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Per una Storia dell'Icona

Secondo Didron l'icona appare estrapolata dalla società bizantina, come se fosse stata "congelata" e quindi non soggetta ad una evoluzione; stando ai teologi essa non è altro che un'auto rivelazione di Dio.

Chi provò a superare le difficoltà di Didron, e ad analizzare da una prospettiva altra la posizione dei teologi riguardo alle icone, fu nuovamente Belting, dando sinteticamente all'icona un incasellamento storico. Belting individua tra fasi nella storia di Bisanzio nelle quali rispettivamente l'icona assume un significato diverso nella società Bizantina: nella prima fase, ovvero quella dell'antichità che vede Bisanzio come parte orientale dell'impero romano, in cui l'icona si configura come immagine su tavola del periodo tardo antico (ritratti mortuari, effigi degli imperatori..etc) e si presenta con una molteplicità di forme provenienti da tradizioni diverse, essa

Non ha ancora sviluppato forme specifiche ed un'estetica precisa. Nella seconda fase, che ha inizio nel IX secolo quando si profila lo scisma tra le due chiese, la Chiesa ortodossa assume una forte configurazione che l'icona è chiamata a testimoniare, gli iconoclasti sono stati sconfitti e l'icona ora ricopre per la prima volta un ruolo ufficiale, diventa strumento della dottrina ecclesiastica, e la sua esecuzione si standardizza. Nella terza fase, in cui Bisanzio lotta esternamente contro i turchi e internamente per la definizione della sua identità, l'icona diventa immagine speculare di questa crisi, con la conquista turca l'arte delle icone non ha più un'evoluzione ma si limita a sopravvivere, in particolare in Russia e a Creta. La storia delle forme dell'icona si svolge nella cornice della storia dell'arte tardo-antica e bizantina, l'icona non può essere isolata dalla storia generale dello stile a cui appartiene.

E attraverso l'espressione della sua forma è possibile comprendere le sue funzioni di culto e le esigenze sociali che le sono state attribuite nelle varie epoche. Le prime icone infatti dimostrano di non dover ancora essere espressione consolidata di una dottrina delle immagini, mentre invece nelle icone medievali vediamo come esse siano diventate simboli standard di messaggi ben codificati. L'icona diventa simile ad una maschera che impersona un ruolo canonico superiore veicolante i valori di una Chiesa centralizzata. Dopo il IX secolo con le pratiche liturgiche, le icone assumono nuovi ruoli parlanti, le icone raffiguranti i santi diventano veri e propri ritratti di ruolo i cui tipi di volto variano secondo epoche formule ricorrenti, le icone narrative invece, contribuiscono a rendere trasparente il mistero che sta dietro la storia biblica, mostrando gli avvenimenti della vita di Cristo e Maria mostrano anche i contenuti delle festività solenni della Chiesa.

Nell'epoca tarda in cui Bisanzio deve far fronte a numerose minacce, il ruolo e la forma dell'icona si modificano ulteriormente: lo stile gioca sull'uso della luce, che invade la superficie contribuendo a creare un'aura che avrà la funzione di guida per esperienze estatiche personali. L'icona infine si trasforma in "oggetto del ricordo" e nella cristallizzazione delle sue forme si manifesta il desiderio di tenere in vita una tradizione ormai perduta. L'icona come portatrice di mutevoli significati. La pittura di icone è costituita anche da un nucleo di archetipi fissi, e il ruolo principale della ricerca sulle icone sembra quello di dover catalogare tali tipi immutabili. E' emerso, in seguito alle fasi di prima catalogazione delle icone, che il nome e il tipo di un'icona coincidono più raramente di quanto possa sembrare. Nel primo periodo, infatti, le icone non disponevano di alcun titolo di riferimento all'immagine ma

Al massimo del nome del santo da essere rappresentato, fu solo dopo le controversie iconoclastiche che vennero attribuite titolazioni più estese e precise. Ad esempio all'icona di Maria per la prima volta fu attribuito il titolo teologico di Made di Dio (Theotokos), essa riportava di solito solo il nome della Chiesa in cui era collocato un suo originale o un titolo che si riferiva ad una sua qualità eminente. In alcuni casi il titolo si riferiva soltanto ad un aspetto particolare del dogma e quando si dimostrò che il nome dell'attributo non appartiene ad un tipo ma che è il completamento di un'associazione teologica, l'immagine di Maria divenne fonte di scoperta di nuove formule che si richiamavano vicendevolmente e che si combinavano in modi diversi. Quando si è cominciato a notare che tipi e nomi erano liberamente associabili, data l'autonomia dei loro significati, per lo studio delle icone si è aperto un nuovo campo di indagini.

Il ruolo parlante dell'icona si basa sull'applicazione all'immagine di intonazioni e argomentazioni di antichissima memoria, formulate prima della comparsa di immagini che le potessero tradurre o supportare. Lo stesso vale per i dibattiti teologici che sono stati solo successivamente tradotti simbolicamente in immagini. Alle stesse tipologie di icone sono assegnate quindi diverse funzioni e non è sempre semplice distinguere una forma nota investita di una nuova funzione o viceversa una funzione consolidata concretizzata in una nuova forma.

