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-LA ROMA DI PAPA URBANO VIII BARBERINI (1623-1644)
BERNINI:DAGLI ESORDI AGLI SVILUPPI NEGLI ANNI VENTI
Gian Lorenzo Bernini, nato a Napoli nel 1598, giunge a Roma con la famiglia nel 1605. Con il
padre Pietro, scultore fiorentino, inizia la sua prima attivita' nella chiesa di Santa Maria
Maggiore durante i lavori per la cappella di Paolo V e poi con una serie di sculture in
collaborazione con lui, come il San Sebastiano, in cui la lettura dell'arte antica e la cultura
manierista si presentano con grande liberta' espressiva.
L'occasione per farsi conoscere arriva quando Scipione Borghese gli ordina il gruppo di Enea e
Anchise (1618) . SE la posa dei corpi intrecciati ricorda i precedenti cinquecenteschi, gia' e'
manifesta la sua straordinaria capacita' di lavorare il marmo con effetti di naturalezza estrema.
Le superfici prendono vita grazie all'attenta osservazione del vero, che qui serve per rendere
evidenti le tre eta' dei personaggi attraverso le caratteristiche fisiche dei corpi. L'artista realizza
in scultura le tendenze naturali proposte dal caravaggismo unite alla pastosita' e tenerezza della
pittura neoveneta e neocorreggesca, proprio allora riscoperte in pittura. Il cardinale Borghese,
grande collezionista, promotore delle arti e principale mecenate del giovane Bernini, e' colpito
dal risultato e chiede un altro gruppo per la propria villa, l'attuale Galleria Borghese. Il Ratto di
Proserpina, scolpito in poco piu' di un anno, tra la primavera del 1621 e l'estate del 1622, narra
il momento culminante quando Plutone, abbracciata con forza la giovane che disperata lo
respinge, la sta per trascinare negli Inferi. Un geniale talento permette all'artista di scolpire
dettagli finissimi, come le lacrime di Proserpina, i riccioli della barba di Plutone mossi dalla foga
dell'atto e i segni che le mani potenti del dio lasciano sulla coscia e il fianco di lei. Accanto a
questo, emerge la grande novita' proposta qui da Bernini e portata a piena risoluzione con le
opere subito successivo, il Nettuno (1622), David e Apollo e Dafne. Si tratta di una nuova
moderna concezione dela scultura, che invade lo spazio dello spettatore e lo coinvolge con la
forte illusione che il movimento accada li', in quel preciso momento. Le sculture mostrano il
punto culminante di una atto transitorio bloccato nell'eternita', ma insieme sempre replicato;
l'emozione delle figure si trasmette nello spazio reale vissuto dallo spettatore. L'opera e'
concepita non per girarci intorno, ma per una visione frontale. Il Ratto fu donato da Scipione al
cardinale Ludovisi e nel suo palazzo era addossato a una parete, incorniciato da una porta
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vicino all'ingresso sul giardino. Sul basamento erano incisi alcuni versi di un dialogo tra
Proserpina e un'ipotetica persona che si trovava nel giardino. L'anno dopo Scipione
commissiona il David (1623). Il soggetto sacro e' svolto con un impatto visivo molto forte,
perche' si ribalta il punto di vista e chi si pone di fronte al giovane-colto nell'attimo di massima
tensione prima di lanciare la pietra, come mostra il viso aggrottato e le labbra trattenute-ha il
"ruolo" di Golia ed e' indotto a credere che il colpo sia diretto verso di lui, con effetto di teatrale,
illusionistico coinvolgimento. La concezione dell'arte barocca trova piena e perfetta forma. Su
questa linea e con un risultato straordinario dal punto di vista tecnico, e' l'Apollo e Dafne (1622-
1625): il marmo diventa vivo e subisce la metamorfosi narrata da Ovidio. Le dita e i capelli si
fanno alloro, il corpo corteccia e lo stupore degli occhi di Apollo, che col suo tocco causa tutto
cio', diventa stupore di chi assiste alla scena, e il grido di Dafne sembra riecheggiare nel tempo.
