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RICORDA).
Esistono alcune differenze ed alcune analogie fra infezioni e intossicazioni, a livello sintomatico:
Infezioni Intossicazioni
Diarrea Diarrea
Nausea Nausea
Vomito Vomito
Crampi addominali Diplopia
Febbre Debolezza
Difficoltà respiratoria
Senso di sonnolenza
Disfunzioni motorie e sensoriali
Possono essere trasmesse per contagio Non sono trasmissibili
interumano
Gli alimenti possono avere una contaminazione:
1. Primaria (animali malati o infetti)
2. Secondaria (suolo, acqua, uomo, animali, altri alimenti)
Le infezioni e le tossinfezioni alimentari
Agente Tempo di Durata Sintomi Alimenti Tossicità e
incubazione implicati fattori
favorenti
– – Nausea, Latte, carni, Esotossina
1 6 ore 1 2 giorni
Stafilicoccus vomito, uova, Termoresistente
Aureus diarrea, pollame, Scarsa
dolori prosciutto refrigerazione
addominali Tempo elevato
NO FEBBRE tra
preparazione e
consumo
– – Dolori Carne cruda, Diretta (circuito
8 72 ore 2 5 giorni /
Salmonella addominali, uova, fecale-orale)
settimane diarrea, pollame, pesce. Scarsa igiene,
vomito, febbre insetti,
alta topi, portatori
sani. Scarsa
refrigerazione,
cotture
insufficienti,
disinfezione
impropria
– – Debolezza, Conserve Esotossina
12 36 ore 2 7 giorni /
Botulino cefalea, vegetali o neurologica
mesi costipazione, animali, Termolabile.
difficoltà sottolio o Inadeguato
respiratorie e sotto vuoto, trattamento
visive, pesce termico,
paralisi dei affumicato anaerobiosi,
nervi craniali e scarsa
motori. acidificazione
NO FEBBRE
L’episodio di malattia trasmessa da alimenti (MTA) si può manifestare sotto forma di caso singolo
o focolaio epidemico (questo è molto più diffuso).
Ma quali fattori influenzano la crescita di microrganismi?
1. Composizione chimica (presenza di nutrienti, come proteine, zuccheri, grassi, vitamine)
2. Contenuto in acqua (Aw): la maggior parte dei microrganismi ha bisogno di una
disponibilità di acqua superiore al 95%
i microrganismi preferiscono un pH neutro o basico (RICORDA); ecco perché l’aceto,
3. pH:
che è acido, è un conservante
4. Atmosfera: gli aerobi hanno bisogno di ossigeno, mentre gli anaerobi sono inattivati
dall’ossigeno
5. Temperatura: nel frigo (0°-4°), i microrganismi non si moltiplicano, anche se rimangono
vitali; a temperatura ambiente (15°-45°) sono temperature ideali per la moltiplicazione dei
microrganismi. Ricorda, però, che anche temperature superiori a 60°-100°, sono perfetti per
uccidere i microrganismi (anche se le spore e le tossine sono termoresistenti e conservano la
loro attività).
6. Tempo trascorso fra preparazione e consumo: alla temperatura ottimale di 20°-40° i
microrganismi si dividono ogni 20 minuti circa; se il tempo trascorso fra preparazione e
consumo dell’alimento è eccesivo, è consigliato o raffreddarlo o scaldarlo.
La popolazione a rischio
Tra le persone a maggior rischio di malattie gravi a causa di microrganismi patogeni e patogeni
opportunisti trasmessi con gli alimenti, vi sono i soggetti ad alto rischio per patologie infettive:
1. Anziani
2. Neonati (la ridotta acidità gastrica dei bambini di età inferiore ai 4 anni e degli adulti di età
superiore ai 60 anni ne aumenta la suscettibilità alle infezioni intestinali)
3. Donne in gravidanza (danni al feto da listeria monocytogenes, toxoplasma)
4. Soggetti ospedalizzati, come leucemici e pazienti oncologici, pazienti sottoposti a trapianto,
pazienti ricoverati nelle unità di terapia intensiva, pazienti immunodepressi o sottoposti a
terapie immuno-soppressive
Nei Paesi industrializzati più della metà dei casi documentati di gastroenterite avvengono negli
anziani.
Nelle strutture sanitarie il tasso di letalità per episodi di gastroenterite batterica da alimenti è 10
volte maggiore che non nella popolazione generale.
Fra gli immunocompromessi le malattie enteriche sono le più comuni e le più devastanti.
La ristorazione ospedaliera
La ristorazione ospedaliera è estremamente è molto importante, soprattutto dal punto di vista del
trattamento della malnutrizione. Questo è un attuale problema, che va ad inficiare soprattutto in quei
reparti, come le RSA, dove sono presenti gli anziani (persone molto deboli e vulnerabili, che
devono invece essere protetti in tutte le loro componenti, attraverso un regimo alimentare corretto).
La ristorazione ospedaliera è parte integrante della terapia clinica e il ricorso al cibo rappresenta il
primo e più economico strumento per il trattamento della malnutrizione.
Questa, spesso presente già all’inizio del ricovero, aumenta durante la degenza e
comporta elevati costi, sia diretti (correlati alla patologia), sia indiretti (in termini sociopsicologici,
aumentata vulnerabilità alla malattia, ricoveri ripetuti).
Per fronteggiare queste problematiche il Ministero della Salute, ha emanato nel 2011 le Linee di
indirizzo Nazionale per la Ristorazione Ospedaliera e Assistenziale.
Lo scopo è di stabilire i principi generali per la ristorazione ospedaliera e assistenziale e di
presentare un modello da proporre a livello nazionale, al fine di rendere omogenee le attività
connesse con la ristorazione ospedaliera, intese a migliorare il rapporto dei pazienti ospedalizzati
con il cibo.
