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KANT: LA RAGIONE PRESCRITTIVA

Cronologia delle opere:

1. Fondazione della Metafisica dei costumi 1785

2. Critica della ragion pratica 1788

3. La Metafisica dei costumi 1797/98

Giustificazione dell’etica: ruolo e possibilità di una ragione pratica

La tematica trattata nella “Fondazione della Metafisica dei costumi” è diversa da quella trattata nella vera e

propria “Metafisica dei costumi” molto successiva.

Fondazione della Metafisica dei costumi: fondazione di una teoria della morale e dell’etica che vada al di là della

morale.

Kant cerca di ricostruire un ruolo della ragione nella pratica, una possibilità della funzione della ragione

nell’attività pratica e non solo teoretica.

Obbiettivo di Kant è risolvere problemi quali:

• Collegamento fra materia umana e perfezione morale

• Insufficienza della ragione nella pratica

Soluzione:

• Rifiuto dell’etica finalistica aristotelica non è possibile costruire una morale su un in sistema di fini

naturali

• Rifiuto dell’etica utilitaristica: né su un sistema di utilità l’uomo ha come fine il raggiungimento del

piacere

Pag. 9: Kant si distacca dal pensiero di Wolff: l’uomo ha il fine in se inserito nell’ordine e nella positività della

natura per Wolff, Kant non ammette e ritiene insufficiente fondare la morale sulla natura, sull’idea che essa sia

ordinata che l’uomo abbia un fine.

Kant come post­humiano non può fondare l’etica ne sul finalismo ne sull’utilitarismo non ha più un sistema di

riferimento che gli permette di fare ciò.

Su cosa si fonda una filosofia morale contaminata e condizionata dalla natura e dai comportamenti umani? 

Centralità del dovere, non della virtù o del piacere: determinazione delle regole regole generali corrette che

possono vale per tutti gli uomini, anzi per tutti gli esseri razionali finiti la regola non può contenere il

riferimento a nessun scopo preciso deve essere formale.

Ci sono dei comportamenti in cui la ragione è pratica ma non morale è finalizzata ad uno scopo “se vuoi

ottenere questo … allora devi fare quest’altro …” :imperativo ipotetico non è morale perché non si

concentra sull’obbedienza alla regola (legge) finalizzata all’obbedienza stessa perché è giusta e corretta :

formalismo dell’etica kantiana , astratta dai contenuti particolari.

“Fai in modo che l’altro essere umano sia per te sempre un fine e mai un mezzo” : regola universalizzata valida in

modo uguale per tutti gli uomini indipendentemente dalle loro singole caratteristiche personali (laicizzazione di

“ama il prossimo tuo come te stesso).

Ipotesi: imperativi ipotetici limitano la libertà dell’uomo: perché condizionati al loro scopo (fosse anche tale scopo

il mantenimento della vita) : la regola non è autonoma rispetto al mondo lo scopo è una determinazione dovuta

al mondo esterno.

Obbiettivo: trovare una regola autonoma al condizionamento va ricercata nell’essere razionale.

Se l’essere fosse puramente razionale non sarebbe difficile trovare questa regola, sarebbe naturale, gli uomini però

vivono in un mondo sensibile e il più delle volte utilizzano la ragione per determinati fini bisogna trovare una

regola categorica non condizionata che porti l’affermazione dell’autonomia: Kant si batte contro l’eteronomia

dell’imposizione esterna pag. 3: è a priori precede l’esperienza.

Il testo è organizzato in 3 sezioni ognuna rappresenta uno stadio di analisi:

Passaggio dalla comune conoscenza morale dir ragione alla conoscenza filosofica quello che si intende

1) 

per morale nella conoscenza comune e il passaggio alla conoscenza filosofica pre­filosofica

Passaggio dalla filosofia morale popolare alla metafisica dei costumi filosofia morale popolare

2) 

Passaggio dalla metafisica dei costumi alla critica della ragione pura pratica fondazione dell’etica

3) 

Critica della ragione pura pratica: pura pratica perché è formale.

Sceglie un metodo analitico per sviluppare la ricerca del fondamento della morale.

Sezione I:

P.15: volontà buona è una volontà capace di usare verso il bene tutte le caratteristiche, i talenti che possiede:

chi agisce questi talenti deve tendere al bene.

P.23: per sviluppare il concetto di volontà dobbiamo sviluppare quello di dovere che lo contiene, a cui è connessa

bisogna distinguere le azioni che la volontà compie per:

 • Dovere il soggetto ha una naturale inclinazione a compierle/ il soggetto non ha una naturale

inclinazione a compierle

• Per scopi egoistici

Esempio: Mantenimento della Vita:

Se il soggetto la mantiene perché vuole vivere agisce “conformemente” al dovere

1. 

Se il soggetto vuole morire ma continua a vivere agisce “per” dovere

2. 

Se la volontà buona prova piacere nel fare il bene questa non è un’azione morale agisci per inclinazione e non

per dovere bisogna depurare l’azione morale dalla dimensione sentimentale agire solo per dovere.

