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PRODOTTI/DISPOSITIVI PER USO INALATORIO

Possiamo distinguere 3 dispositivi medici (strumento che aiuta il medico nello svolgimento della professione, prodotti diversi dal medicinale, che il farmacista può vendere senza licenza aggiuntiva, es cerotti, siringhe, termometri, dispositivi elettronici come il nebulizzatore, bypass, stant, protesi, tac ..): nebulizzatore, pMDI, DPI, poi esistono degli spray destinati alla cavità nasale ma non sono veri e propri inalatori perché destinati alle primissime vie respiratorie e non ci vuole la collaborazione del paziente.

NEBULIZZATORE

Il nebulizzatore può funzionare o sotto pressione (jet nebulizer) o a ultrasuoni. Il primo si basa sul concetto per cui l'aria sotto pressione che passa attraverso un orifizio, dall'altra parte crea una zona di bassa pressione e se si abbina il flusso di una fase liquida, la fase liquida viene disintegrata in minuscole goccioline di aerosol, per il semplice fatto che appena prima.

Dell'orifizio viene spinta sotto notevole pressione e poi all'esterno decomprime (principio di Bernoulli). Quelli ad ultrasuoni usano cristalli piezoelettrici che vibrano e generano onde sonore (tra 1 e 3 megahertz), sono più silenziosi rispetto ai jet nebulizer ma come performance siamo lì. In questo caso il nebulizzatore genera una nebbiolina di goccioline liquide e il p.a. si trova solubilizzato o disperso nelle goccioline, e la nebbiolina viene respirata o a partire dalla cavità orale o nasale. Certamente le goccioline non arrivano oltre i bronchi con un nebulizzatore, al massimo posso curare fino alle bronchiti. La perdita di p.a. nell'ambiente circostante l'abbiamo solo nel caso dei nebulizzatori ad aerosol, perché per gli altri dispositivi la creazione delle particelle avviene direttamente nella cavità orale.

DPI (dry powder inhaler)

Anni 50: DPI: Dispositivi a polvere secca (contengono solo polvere, per assumerla bisogna inspirarla).

Per far arrivare la polvere agli alveoli bisogna preparare a parte particelle di p.a. <5 micron e spesso neanche con processi di micronizzazione si riesce, quindi bisognerebbe usare metodi come quelli per le microsfere che a livello industriale sono costosi e di non semplice realizzazione. Quindi coi DPI il p.a. si ferma ai bronchi. I DPI possono essere a dose unica, bisogna inserire di volta in volta il contenuto delle capsule, o multidose che contengono già le dosi e un contadose. La polvere di p.a. deve essere dapprima micronizzata, sotto ai 5 micron anche se è difficile ottenere queste dimensioni. C'è solo polvere senza propellente, in realtà non solo p.a. È la corrente d'aria dovuta all'inspirazione che trascina la polvere. Se le particelle sono molto piccole però diventano coesive, perché la quantità di aria tra le particelle di polvere è bassa e queste sono a stretto contatto tra loro, la superficie.di contatto è maggiore, si instaurano attrazioni elettrostatiche ed è come se aderissero tra di loro a grappoli e quando vengono inspirate vengono via a blocchi e non una per una, quindi non arriveranno in profondità nell'albero respiratorio. La soluzione è usare degli eccipienti come il lattosio, che si intercalino tra le particelle di p.a. per distanziarle, non posso avere solo p.a. Un altro approccio migliore è quello di far adsorbire sulla superficie dell'eccipiente detto carrier le particelle di p.a. più piccole, poi nel momento in cui il paziente inspira trascina via le particelle di eccipiente ad es. lattosio che ha adsorbito qua e là quelle di p.a., mentre vengono trasportate queste particelle di p.a. adsorbite si staccano sempre per effetto della corrente d'aria e procedono indipendentemente dal lattosio le cui particelle oltre i bronchi o la laringe non vanno perché più grandi, mentre il p.a. arriva più

In profondità fino ai bronchi o alveoli. Si usa il lattosio perché in acqua è molto solubile, invece ad es un altro eccipiente come la cellulosa no, e siccome il muco è un gel acquoso, quando il lattosio vi impatta, si solubilizza e viene eliminato. In altri casi per evitare la coesione viene usato come terzo agente un agente di scorrimento, stando sempre attenti che sia solubile, quindi ad es qualche PEG in polvere molto fine, ma comunque questo terzo agente si usa raramente.

pMDI (pressurized metered dose inhalers)

Negli anni successivi, quando sono stati scoperti i clorofluorocarburi CFC e gli HFC, questi ultimi sono stati usati per preparare un altro tipo di sistemi inalatori MDI, che possono veicolare il p.a. fino agli alveoli, e addirittura le particelle potrebbero essere molto piccole ed essere espulse. Poi si è scoperto che i CFC contribuivano all'ampliamento del buco dell'ozono, e quindi sono stati banditi nell'impiego degli MDI.

Meno che l'azienda non riesca a dimostrare all'agenzia regolatoria, del farmaco, che il CFC invece dell'HFC (idrofluorocarburi) porti a miglioramenti di performance del dispositivo talmente elevati che se ne giustifichi l'uso.

Negli MDI ci vuole coordinazione tra quando si spruzza e quando si respira quindi non è adatta ai bambini/anziani. Bisogna espirare profondamente, appoggiare le labbra al boccaglio e nel momento in cui si preme nel device e si forma lo spruzzo di propellente nella cavità orale si deve inspirare profondamente affinché la corrente d'aria trascini le particelle fino agli alveoli.

