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GOVERNARE IL CAMBIAMENTO

DEFINIRE IL CAMBIAMENTO

Daft e Noe descrivono 3 punti che richiedono un cambiamento organizzativo: la globalizzazione, l'introduzione e la gestione di nuove tecnologie e le caratteristiche della forza lavoro. A ciò Kreitner e Kinicki aggiungono le pressioni socio-politiche, forze generate da eventi politici e sociali e decisioni politiche internazionali.

La globalizzazione ha un ruolo fondamentale poiché ha posto le condizioni per un confronto competitivo in un mercato protetto da barriere. Essa ci guida verso l'efficienza della qualità, spingono ad adottare le nuove tecnologie. Questo cambiamento risale agli anni 80 cambia l'idea che l'organizzazione ha di sé poiché la globalizzazione porta essa a muoversi in un territorio senza più confini, barriere. Da un lato la globalizzazione produce vantaggi, dall'altro il business è diventato più complesso e competitivo quindi difficile.

da controllare. Le organizzazioni fanno fatica ad ottenere un vantaggio competitivo in termini di qualità, innovazione, attenzione, fattori che garantiscono la sopravvivenza all'organizzazione. Questo cambiamento è dato anche dalla tecnologia che ormai è alla portata di tutti, infatti l'informatica, la telematica influenzano il modo di lavorare e rigovernare l'impresa. Il cambiamento coinvolge anche i lavoratori, infatti vi sono più donne lavoratrici, uomini e donne di altre nazionalità, ecc.

Un primo aspetto di cambiamento riguarda la percezione e il significato che le persone attribuiscono al lavoro. Infatti i lavoratori sono alla ricerca di un lavoro motivante e che soddisfi gli interessi, le potenzialità e il bisogno di autorealizzazione. Non solo lavoro per la sopravvivenza, ma lavoro per la realizzazione professionale.

Un secondo aspetto riguarda la diversa organizzazione del lavoro in termini spazio-temporali. Quindi molto importante è il...

Il termine conciliazione riguarda la presenza delle donne a lavoro e le ripercussioni che esse hanno sulla famiglia. Secondo Gorge e Jones una delle trasformazioni riguarda la famiglia. Il mondo del lavoro è popolato da genitori single e dual career. Per le donne sembra più importante la carriera, mentre l'uomo cerca una vita più equilibrata. L'organizzazione deve creare un'interazione tra essa e l'individuo. Deve andare incontro alle esigenze dei lavoratori come ad esempio il part-time, telelavoro, congedi parentali, oppure creando servizi all'interno della propria struttura.

Spinte interne al cambiamento

Le spinte che nascono all'interno dell'organizzazione spesso sono difficili da individuare. Queste forze si possono ricondurre da una parte ai problemi connessi con la gestione delle risorse umane e, dall'altra, più specificamente alle decisioni e ai comportamenti manageriali. I problemi connessi con le risorse umane

