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ANFITRIONE. Commedia illuminata dall’ironia. Scenario antico: modello Molière, che a sua volta aveva Plauto. Da
Molière K. prende il comico avvio e il solenne finale con Giove tonante. Tema: il doppio, il re Anfitrione e un Giove
deux ex machina che gli si rivelerà alla fine: vittima dell’inganno è la regina Alcmena. K. non ha la vocazione del
lirico, anche se dall’amore del dio con la donna mortale trae dei dialoghi di straordinaria liricità. Tutto suo è il
pensiero che il dio onnipotente abbia bisogno d’amore e l’amore possa venire unicamente da un cuore umano,
poiché una creatura umana può essere così perfetta da trovarsi in armonia col creatore. Nemmeno il “cuore”
avverte Alcmena dell’inganno: al cuore l’amato appare cmq un dio. Alcuni videro nell’Anfitrione di K. un rifacimento
al modello; altri contrapposero la serietà tedesca all’amorale leggerezza dei Francesi. Saggio di Thomas Mann:
K. mira alla “confusione del sentimento”: lo fa perfino nell’Anfitrione, dove si manifesta anche la sua tendenza al
misticismo, in quanto nel “partage avec Jupiter” viene adombrato l’intervento cristiano dello Spirito Santo.
1806: K. torna a cimentarsi con la tragedia in un progetto grandioso e inquietante. PANTESILEA. Goethe e Schiller
e il classicismo di Weimar scorgevano nell’arte dei Greci, secondo una formulazione di Winckelmann, “nobile
semplicità e quieta grandezza”, ossia un modello ideale di umanità in cui coincidevano individuo e società, bene e
bello, etica ed estetica. Con Pantesilea inizia la ribellione estetica al bello di K., che porta in scena il barbarico, il
caoetico e il distruttivo, che si incontrava anche nelle Baccanti di Euripide (che influenza Kleist). K. trasforma il
duello tra l’amazzone e il greco Achille in una dialettica tra i sessi e in una rivelazione della sostanza distruttiva
dell’amore. K. era probabilmente androgino e, nell’epistolario, non mancano spunti per scorgere in lui una latente
omosessualità, anche se probabilmente non ha mai avuto rapporti sessuali né con donne né con uomini. E’ dentro
l’amazzone, “metà furia metà grazia”, che si consuma il conflitto tra parte maschile e femminile dell’autore. Tra
Achille e la guerriera Pantesilea insorge la potenza incontrollabile dell’eros e quando, dopo che Achille sconfigge
Pant. a duello, lui tenterà di riavvicinarsi a lei, un sanguinante orgoglio (impulso di sopraffazione insito nell’eros)
scatena in lei una folle sete di rivincita, e la donna lo affronta coi suoi feroci cani e, non bastandole di ucciderlo, lo
sbrana. Il successo dell’opera arrivò solo nel Novecento: provocò scandalo e repulsione tra i contemporanei di K. Il
menadismo, l’erotismo omicida e l’antropofagia della Pantesilea, spinge Goethe a respingere freddamente l’opera
Nel 1807 K. ha concluso KÄTHCHEN VON HEILBRONN. Altra figura centrale del suo teatro. Se Pantesilea è
potente nell’agire, Käthchen è potente nella dedizione totale. Pant. e Käthchen sono legate: un essere unico,
pensato sotto riferimenti opposti. K. definiva Käthchen il suo lavoro più romantico: fu il lavoro di K. più
rappresentato. Molto apprezzato dalle donne, che adoravano la fanciulla di popolo, la sonnambula che si rivela
essere figlia dell’imperatore, e il grande cavaliere vom Strahl. Maschile e femminile confluiscono in un solo essere
sognante. Nessuna violenza, nessun conflitto tra i sessi in questa commedia seria con lieto fine, in cui figurano
anche scene in prosa (avrebbe potuto essere un racconto e non mirare al sublime tragico come Pantesilea).
Käthchen deriva dall’interesse che K. aveva coi suoi contemporanei per i fenomeni della psiche e per l’inconscio.
Sonnambulo sarà anche il protagonista del Principe di Homburg, il generale vittorioso che presenta morbidezze
tutte femminili.
Credo politico di Kleist: lui odia i Francesi e cospira con la cerchia di Dresda, che premi affinchè la Germania si
sollevi contro Napoleone. 1808: dopo l’insuccesso della Brocca rotta a Weimar e il fallimento della sua rivista, K.
serve lo Stato prussiano a Kônigsberg e nel 1809 diventa uno scrittore di attualità. Per la rivista Germania scrive le
eccellenti quattro Lettere satiriche e alcuni saggi di argomenti di attualità e politica. Progressista e liberale, è però
un nazionalista spinto per quanto riguarda la lotta dei Tedeschi contro l’oppressione francese: alla passione politica
e alla speranza di contribuire alla causa si deve LA BATTAGLIA DI ARMINIO, nuovo dramma che celebra la
vittoria del leggendario eroe germanico sui Romani: era un’allusione troppo scoperta al presente conflitto perché
qualcuno osasse metterlo in scena. Il dramma è pesante, cruento e scandaloso: riscattato dal terzo Reich, che lo
allestì spessissimo: si prestava come apoteosi dell’identità tedesca. Saggio di Thomas Mann: Spaventevole è il
nazionalismo furibondo contro “Roma”, cioè contro la Francia e Napoleone, della Battaglia di Arminio. Goethe disse
di K. che, nonostante gli sforzi di una sincera simpatia, questo poeta gli ispirò sempre orrore e ripugnanza.
