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INDICE SEZIONE QUINTA
La produzione del plusvalore assoluto e relativo
CAPITOLO 14°
- Lavoro produttivo.
Quando si è analizzato il processo lavorativo, considerandolo come processo di ricambio organico fra uomo e natura, è stato detto che il lavoro appare in esso, immediatamente, come lavoro produttivo. Però si è notato che la definizione del lavoro produttivo, quale risulta dal processo lavorativo semplice, non è più sufficiente per il processo di produzione capitalistico. Si tratta ora di sviluppare ulteriormente l'argomento.
Finché il processo lavorativo è attività individuale, lo stesso lavoratore riunisce in sé tutte le funzioni che successivamente si separano. Come egli non può operare senza mettere in moto i propri muscoli sotto il controllo del proprio cervello, così il processo lavorativo riunisce lavoro intellettuale e lavoro manuale. Più tardi però questi si scindono fino all'antagonismo.
Il prodotto diventa in generale, da opera immediata del produttore individuale, risultato sociale di un lavoratore complessivo. Col sopravvento del carattere cooperativo del processo lavorativo si amplia il concetto di lavoro produttivo e del suo agente: il lavoratore produttivo. A questo punto per lavorare produttivamente non è più necessario porre mano personalmente al lavoro, basta essere organo del lavoratore complessivo e svolgere una qualsiasi delle funzioni subordinate. Di conseguenza, la definizione data del lavoro produttivo, se non vale più per ogni lavoratore singolarmente considerato, resta pur sempre valida per il lavoratore complessivo. Per contro, dal punto di vista del processo di valorizzazione, il concetto di lavoro produttivo si restringe alquanto. La produzione capitalistica non è soltanto produzione di merce, è essenzialmente produzione di plusvalore. L'operaio non produce per sé, produce per il capitale. Non è
Sufficiente che l'operaio produca in genere, deve produrre plusvalore. Quindi è produttivo soltanto quell'operaio che produce plusvalore. Qui il concetto di operaio produttivo non implica soltanto una relazione fra attività ed effetto utile, ma importa un rapporto di produzione storico, in cui l'operaio è il mezzo diretto della valorizzazione del capitale. Nel IV Libro si vedrà come l'economia politica classica abbia fatto, nelle sue diverse scuole, della produzione di plusvalore la caratteristica discriminante dell'operaio produttivo.
Riepilogando. Produzione del plusvalore assoluto: prolungamento della giornata lavorativa oltre il tempo in cui l'operaio produce soltanto l'equivalente del valore della propria forza-lavoro e appropriazione del pluslavoro da parte del capitalista. Essa costituisce la base del modo di produzione capitalistico e il punto di partenza della produzione del plusvalore relativo.
plusvalore relativo: fin dal principio la giornata è divisa in due parti; il lavoro necessario e il pluslavoro. Per prolungare il pluslavoro viene accorciato il tempo di lavoronecessario, mediante procedimenti che servono a produrre in meno tempo l'equivalente del salario. Ciò è possibile soltanto rivoluzionando da cima a fondo i processi tecnici del lavoro e la sua organizzazione sociale. La produzione del plusvalore relativo richiede dunque l'esistenza del modo di produzione capitalistico. Pertanto, se nella produzione del plusvalore assoluto la sottomissione del lavoro al capitale è semplicemente formale; nella produzione del plusvalore relativo essa diviene effettiva e reale. L'operaio viene incatenato al capitale. 52 Sotto un certo aspetto la differenza fra plusvalore assoluto e plusvalore relativo sembrerebbe illusoria. Il plusvalore assoluto è relativo in quanto implica una tale produttività del lavoro che permette di limitare
Il tempo di lavoro necessario ad una parte soltanto della giornata lavorativa. Il plusvalore relativo è assoluto in quanto implica un prolungamento della giornata lavorativa al di là del tempo necessario per l'esistenza dell'operaio. Tale parvenza di identità scompare però ben presto appena si considera il movimento del plusvalore. Una volta che il capitalismo è divenuto il modo di produzione generale la differenza fra plusvalore assoluto e plusvalore relativo emerge chiaramente non appena si vuole far salire il saggio del plusvalore. Infatti, presupposto un limite alla giornata lavorativa, il saggio del plusvalore può crescere soltanto mediante la variazione delle parti costitutive di essa; cioè con l'aumento dell'intensità del lavoro. Viceversa, data la forza produttiva del lavoro e il suo grado normale di intensità, il saggio del plusvalore può crescere soltanto mediante il prolungamento assoluto.