ruolo lavorativo può essere un momento di grande sfida e opportunità per gli individui. Durante questo periodo, le persone possono sperimentare una serie di spinte al cambiamento organizzativo. Una delle spinte al cambiamento organizzativo è rappresentata dalle percezioni che i dipendenti hanno del lavoro che svolgono. Se un dipendente percepisce il proprio lavoro come noioso o poco gratificante, potrebbe essere spinto a cercare nuove opportunità lavorative o a richiedere un cambiamento di ruolo all'interno dell'organizzazione. Un'altra spinta al cambiamento organizzativo è rappresentata dal senso di equità e insoddisfazione generale al lavoro. Se i dipendenti percepiscono un trattamento ingiusto o se non sono soddisfatti delle condizioni di lavoro, potrebbero essere spinti a cercare alternative o a richiedere miglioramenti all'organizzazione. La motivazione lavorativa è un'altra spinta al cambiamento organizzativo. Se i dipendenti non sono motivati o non si sentono coinvolti nel proprio lavoro, potrebbero essere spinti a cercare nuove opportunità o a richiedere un cambiamento di ruolo che li stimoli di più. L'assenteismo e il turnover sono altre spinte al cambiamento organizzativo. Se un'organizzazione ha alti tassi di assenteismo o di turnover, potrebbe essere spinta a rivedere le proprie politiche e pratiche per cercare di ridurre questi fenomeni. Infine, la produttività è un'altra spinta al cambiamento organizzativo. Se un'organizzazione non raggiunge i propri obiettivi di produttività, potrebbe essere spinta a cercare nuove strategie o a rivedere i propri processi per migliorare l'efficienza. Sul lato del comportamento manageriale, i conflitti tra il management e i collaboratori, lo stile di leadership, il sistema retributivo e l'organizzazione stessa possono rappresentare spinte al cambiamento organizzativo. Se i dipendenti percepiscono un clima di conflitto o un'organizzazione poco efficiente, potrebbero essere spinti a cercare alternative o a richiedere miglioramenti. In conclusione, le spinte al cambiamento organizzativo possono provenire sia dal lato individuale che dal lato manageriale. È importante che le organizzazioni siano consapevoli di queste spinte e cercano di gestirle in modo efficace per favorire un ambiente di lavoro positivo e stimolante.credenze). Il cambiamento organizzativo può essere causato da diversi fattori, come ad esempio l'evoluzione del mercato, l'innovazione tecnologica, la necessità di adattarsi a nuove normative o la volontà di migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'organizzazione. Per affrontare il cambiamento organizzativo, è necessario attuare dei processi di elaborazione che coinvolgano tutti gli attori dell'organizzazione. Questi processi possono includere la definizione degli obiettivi del cambiamento, la pianificazione delle azioni da intraprendere, la comunicazione e la condivisione delle informazioni, la formazione del personale e la valutazione dei risultati ottenuti. Il cambiamento organizzativo può essere un'opportunità per l'organizzazione di crescere e migliorare, ma può anche essere un momento di difficoltà e resistenza da parte dei membri dell'organizzazione. È importante quindi gestire il cambiamento in modo adeguato, coinvolgendo e motivando i dipendenti, creando un clima di fiducia e supporto e fornendo le risorse necessarie per affrontare le sfide che il cambiamento comporta. In conclusione, il cambiamento organizzativo è un processo complesso che richiede tempo, impegno e collaborazione da parte di tutti i membri dell'organizzazione. È un momento di discontinuità e trasformazione che può portare benefici se gestito correttamente.
  1. Il cambiamento si mette in atto per risolvere un problema o una situazione critica attraverso l'introduzione di un'innovazione.
  2. Il cambiamento ha un chi (soggetti coinvolti nel cambiamento), un cosa (i concetti, idee, processi che sono oggetto del cambiamento), un dove, un quando (contesto), e un perché (il cambiamento avviene per certi motivi), e ha modi (per la sua attuazione).

Le tipologie di cambiamento:

  • Cambiamento non pianificato e pianificato;
  • Cambiamento 1 e 2;
  • Cambiamento incrementale e radicale;
  • Una tipologia generale di cambiamento.

Il cambiamento non pianificato si verifica spontaneamente e si tende a minimizzare le conseguenze negative e a massimizzare un eventuale beneficio.

Il cambiamento pianificato è invece il risultato di uno specifico sforzo da parte degli agenti di cambiamento. Sforzo messo in atto per affrontare un divario, con l'obiettivo di produrre benefici nella direzione desiderata.

nell'organizzazione e sia dei suoi attori. Secondo Bennis tale cambiamento è un metodo per ricercare la soluzione dei problemi della società attraverso la tecnologia sociale. Il metodo prevede l'utilizzo di conoscenze sistematiche, adeguate ai problemi umani, per giungere ad azioni e scelte intelligenti. Tale cambiamento inoltre, prevede un comune obiettivo. Ma a volte ciò non è possibile, a causa di attori contrari al cambiamento. Levy ha individuato una cambiamento di tipo 1 e di tipo 2; se si guarda il cambiamento da un punto di vista dimensionale e temporale, il cambiamento 1 appare moderato, razionale, normale. Il cambiamento 2 è più globale e assume caratteristiche strategiche, radicali. Il cambiamento 1 tenta di aggiungere o migliorare elementi già presenti nell'organizzazione, invece quello 2 implica la costruzione di un nuovo sistema. La lettura cronologica invece contrappone un cambiamento 1 graduale che si pone.

