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La libertà religiosa, da esercitarsi nei luoghi adatti, è garantita ai prigionieri dall’articolo 34 ed
è connessa al diritto all’assistenza alle funzioni di culto. Tuttavia, è richiesto ai prigionieri di
uniformarsi alle norme indicate dall’autorità militare. Problematico è il caso di Guantanamo. Nel
campo gli ufficiali americani affermano di riconoscere la libertà di religione. Per il rispetto della
religione musulmana, infatti, è predisposta una copia del Corano e un tappetino per pregare. In
realtà, però, i testi del Corano vengono distrutti dai secondini di fronte ai detenuti .
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Segue l’articolo 35, disposizione relativa ai cappellani militari catturati dal nemico e rimasti o
trattenuti per assistere i prigionieri. Essi possono svolgere il loro compito di aiuto tra i
correligionari, saranno distribuiti tra i campi e affiancati a prigionieri delle loro stesse forze armate,
che parlino la stessa lingua e che ovviamente seguano la stessa religione. Possono visitare i
M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 81.
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prigionieri di guerra, che si trovano fuori dal loro campo, con i mezzi e le facilitazioni forniti dalla
Potenza detentrice. Infine, quando si tratta di atti religiosi legati alle loro funzioni, i cappellani
militari hanno il diritto alla libera corrispondenza (peraltro censurabile) con le autorità
ecclesiastiche dello Stato di detenzione e con le organizzazioni religiose internazionali.
Anche se non sono cappellani militari, l’articolo 36 permette ai ministri di culto, che vengano
fatti prigionieri di guerra, di svolgere le proprie funzioni per i prigionieri che professano la stessa
fede. Il loro trattamento è lo stesso riservato ai cappellani militari di cui sopra e non va loro imposta
nessun’altra occupazione.
I prigionieri, sprovvisti di cappellani militari o ministri di culto, possono richiedere, in virtù
dell’articolo 37, la designazione di un ministro correligionario o di fede simile, o, se possibile, la
nomina di un laico qualificato. Occorre, però, l’approvazione della Potenza detentrice, che si sia
accordata con i prigionieri interessati, e, se necessario, dell’autorità religiosa locale della stessa
religione. Sul ministro di culto incombe l’obbligo di rispettare i regolamenti prescritti dallo Stato
detentore nell’interesse della disciplina e della sicurezza militare.
L’articolo 38 è riservato alle attività intellettuali, educative, ricreative e sportive. Queste
vanno incoraggiate e garantite dalla Potenza detentrice, attraverso la predisposizione di locali e
attrezzature adeguate alle attività stesse. Gli esercizi fisici, tra cui lo sport e il gioco, e il godimento
dell’aria aperta fanno parte del corredo di diritti da riconoscere ai prigionieri tramite la
predisposizione di spazi liberi sufficienti a praticarli. Lo sport è un diritto del prigioniero di guerra .
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Già l’articolo 13 della precedente Convenzione di Ginevra del 1929 prescriveva il diritto
all’esercizio fisico, mentre l’articolo 17 incoraggiava l’organizzazione di «forme di distrazione
intellettuale e sportiva» per i detenuti. È da notare, tuttavia, come la Convenzione del 1949 vada
oltre lo strumento normativo anteriore, perché impone l’obbligo di creare locali adibiti allo sport e
di distribuire l’equipaggiamento adeguato. Gli Stati Uniti hanno dimostrato di violare l’articolo 38
della III Convenzione di Ginevra del 1949, che cerca di favorire, tra le altre, le attività intellettuali e
ricreative: infatti, nelle celle di Guantanamo, è fornito ai prigionieri un gioco che, da un lato, è
dama e, dall’altro, scacchi. Il problema è che non è possibile che il prigioniero si svaghi senza
cadere in depressione, utilizzando questo passatempo in totale solitudine: giocare con il vicino è
impossibile, poiché esiste una fittissima rete in acciaio a separazione delle gabbie. Lo stesso vale
per il fumo e lo sport, totalmente vietati: nelle gabbie di Guantanamo, i detenuti non possono
muoversi e, qualora siano sorpresi a fare esercizio fisico, vengono subito puniti. Ciò che resta è solo
4 E. GREPPI, op. cit., p. 24. Egli, inoltre, rinvia all’articolo 72: «L’art. 72 della stessa Convenzione
stabilisce che i prigionieri saranno autorizzati a ricevere, “per posta o mediante qualsiasi altro mezzo, invii
individuali o collettivi” contenenti varie categorie di beni e oggetti, compresi “articoli sportivi”. La pratica di
alcuni campi nel corso del secondo conflitto mondiale aveva mostrato la concreta possibilità di applicare la
norma e numerose organizzazioni di soccorso avevano provveduto ad inviare il materiale necessario».