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L’evoluzione strutturale ha notevolmente influenzato l’idrogeologia
regionale, in particolare le 3 principali fasi tettoniche, che hanno
imposto l’assetto strutturale e stabilito i rapporti di giacitura fra
masse litoidi a diversa permeabilità, definendo i limiti delle strutture
idrogeologiche:
Fase Liassica (Giurassico inferiore) e differenziazione dei 2
principali domini di sedimentazione carbonatica (bacini
sedimentari): il dominio pelagico (umbro-marchigiano) e le
fasce di transizione da bacino a piattaforma, in cui ci sono
state sedimentazioni di biomicriti calcaree e influenza di
apporti continentali che hanno dato origine alle note
intercalazioni marnose e argillose; e la piattaforma subsidente
carbonatica (Lazio, Abruzzo, Basilicata e Campania). Hanno
diverse caratteristiche litologiche e diverse attitudini a reagire
alle sollecitazioni tettoniche. Migrazione dei margini di
piattaforma durante l’intero mesozoico.
Fase Mio-Pliocenica e la differenziazione delle strutture
idrogeologiche: nel Miocene Superiore il dominio di piattaforma
carbonatica si è smembrato in blocchi/settori, separati da
solchi profondi, all’interno dei quali si sono deposti sedimenti
torbiditici. Ciò, accentuando l’isolamento idraulico delle
diverse dorsali carbonatiche, ha creato numerose strutture
idrogeologiche indipendenti. Nel dominio pelagico era
deformato dalle spinte orogenetiche causando la formazione
sui fondali di ampie depressioni separate da dorsali allungate.
Così i depositi torbiditici e flyschoidi marnoso-arenacei si
depositavano sopra la serie carbonatica, in questo caso
piegata e non frammentata (tettonica plicativa, corrugamento
ma non con quei profondi solchi tipici della piattaforma).
Fase Plio-Pleistocenica e la migrazione dei livelli di base: fasi
tettoniche tardive a carattere distensivo. Ai margini e
all’interno delle dorsali si sono create profonde depressioni
intermontane, poi diventate bacini lacustri, poi colmati di
depositi alluvionali e fluvio-lacustri. I corsi d’acqua hanno
colmato di depositi alluvionali le depressioni tettoniche e inciso
profonde gole attraverso i nuclei delle dorsali carbonatiche,
saturati da una grande falda basale. Queste incisioni che
hanno svolto il ruolo di livelli di base degli acquiferi carbonatici
si sono gradualmente approfonditi fino ad ora. La maggior
parte delle acque sotterranee si riversa direttamente nei tratti
di fiume che attraversano i rilievi calcarei. Per questo il reticolo
fluviale ha una notevole regolarità nel regime delle portate e le
grandi sorgenti localizzate sono rare. La catena umbro-
marchigiana, in progressivo sollevamento, ha visto svilupparsi,
da una parte, un reticolo di drenaggio e di erosione alimentato
dall’abbondante ruscellamento che si produceva nelle
sinclinali, dall’altra l’estendersi di vaste aree di infiltrazione
profonda, con il progredire del processo di denudamento dei
nuclei calcarei delle anticlinali. Originati i graben costieri. Ciò
ha causato la migrazione dei livelli di base dei principali
acquiferi carsici, infatti tutte le sorgenti della regione
presentano caratteri morfologici giovanili. Quindi il processo
carsico ha ripreso la sua evoluzione su nuovi livelli, per questo
oggi le falde carsiche hanno regimi molto regolari, in una
regione carsica che invece è molto evoluta. Modifiche
dell’assetto anche a causa dell’intensa attività vulcanica come
conseguenza del rifting nel settore occidentale hanno portato
alla formazione il graben del Tevere, conche di Rieti e Terni, in
cui si riscontrano nette discontinuità idrogeologiche riferibili
alle linee tettoniche distensive, prodotte dal collasso seguito al
corrugamento, alla sepoltura di molte strutture carbonatiche, a
intensa attività idrotermale e formazione di nuovi acquiferi
negli apparati vulcanici.
Strutture idrogeologiche. E’ abbastanza semplice riconoscere i limiti
a flusso nullo o trascurabile che le circondano dal momento che è
molto netto il contrasto di caratteri idrogeologici fra complessi
affioranti. La maggior parte delle strutture ha limiti ben definiti.
3 tipi principali di acquiferi:
acquiferi dei depositi recenti di copertura, come quelli
alluvionali, che vengono rappresentati in celeste e si trovano a
profondità limitata e si possono raggiungere con i comuni
impianti di perforazione.
i grandi acquiferi carsici, inaccessibili perché troppo profondi,
sono anche aree di ricarica. In rosso. Sorprendente regolarità
del regime delle portate delle principali sorgenti.
acquiferi delle vulcaniti (più diffusi nel settore tirrenico). Meno
profondi di quelli carsici, è nota la piezometrica.
Quindi quadro generale: nuclei calcarei delle anticlinali = aree di
ricarica e nuclei sinclinali, colmati da depositi marnosi paleogenici-
miocenici = aquicludes, domina ruscellamento superficiale.
Colori = complessi idrogeologici (dai più recenti ai più antichi)
CELESTE = Complessi detritici, post-orogenici, indifferenziati
su cui acquiferi alluvionali o costieri (PLIOCENE-
OLOCENE/QUATERNARIO), nelle pianure alluvionali e costiere.
Comprende anche travertini (con mattoncini), di cui però non
si conosce l’infiltraz. Effi. A causa di scambi fiume-falda e
strutture idrogeologiche. Se spessori elevati, acquiferi
multifalda.
