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APPROFONDIMENTO

• Perché si parla così tanto di Raffaello?

Raffaello Sanzio era un famoso pittore di madonne.

In un capitolo del libro “Pinacoteche di parole”, Patrizio Collini inserisce appositamente un

capitolo intitolato “La leggenda nera” di Raffaello in cui parla dei destini dei pittori nella

letteratura romantica intorno al 1800, i quali si pongono sotto il segno del lutto e dello

scacco.

La storia del primo artista romantico, il Franz Sternbald di Tieck – un pittore che ha

smesso di dipingere -, assomiglia a una odissea e a un calvario le cui stazioni lo

conducono da Dürer a Raffaello, e da Raffaello nella terra di nessuno di una crisi psichica

dilaniante e senza fine. Non altrimenti dalle Herzensergießungen (le Effusioni) di

Wackenroder la cui prima cronaca è sì dedicata al “divino Raffaello”, che come in sogno e

con una sprezzatura veramente “divina” dipinge le sue visioni oniriche: ma nel passaggio

alle altre vite di pittori si è, non raramente, testimoni del naufragio di artisti ambiziosi che

falliscono, non ultimo, proprio nel vano tentativo di imitare l’inimitabile perfezione di

Raffaello.

Così nell’opera di W., vediamo come Francesco di Francia si consuma poco a poco e

muore nella consapevolezza della irraggiungibilità di un modello incomparabile. Il perché

di questi tragici destini di pittori viene spiegato, sia i Tieck che in Wackenroder, in modo

indiretto e paradossale: la pittura non costituisce più il medium adatto a restituire quella

realtà in repentino cambiamento di fine secolo che sta nel segno della Rivoluzione e del

rivoluzionamento di tutte le forme di vita di tutte le percezioni. Solo un’arte priva di

immagini e in perpetuo divenire come la musica può essere all’altezza di questa

mutazione epocale. Per questo, nell’ultima pagina del romanzo, il pittore Sternbald – che

ha ormai smesso di dipingere – ci viene presentato mentre sta intonando un lied,

accompagnandosi con la cetra come un nuovo Orfeo. E, ancora più drammaticamente, le

Herzensergießungen ci conducono da una pittura sempre più rivolta al passato alla –

nell’ultima cronaca – musica di passione di Berglinger, primo musicista romantico e primo

artista contemporaneo, in cui trovano espressione “alle Schmerzen des Leidens”.

Quando, più tardi, nella letteratura romantica si parlerà di pittura e di pittori, questi

verranno visti nel prisma di quel fallimento originario: lo stesso Raffaello, il dio luminoso

della pittura, potrà ormai essere accolto e tollerato in un racconto romantico, solo in

quanto egli venga contagiato da quel nero morbo nordico düreriano.

Questo ottenebramento dell’immagine raffaellesca si compie nel modo più eclatante nel

racconti di Arnim “Raphael und seine Nachbarinnen” (1824), nel quale – rispetto a Tieck e

Wackenroder – viene presentata un’immagine antitetica di Raffaello. Questo vero e proprio

“racconto notturno” (in senso letterale, vista l’ambientazione notturna: e ciò anche ai sensi

dell’”ut pictura somnium” arminiano, “il sogno nella pittura”) ci presenta un Raffaello

tormentato da visioni notturne e da spettri, con un clamoroso rovesciamento, così, dello

stereotipo raffaellesco protoromantico. Che questa immagine notturna di Raffaello non sia

solo un’invenzione tardo-romantica, è dimostrato da una celebre incisione di Marcantonio

Raimondi, importante incisore italiano.

Si tratta del cosiddetto Sogno di Raffaello – piuttosto un incubo, la cui concezione risale

forse allo stesso Raffaello – che presenta il sonno e il sogno come gemelli della morte. Il

Sogno presenta in primo piano due donne nude immerse nel sogno, che si svelano come

un’unica figura femminile colta in quel preciso momento in cui l’io sognante, nell’atto di

sognare, si sdoppia. Figure mostruose spiano di nascosto la bella addormentata e sono in

procinto di avvicinarsi a lei. Si tratta di un vero e proprio fiammeggiante scenario infernale.

Il Raffaello di Wackenroder è animato e guidato dall’ispirazione divina, Arnim vuole

dimostrare come l’inconscio e l’istintualità siano dominanti nell’arte di Raffaello. Sebbene

la struttura tripartita del racconto rinvii alle tre fasi canoniche dell’opera di Raffaello (Zu

Raphaels Psyche / Zu Raphaels Madonnen / Zu Raphaels Verklärung), la narrazione verte

soprattutto sugli affreschi della Farnesina che già presso i contemporanei avevano

suscitato stupore e biasimo, non ultimo a causa della loro oscenità.

I titoli dei tre capitoli in cui si articola il racconto di Arnim potrebbero far pensare a un

processo di sublimazione, che conduce Raffaello a ritroso dal cosiddetto “elemento

animale”, alle Madonne, cui è dedicato il secondo capitolo (e che occupano uno spazio

intermedio fra l’elemento pagano e quello cristiano), fino alla finale sublimazione

(esaltazione spirituale) nell’ultimo capitolo intitolato alla Trasfigurazione. Ma i conti non

tornano: quella psiche notturna e sinistra di Raffaello, cui è dedicato il primo capitolo,

appare nel secondo capitolo tutt’altro “purificata”, dato che qui si apprende che il modello

di quelle Madonne celestiali è costituito dall’inquietante scultura in marmo di una dea

pagana, cui è dedicata una memorabile scena notturna nel racconto. E tanto meno

“purificata” appare la psiche di Raffaello nell’ultimo capitolo, giacché proprio in quest’ultima

parte, dedicata all’ultimo capolavoro del Maestro, viene introdotto quell’uomo-scimmia

(Bäbe) che di notte dipinge la Galatea diretto da un Raffaello in stato di trance. Nel suo

racconto, Arnim ci mostra non solo come i fiori più belli affondano le loro radici nelle più

oscure profondità, ma anche come una sublimazione non sia affatto necessaria affinché

sorga la grande arte.

