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GLI ANTIGENI

Contro cosa ci si difende? Contro gli antigeni. L'antigene è quella molecola capace di interagire con i meccanismi del sistema immunitario. Si contrappone come concetto ad immunogeno, quella molecola capace di attivare un sistema immunitario.

Si dividono in:

  • Eteroantigeni: agenti infettivi e parassitari
  • Alloantigeni: cellule o tessuti di un individuo di una stessa specie
  • Xenoantigeni: cellule o tessuti di un individuo di un'altra specie
  • Autoantigeni: antigeni propri riconosciuti estranei a causa di malattie autoimmuni

Immunogeno è ciò che attiva il sistema immunitario, antigene è quella molecola che interagisce col sistema immunitario. Tutti gli immunogeni sono antigeni, ma non tutti gli antigeni sono immunogeni. Ciò che è immunogeno fa intervenire il sistema immunitario, quindi una molecola di questo tipo è sicuramente un antigene, attenzione però che l'antigene in sé per

sé non è detto che abbia tutte le caratteristiche per poter stimolare un sistema immunitario. CARATTERISTICHE DEGLI ANTIGENI

Il primo limite che differenzia questi due concetti è la grandezza. Un antigene deve avere una grandezza minima, in torno ai 7-8 amminoacidi.

La prima caratteristica di un antigene è l'estraneità, l'essere non self. Un organismo per dividere i buoni e i cattivi pone la differenza sul concetto di mio e non mio, self e non self. Tutto ciò che non riconosco come mio, o meglio tutto ciò che riconosco poiché ho soppresso in età fetale tutti i mezzi di riconoscimento di ciò che è mio, quindi tutto ciò che andrò a riconoscere sarà esclusivamente del mondo non self.

Quindi prima di tutto un elemento di lettura di pericolosità si trova nell'elemento di estraneità, ciò che non è mio io lo attacco. Ciò che non è mio lo definisco.

nell'ambito di ben precisi siti, perché se questa penna non è mia ma è a contatto con me non la attacco, se fosse in un altro sito, ad esempio il derma, la attaccherei. Di fatti, ci difendiamo dai germi commensali e saprofiti? No, eppure non sono nostri. Ci difendiamo dal bioma intestinale? No, lo regoliamo. Perché? Perché sono tutti "fuori". Ci sono momenti in cui, per una serie di meccanismi, sovente indotti o dalla predisposizione dell'individuo o da altri fatti patologici, per esempio infezioni batteriche, l'organismo può confondersi e a questo punto riconoscere ciò che è proprio come non proprio, siamo nell'ambito delle patologie autoimmuni, una serie di malattie dove va a saltare il primo step del riconoscimento e si riconoscono come non self, strutture self. Il primo step indispensabile e strategico è il riconoscimento e la percezione del rischio. Un mio amminoacido, ad esempio il triptofano.

è uguale a quello di Tiziano perché composti di atomi uguali. Prendiamo il triptofano sommato alla lisina, questa coppia è uguale o diversa tra me e Tiziano? Uguale. La tripletta triptofano, cisteina e alanina comincia ad essere come se fosse una parola, le lettere possono essere uguali, le parole che ne derivano, però, possono essere diverse. Allora possiamo affermare che finché sono 6 amminoacidi possono essere comuni le mie sequenze e quelle di Tiziano, nel momento in cui aumenta il numero di amminoacidi sulla sequenza peptidica diventano evidenti le differenze, per cui magari sulla base di un semplice amminoacido, ecco la nostra differenza in termini di emoglobina. Alla fine l’antigene più piccolo è una sequenza di 7 amminoacidi, al di sotto di questa grandezza non esiste antigene perché troppo piccolo, non si riesce a discernere la differenza. Questo è il limite dell’antigenicità, invece per poter

