vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
GROTOWSKI
È l’esperienza del 900 più interessante perché inscena l’abbandono del teatro, teatro per ritrovare
l’autenticità deve rinunciare a se stesso.
Ambiguità tra rappresentazione e realtà vissuta. Carriera di regista di teatro si concentra in una
decina d’anni, produce una dozzina di spettacoli, di cui propone e porta fuori dalla Polonia,
rielaborandoli, solo sei.
Nel 1968 smette con Apocalipsys cum figuris, poi smette di fare spettacolo, ultima rappresentazione
è nel 1975 a Genova, poi scioglie la compagnia.
Inizia la fase grotowskiana del PARATEATRO lavoro antropologico, di ricerca e di esperienza,
organizza momenti di vita in comune nel quale cerca di aumentare la percezione e la comunicazione
tra le perosne. Scappa negli Stati Uniti, ricerca su azioni fisiche origina da Stanislavski, che però
lo faceva per la rappresentazione, per il teatro.
Muore a Pontedera, centro di smistamento della maggior parte delle esperienze di ricerca del
Novecento. Fondazione di Pontedera offre un posto isolato a Grotowsi per continuare nella propria
ricerca, fonda Workcentre of Jerzy Grotowski.
Si forma ad una scuola che è quella del metodo Stanislavski, è già teatro di ricerca della verità, poi
segue un percorso di formazione professionale canonica a Cracovia, dove si diploma in regia.
Stanislavski è il primo a parlare del corpo dell’attore, se l’attore non è credibile, il teatro non è
credibile.
Grotowski cerca di sostanziare la realtà, cerca un’assialità [rapporto tra uomo e uomo]. Carriera è
breve perché non sfrutta le scoperte sulla capacità umana, non è interessato al successo ma alla
verità. Chi dirige un teatro stabile che cura un progetto sul territorio deve essere in linea con il
progetto scopi politici prima di quelli artistici.
Grotowski si rifiuta di lavorare per il comunismo, si accontenta di un teatrino ad Opole, Teatro
delle Tredici File reinventa lo spazio, ripensare collocazione fisica attore/spettatore.
Teatro all’italiana è frutto di una concezione voyeuristica, dove c’è chi guarda e chi si fa guardare,
attore fa finta di credere di non essere guardato massimo dell’IPOCRISIA. Grotowski crea per
ogni spettacolo uno spazio diverso spettacolo è rapporto attore/spettatore, è necessario collocarlo
nella maniera più consona. Grotowski mette insieme una compagnia, non di primi della classe ma di
ribelli. Con questo gruppo e Vaschen, il proprio sceneggiatore nonché ispiratori di molti dei principi
del regista, e Duravski, l’architetto delle scenografie, a partire dal 1964 riesce a rivoluzionare il
teatro con questi spettacoli.
Eugenio Barba per alcuni anni fa da assistente a Grotowski e gli costruisce una rete di amicizie
attraverso cui il maestro riesce a mostrare il proprio lavoro [era difficile entrare ed uscire dalla
Polonia].
Il cuore di tutta la filosofia di Grotowski è nel corpo dell’attore formulazione di un Trainig,
tecniche di allenamento non finalizzate all’accumulazione di abilità di spettacolo, ma è una via
negativa per abbandonare gli schemi motori precostituiti. Vale in realtà per qualsiasi essere umano
che volesse reagire con spontaneità ed interezza ad una situazione, non solo per l’attore. Grotowski
non ha mai cercato il teatro, ma sempre qualcos’altro.
“Blasfemo è momento del tremito, si trema quando si tocca qualcosa di sacro. È modo per ristabilire
legami perduti, è lotta contro Dio per Dio”, diverso dalla profanazione, che è non avere il concetto
di sacro.
Ricerca di sacro parte da lontano, pur essendo laico, madre aveva tendenze orientaliste.
Faust, per Grotowski è il ricongiungimento con Dio, non avvicinamento al demonio come
rappresenta la tradizione. Ricerca della dimensione sacra. Chiesa ha quasi sempre avversato il
teatro. Iniziale visione del teatro è associata al pantheon greco che assimila il dio all’uomo. Non è
accettabile per la religione cattolica, per la molteplicità del divina e la contiguità dell’uomo al
divino.
Il cattolicesimo e l’islam credono in una divinità totalmente staccata dall’uomo il personaggio è
l’incarnazione di un principio divino e trascendentale.
Divisione tra Platone (tutto ciò che è rappresentazione è sempre un allontanarsi dalla verità) e
Aristotele (rappresentazione è maniera per immaginare Dio e un principio ispiratore) sulla mimesis.
Ritrovare appartenenza del teatro al rito, in cui si ritrova la necessità del teatro, è sottrarlo alla
mercificazione ricerca del sacro di Grotowski. Se attore fino ad ora è stato una prostituta, perché
vende la propria fantasia e la propria capacità, bisogna farlo diventare santo, ovvero portarlo ad
offrirsi in dono allo spettatore [in termini di rapporto umano]. Mentre fa dono di se, offre in
sacrificio il proprio corpo, si fa trasportare dall’oggettività di ciò che sta succedendo e di ciò che sta
facendo, non finalizzando il proprio operato ad uno scopo o ad un riscontro,ma per puntare alla
condivisione di un evento. Attore sento è colui che riesce a produrre l’atto totale, atto in cui un
uomo nella sua interezza si consegna in mano ad un altro uomo. Sacro è l’oggettivo, ciò che
avviene nonostante noi, che ci trascende per questo ci fa sentire più vivi, si ritorna ad essere un
tutt’uno con ciò che ci circonda. Corpo è il sacro visione assolutamente antireligiosa.
