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IMPERO OTTOMANO
Un'altra situazione di particolare interesse da passare sotto la lente di ingrandimento è rappresentata dall'impero ottomano, che aveva oramai perduto buona parte dei propri possedimenti occidentali, molti dei quali passati sotto l'impero asburgico e quello russo, con il risultato di allargare il patchwork delle etnie.
Dopo la rivoluzione del 1908 che vede l'ascesa al potere del movimento dei Giovani Turchi di Mohamed Tala Pasa, i turchi, deposto il sovrano Abdul Hamid, investono sulla modernità nella convinzione che solo essa avrebbe potuto salvare dalla rovina l'intero paese.
Modernità voleva dire stato autoritario, economia capitalista legittimato però dal popolo sovrano e quindi - ecco il passaggio cruciale - dalla nazione turca in contrapposizione alle altre nazionalità presenti nell'impero ottomano e cioè arabi, greci, macedoni, albanesi, bulgari e, soprattutto, armeni, tutti decisi a...
Rivendicare la propria nazionalità. La tolleranza religiosa che fino al XIX aveva permesso una pacifica convivenza tra cristiani, ebrei e musulmani, lasciava spazio alle stragi.
Genocidio Armeno
Durante la prima guerra mondiale, si compì in Turchia il genocidio del popolo armeno, il primo del XX secolo. Preso il potere nel 1908, il governo dei Giovani Turchi, attuò l'eliminazione dell'etnia armena che fin dal VII secolo a.C. risiedeva nell'area anatolica.
Lo sterminio e la deportazione del 1915 ebbero dei prodromi, con i pogrom attuati dal Sultano Abdul Hamid II tra il 1894 e il 1896 e con quelli del 1909, dei quali furono responsabili i Giovani Turchi e che portarono all'eliminazione di oltre 4.000 persone. A ideare e attuare il progetto genocidario fu l'ala più intransigente del Comitato centrale dei Giovani Turchi che si avvalse per la sua esecuzione di un apparato paramilitare, denominato Organizzazione Speciale, composta in gran parte
Dacriminali ed ex detenuti. L'Organizzazione dipendeva direttamente dal ministero della Guerra primo responsabile del genocidio, condotto con la supervisione e la collaborazione dei ministeri dell'Interno e della Giustizia.
Contro gli armeni, per la prima volta nella storia, fu applicata la deportazione sistematica, regolata e ordinata da un'apposita "legge di deportazione. Inoltre, per mettere in atto la pratica genocidaria, si fece ampio utilizzo dei moderni sistemi di trasmissione delle informazioni (telegrafo) e di trasporto (ferrovie).
L'obiettivo del governo turco era dunque quello di risolvere alla radice la questione degli armeni, popolazione di religione cristiana accusata di guardare troppo a Occidente. Si trattava di un peccato capitale per il governo dei Giovani Turchi che, guidato da un'ideologia panturchista (ovvero un movimento politico nazionalista sviluppatosi ai primi del Novecento e mirante a realizzare l'unione politica e culturale di tutti.
I popoli di lingua turca), erano determinati a riformare lo Stato su base nazionalista e sull'omogeneità etnica e religiosa. E in questo quadro la popolazione armena, di religione cristiana vicina agli ideali dello stato di diritto occidentale e pronta a richiedere una propria autonomia rappresentava un pericoloso ostacolo per la realizzazione del progetto governativo. L'obiettivo dei Giovani Turchi era quindi la cancellazione della comunità armena come soggetto storico, culturale e soprattutto politico. Un altro aspetto non secondario nella programmazione dell'eliminazione degli armeni fu anche la volontà di impossessarsi dei loro beni e delle loro terre. Il primo atto del genocidio (il cosiddetto Medz Yeghern, ovvero il grande male come viene definito dagli armeni) fu l'arresto, il 24 aprile 1915, di 2.345 persone nella sola Istanbul: si trattava dell'élite armena della città composta, nella gran parte, da notabili e
intellettuali.L'operazione continuò anche nei giorni successivi: il risultato fu che in circa un mese più di un migliaio di intellettuali armeni, tra cui giornalisti, scrittori e poeti furono arrestati e deportati verso l'interno dell'Anatolia. L'accusa era quella di altro tradimento, concetto piuttosto ampio che consentiva alle autorità turche di allargare le maglie della repressione. Un modus operandi ben riassunto dalle parole del ministro dell'Interno ottomano, Ahmed Pascià Tal'at che in risposta alle parole di Henry Morgenthau, ambasciatore statunitense nell'Impero ottomano dal 1913 e prima voce a denunciare il massacro degli armeni, rispose come segue: "ci è stato rimproverato di non fare alcuna distinzione tra gli armeni innocenti e quelli colpevoli; ma ciò non è possibile, per il fatto che coloro che oggi sono innocenti, potranno essere colpevoli domani". Dunque per i nazionalisti turchiSi trattava di attuare una difesa preventiva volta a individuare negli armeni, arricchitisi sulle spalle di quelli che il ministro definiva i "turchi onesti", un perfetto capro espiatorio. In aprile iniziarono le eliminazioni. Gli armeni arruolati nell'esercito furono sommariamente passati per le armi: in alcune province del paese non si procedette nemmeno alla loro deportazione, ma essi vennero direttamente eliminati sul posto.
