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Il Vimalakīrti sūtra è un testo buddhista famoso del periodo Kamakura assieme
al sūtra del Loto e del Srimala. Divennero famosi grazie ai commentatori Hokke
Gisho, Shōmangyō Gisho e Yuimagyō Gisho.
Il periodo di Kamakura si apre in un bagno di sangue, vi è una continua
sensazione di precarietà viste le lotte dei clan per il potere. La figura
dell'imperatore perde la sua importanza. Tutta questa sensazione sociale porta un
nuovo sentimento di angoscia. In questa situazione problematica il terreno è
fertile per le dottrine buddhiste. Due concetti buddhisti si affermano in maniera
violenta:
il concetto del Mappō: significa l' "era degli ultimi giorni". La leggenda
1. prevedeva che la legge avesse un ciclo vitale di 10 mila anni al termine del
quale il mondo avrebbe incontrato la fine. Gli sconvolgimenti del Giappone
in quel periodo fecero si che molti vedessero l'arrivo della fine del mondo.
L'unica via di salvezza era recitare il nenbutsu (Namu Amida Butsu) con il
quale rinascevano nell'ambita Terra Pura.
il concetto del Mujōkan: indicava la transitorietà delle cose ed invitava le
2. persone a cogliere l'attimo finale della propria vita. Altri invece invitavano le
persone a darsi alla Via del Buddha in modo tale da ottenere la salvezza
finché avevano tempo.
Elemento strettamente correlato a questi due concetti è la consapevolezza della
vacuità della vita. Il mondo è solo illusione. Rappresentazione onirica della
coscienza. In questa situazione molte persone decidono di abbracciare la vita
religiosa e dedicarsi alla vita da eremita. Queste persone lasciano tracce letterarie
Inja bungaku,
e daranno vita al filone della la letteratura degli eremiti.
Due importanti esponenti furono Kamo no Chōmei e Kenkō Hōshi.
Kamo no Ch ō
mei visse a cavallo del XI-XII secolo. Fu l'autore del Hōjōki, diviso in
due parti. Nacque tra il 1153-55 e morì nel 1216. Suo padre, Kamo no
Nagatsugu, era il negi (oratore) del santuario shintoista Kamo no Mioya. Nel 1173
rimane orfano e successivamente fu incaricato membro dell'ufficio della poesia
wakadokoro di Gotoba-in. Abbandonò il mondo perché non venne nominato negi
e trascorse gli ultimi anni della sua vita a Toyama.
L'opera è diviso in due parti, la prima è dedicata alla descrizione di cinque grandi
accadimenti catastrofici avvenuti tra l 1177 e 1185 (incendio devastante,
uragano, trasferimento della capitale a Fukuhara, carestia e terremoto). Lo stile è
interessante perché rispecchia il sentimento diffuso dell'epoca e descrive per bene
la situazione reale di quei giorni. Questo portò le persone a riflettere sull'
insignificanza della vita.
L'introduzione è un concentrato di immagini buddiste: fiore, rugiada, schiuma
dell'acqua. Sono termini che compaiono più volte nei sūtra. Per molti punti di
vista viene ricordata la filosofia di Eraclito. L'attenzione si sposta sulla sua vita a
Toyama. Era importante vivere in una dimensione naturale. Per lui era molto
importante il senso della libertà perché si era liberato di molte cose quando aveva
lasciato la capitale. Il senso di libertà è molto insidioso.