stimolare un sistema immunitario ad operare bisogna essere ancora più grandi e bisogna arrivare ai 10-20mila dalton. La soglia minima per essere un immunogeno è 10-20 mila dalton: limite inferiore dell'immunogenicità. La soglia minima per essere un antigene è 7 amminoacidi. Tutto il territorio compreso tra i 7 amminoacidi e 10-20mila dalton sono antigeni non immunogeni perché troppo piccoli. Un antigene non immunogeno viene normalmente chiamato aptene. Gli apteni possono in taluni casi legarsi a molecole più grandi chiamate molecole carrier e funzionare da immunogeni. L'immunogenicità di un antigene è estremamente variabile e può essere soggetta a diversi fattori. Quando parliamo di antigeni alla fine parliamo di un vaccino, il quale è una sospensione antigenica che viene inoculato in un soggetto per indurre immunità. Per trattare l'immunogenicità di un antigene dobbiamo considerare per primacosa la variabilità individuale. Se somministro il mio antigene ad una popolazione posso aspettarmi, in termini di risposta, una media e delle situazioni minoritarie. Per esempio, se vado ad immunizzare una popolazione col medesimo vaccino, avrò una risposta gaussiana perché avrò la stragrande maggioranza di soggetti normali, dei soggetti ipoergici e iporeattivi per varie cause, così come potremo ritrovare una quota di popolazione iperergica, sovra stimolata dalla somministrazione. Quando si opera su popolazioni si considera il risultato medio, quando operiamo sul soggetto normalmente potremo verificare la situazione media ma potremo anche verificare delle variazioni individuali che potranno essere oggetto di approfondimento per risolvere eventuali problemi. Le proteine sono complesse e articolate e si contrappongono alle altre tipologie cellulari che sono molto più ordinate. Più una molecola è complessa, maggiore sarà la sua immunogenicità.di conseguenza le molecole più immunogene saranno le proteine perché hanno grandi dimensioni e il sistema immunitario acquisito si è evoluto per catturare, processare e riconoscere le proteine estranee. La stabilità è una caratteristica importante di un buon antigene: più una molecola è stabile nella sua struttura, infatti, più facilmente verrà riconosciuta dal sistema immunitario. Proviamo a disegnare una proteina. Chiamiamo questa molecola antigene. Le cellule del sistema immunitario interagiscono con gli antigeni tramite i loro recettori BCR e TCR, non con tutta la cellula. I BCR rappresentano i B cell receptor, per cui recettori delle cellule B. I TCR sono i recettori delle cellule T. Questi sono gli unici recettori presenti negli organismi capaci di legare ciò che è ritenuto non self, ma questo riconoscimento non avviene su tutta la molecola antigenica ma su particolari punti che prendono nome di epitopi odeterminante antigenico, cioè l'effettivo legame con i sistemi recettoriali che comportano il riconoscimento del non self e coincidono con BCR e TCR. Nell'ambito di una molecola esiste una certa quantità di epitopi e possono disporsi in vari punti della molecola antigenica. Definiamo epitopi o determinanti antigenici le piccole porzioni di antigene in grado di reagire con il sito combinatorio di uno specifico anticorpo o recettore di un linfocita T. In genere, il numero di epitopi su una molecola è direttamente correlato alla sua dimensione e vi è un epitopo ogni 5kD di proteina: di conseguenza, ogni proteina possiede in superficie un'enorme costellazione di epitopi. Alcuni epitopi sono più efficaci di altri nello stimolare una risposta immunitaria e vengono definiti immunodominanti. Proviamo a denaturare questa proteina attraverso il calore. Denaturare significa linearizzare la proteina e scomporre la sua struttura. Ogni volta chemodifico la struttura di una proteina vado ad intaccare la sua funzionalità, basta che ci sia un folding (avvolgimento) proteico linearizzato che cambia molto. Denaturiamo la proteina e la linearizziamo, a questo punto sulla proteina linearizzata andiamo a ricercare i nostri epitopi che possiamo ritrovare anche spezzettati e disordinati. Gli epitopi sulla molecola nativa erano 3, sulla molecola linearizzata sono 4, quindi deduciamo che gli epitopi si possono moltiplicare a seguito di una denaturazione proteica, ma quali epitopi? Esistono due tipi di epitopi: 1) Lineari -> caratterizzati da una specifica sequenza lineare amminoacidica di una proteina e che in caso di denaturazione non si sconvolgono e non si spezzettano. 