Chi non veniva ucciso sul luogo moriva nelle marce forzate, per le privazioni e le malattie. Un esempio fra tanti: dei 18.000 partiti dalla cittadina di Sivas, solo 500 superstiti giunsero, stremati, ad Aleppo (oggi in Siria), dove convergevano i convogli dall'Anatolia, dalla Tracia, dall'Asia Minore e dalla Cilicia (Turchia meridionale); e appena 213 dei 5.000 armeni di Harput arrivarono a destinazione. Alla fine dell'estate del 1915 in Anatolia non c'erano più armeni.
Circa 300.000 di loro si erano rifugiati in Russia, dove nel 1920...
Nacque l'Armenia sovietica e nel 1991 l'attuale Repubblica Armena. Almeno un milione morirono nelle "marce della morte" e in seguito alle privazioni. Aleppo divenne il teatro della seconda fase del genocidio: i campi di concentramento. Ancora oggi, gli archivi turchi della Direzione generale dei deportati sono inaccessibili: per fare luce su ciò che accadde in quei campi bisogna affidarsi alle testimonianze dei sopravvissuti, dei diplomatici e dei tecnici stranieri (soprattutto tedeschi) che lavoravano alla costruzione delle ferrovie dell'Impero ottomano.
Emege così il vero scopo dei campi: non quello di trasferire gli armeni fuori da quello che i Giovani Turchi definivano il "sacro suolo" turco, bensì di affrettarne l'eliminazione. In tutto vi erano 870.000 persone distribuite in parecchie decine di campi improvvisati lungo il corso dell'Eufrate, per circa 200 chilometri. La strategia adottata dai turchi consisteva innanzi tutto
Nell'abbandonare per settimane alla fame e alla sete i deportati nei campi di transito alla periferia di Aleppo, per poi spostarli da un campo di concentramento all'altro lungo l'Eufrate, fino alla fine di un processo di selezione naturale. Ammassati all'aperto, senza cibo né cure, morivano a migliaia. Nel solo campo di Islayhié si calcola che fino alla primavera del 1916 siano morti di fame o di malattia in sessantamila.
Riassumendo, possiamo dunque individuare tre fasi:
- Eliminazione del cervello della nazione. Si tratta del passaggio iniziale, ovvero degli arresti perpetrati a partire dal 24 aprile 1915. Furono colpiti gli esponenti dell'élite culturale armena: intellettuali, deputati, prelati, commercianti e professionisti. Fu un colpo di estrema durezza, poiché furono necessari cinquant'anni agli armeni per poter ricostruire una classe dirigente e intellettuale.
- Eliminazione della forza. Gli Armeni dai diciotto anni in su furono arruolati nell'esercito turco e inviati al fronte. Molti di loro morirono in battaglia o furono uccisi dai turchi stessi.
- Eliminazione del corpo. Gli armeni rimasti furono deportati e costretti a marciare per giorni e giorni senza cibo né acqua. Coloro che non riuscivano a proseguire venivano uccisi sul posto. Alcuni furono anche impiccati o fucilati.
Deportazioni. In primo luogo a essere eliminati furono i pochi uomini validi rimasti. La prassi era tristemente collaudata: nei diversi villaggi, il capo della gendarmeria locale ordinava ai maschi armeni di presentarsi al palazzo comunale dove, appena arrivati, venivano arrestati e successivamente condotti fuori dal villaggio per essere eliminati.
Per gli altri, donne e bambini compresi, iniziava la deportazione e le marce, ufficialmente definite come spostamento di popolazione dalle zone di operazioni belliche.
L’espulsione era annunciata mediante un editto di trasferimento che sul piano formale avrebbe dovuto essere comunicato con cinque giorni di anticipo, ma che in realtà venne reso effettivo con decorrenza immediata in modo tale da non formattare il testo in altro modo, NON aggiungere commenti, NON utilizzare tag h1;
dichiarazione di genocidio armeno nel dibattito pubblico. Questo ha portato a numerose controversie e tensioni diplomatiche tra la Turchia e altri paesi che hanno riconosciuto ufficialmente il genocidio armeno. Nonostante le diverse posizioni e le controversie, il genocidio armeno è stato riconosciuto come tale da numerosi paesi e organizzazioni internazionali, tra cui il Parlamento europeo, il Parlamento italiano, il Parlamento francese e il Parlamento tedesco. È importante ricordare e commemorare le vittime del genocidio armeno, per onorare la loro memoria e per evitare che simili tragedie possano ripetersi in futuro.Questione armena nel novero di una vera e propria pratica genocidaria. Che secondo lo stato turco per il quale morirono 300.000 persone, non vi fu.
La Turchia non ammettendo il genocidio evidenzia la sua difficoltà a fare i conti con il proprio passato, perché quel crimine fu commesso dai "padri della patria" e ricostruire questo drammatico passaggio storico significherebbe mettere in discussione non solo l'ideologia nazionale turca, ma anche l'identità stessa della nazione.
Colonialismo
Con lo scoccare del nuovo secolo, la borghesia istruita – compresi i ceti medi e piccoli – divenuta oramai grazie alla rivoluzione industriale una