Della giornata lavorativa. Evidentemente fino a quando l'uomo ha dovuto impiegare il suo tempo per conservare sé stesso nessun plusvalore è stato possibile. E' stato necessario raggiungere un certo grado di produttività del lavoro affinché una parte della società potesse vivere del lavoro altrui. A sua volta questo grado di produttività non ha alcunché di mistico. Solamente da quando gli uomini con il loro lavoro sono usciti dai primi stadi animali e questo ha raggiunto un certo sviluppo sociale, solo da allora sono originati rapporti, in cui il sopralavoro degli uni è diventato la condizione di esistenza degli altri. Agli inizi della civiltà le forze produttive sono esigue, ma esigui sono i bisogni ed è pure infima quella parte della società che vive del lavoro dei produttori diretti. Man mano progredisce la forza produttiva del lavoro la parte della società, che vive del lavoro altrui, cresce tanto.
In senso relativo quanto in senso assoluto. Del resto il rapporto di produzione capitalistico germoglia su di un terreno economico che è il risultato di un lungo svolgimento storico. La produttività del lavoro, esistente al suo esordio, abbraccia la storia di migliaia di secoli.
Se ora prescindiamo dalla forma specifica della produzione sociale vediamo che la produttività del lavoro risente l'influenza delle condizioni naturali, che possiamo ricondurre tutte quante al carattere dell'uomo (come razza) e della natura che lo circonda. Tali condizioni naturali dal punto di vista economico possono essere raggruppate in due classi: a) ricchezza naturale dei mezzi di sussistenza (fertilità del suolo, pescosità delle acque, ecc.); b) ricchezza naturale dei mezzi di lavoro (cascate, fiumi navigabili, legname, minerali). Agli inizi della civiltà la prima forma di ricchezza naturale è la più decisiva; in un secondo
momento invece è laseconda forma che acquista più importanza. Quanto più è basso il numero dei bisogni da soddisfare e maggiore la fertilità del suolo e la mitezza del clima, tanto minore è il tempo necessario per la conservazione e riproduzione del produttore. Considerando la produzione capitalistica, e fatta astrazione da tutte le altre circostanze, la grandezza del pluslavoro varierà con le condizioni naturali del lavoro. Ovviamente le condizioni naturali favorevoli forniscono soltanto la possibilità del sopralavoro, mai la realtà di esso. Le differenti condizioni naturali del lavoro fanno sì che il tempo necessario di lavoro sia differente in circostanze altrimenti analoghe; e quindi determinano il punto dal quale può cominciare il lavoro per altri; mai questo lavoro stesso. Perché una parte della società sia costretta a lavorare al di là del tempo necessario per conservarsi, e aINDICE CAPITOLO 15°
VARIAZIONE DI GRANDEZZADEI PREZZI DELLA FORZA-LAVOROE NEL PLUSVALORE
- Fattori delle variazioni.
Il valore della forza-lavoro, come è stato detto più volte, è determinato dal valore dei mezzi disussistenza occorrenti all’operaio medio. La massa dei mezzi di sussistenza in un’ epoca data èperfettamente determinata, anche se la forma di essi varierà. Perciò
può assumersi come grandezza costante. Nel determinare il valore della forza-lavoro entrano anche i seguenti fattori:
- le spese del proprio sviluppo;
- la differenza naturale.
Tali fattori restano esclusi dalla presente indagine. Supposto che le merci vengano vendute al loro valore e che il prezzo della forza-lavoro non scenda mai al di sotto del suo valore, benché possa salire, si trova che la grandezza relativa del prezzo della forza-lavoro e del plusvalore sono determinate da tre coefficienti:
- La durata della giornata lavorativa;
- L'intensità normale del lavoro;
- La forza produttiva del lavoro.
Le combinazioni alle quali questi coefficienti possono dar luogo sono molteplici, qui si presentano solo le principali.
I - Presupposti, costante la durata e l'intensità della giornata lavorativa, variabile la forza produttiva del lavoro il valore della forza-lavoro è determinato dalle seguenti tre leggi:
- La giornata lavorativa di
grandezza data si rappresenta sempre nella stessa produzione divalore, comunque vari la produttività del lavoro e con essa la massa dei prodotti ed il prezzo della merce singola.
Il valore creato in una giornata lavorativa ammonta, per esempio, a L. 10.000. Benché col variare della forza produttiva del lavoro aumenti anche la quantità degli oggetti d'uso prodotti, il valore resta invariato. Si ripartisce su una quantità maggiore di merci.
54b) Valore della forza-lavoro e plusvalore variano in direzione inversa l'uno nei confronti dell'altro. Un aumento o una diminuzione della forza produttiva del lavoro agisce in direzione inversa sul valore della forza-lavoro; nella stessa direzione sul plusvalore.
L'aumento della produttività del lavoro abbassa il valore della forza-lavoro e con ciò accresce il plusvalore. Viceversa la diminuzione della produttività del lavoro aumenta il valore della forza-lavoro e con ciò fa
diminuire il plusvalore. La variazione relativa nel valore della forza-lavoro e nel plusvalore non è però necessariamente proporzionale.