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MISURE DI FREQUENZA
L’epidemiologia studia la frequenza e la distribuzione dei fenomeni
appartenenti al continuum salute-malattia nelle popolazioni. Poiché è difficile
misurare la salute direttamente, questa viene solitamente valutata in maniera
indiretta attraverso lo studio delle malattie.
Per studiare la frequenza e la distribuzione di una malattia è necessario
innanzitutto definire in maniera univoca la malattia stessa. Viene definito
“caso” l’insieme delle caratteristiche dei segni, dei sintomi, dei risultati di
indagine che ci consentono di classificare i soggetti come affetti o meno da
una malattia.
L’epidemiologia permette di studiare oltre all’evento malattia anche altri eventi
che appartengono al continuum salute-malattia come ad esempio la disabilità
o i fattori di rischio per una malattia.
Molto spesso i “casi” di malattia sono messi in relazione con una popolazione
di riferimento. Queste misure, chiamate “misure di frequenza relativa” sono
delle frazioni e si classificano in:
- Proporzioni → è un rapporto tra due quantità di cui quella al numeratore
è parte di quella al denominatore
Es: eventi 30; persone 120 → P = 30/120 = 25%
- Rapporti → è il risultato della divisione di una quantità per un’altra, nel
caso in cui la quantità presente al numeratore non è compresa nel
denominatore
Es: casi A 30; casi B 25 → R(A/B) = 30/25 = 120%
Un rapporto particolare è l’Odd, in questa misura, numeratore e
denominatore non sono solo due quantità distinte, ma sono anche le
uniche due modalità di una variabile che s possono presentare
Es: totale soggetti 120; fumatori 70; non fumatori 50 → Odd fumatori =
70/50 = 1,4 (per ogni soggetto che non fuma ce ne sono 1,4 che
fumano)
- Tassi → indicano nuovi eventi che si verificano in una popolazione.
Possono essere calcolati per una popolazione intera o per specifici
sottogruppi. Nel caso in cui si riferiscano alla popolazione intera
parliamo di tassi grezzi/generici, mentre nel caso in cui si riferiscano ad
un sottogruppo si parla di tassi specifici
Le misure fondamentali di frequenza relativa di una malattia sono la
prevalenza e l’incidenza.
La prevalenza di una malattia rappresenta la proporzione della popolazione
presa in esame che è affetta dalla malattia in un determinato istante o in un
determinato periodo.
La prevalenza puntuale esprime la proporzione di soggetti di una popolazione
definibili come casi in un determinato momento.
La prevalenza periodale è la proporzione di casi esistenti in una popolazione
in un determinato periodo di tempo.
L’incidenza misura la frequenza on la quale si verificano nuovi casi di
malattia in una popolazione suscettibile durante un determinato periodo di
tempo.
L’incidenza cumulativa è la proporzione di soggetti di una popolazione che si
ammalano in un determinato periodo di tempo. (n° soggetti ammalati / n°
soggetti suscettibili all’inizio del periodo di tempo considerato). [soggetti
suscettibili= soggetti in cui non si è manifestata la malattia ma che sono a
rischio di svilupparla durante il periodo in esame].
Il tasso di incidenza divide il numero di nuovi eventi per il totale tempo-
persona a rischio. Il tempo-persona a rischio è pari alla somma dei tempi a
rischio di ciascun soggetto, ovvero dei tempi in cui ciascun soggetto è sotto
osservazione e suscettibile a sviluppare l’evento.
L’incidenza è la misura di frequenza più appropriata nello studio delle cause
delle malattie. Se due o più popolazioni hanno una diversa incidenza di una
malattia ciò sarà una conseguenza dell’esistenza di differenze nelle cause
della malattia tra le popolazioni. Ciò non vale nel caso della prevalenza,
l’esistenza di valori di prevalenza differenti tra due o più popolazioni potrà
essere una conseguenza non solo dell’azione di fattori casuali, ma anche di
fattori legati alla sopravvivenza dei pazienti affetti della malattia. Di
conseguenza nella relazione tra incidenza e prevalenza diventa importante
considerare la durata della malattia, che dipende dalla probabilità di morte e
dalla probabilità di guarigione dei soggetti malati.
MISURE DI ASSOCIAZIONE
• La causalità → una causa può essere necessaria, sufficiente, né
necessaria né sufficienti, o necessaria e sufficiente.
Una causa si definisce necessaria quando deve essere sempre presente per
generare l’effetto. Si definisce sufficiente quando sicuramente produce
l’effetto.
Nel corso del tempo sono stati formulati dei criteri da adottare per cercare di
arrivare ad un giudizio sulla sussistenza di un nesso causale. Tra questi quelli
più famosi sono quelli che vanno sotto il nome di criteri di causalità di Hill:
- Relazione temporale: l’esposizione deve sempre precedere l’effetto
- Plausibilità: l’associazione deve essere compatibile con i principi
biologici e patogenetici noti
- Coerenza: l’associazione deve essere compatibile con le teorie e le
conoscenze esistenti e diversi studi devono dare gli stessi risultati
- Forza dell’associazione: riguarda la grandezza del rischio misurata
utilizzando metodi statistici
- Relazione dose-risposta: il rischio aumenta quando il livello di
esposizione è incrementato
- Reversibilità: la condizione può essere modificata, prevenuta o
migliorata con un appropriato regime sperimentale
Il rischio viene definito come la probabilità che si verifichi, entro un certo
periodo di tempo, un evento, ad esempio l’insorgenza di una certa malattia, il
decesso, la guarigione da una certa condizione patologica. L’effetto può
essere misurato come una variabile categorica binomiale, quindi come un
evento aleatorio binario che può o non verificarsi.
