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E TEORIA DI LEWIN; STILI DI LEADERHIP
AUTORE: MARCO SANSALONE
DIRITTI RISERVATI
L’esperimento di Ash mira ad evidenziare la pressione da parte del gruppo. Ciò consiste
nel fatto che spesso, all’interno del gruppo, l’individuo tende a sviluppare un modo di
pensare comune agli altri membri, in quanto il componente sente il bisogno di conformarsi.
Tale bisogno deriva anche dal condividere un’identità di gruppo, data dal fare parte della
stessa esperienza. Vi sono tanti modi, tuttavia, in cui si può manifestare l’adesione ad un
gruppo. Tali modalità variano in un continuum che va dalla non condivisione assoluta del
gruppo, tuttavia non manifestata apertamente (conformismo pubblico), all’adesione
interiore al gruppo, in cui i principi del gruppo sono sostituibili a quelli del singolo membro.
La pressione al conformismo fa in modo che il gruppo ignori le voci dissenzienti
indipendentemente dal loro valore. Ciò avviene in quanto le voci dissenzienti
indeboliscono il gruppo, mentre la forza di quest’ultimo deriva in gran parte dalla coesione,
che può essere ottenuta grazie ad un leader forte.
Il consenso a tutti i costi è dato dalla pressione al conformismo. Tale tipo di consenso è più
facile da gestire, ma nell’operatività possono verificarsi delle problematiche. Non è detto,
infatti, che una decisione sia valida solo perché è basata sul consenso (consenso senza
riflessione). Il consenso può anche essere manipolato, nel qual caso viene guidato da chi
nel gruppo ha uno status superiore agli altri. Un modo per raggiungere il consenso senza
riflessione è ottenere una finta approvazione allorquando viene espresso un determinato
pensiero, come ad esempio i finti applausi. In alcuni incontri collettivi, come le strategie di
vendita, il finto consenso viene utilizzato per motivare i venditori.
Nel consenso senza indipendenza, i membri si fidano aprioristicamente del pensiero di
gruppo: ciò perché il fatto che tante persone siano arrivate alla stessa conclusione dà, ai
loro occhi, una maggiore validità a tale decisione. In realtà il consenso del gruppo non è
dato da un insieme di opinioni, ma da una posizione di maggioranza che effettua pressioni
sugli altri membri. Le persone che appartengono ad un gruppo costruiscono dentro di sé
una rappresentazione del gruppo, chiamata gruppo interno. L’appartenenza ad un gruppo,
infatti, influenza i comportamenti del membro anche non esplicitamente. Per tali motivi, i
comportamenti del gruppo diventano parte della personalità del membro, il gruppo diventa
“interno”.
Il consenso a tutti i costi si manifesta nel conformismo pubblico. Esso rappresenta
un’adesione pubblica senza una corrispondente adesione interiore ed è posto in essere
per evitare il disprezzo altrui. I gruppi, infatti, danno delle ricompense (ad esempio in
termini di riconoscimento o affiliazione) a chi si conforma mentre disprezzano chi non si
adegua. Il conformismo pubblico non è facilmente distinguibile dall’adesione interiore e
può essere causato da paura, da pigrizia, da desiderio di compiacere. Rappresenta
tuttavia una forma negativa di condivisione, perché se fatta propria da tutti i membri può
degenerare nell’ignoranza generale.
Il pensiero di gruppo rappresenta l’estremo negativo nel funzionamento del gruppo. Il
gruppo, infatti, può funzionare solo se ogni membro può esprimere le proprie opinioni. Il
pensiero di gruppo, invece, deriva da una mancanza di confronto, per cui il desiderio di
raggiungere il consenso è più importante dell’opinione del singolo membro. In questo
caso, prevale la volontà di manifestare esternamente l’unione del gruppo, più che una
reale compattezza interna. Il pensiero di gruppo rappresenta l’opposto della condivisione
secondo cui, invece, per riuscire a scardinare le regole della maggioranza bisogna usare
la negoziazione. In quest’ordine di idee, non si utilizzano gli aggettivi “giusto” o “sbagliato”,
ma “opportuno” o “non opportuno”, “funzionale” o “non funzionale”. All’interno della
strategia della negoziazione non deve essere privilegiato il piano della relazione ma il
piano dei contenuti, per cui è bene che il coordinatore chieda argomentazioni per
accertare se si privilegiano i contenuti o le relazioni. La parola d’ordine è che ogni membro
del gruppo sia un po’ contento e un po’ scontento. E’ più facile, tuttavia, che si verifichi una
coesione quando esiste un pensiero comune. Il consenso nel pensiero di gruppo viene
raggiunto senza prendere in considerazione tutte le informazioni disponibili. Tale tipo di
consenso è contaminato perché i giudizi non sono indipendenti e si produce, pertanto,
un’illusione di unanimità.
