifaceva alla normativa statutaria tranne alcune secondarie integrazioni (l. n. 310 del 1910; r.d.l. n. 207 del 1927; il Codice postale e delle Telecomunicazioni del 1936; il d.l.c.p.s. n. 428 del 1947 e il D.P.R. n. 180 del gennaio del 1952).
Nel 1954 vengono avviate le trasmissioni televisive della RAI e ben presto la carenza di una legislazione adeguata per tale mezzo di comunicazione cominciò a divenire sempre più insostenibile.
I cambiamenti di ordine economico e tecnologico degli anni 1970 (maggiore richiesta di spazi pubblicitari, l'avvento del colore e della videoregistrazione etc...) uniti ad alcune sentenze rivoluzionarie della Corte
Costituzionale accelerarono il cammino dell'Italia verso il processo di riforma legislativo del sistema televisivo che vide la luce con la legge n. 103 del 14 aprile 1975.
Tale normativa prevede:
- il monopolio pubblico del servizio radiotelevisivo;
- la concessione data dal ministero delle comunicazioni;
- il cda della Rai di 16 membri, 10 nominati dalla Commissione parlamentare di vigilanza dei servizi radiotelevisivi;
- il diritto alla rettifica;
- il finanziamento del servizio pubblico tramite canone e pubblicità.
Tra le leggi successive si ricordano:
- la legge n. 10 del 1985, che legittima le reti private già attive, ma senza un'appropriata disciplina anti-trust;
- la legge n. 223 del 1990 che disciplina:
- il regime delle concessioni;
- la pubblicità;
- la normativa anti-trust con un limite del 25% del controllo del mercato delle frequenze radiotelevisive;
- il controllo da parte di un apposito garante.
Il d.l. n. 63 del 1996, la l. n. 422
La legge n. 223 del 1993 e la l. n. 650 del 1996 regolamentano l'attività radiotelevisiva via cavo e la pay-TV.
La l. n. 650 del 1996 prevede, inoltre, che il Consiglio d'amministrazione della RAI sia composto da 5 membri nominati dai Presidenti di Camera e Senato.
Con la consultazione referendaria dell'11 giugno 1995 viene disposta l'alienazione ai privati di una parte del capitale societario della concessionaria del servizio pubblico.
La legge 31 luglio 1997, n. 249 istituisce l'Autorità garante per la privacy.
Infine, la legge n. 28 del 2000 disciplina la parità d'accesso ai mezzi d'informazione durante le campagne elettorali e la comunicazione politica.
Di recente è stato approvato dal Parlamento il disegno di riforma legislativo del sistema radiotelevisivo (cd legge Gasparri) tra le cui innovazioni più importanti si ricordano: a) l'introduzione del S.I.C. (Sistema Integrato delle Comunicazioni) e la sua regolamentazione; b)
La tutela della relazione tra i minori e la TV;
l'emanazione del "Codice dellaradiotelevisione";
l'alienazione del capitale societario della RAI;
il Cda di 9 membri eletto dall'assemblea dei soci;
passaggio al digitale entro il 2006.
Per internet la principale normativa di riferimento si ritrova nella l. n. 675 del 31 dicembre 1996; il d.l. 171 del 13 maggio 1998 e il d.l. n. 467 del 28 dicembre 2001.
LE LIBERTÀ COLLETTIVE
- Le libertà collettive sono quelle il cui esercizio presuppone la contestuale partecipazione di più soggetti per la realizzazione di una finalità comune. Di questo tipo di libertà il singolo non può usufruire individualmente, ma solo congiuntamente con altri soggetti.
- La Costituzione italiana garantisce la più ampia libertà di associazione tanto che l'art. 2 Cost. pone sullo stesso piano "l'uomo come singolo" e "le formazioni sociali in cui"