• Le misure di rischio → permettono di stimare di stimare la probabilità di
accadimento di un evento in un gruppo di soggetti o nella popolazione
generale.
Se la stima viene effettuata in un singolo campione della popolazione si
ottiene una stima assoluta di probabilità, come il Rischio Assoluto, riferibile al
soggetto. Il rischio assoluto è quindi una stima di incidenza.
• Le misure di associazione → confrontano il rischio assoluto degli eventi
tra popolazioni o campioni di popolazioni; si confrontano le misure di
frequenza di una popolazione esposta ai presunti fattori di rischio con quelle
di una popolazione non esposta.
Tra le misure di associazione si distinguono tre categorie principali:
- Misure di effetto relativo: caratterizzano l’aumento di probabilità di
accadimento di un evento sanitario in una popolazione rispetto a
un’altra di riferimento
- Misure di effetto assoluto: stimano la differenza tra la frequenza
dell’evento negli esposti rispetto ai non esposti
- Misure di effetto attribuite all’esposizione: valutano la proporzione di
eventi imputabili all’esposizione e permettono di stimare quanti eventi
possono essere evitati rimuovendola
DISEGNI DI STUDIO
Le indagini epidemiologiche utilizzano diverse tipologie di disegno dello
studio che variano notevolmente per il numero di soggetti coinvolti, le
caratteristiche, gli ambiti di applicazione, i limiti e i punti di forza.
Gli studi epidemiologici possono essere suddivisi in due grandi categorie: gli
studi sperimentali e gli studi osservazionali, a seconda che il ricercatore
assegni o meno i soggetti in esame al gruppo di esposizione.
Gli studi osservazionali possono essere descrittivi nel caso in cui limitano
l’osservazione a un solo gruppo di soggetti o analitici (costruttivi) che si
basano sul confronto dei risultati tra gruppi diversi della popolazione.
Negli studi sperimentali il ricercatore ha il completo controllo
sull’esposizione e può decidere per ogni soggetto l’assegnazione a uno dei
due gruppi.
È possibile distingue gli studi epidemiologici in base all’unità minima di
osservazione. Alcuni studi epidemiologici si concentrano sui singoli soggetti e
utilizzano come unità di osservazione l’individuo, mentre in altri l’unità di
osservazione è un gruppo di soggetti inteso come una comunità di individui.
STUDI OSSERVAZIONALI
• Gli studi osservazionali descrittivi → in questi studi è fondamentale la
definizione chiara, specifica e precisi della patologia o dell’evento da studiare.
Questa tipologia di studio è disegnata per descrivere la distribuzione delle
variabili di interesse, senza indagare le potenziali cause.
Il tipo di studio più semplice è il case report nel quale si riporta l’occorrenza di
una patologia in un soggetto con alcune caratteristiche di esposizione
descrivendo in maniera dettagliata i segni, i sintomi e i risultati delle indagini
condotte.
Una serie di casi studiati in singoli case report potranno essere aggregati in
un disegno definito case series. Questa tipologia di studio unisce più report
individuali e costituisce una forma di studio più evoluta rispetto al case report
singolo, dal momento che aumenta il numero di casi osservati.
Gli studi case report e case series hanno il vantaggio di essere studi
economici e facilmente eseguibili, ma non possono essere usati per testare
ipotesi e quindi verificare il nesso di causalità tra esposizione ed effetto.
• Gli studi osservazionali analitici – gli studi trasversali → gli studi trasversali
hanno l’obiettivo di descrivere la frequenza dei fenomeni salute/malattia o dei
fattori di rischio nella popolazione. La relazione tra esposizione ed effetto
viene espressa in termini di prevalenza della malattia nei vari sottogruppi di
soggetti, definiti in base alla variabile di esposizione.
Hanno bassi costi, ma lo svantaggio consiste nel fatto che non è possibile
studiare la relazione temporale tra causa ed effetto.
Possono avere le caratteristiche di studi ecologici quando indagano
l’associazione tra esposizione ed effetto a livello di intere popolazioni.
Vengono utilizzati spesso per generare ipotesi di ricerca.
• Gli studi di coorte → sottogruppi di una popolazione sono identificati in base
alla presenza o all’assenza del fattore che si ipotizza essere la causa di una
determinata malattia o di un evento sanitario.
In uno studio di coorte si analizzano quindi due o più gruppi, distinti in
funzione del fattore di rischio, fino alla manifestazione dell’effetto entro il
periodo prestabilito di osservazione.
Gli svantaggi degli studi di coorte consistono nella necessità frequente di
arruolare un elevato numero di sogg