Al fine di contrastare il pensiero di gruppo, è possibile incoraggiare il dissenso ed un
atteggiamento mentale critico, facendo in modo che ogni membro del gruppo possa
esprimere il suo punto di vista (il cosiddetto “avvocato del diavolo”). E’ possibile anche
usare altre strategie, come quella di fare lavorare dei sottogruppi che si confrontano o di
evitare il voto pubblico.
Il dissenso ha un grande valore, in quanto la possibilità di opinione delle minoranze
garantisce la vita del gruppo, costringendolo ad assumere delle decisioni valide, e fornisce
un punto di vista alternativo. E’ tuttavia necessario che si crei una minoranza che abbia
una coesione al suo interno, in cui i singoli componenti la pensino tutti allo stesso modo.
Le minoranze, infatti, sono più influenti quando il loro consenso è costante nel tempo,
perché la coerenza conferisce autorevolezza alla minoranza.
La minoranza deve reggersi in equilibrio tra similarità e differenza. Essa infatti, da un lato,
deve avere un punto di vista differente da quello del gruppo. Un punto di vista troppo
diverso, tuttavia, può portarla ad essere espulsa da esso, per cui i dissidenti devono
essere considerati comunque parte del gruppo. I dissidenti devono avere quindi un credito
di credibilità, devono essere d’accordo con il gruppo almeno sulle questioni fondamentali.
Nei processi di elaborazione sistematica, la maggioranza deve sforzarsi di argomentare le
proprie decisioni, il che è dovuto al fatto che la minoranza mette i bastoni tra le ruote. I
dissidenti, pertanto, stimolano l’attività cognitiva dei componenti della maggioranza,
richiamando l’attenzione sulle argomentazioni logiche.
La leadership è rappresentata da una persona che per le sue caratteristiche viene
riconosciuta come guida del gruppo. Qui possono venire in risalto le seguenti questioni: le
caratteristiche del leader nascono con noi o si possiamo sviluppare? Quali sono le
caratteristiche del leader? Si tratta di aspetti legati alla competenza o alla personalità? La
leadership può essere definita come lo status, il comportamento e l’insieme di tratti che
caratterizzano la persona e che assicura la conduzione del gruppo. L’influenza che il
leader ha sul gruppo è maggiore di quella che il gruppo ha su di lui, per cui la leadership è
una funzione che consiste nel dirigere le attività del gruppo, in modo tale da raggiungere
degli obiettivi. E’ opportuno comunque che la leadership venga assunta alternativamente
dai componenti. La leadership è un processo di influenza tra leader e gruppo basato sulla
persuasione per raggiungere degli obiettivi, per cui il boss dice “andate, fate”, il leader è
colui che dice “andiamo”. Il potere impone delle decisioni, ma è il consenso che produce
compiacenza e acquiescenza. La leadership non è una persona ma un processo: il leader
può svolgere le sue funzione se gli altri lo riconoscono. Si tratta quindi di un processo di
interazione tra leader e gruppo, in cui viene a crearsi un’intersezione tra situazione, leader
e membri del gruppo. Secondo tale punto di vista, pertanto, non esistono delle
caratteristiche standard per un leader.
Esistono alcuni concetti simili a quello di leadership. Il potere, ad esempio, il quale implica
la capacità di vincere le resistenze degli altri; l’autorità, che rimanda alla legittimazione
nell’esercizio del potere; il controllo, che è la modalità con cui viene valutato il
raggiungimento degli obiettivi. La leadership, a differenza del potere, è la capacità di
stimolare un consenso volontario, un’accettazione delle persone rispetto agli obiettivi, vi è
un’espressione del dissenso e la negoziazione delle decisioni. Nell’esercizio del potere
invece non vi è un’adesione interiore dei componenti del gruppo.