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DATAZIONI RAGIONEVOLI!
Müller (metà dell’800) sosteneva che i commenti vedici dovevano essere
contemporanei al canone buddista, intorno al 600-200 a.C. e riteneva che i Brahmana
non potevano aver richiesto un periodo inferiore a due secoli per la loro compilazione,
quindi li poneva tra l’800-600 a. C. La composizione delle Samhita avrebbe richiesto
un periodo altrettanto lungo e quindi la datazione della maggior parte degli inni del
Rgveda doveva risalire intorno al 1000 a.C. e alcuni più antichi potevano essere datati
fino al 1200 a.C.
Sono testi antichi tanto quanto più antichi dei testi ie che sono stati i testi ittiti (1600-
1500 a.C.) e un po’ più antichi dell’epos omerico almeno nella media perché molti
sono successivi.
Il Rgveda permette di ricostruire dal punto di vista linguistico la fase più antica
dell’indiano e dal punto di vista culturale la concezione del mondo che gli indiani
avevano che è di tradizione ie. Il Pantheon indiano è comparabile a quello greco, latino
e delle popolazioni germaniche.
L’indiano è scritto in devanagari adattato dall’aramaico (lingua semitica) a sua volta
parallelo al sistema grafico fenicio che ha dato inizio all’alfabeto attraverso la Grecia.
L’aramaico è stato acquisito in Iran e poi forse ha dato origine a due sistemi di
scrittura. Ogni segno indiano è detto ashara, è un segno che indica una consonante
seguita da -a perché è la più comune. E, o sono confluite in a.
TESO I,32
Il testo I, 32 fa parte della sezione meno antica del I libro del Rgveda. È un inno
dedicato a Indra, divinità più importante del Pantheon vedico, seguito da Agni.
Presenta lo stile degli inni eulogistici, cioè di lode dell’impresa e delle virtù del dio. La
lode è funzionale a ingraziarsi il ben volere del dio. La prima strofa introduce l’inno ed
è dal punto di vista del poeta. Poi viene introdotta la narrazione. L’ultima strofa, di
solito interpolata, riassume ciò che è stato detto prima e conclude l’inno con una
generica esaltazione della divinità. La prima e l’ultima strofa sono formulari, hanno
una connotazione standardizzata. La parte più interessante è quella che si trova in
mezzo.
La lode attraverso l’inno ha una funzione concreta perché le parole di lode della
divinità devono sostituire le offerte e i sacrifici votivi. Le parole nutrono il dio come
fossero cibo e il dio diventa più potente.
L’impresa narrata in I,32 è la sconfitta definitiva di Vrtra, il demone per eccellenza che
incarna il male. È raffigurato come un serpente, come in altre tradizioni, circonda le
montagne (metafora per le nubi da cui non cade pioggia) e impedisce all’acqua di
sgorgare. Impedisce la fecondazione del terreno causando un danno agli uomini. La
lotta tra Indra e Vrtra è la liberazione dell’uomo dalla schiavitù della mancanza
d’acqua, la liberazione delle acque e la liberazione del mondo dal caos primigenio in
cui proliferava Vrtra. L’impresa di Indra è la cacciata del male dal mondo
definitivamente. La terminologia è quella dell’exterminatio, cioè l’uccisione definitiva
facendo a pezzi il corpo del demone. E per impedire che si possa avere un altro
demone, Indra uccide la madre di Vrtra.
La narrazione è apparentemente caotica, sembra andare avanti e indietro, ma la
tecnica cerca di mettere in primo piano la liberazione delle acque che è l’evento più
importante.
INDRA
Indra è la divinità tutelare degli Ari (uno dei nomi degli indiani), li aiuta a sconfiggere
gli aborigeni (antichi abitanti dell’India, popolazioni dravidiche). È il dio che sconfigge i
demoni delle tenebre, libera le acque e conquista la luce. Il dio è descritto biondo,
viene sottolineata la sua appartenenza alla popolazione indoaria e l’opposizione con
gli aborigeni di carnagione più scura. Le sue armi sono l’arco e le frecce, un uncino e il
vajra (lampo o fulmine) come Zeus e Giove. Il poeta esalta la grandezza del dio
dicendo che è grande 10 volte la terra. Beve grandi quantità di Soma che lo stimola a
compiere le sue imprese.
L’origine di Indra è più volte narrata. Spesso si dice sono stati gli dei a crearlo per
distruggere i nemici e una volta la sua nascita è attribuita al Soma. A volte Indra e
Agni sono indicati come fratelli creati dalla bocca di Purusa. Si dice anche che è nato
facendo riferimento alla madre e al padre. La madre era Nistigri, mentre il padre a
volte Tvastr (ha forgiato il vajra, corrisponde a Vulcano), altre è Dyaus e altre ancora è
Agni. La moglie di Indra è Indrani, ma non ha un nome significativo.
Ha fatto molte imprese oltre ad uccidere Vrtra, come la conquista del Soma, il
recupero delle vacche rapite dai demoni Pani. Le vacche sono le divinità che portano il
giorno, conducono il carro dell’aurora. Sono molto importanti e sono oggetto di
venerazione ancora oggi nella tradizione induista. indu
Non si sa da dove venga il nome di Indra, forse da ‘goccia’ visto che era goloso di
Soma.
VRTRA vr-
Il nome di Vrtra viene dalla radice ‘coprire, avvolgere’, è colui che copre le
montagne impedendo alle acque di scorrere. Ha le sembianze di un serpente. È Figlio
di Danu, che viene nominata solo una volta nel Rgveda.