Esistono diverse modalità di preparazione e di distribuzione dei pasti.
La scelta del sistema migliore deve essere frutto di considerazioni di tipo:
1. Economico
2. Organizzativo
3. Logistico
4. Specificità della struttura
Per quanto riguarda la ristorazione sanitaria, troviamo:
1. Diete normali ospedaliere, controllate nei contenuti nutrizionali, ma non terapeutiche
2. Diete speciali personalizzate, prescritte in funzione di specifiche patologie
3. Refezione dei dipendenti (generalmente la scelta è sul menù delle diete normali)
Inoltre, possiamo trovare diete per particolati categorie di consumatori:
1. Le persone il cui processo di assimilazione o il cui metabolismo è perturbato (obesi,
diabetici, nefritici, soggetti sensibili ad allergeni, portatori di intolleranze alimentari)
2. Le persone che si trovano in condizioni fisiologiche particolari (immunodepressi,
traumatizzati, ipertesi, senescenti; ma anche gestanti, sportivi, forze armate operative)
3. I lattanti o bambini nella prima infanzia, in buona salute
La malnutrizione può essere:
1. Per difetto. Per esempio, la carenza di vitamina B (in particolare la PP) provoca la pellagra;
un deficit della vitamina C porta, invece, allo scorbuto.
che porta all’obesità
2. Per eccesso,
La preparazione dei pasti
La preparazione dei pasti può avvenire in due modalità:
ossia una “gestione casalinga” utilizzata in piccole entità. Fra i vantaggi,
1. Cucina in loco,
abbiamo:
Rapido passaggio del cibo dalla produzione alla somministrazione (cucina (di
conseguenza, c’è una ridotta possibilità di sviluppo microbico e migliore
conservazione delle caratteristiche organolettiche)
Distribuzione del pasto nelle vicinanze della
Tuttavia, i costi sono piuttosto elevati.
ossia un “centro di cottura” che
2. Cucina esterna centralizzata, trasporta i pasti alle varie
strutture. Anche qui troviamo alcuni vantaggi, come:
Ottimizzazione dell’impiego del personale
Possibilità di investire in tecnologie e impianti moderni ed efficienti
Tuttavia, ci sono anche alcuni svantaggi, come:
Aumento dei problemi di gestione e di trasporti
Tempi maggiori fra preparazione e consumo
La distribuzione dei pasti avviene per:
1. Fresco caldo, dove il cibo viene trasportato in cucina o riscaldato o refrigerato. Ha il pregio
di essere molto rapido, anche se in parte il cibo viene snaturato a livello organolettico.
dove si ha un abbattimento entro un’ora e mezzo fino a 10 gradi, si esegue
2. Cook and chill,
poi il porzionamento, lo stoccaggio tra 0 e 3°C e una conservazione per un massimo di 3-5
gg. Durante il trasporto si usano mezzi refrigerati con non più di 4°C. Sul luogo voi viene
riscaldato nuovamente. I costi purtroppo sono più elevati ed il personale deve essere
maggiormente preparato.
Virus dell’epatite A (HAV)
Il virus dell’epatite A è un piccolo virus a RNA a simmetria cubica a singolo filamento lineare,
appartenente alla famiglia dei Picornavirus; ha un diametro di 27-32nm, è privo di membrana
esterna (envelope) ed ha forma sferica.
Il nucleocapside è formato da 32 capsomeri, ciascuno dei quali è costituito da 4 proteine virali
(VP1, VP2, VP3 e VP4) che, legate insieme, gli conferiscono il caratteristico aspetto icosaedrico.
Di questo virus ne esiste un solo sierotipo.
Come tutti i virus dell’epatite, anche questo possiede una certa resistenza dell’ambiente e nei
confronti di alte temperature.
È una patologia a trasmissione interumana.
Questo virus si trasmette attraverso via parenterale e fecale-orale.
La trasmissione feco-orale può avvenire attraverso contatto con familiari, contatto sessuale (raro),
ma anche attraverso la manipolazione di alimenti infetti, frutti di mare crudi, cibi crudi ingeriti, ecc.
Questo virus è resistente a:
1. Basse temperature (come la conservazione a -20° C) come l’esposizione
2. Condizioni ambientali che inattivano gli altri enterovirus, a pH 1 per
30 minuti a 38° C
All’azione di disinfettanti quali l’etere ed il cloroformio,
3. poiché manca il rivestimento
liposolubile
Viene inattivato:
1. Solo dopo bollitura per 5 minuti
2. Dopo trattamento in autoclave a 121° C per 30 minuti
3. Dopo irradiazione con raggi UV a 60° C per 1 minuto
L’epatite A è u vero e proprio problema di salute pubblica. Sono stati segnalati, infatti, 1.4 milioni
di casi, annualmente, in tutto il mondo. Ricorda, però, che il 75-90% dei casi è sintomatica, anche
se provoca il 2,1% di mortalità.
l’epatite A non cronicizza,
Importante sottolineare come a differenza della B e della C.
Dal punto di vista epidemiologico, il livello di endemia (una malattia viene detta endemica quando
è costantemente presente o molto frequente in una popolazione o territorio), è:
1. Alta, nei soggetti minori di 5 anni (le epidemie sono rare)
nei soggetti fra 5 e 15 anni (le epidemie sono comuni, all’interno delle comunità)
2. Media, all’interno
3. Bassa, nei soggetti maggiori di 20 anni (le epidemie sono occasionali, delle
comunità)
Aspetti clinici dell’HAV
L’epatite A ha un periodo di incubazione di circa 1 mese.