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Si apre così un’importante fase di riflessione che accompagna la
sperimentazione, che si distingue anche per il clima di battaglie e di forte
nido comunitario
mobilitazione da parte della gente comune . Il modello di
19
risulta favorito dalla particolare situazione politica di Bologna, che ha avviato il
decentramento dei quartieri, trovando oltretutto un felice connubio con la
stagione pedagogica avviata da Bruno Ciari .
20
La nascita del nido “Patini” a Bologna apre problematiche significative sotto il
profilo culturale e sociale, nell’intento di dar vita ad un’istituzione educativa
completamente nuova ed alternativa al modello dell’ONMI, destinata ad
un’infanzia (dai tre mesi ai tre anni) che da sempre ha avuto quale unico
riferimento l’educazione familiare. Proprio tenendo conto di tale peculiarità, si
cerca di formulare un progetto politico-culturale che rappresenti un punto di
riferimento per gli operatori e per i genitori. Si costituisce perciò il collettivo del
“Patini”, formato dal personale (assistenti e bidelle) e da un gruppo di genitori,
motivato dalla necessità di approfondire le questioni emerse durante il primo
anno di attività.
I problemi si presentano, fin dai primi mesi, molto complessi, in quanto il nido
della “Bolognina”, uno dei quartieri operai più popolati della città, deve porsi
Intervento di Adriana Lodi. Pagine della
17 Oltre alla sopracitata intervista, si veda il documento:
nostra storia. L’apertura dei primi asilo nido comunali a Bologna, “Assemblea-Convegno per la
formazione del Coordinamento donne della Funzione Pubblica-CGIL di Bologna, 18 marzo 1992,
ore 9, Sala Consiliare-Provincia di Bologna-Palazzo Malvezzi, p.37. Educazione dalla nascita.
18 Si veda il volume: E. Gianini Belotti, G. Honegger Fresco,
L’esperienza del Centro Nascita Montessori, op. cit.
19 Pochi mesi dopo la sua apertura il Patini, primo nido bolognese, minacciava di chiudere per
la mancanza di fondi necessari al suo funzionamento: il personale del nido, i genitori, i cittadini
reagirono immediatamente costituendo un comitato di agitazione che raccolse 25000 firme in
Una
calce a una petizione, presentata ai presidenti delle due Camere a Roma (F. Tugnoli,
esperienza di gestione sociale, Un asilo nido di tipo nuovo…op.
in cit., pp. 39-40).
Una stagione pedagogica con Bruno Ciari,
20 G. Bonomi, O. Righi, Il Mulino, Bologna, 1982.
«come primo momento educativo e socializzante, capace di formare individui
sa[ppiano]
che domani porsi in modo critico di fronte alla società e quindi
migliorarla» .
21
Si riconoscono grandi difficoltà, imputabili in prima istanza al rapporto
numerico di 25 bambini per due assistenti, che non favorisce l’organizzazione
in piccoli gruppi e neppure un piano di attività osservative da parte delle
operatrici ; in seconda istanza, l’altro problema impellente riguarda il rapporto
22
con i genitori, in quanto, il “nuovo nido”, non proponendosi più in termini
assistenziali, deve favorire la continuità, la collaborazione con la famiglia,
mentre in realtà i ritmi alienanti del lavoro e la mancanza di tempo libero
rappresentano un forte limite alla realizzazione del progetto educativo .
23
Un momento importante per fare un bilancio del biennio di sperimentazione
in corso è rappresentato dal Convegno organizzato a Bologna dall’UDI, nel
1971, all’indomani dell’approvazione in Senato della legge che dà il via al piano
per l’istituzione in Italia di 3800 asili-nido comunali in cinque anni . In questa
24
occasione il punto di riferimento teorico per «un asilo-nido di tipo nuovo» è
rappresentato dalla relazione di Eustachio Loperfido, allora assessore alla
Sanità del Comune di Bologna.
Nel porre la questione se il nido debba riprodurre lo schema delle relazioni e
dei rapporti intrafamiliari, Loperfido afferma che «il nido non è la famiglia, ma
neppure un’alternativa totale alla famiglia» : qui infatti i bambini vivono un
25
insieme di relazioni che assumono una dimensione del tutto diversa da quella
familiare.
Al tempo stesso - continua Loperfido - il problema fondamentale sta nella
proposta di un “nuovo nido”, non concepibile come un servizio assistenziale,
luogo discriminante tra chi è portatore di bisogni e chi non lo è: al contrario «il
nido è frutto e principio al tempo stesso di una svolta culturale» . Esso viene
26
21 Relazione del Collettivo “Nido Patini” presentata al Sindaco in occasione del suo incontro coi
cittadini del quartiere “Bolognina”, avvenuto il 12 novembre 1970, p. 1 (Documento concesso
gentilmente da Adriana Lodi).
Ivi.
22
23 Conversazione registrata in occasione della visita del Sindaco al Nido d’infanzia “Patini”,
avvenuta il 22 gennaio 1971(come sopra).
24 Oltre alla legge sugli asili-nido n.1044, viene anche approvata in Parlamento la legge che
prevedeva un periodo complessivo di assenza dal lavoro remunerato all’80% di cinque mesi (2
mesi prima del parto e tre mesi dopo), oltre a un periodo di aspettativa di 6 mesi con la
salvaguardia del posto di lavoro e la possibilità di assentarsi dal lavoro in caso di malattia del
figlio. I contenuti medico-psico-pedagogici dell’asilo-nido, Un asilo nido di tipo
25 E. Loperfido, in
nuovo….op. cit., pp. 15-16.