La bomboletta che sta nel dispositivo, nell'istante in cui premiamo sulla molla, viene spinta verso il basso, c'è un canale che mette in comunicazione l'interno e l'esterno della bomboletta solo per una frazione di tempo perché c'è differenza di pressione tra esterno e interno, attiviamo la

valvola che si apre solo per una frazione di tempo, non rimane sempre aperto, anche se mantengo premuto rimane sempre aperto solo per una determinata frazione di tempo calibrato. C'è una pressione maggiore all'interno della bomboletta ed esce sempre la stessa quantità di contenuto. La bomboletta è di alluminio e ha uno spessore sufficiente a resistere alla pressione interna che è tra le 5 - 6 atmosfere mentre la pressione ambiente è 1 atm. Quindi è ovvio che quando premo il contenuto viene sparato fuori. Questa elevata pressione è possibile perché all'interno c'è del propellente (HFC), è ciò che genera la pressione, gli idrofluorocarburi sono apolari, idrofobici, a temp. amb. in base al PM possono essere solidi, liquidi e gassosi (metano, etano, propano, butano sono gas, il pentano comincia ad essere liquido, anche l'esano, con l'ottano siamo sulle benzine, al di sopra dei 20°C).

Sono solidi e usati come eccipienti ad uso farmaceutico, quelli a pm più basso come combustibili), per quello che serve a noi usiamo HFC gassosi a t. amb. e che hanno una t.eb. non eccessivamente bassa. Come faccio a far diventare liquido il propano? Riducendo la temperatura, la t.eb. del propano è sottozero quindi a t.amb. è gas, e abbassando la T al di sotto della t.eb. diventa liquido. Oppure aumentando la pressione, dal momento che l'equazione di stato è pv=nRT, p e v sono inversamente proporzionali. Oppure meglio potrei usare una combinazione di entrambi. Una volta ottenuto il liquido non posso comprimere di più perché un liquido non si comprime. Più è bassa la t.eb. di un gas più è difficile farlo diventare liquido, infatti il gas che viene trasformato in liquido più difficilmente è l'azoto, che ha una t.eb. intorno ai 260 gradi kelvin, perché devo scendere al di sotto di questa.

La temperatura per rendere liquido un gas è determinata dalla sua pressione di vapore. Quando diventa liquido, il gas esercita una pressione molto più elevata perché le molecole non vogliono stare allo stato liquido. È più facile rendere liquido il propano che l'etano.

A generare la pressione all'interno della bomboletta è il contenuto che vorrebbe essere gas ma che noi abbiamo reso liquido e quindi spinge contro le pareti della bomboletta, non sono le pareti a spingere.

Se prendo un HFC a punto di ebollizione sufficientemente basso e lo faccio diventare liquido, quando poi sta nella bomboletta, che poi torna a temperatura ambiente, mi genera quella pressione, e significa che quando premo sul dispositivo e metto in comunicazione l'interno con l'esterno, per quella frazione di tempo esce sempre quel determinato volume di liquido. Il propellente HFC viene fatto liquido a parte e poi viene caricato nella bomboletta (il sistema di caricamento fa in modo che il liquido entri e poi c'è una valvola a sfera che non lo fa uscire).

Il p.a. viene solubilizzato nel propellente una volta che questo è reso liquido, quindi ciò che viene caricato è una soluzione di p.a. + propellente, in casi particolari può essere un'emulsione o sospensione, ma se punto ad avere un effetto sistemico l'unica possibilità è la soluzione, ma affinché il p.a. possa solubilizzarsi nel propellente deve essere di natura lipofila. Il propellente appena esce dalla valvola si disintegra (in goccioline più piccole rispetto a quelle che si generano col nebulizzatore perché la differenza di pressione tra una parte e l'altra dell'orifizio è maggiore, passiamo da 5/6 atm a 1). Quindi si forma una nebbiolina di propellente molto fine che appena dopo il boccaglio decomprime immediatamente e torna in fase gassosa, invece il p.a. che era in soluzione si viene a trovare sotto forma di particella solida, dalle dimensioni nettamente minori (da micro a nanoparticella).

rispetto alla gocciolina che formava prima col propellente, e quindi posso arrivare fino agli alveoli. Se invece il p.a. si trova sospeso nel propellente o emulsionato in emulsionante diverso dal propellente, il p.a. resta con le dimensioni della particella iniziale che formava col propellente anche quando questo fuori dalla bomboletta torna gas. Il p.a. è ingegnerizzato, cioè si deve ottimizzare sia la taglia che la forma che la porosità. Se una particella è sferica e piena è meno trasportabile rispetto a una più larga e piatta anche se quando le particelle sono sferiche la polvere non è coesiva. Quindi devo valutare, quello che voglio alla fine è che sia facilmente trasportabile e che arrivi dove voglio, se ho un p.a. antiasma e la polvere mi arriva fino agli alveoli non va bene perché si deve fermare prima, se al contrario voglio arrivare agli alveoli e si ferma ai bronchi non va bene. Serve sia una forma che non renda leparticelle coesive ma è altrettanto vero che una polvere che offre una maggiore superficie di trasportabilità viene trasportata meglio, quindi devo trovare un giusto compromesso tra porosità, non coesività, superficie di trasporto e taglia. Quelle ottenute per spray drying sono più porose, hanno una migliore trasportabilità. Poi si fanno dei test in vitro e vivo per ve
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A.A. 2020-2021
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SSD Scienze chimiche CHIM/09 Farmaceutico tecnologico applicativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giorgia197 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tecnologie farmaceutiche industriali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Palmieri Filippo.