L'obiettivo di costruire una nuova realtà con piccole variazioni graduali e un cambiamento irregolare, che si pone l'obiettivo di modificare radicalmente l'organizzazione a partire dai modelli di riferimento e principi. Schermerhorn, Hunt e Osborn, distinguono due tipi di cambiamento: radicale e incrementale. Il primo coinvolge tutto il sistema organizzativo e tali cambiamenti sono indotti per fusioni, rilevamenti o fallimenti; Il secondo è meno traumatico. Cambiamenti di questo tipo sono dovuti all'introduzione di nuovi prodotti, tecnologie, sistema e processi che non alterano la natura dell'organizzazione. Il successo del cambiamento dipende dagli individui che lo guidano e lo supportano. Kreitner, Kinicki e Buelens individuano 3 tipi di cambiamento che fanno parte della tipologia generica: adattivo, innovativo e radicale. Il primo è caratterizzato da un basso livello di complessità, di costi, di incertezze e di resistenze; il secondo

implical'introduzione di nuove pratiche organizzative; il terzo è molto complesso e richiede molto impegno da parte dei management, inoltre richiede l'introduzione di nuove pratiche.

Contenuti del cambiamento

Daft, Noe, Greenberg e Baron individuano più puntualmente tre oggetti di cambiamento organizzativo:

cambiamento della struttura e delle strategie organizzative: riguarda l'amministrazione dell'organizzazione coinvolgendo i management. Include cambiamenti nel sistema di ricompense, di controllo e di coordinamento.

Cambiamento dei processi di lavoro e dell'ambiente lavorativo: riguarda il modo in cui le persone lavorano, quindi cambiamento nella progettazione del lavoro, dei programmi sul benessere e qualità della loro vita.

Cambiamento culturale: riguarda cambiamenti nei valori, nelle norme, negli atteggiamenti, nelle credenze e nei comportamenti degli attori organizzativi.

Per attuare tale cambiamento bisogna agire sulle percezioni, sui

Pensieri sugli atteggiamenti degli individui. Schermerhorn, Hunt, Osborn e Furnham aggiungono 4 possibili finalità del cambiamento: la missione o gli obiettivi; i piani strategici; il sistema gestionale (selezione, formazione, sviluppo); le attrezzature e i flussi di lavoro.

Modelli teorici di cambiamento organizzativo

Il primo è il modello di Lewin, adottato da molti studiosi di comportamento organizzativo. Esso punta l'attenzione sulla tendenza a mantenere uno stato di equilibrio esistente e intende il suo modello più come una teoria della stabilità.

Partendo da una situazione di equilibrio, le spinte al cambiamento iniziano ad agire scontrandosi con le resistenze da parte del gruppo. Se le spinte riescono ad avere il meglio sulle resistenze, si verifica la fase di scongelamento che porta al cambiamento vero e proprio e alla fase successiva di congelamento. La fase di scongelamento si verifica attraverso la rottura dell'equilibrio esistente.

all'interno dell'organizzazione, in questo modo la situazione è pronta per essere cambiata. Lo scongelamento può essere facilitato dall'ambiente, ed è compito del management individuare e sfruttare le eventuali fonti di insoddisfazione lavorativa per attivare lo scongelamento. Durante la fase successiva si può realizzare il cambiamento; tale cambiamento continua fino a quando viene raggiunto un nuovo equilibrio, dando il via al ricongelamento, fase finale di tale modello, nel quale i cambiamenti vengono rinforzati e stabilizzati fino alla loro istituzionalizzazione. Modello evolutivo: tale modello proposto da Greiner si basa sull'analogia tra sviluppo delle aziende e sviluppo individuale. Secondo questo modello, le aziende, durante la loro espansione e sviluppo, transitano attraverso 5 fasi evolutive, caratterizzate, ciascuna, da periodi di evoluzione e uno rivoluzionario. L'alternanza di tali periodi dipende da alcune variabili: età dell'organizzazione,
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Publisher
A.A. 2009-2010
24 pagine
6 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/06 Psicologia del lavoro e delle organizzazioni

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Exxodus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Pavoncello Daniela.