BERNINI PER URBANO VIII:IL PIENO BAROCCO
Con la salita al soglio pontificio di Urbano VIII nel 1623, lo scultore diventa l'assoluto
protagonista in tutti i campi, prestando il proprio genio a molteplici commissioni che coinvolgono
anche la scenografia, la pittura, la scrittura e l'architettura.
Si collocano in questo momento una serie di busti-ritratto unici per risultati e "sospirati" da
prestigiosi committenti-tra i quali tutti e tre i papi a partire da Urbano VIII-disposti ad attendere
pur di averne uno e numerose sono le opere uscite dalla sua bottega nel corso della sua
attivita', conclusa con la morte il 28 novembre del 1680. Anche in questo caso Bernini riesce a
rinnovare il genere. Un esempio mirabile, che ben riassume il senso di queste novita', e' il busto
di Scipione Borghese del 1632, che "veramente e' vivo e spira". Sulla stessa linea e' la
Costanza Bonarelli (1636), opera privata-rimasta nella casa dello scultore e oggi al Bargello di
Firenze-legata a vicende sentimentali dell'artista, in cui la giovane donna e' ritratta con la veste
aperta sul petto, i capelli scomposti appena trattenuti da una treccia a chignon e uno sguardo
mobile, sorpreso e severo allo stesso tempo, che accompagna le parole invisibili che sembrano
uscire dalla bella bocca aperta.
Proiettato nello spazio dal gesto ampio delle braccia e dal moto del pesante panneggio, e' San
Longino, figura monumentale iniziata nel 1628 ma conclusa solo 10 anni dopo, commissionata
da Urbano VIII per le nicchie-reliquiari nei piloni che sorregono la cupola in San Pietro. In
questa prima opera per la basilica della cristianita', Bernini risponde alla necessita' di una
veduta completa, da lontano, della fidura accentuando i contrasti luministici e l'idea di una
visione frontale e pittorica del santo chiuso entro la nicchia. Preceduta dalla cosidetta
Barcaccia, in piazza di Spagna, voluta da Urbano VIII alla fine degli anni venti e raffigurante una
delle navi della flotta papale, la fontana del Tritone, collocata di fronte a Palzza Barberini e
completata nel 1643, evolve il concetto di fontana- che e' uno degli elementi archittetonici e
scultorei che caratterizza l'aspetto urbano della citta' di Roma in questo secolo- grazie alla
fusione tra le figure scolpite e l'acqua. Da una conchiglia aperta e sostenuta dalle code di
mostri marini, emerge all'improvviso il tritone che con forza soffia in una conchiglia facendo
uscire il getto d'acqua. I particolari delle api, delle chiavi e del triregno scolpiti confermano la
committenza e la "presa di possesso" dello spazio pubblico della piazza da parte del papa. Il
motivo decorativo delle api (simbolo dei Barberini) ricorre con insistenza in una delle opere piu'
note dell'artista: il baldacchino di San Pietro. La struttura che sta tra l'arredo sacro, la scultura e
l'archittetura e' posta sotto la cupola di Michelangelo e in corrispondenza dell'altare papale.
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Commissionato nel 1624 e inaugurato nove anni dopo, il baldacchino e' completamente in
bronzo eppure i drappi che circondano la cornice in alto sono resi in modo tale che sembrano
muoversi per il vento. Le enormi colonne tortili alte undici metri danno uno slancio che trova
naturale proseguimento nelle volute superiori, per le quali si fa il nome del Borromini e nelle
figure dei quattro angeli, eseguiti invece in collaborazione con Duquesnoy e Finelli.