GIALLO = Complesso delle vulcaniti (PLIO-QUATERNARIE)
indifferenziate a diversa litologia. Buona permeabilità sia per
fessurazione (lave e ignimbriti), che alimentano falde basali
con portate notevoli (1m³/s), sia per porosità (piroclastiti), che
alimentano flusso di base dei corsi d’acqua. Notevole capacità
di immagazzinamento. Ie = 200-500 mm/a (piroclastici) e fino
a 800 mm/a (ignimbritici e lavici). Acquiferi che saturano gli
apparati vulcanici che si susseguono sul margine tirrenico dal
Monte Amiata a Roccamonfina. Difficile identificarne i livelli di
base, riferibili sia a sorgenti con portate considerevoli,
alimentate dalle colate laviche, sia ai corsi d’acqua drenanti
che incidono le pendici degli apparati, costituiti da prodotti
piroclastici.
GRIGIO-RIGHE ROSSE-PUNTINI ROSSI-BEIGE: Complessi delle
argille marine, flyschoidi argilloso-arenacei e calcareniti-
marnose (MIOCENE-PLEISTOCENE): spessori notevoli di argille
marine soprattutto nel settore adriatico, permeabilità e
circolazione sotterranea limitatissime, aquiclude degli
acquiferi carbonatici e sostengono le falde dei depositi
alluvionali. Anche flysch grandi spessori, se fessurati qualche
falda ma nel complesso aquiclude. Quelli arenacei hanno una
modesta capacità di immagazzinamento, ma sempre
aquiclude. Ie < 200mm/a. Quello marnoso – calcarenitico
segna il passaggio con la sedimentazione carbonatica rispetto
a quella terrigena, molto fratturate con diffuso carsismo con
falde discontinue e piccole sorgenti e Ie max fino a 300mm/a.
ROSSO (reticolo più è fitto e > Ie): Dominio di piattaforma
carbonatica con complesso di piattaforma, margine di
piattaforma e depositi di scarpata (inizio MIOCENE/metà
terziario-GIURASSICO/metà mesozoico): calcari e dolomiti
molto frammentati a causa dei 3 importanti eventi tettonici,
inflitrazione molto estesa e omogeneamente distribuita, quindi
esteso reticolo carsico. Falde imponenti saturano la base delle
strutture carbonatiche e drenano verso le grandi sorgenti
poste alla periferia dei sistemi carsici. Ruscellamento
ridottissimo (<1% precipitazioni). Ie =800-1000 mm/a.
Margine a calcare detritico-organogeni, oltre che fratturati
anche porosi, quindi maggiore infiltrazione e carsismo. Quello
dei depositi di scarpata simile al margine ma sedimentato su
alti strutturali stabili durante il mesozoico dove non c’è la serie
di piattaforma. Ie maggiore del complesso, acque assorbite
alimentano per la maggior parte il sottostante complesso
dolomitico, solo alcune alimentano falde, sempre sostenute da
queste, e sorgenti brullissime.
SFONDO BIANCO E MAGLIA QUADRATA LARGA: Dominio di
sedimentazione pelagica (OLIGOCENE-GIURASSICO):
successioni calcaree-biomicritiche con intercalazioni marnose-
silicee con stile tettonico plicativo (a pieghe = anticlinali e
sinclinali), deposte sul Calcare Massiccio. Drenaggio lungo le
linee tettoniche distensive che hanno fratturato le formazioni
marnoso-silicee. In tal modo ben alimentate le formazioni
calcaree più profonde, saturate da falde estese, lungo gli alvei
dei corsi d’acqua. Abbondante ruscellamento e forte erosione
hanno formato un reticolo di drenaggio fortemente inciso.
Spesso erosione talmente forte che incide la superficie
topografica fino a incontrare la piezometrica, quindi i corsi
d’acqua diventano il livello di base di sorgenti carsiche. Ie
media fino a 550 mm/a.
VIOLA e COMPLESSO DEL VERRUCANO: successione basale
dell’Appenino centrale, dolomitica e metamorfica (TRIASSICO-
PALEOZOICO): complesso dolomitico, con formazioni marnose
e intercalazioni evaporitiche.
Limitata permeabilità d’insieme e buone capacità di
immagazzinamento. Sature fino a quote > 1000m con
gradienti idraulici superiori al 20% che alimentano regolari
scorrimenti perenni ad alta quota (assente nei terreni
carbonatici). Ie max fino a 400 mm/a. Complesso del
Verrucano ha depositi marini, costieri e continentali
metamorfosati, bassa capacità di assorbimento, anche per la
limitata estensione in affioramento.
Precipitazioni rappresentate con isoiete.
Infiltrazione efficacie, ovvero la capacità di un complesso
idrogeologico di assorbire le acqua meteoriche e di essere
alimentato da esse, è l’elemento portante del bilancio idrologico, e
dipende dalla litologia e dalle locali condizioni climatiche. Per
calcolarla ci si basa sul principio che la quantità che emerge dal
sottosuolo equivale mediamente a quella che vi penetra, e basta
conosce la portata delle sorgenti e la precipitazione efficacie. Il
calcolo più attendibile è quello di dividere la portata media delle
sorgenti per l’area di alimentazione in cui esse si trovano.
Il ruscellamento non è direttamente calcolabile, perché la portata di
una sezione fluviale è alimentata anche dalle acque sotterranee.
Per questo viene valutato e calcolato l’indice di flusso di base.
Questo parametro rappresenta sia il regime di portata sia il
contributo delle acque sotterranee allo scorrimento superficiale.
E’ il rapporto tra la portata media del mese di massima magra (=
contributo minimo che le acque sotterranee danno alla portata di un
corso d’acqua) e la portata media annua; questo perché si è visto
che la portata media del mes