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Per quanto riguarda la stazionarietà di questa popolazione, è evidente che questa si verifica se le condi-
zioni climatiche risultano costanti, se la morfologia del bacino rimane la stessa e se il deflusso idrico
non viene modificato da interventi antropici. Mentre i due ultimi aspetti sono facilmente verificabili, il
primo sicuramente non è vero su periodi molto lunghi, ma tenuto conto che abitualmente i dati disponi-
bili si riferiscono ad un periodo che non si sviluppa, all’indietro, per più di un secolo e che, normal-
mente le nostre previsioni non si sviluppano, in avanti, per un periodo maggiore, possiamo considerare
che per un periodo tutto sommato breve, l’ipotesi di stazionarietà sia plausibile (4). Pertanto è su questa
popolazione che noi applicheremo i metodi di analisi sviluppati dalla statistica.
2. I massimi annuali delle portate al colmo di piena.
L’analisi dei massimi annuali delle piene in una sezione è possibile se i dati registrati nel passato sono
disponibili. Nel caso dell’Italia la fonte maggiore d’informazione sui dati idrologici registrati sul terri-
torio nazionale, nel passato, è stato il Servizio Idrografico Nazionale. Questo organismo fu istituito, alla
fine del 1917, col compito specifico di osservare e studiare, su tutto il territorio nazionale, le acque na-
turali di qualunque specie: superficiali, come i fiumi, i torrenti, i laghi, o sotterranee, come le falde
freatiche ed artesiane, e di indagare i fenomeni che più direttamente ne determinano le vicende, come le
precipitazioni atmosferiche e la temperatura dell'aria, sulla spinta della possibilità che si andava presen-
tando di sopperire al fabbisogno di energia con le risorse idrauliche mediante la produzione idroelettri-
ca (5). Di conseguenza, a partire dai primi mesi del 1918, le osservazioni e le indagini idrografiche
vennero estese a tutto il territorio italiano che venne suddiviso in 14 grandi compartimenti delimitati
con criteri puramente idrografici in modo che ognuno di essi fosse racchiuso da linee spartiacque e
comprendesse solo bacini interi, indipendentemente da suddivisioni provinciali e regionali. I compar-
timenti vennero affidati ad altrettante Sezioni Autonome del Genio Civile, nell'ambito del Ministero dei
Lavori Pubblici, e sostanzialmente questa suddivisione è stata operativa fino a pochi anni fa.
Dopo oltre ottant'anni di attività ininterrotta, a meno di alcuni anni nel corso della Seconda Guerra
Mondiale, a seguito del DPCM 24/07/2002 "Trasferimento alle Regioni degli Uffici periferici del Di-
i servizi vennero tra-
partimento dei Servizi Tecnici Nazionali - Servizio Idrografico e Mareografico",
sferiti alle regioni. Questo ha comportato che le competenze del Servizio Idrografico sono state affidate
ad enti regionali (agenzie ARPA, oppure servizi tecnici regionali, oppure singoli Dipartimenti di Prote-
zione Civile ecc.), e i precedenti Compartimenti, che erano molto spesso sovra regionali, sono stati
smembrati sotto enti aventi estensione regionale.
Il Servizio Idrografico e Mareografico Italiano ha proceduto, fino alla sua dismissione, alla pubblica-
zione dei cosiddetti Annali idrologici, relativi ai vari compartimenti in cui era stato diviso il territorio.
La pubblicazione degli Annali, dal passaggio delle competenze alle regioni, non è più stata effettuata e
ogni struttura regionale si è incaricata di pubblicare i dati di sua competenza.
Per quanto riguarda i massimi annuali delle portate al colmo di piena, questi venivano riportati, relati-
vamente ad ogni sezione di misura (stazione nella Pubblicazione n° 17 del Servizio e nel-
idrometrica),
la fig. 1 è riportata, a titolo d’esempio, la pagina relativa al decennio 1951/1960 della stazione del Calo-
re Irpino a Montella (ponte S. Francesco).
Fig. 1 Pagina tipo della Pubblicazione n° 17 del Servizio Idrografico e Mareografico Italiano, con i va-
lori dei massimi annuali dei colmi di piena registrati nella stazione idrometrica del Calore Irpino
a Montella (ponte S. Francesco), nel decennio 1951/1960.
3. La stima, col metodo dei momenti, della distribuzione di probabilità cumulata Ф(Q) delle pie-
ne.
L’insieme degli n dati registrati nel passato, permette di avere un campione, di dimensione n, della
popolazione della nostra grandezza. E’ evidente che quanto più è ampia la dimensione del campione
tanto più ampia sarà l’informazione in esso contenuta e tanto più le sue caratteristiche si approssime-
ranno a quelle della popolazione. Purtroppo, però, i nostri campioni non saranno mai di dimensioni tan-
to grandi da garantirci, per quanto siano corrette le nostre procedure, che si individui l’effettiva distri-
buzione di probabilità della popolazione; Pertanto dobbiamo rassegnarci, nel prosieguo, ad avanzare
delle ipotesi di lavoro, a stimare, in base a dette ipotesi, la distribuzione di probabilità ammissibile, ed
ad accettarla se le verifiche ci dicono che è plausibile.