Nel frattempo, K. ha pubblicato i suoi primi racconti, il Kohlhaas, la Marchesa e il Terremoto nel Cile. Non crede più
alla riscossa nazionale, la vittoria dei Francesi a Wagram nel 1809 l’ha gettato nel più profondo sconforto, le sue
speranze si concentrano sul Brandeburgo e sulla casa regnante: si documenta sulla storia prussiana. Oggetto
particolare del suo interesse è la battaglia di Fehrbellin (1675), vinta dai Prussiani grazie al generale di Assia-
Homburg, che si era scagliato sul nemico senza averne ricevuto l’ordine. L’insubordinazione, nella Prussia umiliata
dalle vittorie napoleoniche, era un reato gravissimo.
IL PRINCIPE DI HOMBURG. Nel 1810 scrive il Principe di Homburg, il suo dramma più felicemente costruito e,
nonostante ciò che ha di angoscioso, più sereno. Il dramma trova pessima accoglienza a corte: qui vi vedono un
generale prussiano disobbediente, un sognatore, un sonnambulo che trema davanti alla morte. La corte non vi
scorge la complessa conciliazione tra la dura legge dello Stato e le istanze del singolo, e neanche la celebrazione
della dinastia prussiana. Cmq K. non ha scritto una tragedia, ma uno Schauspiel (spettacolo): vi si narra del sogno
familistico del giovane sonnambulo, che ama e vuole ottenere in sposa la nipote dell’Elettore, ignaro che lei
potrebbe essere invece destinata a un matrimonio di convenienza politica. Durante la distribuzione degli ordini di
battaglia, Homburg sta inseguendo il suo fantasma d’amore e nemmeno li ascolta: l’impeto manda la cavalleria
all’assalto. Otterrà la vittoria, ma la legge bellica non ammette iniiative individuali, quindi il sovrano condanna a
morte il valoroso, amato da tutto l’esercito, il giovane che agisce per “puro sentire”, per personale desiderio di
gloria. Quando gli mostrano la fossa dove lo seppelliranno, Homburg si butta in ginocchio davanti alle donne.
Davvero straordinaria la bellezza d questa scena dove K. fa parlare quanto di meno retorico e ideologico esista, la
nuda, umanissima paura della morte. Si decide allora che la sentenza sarà eseguita solo se il reo la riterrà giusta.
Svolta verso l’autentico eroismo: il principe comprende che la sentenza è giusta, si rende quindi degno della grazia.
Nella penultima scena: inno all’immortalità che il principe leva ancora credendo di essere condotto alla morte.
Quella che il principe ritiene un'esecuzione, in realtà si rivelerà essere il proprio matrimonio con l'adorata Natalia. Il
suo sogno di gloria e di amore si è realizzato. Nell’opera troviamo gli oscillanti sentimenti di K. di fronte alla vita: la
sua brama di gloria e amore, e il suo essere “maturo per la morte”. K. ha messo sé stesso in questo giovane,
eterno, bifronte, egocentrico ma assetato di appartenenza: il “padre” lo riaccoglie, l’amata torna da lui e con lui è
tutta la comunità dei militari per un corale elogio alle future vittorie prussiane.
Saggio di Thomas Mann: La lingua della narrativa di Kleist è qualcosa di assolutamente singolare. Non solo i
soggetti sono provocanti, ma anche lo stile: i suoi contemporanei lo consideravano manierato e indigesto. Un
impeto, costretto in una ferrea e tutt’altro che lirica oggettività, fa nascere periodi complicati, aggrovigliati,
sovraccarichi, dove si procede per continui incastri attraverso formule come “di maniera che”; sono periodi che
risultano costruiti con pazienza e nello stesso tempo sospinti da un ritmo travolgente. In questo straordinario stile
“concentrato” vengono narrate storie dove non mancano mai avvenimenti straordinari.
A pensare a dei racconti K. inizierà solo nel 1805 col Michael Kohlhaas. Grimm osserva che i racconti di K. non
sono scritti per la massa che preferisce volgari storie dal quotidiano, istruzioni morali di pronto uso: K. offre invece
delle “individualità parlanti” che si rivolgono agli animi forti. Si è già formata quella che resterà l’opinione attuale: i
racconti superano il teatro. Per lunghezza, i racconti di Kleist sono molto vari: dall’assassino incendiario per
sentimento di giustizia Michael Kohlhaas, che è quasi un romanzo, al breve La mendicante di Locarno.
MICHAEL KOHLHAAS. È la storia di un uomo retto la cui sete di giustizia per un sopruso subito da parte di un
nobile, scatena una ribellione violenta e fatale e mette in moto una serie di avvenimenti sempre più complessi e
sempre più terribili, a loro volta portatori di nuove e gravi ingiustizie: una catena di accadimenti luttuosi che si
concluderà soltanto con il riconoscimento finale del diritto e della legge, con la punizione del colpevole, ma anche
con la pubblica esecuzione e morte dell’eroe. Questo racconto presenta periodi lunghissimi senza soste di
capoversi, sintassi ardua, punteggiatura più emotiva che logica, uso bizzarro delle virgolette che a volte non
consente di distinguere discorsi diretti dagli indiretti. E’ il trionfo del Kleist dialettico su quello drammatico. Del resto
il racconto non era mai stato condizionato come il teatro dalle tradizionali tre unità (azione-spazio-tempo). Thomas
Mann fa notare la grandezza di quello che forse è il più forte racconto mai scritto in lingua tedesca: per lui è uno dei
vertici dell’arte di Kleist. Con molta libertà segue le notizie di un’antica cronaca: un Kohlhaas –con nome diverso- è
vissuto davvero e, spinto da un senso della giustizia, da una passione per la giustizia indignata dalla “fragilità del
mondo&rdquo