 

P. 33: dobbiamo agire come se quello che noi facciamo, la nostra massima, fosse universalizzabile la semplice

conformità alla legge serve al principio della volontà e si accorda a perfezione con la comune ragione degli uomini

nel suo giudizio pratico: la volontà deve sempre avere davanti agli occhi il dovere.

Non di può fare una falsa promessa sapendo di non mantenerla, anche se sembra conveniente non conosciamo

del tutto le conseguenze di tale promessa: può essere conforme al dovere una falsa promessa? non mentire per

prudenza non è un’azione morale.

Se è concesso ad un individuo sottrarsi alla veridicità per prudenza, se è sottoposto al vaglio della legge universale

allora tutti possono mentire per convenienza: posso voler mentire ma non volere una legge universale che

permetta di mentire non è possibile elevare a legge universale la convenienza del singolo.

Per sapere cosa fare affinché il mio atto di volere sia moralmente buono mi devo chiedere: “puoi volere che la tua

massima diventi una legge universale?”:

Non puoi volerlo non perché ti porta svantaggio ma perché non può essere ammessa come legislazione

1. 

universale

Può essere ammessa non capendo dove si fonda tale legge capisco però che la necessità delle mie azioni

2. 

è per il puro rispetto della legge pratica: essa è la condizione di una volontà in se buona il cui valore è

superiore a tutto.

P. 41: Se astrai dai dati sensibili non conosci realmente

La saggezza: consiste più ne fare che nel sapere ha bisogno della scienza per dare ai propri precetti efficacia e

durevolezza.

Sezione II:

Kant si preoccupa di eliminare i riferimenti antropologici della morale all’esperienza cerca la definizione di una

legge morale che abbia poco a che fare con l’esperienza.

P.44: si può compiere un’azione che è conforme al dovere ma non agire solo per dovere il soggetto di compiace di

aver compiuto tale azione l’azione non è morale.

E’ l’uomo che crede di essere morale: non ha scoperto nulla si male nella sua azione e crede di aver agito per dovere

non può essere certo di ciò.

Non siamo in grado di stabilire in modo definitivo se il nostro comportamento è morale tradizione laica della

religione riformata: ciascuno è responsabile di se e solo di se.

Non si può immaginare nulla di peggio per la moralità che volerla astrarre dagli esempi sulla vita esemplare (es.

Plutarco).

Kant chiede di definire il concetto e l’idea per fare da fondamento ad una morale filosofica metafisica dei

costumi che fonda la morale.

Metafisica dei costumi: conoscenza razionale pura staccata da ogni riferimento empirico.

“La rappresentazione di un principio oggettivo, in quanto sia costruttivo per una volontà , si chiama comando e la

formula del comando si chiama imperativo”.

P.59: Imperativi:

Ipotetici : necessità pratica di un’azione possibile come mezzo per ottenere qualcos’altro che si vuole

1. 

l’azione sarebbe buona per qualche scopo:

• Possibile principio problematicamente pratico

• Reale principio assertoriamente pratico

Categorico : rappresenta un’azione senza riferimento da un altro fine, come in se stessa oggettivamente

2. necessaria definisce l’azione come per se oggettivamente necessaria senza relazione ad alcuno scopo,

ossia senza un qualche altro fine vale come principio apoditticamente pratico.

E’ molto difficile costruire imperativi riguardanti la felicità.

Fine che si può presupporre come reale in tutti gli esseri razionali scopo che essi non solo possono avere, ma che

essi hanno secondo una necessità naturale: scopo della felicità l’imperativo ipotetico che porta al

raggiungimento di questo scopo è assertorio: esso si può presupporre con certezza a priori in ogni uomo perché esso

appartiene alla sia essenza (si può chiamare “prudenza” nell’accezione più stretta) l’imperativo che si riferisce

alla scelta dei mezzi per la propria felicità sta sempre nell’ipotetico : l’azione non viene mai comandata in modo

assoluto ma solo come mezzo per un altro scopo.

Imperativo categorico: senza fondarsi sulla condizione di un qualsiasi altro scopo da raggiungersi con un certo

comportamento, comanda immediatamente questo comportamento esso non riguarda la materia ma la forma

dell’azione stessa il Bene per essenza di essa consiste nell’intenzione imperativo della moralità.

 

Concetto di felicità: indeterminato, sebbene ogni uomo desideri raggiungerla nessuno tuttavia determina cosa mai

davvero desideri e voglia, ne sarà mai d’accordo con se stesso a riguardo causa di ciò è che tutti gli elementi

appartengono al concetto di felicità sono empirici : tuttavia il concetto di felicità esige un assoluto.

P.79: chiunque dedica la sua vita all’ozio e al godimento non può volere che questa diventi una legge universale

della natura: egli vuole necessariamente che tutte le facoltà in lui vengano sviluppate perché gli servono e gli sono

date per ogni possibi

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
12 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gbanak di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Introduzione alla filosofia morale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Pasini Mirella.