E’ però grande merito di E.T.A. Hoffmann aver posto per primo un quadro di Raffaello al

centro di un racconto notturno. Ad una prima lettura, la teoria del pittore Berthold (in Die

Jesuiterkirche in G.) che diventa folle e assassino pere infine togliersi la vita, nel vano

tentativo di dipingere la Sacra Famiglia nello stile di Raffaello, può apparire come una

versione attualizzata della storia wackenroderiana di Francesco di Francia. Ma l’imitazione

della grande arte del passato non può più essere il problema di Hoffman che si è ormai

definitivamente congedato dal principio dell’imitazione e che considera se stesso anzitutto

come un compositore, facendosi guidare nella sua visione dell’arte più da princìpi musicali

e dall’estetica schlegeliana (segno dell’arabesco e geroglifico). Pertanto la massima

ambizione dei pittori diventa quella di introdurre la musica nel quadro. E ciò che si vede

nel singolare specchio opaco dell’arte hoffmanniana non è tanto un riflesso oscuro della

vita segreta dell’io, bensì l’incessante metamorfosi di una soggettività scissa e

frammentata.

Una pittura sonora e musicale rimane pure il sogno inadempiuto del pittore Berthold, in

cammino verso la creazione di una grande opera mai vista.

Tragica o ironica e paradossale ci appare così la vicenda del pittore di Hoffmann al quale,

nell’aspirazione alla grande opera originale, riesce solo la copia abbastanza fedele di un

capolavoro già esistente: e tutto questo a prezzo della sua vita e di quella delle figure là

rappresentate.

Novalis “Die Welt muss romantisiert werden.”

“Heinrich von Ofterdingen”

Si tratta del romanzo più importante per i romantici.

Esso parte dalle stesse premesse del Wilhelm di Goethe, infatti è un Bildungsroman e un

Kunstlerroman. Ma, mentre Wilhelm alla fine del romanzo diventa medico e abbandona

l’arte, Enrico vorrebbe diventare proprio tutto ciò che Wilhelm non diventa. Quindi, se

Goethe frena il suo personaggio, Novalis lascia al contrario che il suo Enrico si dedichi

completamente all’arte. Goethe ambiva infatti a un equilibrio tra arte e vita, mentre per

Novalis l’arte doveva essere il modello della vita, ecco perché Enrico fa della vita un’arte.

E il suo è un viaggio onirico in un mondo poetizzato e quindi potenziato qualitativamente.

Novalis infatti sosteneva che: <<Il mondo deve essere romanticizzato. Così si ritrova il

senso originario. Romanticizzare non è altro che un potenziamento qualitativo. L’io

profondo viene identificato in questa operazione con un io migliore […] Se attribuisco a ciò

che è comune un aspetto misterioso, al noto la dignità dell’ignoto, al finito un’apparenza

infinita, io la romanticizzo.>>

In altre parole, “l’artista diventa colui che riesce a vedere l’infinito che sta dietro il finito. La

bellezza è l’infinito nel finito” (Schelling).

Ad ogni modo, un altro punto di separazione fra i due romanzi è che il Wilhelm rimane

frammentario perché Goethe era preda egli stesso di questo dissidio interiore, mentre il

romanzo di Novalis resta frammentario per la morte dell’autore.

Trama e struttura

L’Enrico è diviso in due parti. La prima, costituita da nove capitoli, prende è intitolata “die

Erwartung” (l’attesa), mentre la seconda, rimasta incompiuta è, paradossalmente,

chiamata “die Erfüllung” (il compimento, appunto).

Il romanzo si apre con una Dedica, nella quale il poeta si rivolge all’amata con il tanto

ricercato Tu, a dimostrazione che l’anima del poeta ha finalmente trovato la propria

interlocutrice ideale, favorita.

Il nucleo narrativo del capitolo primo è costituito dal sogno di Enrico. Esso allude al

percorso che attende il protagonista, e permette di inquadrare la vicenda nella cornice

iniziatica.

Nel capitolo successivo assistiamo alla preparazione del viaggio che Enrico compierà con

la madre alla volta di Augusta, dove si trova il nonno materno. Il risveglio dal sonno non è

un mero ritorno alla realtà, bensì un’attesa, l’attesa di una trasfigurazione del mondo,

trasfigurazione che è però silenziosamente già in cammino. Tale cammino corrisponde

all’avvicinamento di Enrico alla poesia. Iniziato il viaggio, egli sperimenta il sentimento

dell’estraneazione, quel sentimento che conduce l’uomo nelle profondità più recondite di

se stesso. Nel colloquio con i mercanti, che accompagnano Enrico durante il viaggio,

emerge il ruolo prefigurato del poeta, ossia quello di risvegliare tramite l’arte della p

Dettagli
A.A. 2016-2017
68 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/13 Letteratura tedesca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher liberatrottalive di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Cultura e letteratura tedesca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Macerata o del prof Padularosa Daniela.