Grotowski utilizza i RISUONATORI gesto alla fine del quale c’è l’emissione di un suono, voce
esprime il corpo. Onde sonore attraversano tutto il corpo nell’emissione di voce. Cavità del viso,
RISUONATORI DI MASCHERA, sono quelli utilizzati nel canto, la voce acquisisce armonici
diversi dalla laringe.
Grotowski vuole usare tutti gli altri RISUONATORI esercizi per abituarsi a convogliare il suono
nelle cavità del corpo, che normalmente non si fanno risuonare. All’ATTO TOTALE si arriva non
per dispersione di se stessi, deve esserci uno spettatore-attore, che si sente di rischiare
qualcosa ripensare lo spazio delle rappresentazioni.
Faust: spettatore è costretto a pensare a se stesso come commensale al banchetto, che partecipa a
quello che sta vivendo e lo rende possibile. Ogni spettacolo è metafora del teatro in sé.
Esercizi sono elemento necessario, ma non costituiscono il processo creativo. Spontaneità e vita
associata alla precisione e al rigore. Corpo deve essere materiale ad un atto psichico, non deve avere
resistenza.
BARBA
Eugenio Barba è di origini pugliesi, scrive Bruciare la casa, vita del regista è un continuo tornare a
casa per bruciarla e crearne una di nuova. Padre era ex-gerarca, molto autoritario.
Fonda un gruppo storico che attraversa la seconda metà del Novecento, Odin Teatret, teatro di
Odino, danese.
Serie di attività varie per vivere, poi viaggio sulla Talabot, nave, lavora come mozzo, sta per sei
mesi in Oriente, incontra la diversità. Per due anni, dal ’62 al ’64 fa l’apprendista presso Grotowski,
gli fa da assistente tornato a Stoccolma, crea l’Odin Teatret, mette insieme un gruppo di perdenti,
attori esclusi da accademie di teatro. È un gruppo internazionale, norvegesi, finlandesi; ricevono
proposta da un paese della Danimarca, che offre loro un posto per lavorare, si aggiungono italiani,
danesi, svedesi. Diventa Laboratorio interscandinavo per l’arte, lavora inizialmente sull’esempio
grotowskiano teatro povero, con variante attoriale molto diversa. Qualità fisica ha un andamento
molto danzato e ritmato.
Corpo è segno inequivocabile della storia di ognuno.
Momento di scatto è quando Barba prende una strada propria, decide di scrollarsi di dosso
l’immagine di allievo di Grotowski.
Terzo teatro: gruppi che si cercano una propria storia e definizione (primo è tradizionale, secondo è
d’avanguardia che sperimenta il linguaggio).
TRAINING: investimento genetico generoso e non finalizzato dell’attore.
Barba decide di staccarsi da questo teorizza idea del BARATTO, idea dello scambio, ricerca
umana non finalizzata, non ha prezzo, è in quantificabile. Attore se offre con il suo lavoro,
chiedendo in cambio la cultura del pubblico.
Nel ’74 torna in Salento e in alcuni comuni si installa per alcuni mesi impennata dell’umanità,
scendere per la strada ed incontrare la gente nella sua diversità.
Domande sulla soggettività/oggettività del proprio teatro.
Riflessione di Barba riporta alla tradizione, alla compenetrazione tra teatro,danza e canto. Sviluppa
attenzione per ANTROPOLOGIA DEL TEATRO. Fonda l’ISTA nel 1980, International School of
Theatrical Anthropology. Era scuola itinerante, istituzionalizzata solo per la volontà di proseguire,
si colloca dove un’ università è interessata, si sviluppava un determinato tema.
Università itinerante ha prodotto una letteratura, Arte dell’attore serie di riflessioni che attivano la
fantasia sui principali motori del teatro: SPRECO ENERGETICO (nella quotidianità si cerca di
limitare alle energie, nel teatro c’è sempre investimento eccessivo rispetto alla funzionalità del
gesto), MOTO DEGLI OPPOSTI (dinamica dei contrari, principio motore del teatro).
Rovesciamento delle aspettative nei confronti degli attori concetto filosofica di natura orientale,
in ogni cosa è contenuto anche il suo opposto. Senso di un simbolo sta nella tensione tra i due
opposti senso dell’esplorazione. Barba insisteva molto sul senso del rischio nel TRAINING, in
cui qualsiasi cosa di faccia è necessario farla con tutto se stesso.
Funzione sociale del teatro è legato al contesto in cui agisce in Europa è tradizionale, in altri
luoghi chi fa teatro può andare incontro a pericoli. È essenziale, raggiunge le persone, tiene unita la
comunità. Il Milione: non ha intento parodistico attraversamento del simbolo.
Teatro mundi: forma di spettacolo a cui contribuiscono attori delle più svariate discipline.
1996: Odin Taatret, omaggio al pubblico come montaggio di varie creazioni del mese
trascorso The Island of Labirinths, è la fiera delle differenze. Non si lavora per l’apparenza ma
per la sostanza, costruire tra attore e spettatore un rapporto genuino. Non è importante la
comprensibilità ma la credibilità.
Danzatrice indiana la finitezza di ogni suo momento è la sua credibilità, danza recuperata dai
bassorilievi altrimenti non si sarebbe conosciuta.
Ogni danza porta con sé una geografia div