2) Conformazionali o tridimensionali -> formati da amminoacidici che erano lontani nella sequenza primaria ma che diventano contigui nella struttura terziaria, perché vicini grazie al ripiegamento tridimensionale che caratterizza le proteine, un epitopo conformazionale.inoltre, è sensibile ai processi di denaturazione in quanto la perdita della struttura tridimensionale annulla la possibilità di un suo riconoscimento. Un epitopo lineare è anche conformazionale mentre non è vero il contrario. Quando voglio uccidere un microorganismo per un vaccino lo dovrò uccidere con grandissima cautela perché non lo devo rovinare altrimenti i suoi antigeni conformazionali si diversificano troppo rispetto all'originale. Maggiore è la complessità, maggiore sarà l'immunogenicità. Le molecole più complesse sono le proteine, quindi saranno le proteine gli antigeni più immunogeni. A seguire diminuendo l'immunogenicità ci saranno gli acidi nucleici, i lipidi, i glicidi i quali presentano strutture meno complesse. I segnali esogeni di allarme sono i PAMP, mentre i segnali endogeni di allarme sono i DAMP, rilasciati da cellule danneggiate, morte o morenti. PAMP e DAMP sonoriconosciuti da particolari recettori deputati proprio al riconoscimento dei patternPRR, di cui fanno parte i TLR. I PAMPs includono la parete batterica formata dai lipopolisaccaridi, la capsula con gli antigeni K, pili efimbrie, flagelli, DNA batterico (perché metilato ma di poca importanza), porine (gram -), heat shockproteins (prodotte da batteri stressati), esotossine e peplomeri virali. I lipopolisaccaridi teoricamente sono scarsamente immunogeni, ma essendo molecole di origine batterica rappresentano i PAMPS, in qualità di PAMPS potranno attivare i recettori TOLL LIKE presenti sulla superficie di molte cellule difensive che potranno attivarsi in funzione del loro essere un PAMPS. Le DAMP o allarmine vengono rilasciate quando una cellula muore (intracellulari) oppure vengono prodotte quando il tessuto connettivo viene danneggiato (extracellulari), altre ancora vengono rilasciate da cellule sentinella. Alcuni DAMP hanno attività antimicrobica mentre altri possonoattivare il sistema immunitario innato (flogosi). Possiamo utilizzare diversi meccanismi per farlo: 1. Utilizzare il calore: applicare una fonte di calore sulla zona interessata può aiutare ad attivare il sistema immunitario innato. Ad esempio, si può utilizzare una borsa dell'acqua calda o un impacco caldo. 2. Utilizzare il freddo: l'applicazione di ghiaccio o di un impacco freddo può anche aiutare ad attivare il sistema immunitario innato. Il freddo può ridurre l'infiammazione e alleviare il dolore. 3. Utilizzare sostanze irritanti: alcune sostanze irritanti, come l'aceto di mele o l'acqua salata, possono stimolare il sistema immunitario innato. Queste sostanze possono essere applicate direttamente sulla zona interessata. 4. Utilizzare luce ultravioletta: l'esposizione alla luce ultravioletta può attivare il sistema immunitario innato. Si può prendere il sole o utilizzare una lampada UV. 5. Utilizzare sostanze naturali: alcune sostanze naturali, come l'aglio o il miele, possono aiutare ad attivare il sistema immunitario innato. Queste sostanze possono essere consumate o applicate direttamente sulla zona interessata. Ricorda sempre di consultare un medico prima di utilizzare qualsiasi metodo per attivare il sistema immunitario innato.
Dettagli
A.A. 2019-2020
42 pagine
SSD Scienze agrarie e veterinarie AGR/16 Microbiologia agraria

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valentina.nuvolina di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di microbiologia veterinaria e immunologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Teramo o del prof Tiscar Pietro Giorgio.