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T
di Tobin, studente a Yale). q ha applicazione nel mondo della finanza facendo riferimento alle società
T
quotate in borsa (public companies -> imprese pubbliche letteralmente, il che in italiano crea un sacco di
problemi, perché in italiano le imprese pubbliche sono quelle con azioni detenute dallo Stato, v. Enel).
q = V borsa / V libro
T
Dunque il qT si applica solo alle imprese quotate in borsa ed è il rapporto fra il valore di borsa e il valore di
libro rettificato.
Nel Bilancio della Reale Mutua potrebbe esserci il valore degli immobili di Via Roma al valore storico, senza
rivalutazione degli immobili: una società che non ha nessun desiderio di aumentare ogni anno il valore
ricavandone un plus valore che entrerebbe nella partita delle entrate e quindi in ultima istanza sarebbe
oggetto di tassazione può elegantemente lasciare il valore storico e non è reato. Questo perché se si
volesse vendere l’azienda per intero, suoi pezzi, sue proprietà scatta la due diligence, ma fino a quando non
c’è una transazione che metta in luce valori diversi da quelli riportati dai valori di libro si può anche
omettere il plusvalore, questo è vero anche nell’altro senso: gente che compra una fattoria cadente e vi
attribuisce un valore maggiore sostenendo che è in una posizione straordinaria: quindi noi usiamo il valore
di libro rettificato.
Se il valore di libro mi è ignoto, ma ho un’informazione relativa alle rendite generate da quel patrimonio si
può, sapendo il tasso di interesse corrente sui mercati internazionali, calcolare un approssimativo valore
dello stock valore di libro.
Leggendo che il titolo Fiat vale 8 euro, sapendo che il capitale è frazionato in un miliardo di pezzi (non
stiamo parlando di flottante ma di circolante, ovvero tutto il miliardo di pezzi). Qual è il valore che la borsa
affida al titolo Fiat? 8 miliardi (non stiamo però tenendo conto della composizione dell’azionariato: perché
se il flottante è solo il 15% i proprietari sono completamente indifferenti a ciò che succede, se il flottante è
più alto un nemico può effettuare una scalata ed accaparrarsi una grande quantità di azioni).
Il valore di libro sono 4 miliardi di euro.
q = 8/4
T
2% tasso d’interesse
Un q di Tobin superiore a uno è motivo di grande preoccupazione teorica.
Se tutto fosse in regola vorrebbe dire che i dividendi teorici sarebbero uguali a 80 milioni, invece i dividendi
veri sono uguali a 160 milioni. (Questa è più o meno la situazione della Fiat oggi, nel 2005 il qT era = 2/4.
Questo è il problema posto da Tobin: anche la situazione del 2005 è aberrante: il meglio sarebbe un q di
Tobin uguale a uno, altrimenti sarebbe in una situazione di disequilibrio: il prezzo di mercato non
corrisponderebbe al valore di libro (è questa la situazione in cui ci sono i take-over: perché per esempio con
un valore q di Tobin 2/4 compro a 2 miliardi e ottengo immobili e proprietà per 4 miliardi -> affare d’oro,
ma situazione transitoria, domattina qualcuno la vede, se ne approfitta, compra le azioni, riforma il
consiglio di amministrazione e rivende tutto guadagnando 4 miliardi).
Come riescono 4 miliardi di euro a generare 160 milioni di dividendi nonostante il tasso di 2%. Risposta dei
rivoluzionari: è l’innovazione (l’unica spiegazione possibile a un valore di borsa superiore al valore di libro
per tempo prolungato è l’innovazione. Se persistentemente il valore di borsa supera di molto (qT > 1.5) è
l’innovazione. Interpretazione conservatrice: sotto al 4 sta una funzione di produzione con un grande A
Y= A(K * L) della quale Antonelli è testimone. Oppure potrebbe essere l’avviamento (il brand Borsalino
SOLO BRAND è stato comprato a 40 milioni di euro). Quindi i signori che rettificano il valore di libro
dovrebbero fare meglio il loro lavoro (tradizionalmente si basano soprattutto solo su immobili e sulla
divaricazione fra prezzi storici e prezzi di mercato). Ai rettificatori forniamo così una nuova area di attività
“il peso dell’imponderabile” (il valore di Carmencita, dei brands ecc). Quindi il denominatore 4 che non
tiene conto del valore degli intangibili è un grande errore. (Dall’anno scorso la contabilità nazionale degli
USA ha preso atto della necessità di includere k intangibile nella contabilità nazionale, cioè più
precisamente le serie storiche delle spese in ricerca e sviluppo, pubblicità e formazione del personale in
azienda sono capitalizzate: ergo il k (torniamo a Solow) è molto più grande di quello che sembrava. Se
calcolassimo gli intangibili la A di Solow è praticamente inesistente. Q di Tobin e A di Solow sono visti dai
rivoluzionari come “cugini”, secondo i conservatori, sostenitori dell’equilibrio no, secondo i conservatori
manca il calcolo dell’intangibile nel valore di libro.