Un approccio teologico allo studio delle icone

Dopo aver analizzato l'approccio metodologico di Belting e dopo aver scandagliato la problematica di storicizzazione delle icone, è doveroso ora presentare il punto di vista di una personalità emblematica all'interno del panorama del pensiero scientifico e filosofico russo del primo Novecento.

L'approccio del matematico, linguista, filosofo Pavel7 muove da base teoriche del tutto diverse da quelle di Belting, le sue analisiFlorenskijsono inseritein una prospettiva teologico-filosofica. Durante il suo periodo di studi, che spaziarono dallafisica alla filosofia, Florenskij entrò in contatto con i principali esponenti del Simbolismorusso e nel 1910 diventò sacerdote pur proseguendo gli studi in tutti i suoi campi diinteresse. Tra il 1918 e il 1919 aumenta il suo interesse in confronti dell'arte sacra antico-russa.Il saggio "Iconostasi" rappresenta una sintesi del pensiero di Florenskij e deveessere inserito nel contesto della rinascita religiosa russa dell'inizio del XX secolo edell'ascesa del movimento simbolista. Alcuni esponenti del simbolismo artisticoapprofondirono con molto interesse alcuni aspetti dell'arte iconografica orientale, a partiredal caso più famoso di Klimt che dichiarò di trarre ispirazione per.le sue opere dai mosaicibizantini ad artisti che si cimentavano anche nella realizzazione di icone. Questo interessefu teorizzato da alcuni esponenti del simbolismo stesso, il concetto di immagine sacraveniva posto come intrinseco alla coscienza estetica dell'epoca ed era capace di svelareinesplorate coincidenza tra iconografia antico-russa e avanguardia europea.

Iconostasi nasce dall'esigenza di affermare la veridicità del canone religioso della Chiesarussa rispetto alle nuove avanguardie artistiche, la ricerca della verità, secondo Florenskij,non può che trovarsi inserita all'interno della tradizione. La parte iniziale del saggio attualenon è stata scritta prima del 1921, in essa l'iconostasi si configura come "soglia" tra duemondi, in cui le icone sono costituite di luce. Le tecniche pittoriche sono descritte neiminimi dettagli e tali descrizioni sono dense di significati simbolici, il procedimento dellacreazione artistica.

si configura quindi come mezzo per far emergere dal piano figurativo il sembiante sacro. Il tema della soglia valicabile tramite l'estasi appare dominante in tutto il testo, essa rappresenta il passaggio tra due sfere all'interno della celebrazione del culto7.

P. Florenskij, Iconostasi saggio sull'icona, Milano, Medusa, 2008 ma diventa anche simbolicamente il confine superato dal pittore di icone, la cui anima si estasia dal mondo terreno per raggiungere quello celeste.

Le conclusioni di Florenskij considerano l'icona molto più che una testimonianza sociale o religiosa, essa è manifestazione di qualcosa di superiore, essa non raffigura semplicemente un santo testimone, essa è in se stessa il testimone stesso. L'icona si svuota di senso se studiata esclusivamente come monumento dell'arte cristiana, poiché è il Divino stesso che attraverso le icone ci insegna.

Conclusioni

Nel corso di questa trattazione abbiamo fissato alcune premesse

iniziali che hanno avuto lo scopo di focalizzare alcuni approcci metodologici allo studio delle icone. Le teorie di Hans Belting aprono le pagine di questo lavoro proprio perché hanno lo scopo di indagare il ruolo e il significato che l'icona ha avuto per la società bizantina e non solo. La divisione teorica tra Storia dell'Arte e Storia delle immagini apre una riflessione più ampia sullo studio di determinati manufatti artistici. Quando l'analisi di un manufatto non mette in campo solo competenze storico artistiche ma coinvolge svariate discipline, è proprio in funzione al significato sociale che tale tipologia di oggetti artistici hanno avuto nella storia. Nel caso dell'icona questa dicotomia è evidente proprio perché il suo studio mette in campo discipline differenti e ognuna sviluppa particolari riflessioni e approcci. Le produzioni artistiche del contesto bizantino e della Chiesa orientale, sono state nei secoli analizzate con

presupposti che derivavano dalla creazione di un immaginario particolare, esso aveva il potere di conferire alle opere stesse un carattere ultraterreno e contribuiva alla fossilizzazione di stereotipi che affiorano ancora oggi. Nei secoli molti studiosi si sono cimentati nella storicizzazione delle icone, incorrendo in evidenti difficoltà date proprio dalle caratteristiche formali delle icone stesse. La ripetibilità, gli archetipi e la standardizzazione delle forme, hanno contribuito a rendere incerti molti tentativi di periodizzazione, e anche quando si è cercato di risalire alle cause della standardizzazione stessa sono stati riscontrati diversi problemi. Le prime ricerche di Didron in questo campo hanno aperto un dibattito storiografico sulla datazione del Manuale di pittura del monte Athos, che ha rivelato come in realtà gli standard nella produzione di icone contenuti in questo testo siano stati ripresi sicuramente dal contesto bizantino ma che siano stati.

fissatisolo nel XVIII secolo. L'icona, storicamente oggetto di controversie teologiche, è anche intempi recenti motivo di discussione

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
11 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/07 Civiltà bizantina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Anna000L di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte bizantina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Ca' Foscari di Venezia o del prof Zavagno Luca.