Traduzione e commento (strofe 1; 7-9; 14-15)
Il verbo principale non presenta accento, mentre il resto si. Un altro elemento atono è
il vocativo, ma non è frequente.
Legge di Wagernagel (fine ‘800-primi del ‘900) scoprì che la seconda posizione in una
frase resta quella privilegiata per gli elementi atoni nelle lingue ie antiche.
Strofa 1
índrasya nú viryàni prá vocam. Ora voglio celebrare le gesta di Indra.
1a
Nu ‘ora’ avverbio di tempo. Gr nu, nun; Lat nunc; Ags nu.
Prá ‘avanti, verso, via’ preverbio, modifica il valore del verbo. Corrisponde al lat e
gr pro. In indiano non esistono le preposizioni. I preverbi in lat e gr diventano
preposizioni.
Vocam ‘voglio celebrare’ ingiuntivo dell’aoristo raddoppiato, 1 singolare attivo
vac- *va-uc-
w
(parla il poeta) di ‘dire, parlare’ (ie *wek -, lat voc-). Va analizzato come
am (sillaba di raddoppiamento, radice al grado zero, desinenza storica di 1 singolare).
In vedico l’ingiuntivo segnala un comando e nella 1 singolare un obbligo morale o
un’intenzione. -o è l’esito del monottongamento del dittongo -au-. È ingiuntivo perché
manca l’aumento, ma c’è la desinenza storica.
Viryàni ‘le gesta’ virya-
accusativo plurale neutro di ‘valore, impresa’ derivato da
virá- vir).
‘uomo’ (lat Per il neutro plurale ci sono due desinenze in ved: 1) -a (più
antica), indicava un collettivo e si confondeva con altre desinenze, è stata sostituita
nei nomi tematici dalla desinenza dei temi in nasale (-ani); 2) -ani formata per
analogia a partire dai temi in nasale. La retroflessione della nasale dipende da -r-
precedente. Nel samdhi -i- antevocalico è segnato come -y- e l’accento viene indicato
grave sulla vocale seguente.
Índrasya ‘di Indra’ índra-. -sya
genitivo singolare di desinenza di genitivo singolare
dei nomi tematici, si è generalizzata nell’indoario a partire dalla desinenza
pronominale di genitivo singolare. In origine era *-es/-os>-as ma non era subito
riconoscibile.
_______________________________________________________________________________________
yáni cakára prathamáni vajri.
1b
Yáni ‘che’ pronome relativo accusativo plurale neutro. Il tema ya- accomuna iranico e
gr, mentre il lat e altre lingue ie hanno fatto ricorso ad altri temi pronominali.
Cakára ‘ha compiuto’ kr-
perfetto indicativo 2 singolare attivo del verbo ‘fare’. V
classe, i verbi che ne fanno parte hanno un suffisso nasale -no- (nelle forme forti
attive) /-nu- (nelle forme deboli medie). Il perfetto presenta raddoppiamento e radice
al grado *-o- con esito allungato. Ca- con palatalizzazione della velare avanti alla
vocale *e della sillaba raddoppiata. *cekor>cakar (*o>a; a palatalizza c; *e>a). È
accentato perché verbo della secondaria.
Vajrí ‘l’armato di vajra’ nominativo singolare maschile di un aggettivo sostantivato
vajrin- (tema in nasale). Questa formazione indica il possessore e in questo caso indica
Indra, colui che possiede il vajra.
Prathamáni ‘ai primordi’ viryani. Prathama-
neutro plurale concorda con ‘primo,
primus;
primordiali’, riguarda il periodo prima della formazione del mondo. Lat gr
protos. Il suffisso vedico di superlativo è -tama- e probabilmente questa formazione
viene ricondotta a un antico superlativo.
ahann ahim apas tatarda. Uccise il serpente, liberò le acque
1c
Ahan(n) ‘uccise’ han-
imperfetto 3 singolare attivo del verbo ‘colpire, uccidere’, II
classe atematico.
fendo, feino. a-han-t
w
Ie *g hen-; lat gr La forma va analizzata come * (a- è l’aumento,
han- la radice al grado pieno, -t la desinenza atematica storica di 3 sing). I gruppi finali
si semplificano in indiano antico *nt>nn>n come in gr antico. Il testo conserva la fase
in cui non era presente la semplificazione *nn>n. Presenta doppia nasale perché
precede una parola che inizia per vocale (raddoppiamento consonantico, si ha quando
la parola che inizia per vocale prima iniziava per consonante). Il verbo presenta
l’accento anche se è in frase principale perché è in prima posizione.
Ahim ‘il serpente’ accusativo singolare maschile di ahi- ‘serpente’ che indica il
demone Vrtra. La desinenza in -m si ritrova perfettamente in altre lingue ie antiche,
tranne in gr che è -n perché non ammette la -m finale.
Anv ‘luogo, dopo, sotto’ forma in samdhi di anu davanti a vocale iniziale della
parola seguente.
Preverbio, modifica il significato del verbo seguente.
Tatarda ‘fece uscire, liberò’ trd-
perfetto indicativo 3 singolare attivo del verbo ‘far
trnatti<*trnadti.
uscire, fendere’. VII classe a infisso nasale, il presente è
*tetord>tatarda (*e>a; -o- grado apofonico pieno). Non si ha vocale lunga radicale
perché la sillaba è chiusa. Il verbo è atono perché è il verbo della principale. Si traduce
con ‘ha libero’ e ‘liberò&r