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A. Tullio e Valeria

1. Articolo 110, art. 605, art. 61 numero 2

Aggravante del nesso teleologico: reati commessi per occultare un precedente reato. il

fatto di reato è facilmente descrivibile = limitazione della libertà personale. Forse si applica

il 613 dal momento che c’è la creazione di uno stato di incapacità non previsto dalla

norma.

B. Gambadilegno

1. Articolo 110, art. 605, art. 61 numero 2

IV. Serie di tentativo di omicidio

A. Tullio e Valeria

1. Articolo 110, articolo 56, articolo 575, aggravato articolo 576 numero 1,

numero 4, articolo 577 numero 4 in relazione al 61 numero 4.

Vengono in considerazioni diverse aggravanti:

nesso teleologico,

premeditazione (= permanenza dell’intento criminoso, macchinazione e predisposizione

dei mezzi per raggiungere lo scopo),

numero 4: inerisce alle qualità del soggetto attivo.

crudeltà e sevizie (= inflizione di sofferenza non necessaria per raggiungere lo scopo).

Per poter pervenire alla conclusione che ci sia stato un tentativo di omicidio occorre:

(1) Il delitto non è consumato, non si realizzano tutti gli elementi della fattispecie.

(2) sono stati commessi atti diretti in modo non equivoco a cagionare il delitto? La risposta

è senz’altro positiva anche se si adotta la nozione che fa coincidere l’atto non equivoco

con quello esecutivo del delitto. Siamo senza dubbio in presenza di atti esecutivi dal

momento che si è iniziato a usare il mezzo prescelto per raggiungere il proprio scopo. L’aver

gettato topolino in acqua con la pietra legata al piede = è un chiaro atto che dà

esecuzione al proposito criminoso.

(3)sono atti idonei? Potrebbe essere sollevato un dubbio a seconda di come si conduce il

giudizio sull’idoneità: >prognosi postuma a base parziale >prognosi postuma a base totale

è in questo caso rilevate poiché sul luogo del delitto c’è la presenza di Pippo che è

circostanza idonea a neutralizzare il rischio. Giudizio a base totale: occorre tener in

considerazione tutte le circostanze presenti al momento del compimento del fatto

ancorché non conosciute né conoscibili dall’agente e dunque anche la presenza di Pippo

che è idonea a schermare il rischio giungendo così alla conclusione della non idoneità

degli atti. Giudizio a base parziale: tener in considerazione solo le circostanze conosciute e

conoscibili dall’agente e quindi non la presenza di Pippo, si giunge alla conclusione della

idoneità degli atti, effettività del pericolo. Il criterio di prognosi postuma a base totale è

compatibile con il riconoscimento di un tentativo? Dovendo tener conto di tutte le

circostanze del fatto concreto cioè di tutte le situazioni che neutralizzano il pericolo, posto

che posso parlare di tentativo poiché il delitto non si è realizzato = inidoneità del tentativo

perché c’è la circostanza che neutralizzando il pericolo non fa consumare il fatto. la

presenza di circostanze neutralizzanti va valutata al momento dell’azione, non si deve tener

conto delle circostanze sopravvenute al momento della condotta cioè se successivamente

interviene un “salvatore” è circostanza che non esisteva e allora non possono essere tenute

in considerazione nel giudizio. Comunque, ogni ordinamento nel caso concreto

adotterebbe un giudizio a base parziale e non totale per non rinunciare alla pretesa

punitiva. Elemento soggettivo: nel tentativo è necessario un dolo intenzionale non essendo

sufficiente un dolo eventuale.

Siamo in presenza di circostanze che possono già essere applicata alla condotta

(partecipazione, premeditazione, sevizie). La valutazione dell’estensibilità delle circostanze

ai concorrenti sono l’articolo 118 = si comunicano solo le circostanze che non ineriscono al

solo soggetto o che comunque sono tutte condivise, articolo 59 comma 2 = colpa.

Si procede congiuntamente contro Valeria e Tullio che sono i co autori, mentre

Gambadilegno è concorrente morale e istigatore, colui che ha dato l’ordine.

V. Tentativo di omicidio

A. Gambadilegno

1. articolo 56, articolo 575

Tipica situazione di dolo d’impeto cioè una risoluzione che sorge in modo immediato

nell’animo del soggetto agente.

RISCHIO SANZIONATORIO

Una giurisprudenza consolidata escludeva a priori che potesse crearsi una continuazione

tra l’associazione per delinquere e i singoli reati fine sulla base dell’idea che l’associazione

per delinquere deve avere un programma aperto e indeterminato che è l’esatto contrario

del disegno criminoso di cui all’articolo 81 comma 2. Il medesimo disegno criminoso implica

una programmazione del piano criminoso e questa programmazione impone che già al

momento della costituzione dell’associazione per delinquere o dell’associazione esistesse

di già. Nel caso concreto di Topolino l’associazione è costruita per realizzare le rapine

compiute nei giorni successivi, associazione che nasce con uno scopo necessariamente

aperto ma caratterizzato già nel momento genetico dell’associazione con un piano

criminoso definito e chiaro. La giurisprudenza recente ritiene che la compatibilità tra

l’associazione per delinquere e i delitti scopo sia una queastio facti che il giudice deve

risolvere caso per caso: valutando se nel momento in cui l’associazione è costituita o nel