TFP (total factor productivity)
Y teorico può aumentare o per motivi endogeni che influenzano la demografia o per motivi esogeni che
aumentano la quantità di “terra” (come rappresentazione archetipale del concetto di capitale). L’Y teorico è
raggiunto ovviamente in condizioni di equilibrio, a livello di Paese si può anche credere che fenomeni
monopolistici e di mercato di fattori si possano bilanciare, quando si scende però a livello di regione e di
industria -insieme omogeneo di imprese che producono una tipologia ristretta di prodotti- (scendo cioè da
un aggregato a due aggregati -uno territoriale e uno merceologico-) l’assunzione di equilibio non sussiste
più. Se applico la TFP a livello di azienda le 4 ipotesi paretiane richiedono una verifica molto seria ma
tuttavia non si rinuncia a usare il concetto di TFP anche a livello aziendale: ma allora sì che i rettificatori
dovrebbero lavorare un sacco, bisognerebbe essere sicuri che w e r siano effettivamente di equilibrio e che
i prezzi dei prodotti siano effettivamente di equilibrio.
Sulla base di queste considerazioni ci stiamo spostando da un
Goal efficienza statica (grafico edgeworth-pareto-walras)
al goal dell’efficienza dinamica (grande A, grande q di T : ovvero azienda che guadagna molto e gli azionisti
si strappano di mano le azioni).
EFFICIENZA STATICA: La crescita è risultato di un processo faticoso e spesso molto lento di un
raggiungimento delle condizioni di equilibrio. Se parto da una situazione medievale: l’allocazione degli input
è completamente sbagliata: l’allocazione è lontanissima dall’efficienza paretiana e mano a mano che le
campagne si svuotano di lavoratori inutili e si rimuovono le condizioni di monopolio e le inefficienze del
mercato del lavoro, del mercato del capitale e creo degli intermediari tra risparmio (offerta di capitale) e
domanda di capitale degli investitori creo un’interfaccia sempre più fluida e infine rimuovo le inefficienze
del mercato dei prodotti – caratterizzato tuttavia da una concorrenza lontana dalla concorrenza perfetta –
e porto tutti i mercati dei prodotti nella concorrenza perfetta: quando riesco a fare queste cose (e questo è
anche normativo, è anche compito dello Stato e della politica economica) io sperimento la crescita. Poi
basta. Poi fine della crescita. Il processo giunge al termine. Qui si può pensare che si ricreino delle
imperfezioni e si ritenda sempre all’equilibrio, alla rimozione delle imperfezioni (quindi la crescita continua)
ma da dove verrebbero quelle imperfezioni? Come dimostro la TFP? Ricostruendo la contabilità nazionale
con l’intangibile allora quadra tutto.
EFFICIENZA DINAMICA: Come mai dalla perfezione di 730 di Solow si giunge anni dopo alla perfezione di
1200 e passa? (v. fotocopia con dati di Solow). In questo mondo ciò che mi sta a cuore non è il
raggiungimento di E ma la costruzione di condizioni di efficienza dinamica che mi consentano di avere dei
grandi A e dei grandi q di T, questo è il grande obiettivo e l’oggetto del desiderio della politica economica.
Questa è la crescita determinata dal cambiamento tecnologico ma comunque compatibile con le condizioni
di equilibrio.
Nelson e Winter rileggono Schumpeter 1911. Kaldor rilegge A. Smith. Hicks rilegge Marx. Schumpeter ’42 e
Arrow non c’è bisogno di leggerlo perché è contemporaneo. Queste sono le 5 grandi spiegazioni che
costituiranno l’oggetto di trattazione. Antonelli come contemporaneo va a rileggere Schumpeter 1947.
Il libro Schumpeter ’11 ha segnato il cammino. Un’ampia letteratura parla di due Schumpeter, lo
Schumpeter europeo (che scrive quando abita a Vienna) e lo Schumpeter diverso, un’altra persona, che si
occupa sempre in modo ossessivo di economia dell’innovazione ma Americano (ad Harvard). Il terzo
Schumpeter (39) potrebbe essere considerato la sintesi dei primi due Schumpeter.
Imprenditore
Banchiere innovatore
Innovazione/Monopolio
Distruzione creatrice
(1928) Diffusione S/D
Nelson, Winter Metcalfe selezione -> dominant design
Metcalpe replicatore
Il corso imita la struttura del libro del 1911. La prima metà del libro è un inno in omaggio di Walras
(esattamente come stiamo facendo noi), la seconda metà è il vero Schumpeter. Ciò che è originale nelle
prime 100 pagine è il bisogno per Schumpeter di chiarire che l’economia dell’innovazione si innesta su
Walras e non se ne può fare a meno. (Nel 1911 l’accademia austriaca e tedesca aveva molta resistenza nei
confronti dell’economia neoclassica, che per altro era giovanissima -Walras era ancora vivo, Pareto era
ancora troppo giovane per occuparsi di economia: la scuola neoclassica era ancora gracile e non aveva
ancora raggiunto la pienezza degli anni successivi-. Gli studiosi di economia erano pochissimi, addirittura la
scuola austro tedesca si occupava più che altro di storia dell’economia e non c’erano tutte quelle idee
dell’individuo razionale, della scelta razionale ecc. Schumpeter invece dice che non si può studiare
l’innovazione senza partire da Walras. I classici avevano fondato la teoria economica (Smith, Ricardo, Marx)
sostenendo che il valore delle merci dipendeva dal lavoro impiegato per produrle, il problema è che
seguendo questo procedimento classico i conti non tornavano e non restituivano i prezzi delle merci. La
prima metà del libro di Schumpeter dell’11 sostiene che il metodo deve essere Walrasiano. Ma in quella
serie di grafici complessi l’innovazione non stava dentro e non può essere concepita se non come
fenomeno esogeno.
Un modo elegante di risolvere il problema è questo:
l’innovazione entra nel sistema economico sulle spalle degli impren