Ivi,
26 p..14.
perciò vissuto in senso ideale come una sfida sociale che si gioca sul piano
partecipativo, per «allevare generazioni che sappiano lottare contro la
competitività e la selezione, sostituendo queste con la cooperazione e la
solidarietà» .
27 nido-comunità
Ma perché il modello di possa effettivamente funzionare -
osserva Loperfido - deve trovare un corrispettivo nella dimensione comunitaria
degli adulti. Si propone quindi un modello comunitario, partecipativo, che
coinvolga direttamente le famiglie nella sua gestione. L’intento è quello di fare
dell’asilo nido un luogo educante anche per i genitori i quali possono scoprire la
Nido
condivisione delle problematiche relative al loro rapporto coi figli. Il si
rivela insomma l’espressione della comunità che ne fruisce, in cui i genitori
sono chiamati ad esercitare un ruolo diverso rispetto al passato, nel mettere
«in comune ciò che è tradizionalmente privato»; ora la comunità dovrà
costituire per il bambino «la trama rassicurante in cui sono consentite
esperienze diverse e coesistenti di correnti identificatorie: con i propri pari, con
gli adulti» .
28
Nel Convegno del ’71, altro tema trattato è quello riguardante l’architettura e
gli arredamenti, in qualità di mediatori fondamentali del nuovo progetto
educativo. Gli spazi vanno perciò organizzati in un insieme di ambienti plastici
e flessibili, prevedendo «nicchie e spazi di gioco secondari, modificabili dagli
[per permettere]
stessi bambini «una vita più libera e ricca di relazioni», e per
consentire, al tempo stesso, l’apertura tra le diverse sezioni: «i rapporti fra i
vari gruppi di bambini devono avvenire non portando un gruppo a giocare con
l’altro, ma aprendo l’uno verso l’altro gli ambienti in cui le attività si
svolgono» . Emerge dunque in primo piano l’attenzione per un ambiente a
29
misura di bambino (0-3) accogliente e protettivo, caratterizzato da colori caldi e
da spazi concavi, ma aperto su ampie aree verdi per stimolare l’esplorazione e
il rapporto con l’ambiente esterno, soprattutto con la scuola materna (aree
comuni di gioco).
Anche l’esperienza di nuove educatrici, fortemente motivate, trova nel
Convegno bolognese un’occasione importante di riflessione. La presa di
coscienza della veste repressiva delle strutture gerarchiche precedenti -
sottolinea Flora Tugnoli - favorisce l’esperienza del lavoro di gruppo tra il
personale, con la partecipazione di alcuni genitori, offrendo così «al bambino
un nuovo modello di socialità» .
30
Ivi,
27 p. 21.
Ivi,
28 p. 18.
Merlo,Tipologia urbanistica degli asili nido, Un asilo…op.
29 R. in cit., p.24-26.
Una esperienza di gestione sociale Un asilo nido di tipo…op.
30 F. Tugnoli, in cit., p. 40.
Le osservazioni su campo trovano stesura nel “Giornale di bordo”, in cui si
articolano criteri interpretativi e modalità d’intervento: si creano insomma le
condizioni perché il nido diventi il luogo effettivo della formazione permanente
del personale. Ciò che traspare ancor oggi, alla luce dei ricordi che affiorano
nelle interviste delle prime educatrici, è la consapevolezza di sperimentare
qualche cosa di estremamente innovativo e di essere al centro di un progetto
che coinvolge il mondo sociale, sindacale, in un clima di forte tensione
politica .
31
ll problema della gestione nasce dalla consapevolezza che il rapporto tra
educatrici e genitori si mostri del tutto insufficiente, se non si collega al
problema della rivendicazione politica: le riunioni del collettivo vengono perciò
considerate «un embrione di gestione sociale, in cui discutere non solo i
problemi contingenti di immediata risoluzione, ma anche i problemi di carattere
più generale che investono sia l’aspetto della richiesta quantitativa dei nidi, sia
l’aspetto pedagogico» .
32
Il rapporto nido-genitori: tra passioni e difficoltà
In questa fase aurorale, caratterizzata da forti entusiasmi e da grandi
speranze, occorre domandarsi chi siano i primi genitori che si rivolgono al
“nuovo nido”. Dalla nostra ricerca, condotta utilizzando due tipologie di fonti
(interviste ai genitori di allora e indagini di quegli anni) emergono due
categorie abbastanza diversificate tra loro.
Alcuni scelgono il nido per i loro figli, motivati da una precisa scelta culturale
di tipo alternativo, che contesta il tradizionale modello genitoriale: «In quel
periodo erano crollate le certezze che ci venivano dai genitori e questo
generava ansie e incertezze […]. Per i nostri bambini immaginiamo strutture
educative che aiutino noi e loro a crescere in ambienti idonei, capaci di offrire
esperienze educative a tutti, al di là del censo di appartenenza» . Da ricordare
33
che in questo clima di passioni e di forte condivisione nascono interessanti
esperienze di “gruppi famiglia”: ad esempio quella di una madre vedova che,
avendo vissuto attivamente la nascita del “Patini”, crea su questa base un nido
nel suo appartamento, educando insieme ai suoi