Nel prosieguo faremo riferimento a uno dei metodi di stima della distribuzione di probabilità cumulata
più diffuso e semplice: Il metodo dei momenti già trattato nel capitolo della statistica (3) (6).
A tale scopo definiamo la funzione densità di probabilità:
d x
,
x dx
strettamente connessa alla funzione distribuzione di probabilità cumulata Ф(Q), essendo ricavata da
questa per derivazione. :
Ricordiamo che si definiscono momenti di ordine n rispetto all’origine
n n
M x x dx
0 10
di cui il momento del 1 ordine rispetto all’origine (M =µ) è la e
media, momenti di ordine n rispetto
:
alla media
n ,
n
M x x dx
2µ
di cui il momento del 2 ordine rispetto alla media (M =ν) è la .
varianza
Ricordiamo ancora che la statistica definisce:
,
- scarto quadratico medio
- γ=σ/µ e
coefficiente di variazione 3µ 3
γ =M /σ .
- coefficiente di asimmetria 1
La stima della funzione probabilità cumulata col metodo dei momenti si basa sulla considerazione che
”. Ne discenderebbe che,
“
due funzioni risultano coincidenti se sono coincidenti tutti i loro momenti
stimati i valori dei momenti dal campione, la distribuzione di probabilità della popolazione sarebbe
univocamente definita da quella funzione che abbia tutti i momenti coincidenti con quelli calcolati dal
campione.
Purtroppo, però la stima dei momenti è tanto più incerta:
- quanto più è piccolo il campione;
- quanto più elevato è l’ordine del momento (2) (3).
Pertanto, con la dimensione usuale dei nostri campioni, la stima di momenti di ordine superiore al se-
condo è fortemente inaffidabile. Ne consegue che siamo costretti ad ipotizzare il tipo di funzione distri-
buzione di probabilità, limitandoci ad utilizzare il metodo dei momenti unicamente per la stima dei pa-
rametri che in questa compaiono.
4. Alcune delle distribuzione di probabilità cumulata Ф(Q) più utilizzate per interpretare la po-
polazione delle massime piene.
4.a La distribuzione logaritmo normale.
La distribuzione logaritmo normale è una distribuzione derivata da quella normale o di Gauss, nel sen-
so che la variabile derivata y = log Q risulta normalmente distribuita (3). Pertanto la distribuzione di
probabilità dei massimi annuali delle piene è data da: 2
y
y
y 0 .
5
1
Q=y
y
e dy
2
y
Con µ media della variabile y e σ scarto quadratico medio della stessa variabile.
y y
Inoltre µ e σ sono legati a µ e σ dalle relazioni:
y y Q Q
2 2 2
0 .
4343 ln (
1 ) ,
y Q
2
log 1
. 1513 .
y Q y
Indicato con γ = σ /μ , il coefficiente di variazione delle piene, nel caso di distribuzione logaritmo
Q Q Q
3 risulta non nullo, positivo e
normale, il coefficiente di asimmetria della distribuzione [ ] 3
Q
1 Q Q
dipendente dal coefficiente di variazione.
Come si vede se ci si affida alla distribuzione logaritmo normale per interpretare la distribuzione di
probabilità cumulata della nostra variabile, si è certi che coincidano unicamente due momenti: la media
e la varianza; tuttavia la distribuzione logaritmo normale viene scelta da molti poiché le sue caratteri-
stiche sono tali che anche il coefficiente di asimmetria ha un valore poco dissimile da quello che più
studi, sviluppati mettendo insieme le poche serie molto lunghe disponibili , fanno ipotizzare (vedi fig. 2
tratta da (7)).
4.b La distribuzione di Gumbel.
Molti statistici hanno ricercato, per via teorica, quella che dovrebbe essere la distribuzione di probabili-
tà di una grandezza che è il massimo in una stringa di valori indipendenti di una variabile originaria,
proprio come nel nostro caso. Infatti la nostra popolazione non è altro che l’insieme dei massimi delle
piene indipendenti che si sono verificate ogni anno. Tuttavia, poiché le ipotesi fatte sulla distribuzione
(sconosciuta) della variabile originale, possono essere diverse, disparate sono le distribuzione dei mas-
simi a cui pervengono i vari ricercatori.
Noi, qui di seguito, riportiamo la distribuzione studiata dal Gumbel (8), poiché molto utilizzata in Italia
(4). Questo autore perviene alla seguente distribuzione di probabilità dei massimi annuali delle piene:
( )
Q
e
e
Q
0
. 450
dove: e
Q Q
1 Q .
1
. 28255
Anche in questo caso, se ci si affida alla distribuzione di Gumbel per interpretare la distribuzione di
probabilità cumulata della nostra variabile, si è certi che coincidano unicamente due momenti: la media
e la varianza; tuttavia questa distribuzione normalmente viene scelta poiché le sue caratteristiche sono
state ricavate proprio al fine di interpretare la distribuzione dei massimi. Tuttavia questa distribuzione
ha il coefficiente di variazione costante e pari a 1,1395, pertanto alcuni idrologi affermano che è idonea
a interpretare le massime piene solo di alcune particolari aree geografiche con basso coefficiente di va-
riazione (vedi fig. 2 tratta da (7)).
4.c La distribuzione TCEV (Two Component Extreme Value).
Nell’ultimo ventennio molti idrologi italiani hanno ipotizzato che la scarsa