STATUARIA E PLASTICA: ALGARDI E DUQUESNOY
Il bolognese Alessandro Algardi, coetaneo del Bernini, giunge a Roma nel 1625 dopo un
apprendistato nella bottega dello scultore Conventi e aver assimilato l'arte di Carracci, di Guido
Reni e del Cinquecento, conosciuta durante un soggiorno a Mantova. Appoggiato dal
Domenichino e protetto dal cardinale Ludovisi, Algardi si esercita sulla scultura antica
restaurando alcune opere. Si accresce cosi' la sua gia' alta sensibilita' per questi modelli, che
infatti si ritrovano sia nelle sculture in marmo sia negli stucchi. Proprio in stucco nel 1629 crea le
prime opere importanti, la Santa Maria Maddalena e il San Giovanni Evangelista per la cappella
Bandini nella chiesa di San Silvestro al Quirinale. Nel 1634 partecipa alla decorazione per la
cripta della chiesa dei Santi Luca e Martina sotto la direzione di Pietro da Cortona ed entra nella
cerchia della famiglia Borghese per la quale esegue vari lavori. Inoltre, tra il luglio e l'ottobre,
riceve la prima commissione per una delle sue opere piu' note, il gruppo della Decollazione del
Battista, pagato dalla famiglia Spada per l'altare di San Paolo Maggiore a Bologna; e subito
dopo l'incarico per la tomba di Leone XI in San Pietro a Roma. Algardi diventa protagonista
riconosciuto e affermato sulla scena romana, ricercato soprattutto dalle famiglie nobili di origine
emiliana e del circolo dei Ludovisi-che optano per scelte volutamente opposte ai Barberini-
rappresentando per stile un'"alternativa" ai modi di Gian Lorenzo Bernini. Inoltre lo scultore
emiliano, a differenza del Bernini, realizza opere di varie dimensioni con la tecnica della fusione
in bronzo, in stucco e disegna oggetti in argento o bronzo, come reliquiari, crocifissi, bassorilievi
e figure all'antica che hanno grande diffusione. Un confronto tra i
due artisti e' offerto dalla tomba di Leone XI (1534-1644). Se per impostazione Algardi segue il
sepolcro di Urbano VIII, realizzato in contemporanea dal Bernini, diversa e' la concezione.
Scelto il solo marmo bianco come materiale, disegna un insieme composto e solenne, in cui le
figure allegoriche della magnanimita' e della liberalita' sono classicamente pausate, con vesti
panneggiate ampie e dalle piache contenute, l'una citazione dell'Atena delle collezioni Ludovisi,
l'altra assunta da quel momento e fino all'inizio del Settecento come modello formale e stilistico
da parte di altri artisti. Altra figura ampiamente ripresa e' quella
dell'angelo che, appoggiato con un ginocchio a terra in atto di sostenere un volume aperto,
affianca Sab Filippo Neri in estasi, opera imponente, alta circa tre metri, realizzata tra il 1635 e il
1640 per la sagrestia della chiesa di Santa Maria in Vallicella. La spiritualita' dell'ordine e' qui
celebrata non con enfasi barocca ma con pose naturalie solidita' nell'atteggiamento dei
protagonisti. Elementi questi che pongono la sua scultura, specie a partire dalla seconda meta'
degli anni trenta, in parallelo alla pittura di Andrea Sacchi, per la fusione tra lo spirito classicista
delle forme e delle composizioni e i toni morbidi nella resa della materia. A questo periodo
risalgono anche i busti dei membri della famiglia Frangipane per la loro cappella nella chiesa di
San Marcello al Corso, resi con un decoro austero che contrasta per esempio con i busti di
Scipione Borghese e Costanza Bonarelli di Bernini. 4
Francois Duquesnoy arriva a Roma come pensionante nel 1618 dopo la formazione e pime
opere eseguite con il padre e il fratello entrambi scultori a Bruxelles, sua citta' natale. Il suo e' il
terzo nome che si fa accanto a quelli di Bernini e Algardi nel delineare una traccia della storia
della scul