momento in cui il soggetto entra a farvi parte ci fosse o meno un piano criminoso sufficiente

determinato, riconoscendo la continuazione con quei delitti che facevano parte

dell’originario disegno criminoso. Il disegno criminoso per altro deve essere individuato nelle

sue linee essenziali e questo non esclude che delitti ulteriori possano essere decisi man

mano per realizzare meglio il disegno e allora questi sono potenzialmente assorbiti dalla

continuazione. La pena sarà determinata allora unitariamente e non come somma di

ciascuno = pena per la violazione più grave aumentata fino a 1/3. La violazione più grave

si deve guardare al massimo edittale tenendo in considerazione delle circostanze sulla

consumazione e tentativo, la pena di riferimento è quella prevista per il tentativo di

omicidio. Valutare la pena massima che potesse essere determinata se il delitto fosse

consumano, poi la diminuzione da 1/3 a 2/3 ex articolo 56.

OMICIDIO VOLONTARIO AGGRAVATO: pena massima >ergastolo. Articolo 56 comma 2

 > se la pena prevista è l’ergastolo = la pena non è inferiore ai 12 anni e il massimo lo si

ricava dall’articolo 23 cioè 24 anni.

RAPINA PLURIAGGRAVATA: articolo 628 comma 3.

Se ci sono più aggravanti a effetto comune il primo aumento è fatto sulla pena base e il

secondo aumento è fino a 1/3 della pena già aumentata la prima volta. (articolo 63

comma 2)

Se c’è una circostanza a effetto speciale e una a effetto comune: applicare prima la

circostanza e effetto speciale determinando così la pena, poi su questa si applica

l’aumento fino a 1/3 della circostanza a effetto comune.

Se concorrono più circostanze a effetto speciale si applica soltanto la pena stabilita per la

circostanza più grave, cioè si sceglie quella che determina il maggior aumento e il giudice

ha la facoltà di aumentare la pena fino a 1/3.

Tutte le circostanze previste per la rapina sono previste nel comma 3: la giurisprudenza

oscilla: ritiene che tutte siano applicabili perché tutte differenti o ritiene che basta che ne

sussista una e la presenza di più circostanze non cambia nulla.

Ipotesi più favorevole: pena massima > 20 anni più 1/3 = 26 anni e 8 mesi di reclusione.

Ipotesi più sfavorevole; pena ad esempio di 10 anni > aumentata di 1/3 e poi ancora

secondo il numero di circostanze presenti nel caso concreto, con il limite che la pena non

può essere superiore al triplo. REATO OMISSIVO IMPROPRIO

Articolo 40 comma 2: permette di punire come autore chi non abbia impedito l’evento di

reato che aveva l’obbligo giuridico di impedire. In combinato con l’articolo 110 permette

di punire chi non abbia impedito a un terzo di commettere un fatto di reato che il partecipe

aveva l’obbligo giuridico di impedire. Tuttavia questa via non è condivisa da tutti gli autori

poiché taluno dice che non c’è alcun accordo tra chi compie il fatto e chi non impedisce,

dal momento che se ci fosse questo accordo allora non si parlerebbe di omissione ma di

concorso commissivo, sebbene attraverso un concorso solo morale. Indicare il 110 per far

capire quale è la differenza strutturale: un conto è non intervenire in un decorso naturale di

avvenimenti (=non impedire la morte di un paziente già ammalato), un altro è non impedire

un fatto di reato commesso da un’altra persona. L’articolo 40 sembra coprire solo la prima

delle ipotesi, ma l’interpretazione pacifica è che si applichi anche a chi non impedisce

l’altrui condotta che costituisce il reato e il 110 è invocato solo nell’ipotesi in cui chi compie

materialmente il reato non impedito l’ha fatto con dolo, rispettati i principi generali secondo

cui si concorre solo in un reato doloso. Il mancato impedimento di un reato colposo da

parte di un altro soggetto non pone un problema di 110, ma è un problema di responsabilità

personale ex articolo 40 comma 2. Esempio: medico capo che non interviene sulla

condotta del medico subordinato che sta commettendo un errore che ha come

conseguenza la morte non risponde ex articolo 110, ma ex articolo 40 comma 2 come

autore dell’omicidio colposo. Sia nel caso di mancato impedimento di un evento

naturalistico, che nel caso di mancato impedimento di un reato il presupposto logico è che

si escluda un contributo attivo del soggetto rispetto alla verificazione dell’evento. Ipotesi:

medico che ha fatto qualcosa rispetto al paziente poiché ha somministrato o prescritto

degli esami, la prima cosa da chiedersi è: la morte del paziente deriva causalmente dalla

condotta che ha compiuto il medico oppure quello che gli si rimprovera è il non aver fatto

nulla per interrompere il decorso causale? Cambia completamente la modalità di

accertamento della causalità: nel primo caso è una condotta commissiva poiché

bisognerà trovare quella legge scientifica di copertura ed escludere i decorsi causali

alternativi, nel secondo caso è un comportamento omissivo che richiede un giudizio

ipotetico e controfattuale. Ipotesi: madre che non impedisce le violenze del marito sulla

figlia se la condotta della madre ha contribuito al perpetrarsi delle violenze, non c’entra

>

il 40 comma 2 poiché è un contribut

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
27 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giulia.monti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale progredito e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Viganò Francesco.