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La motivazione (psicologica) segue tre modelli: il modello
egodinamico; Modello Balboni basato su tre fattori: dovere,
bisogno, piacere; Schumann e il modello di input appraisal.
Il modello egodinamico Ognuno di noi, cioè il nostro ego, ha
un progetto da realizzare (esami, conoscenze linguistiche,
informatiche, progetti di lavoro). Per realizzare il progetto si attua
una strategia e si entra in contatto pratico con il progetto; Se si
ottengono buoni risultati, la strategia si rinforza e il feedback è
buono, l’ego è soddisfatto e prosegue nel lavoro; Se i risultati sono
scarsi o non soddisfacenti l’ego si deprime e si attiva il filtro
affettivo, la barriera che rischia di far fallire il progetto. Dovere,
bisogno, piacere Il dovere è un tipo di motivazione che non
porta all’acquisizione; il bisogno è legato all’emisfero sinistro
(razionale): a volte funziona, ma ha due limiti: è necessario che il
bisogno sia percepito dall’apprendente e funziona fintanto che lo
studente lo percepisce; il piacere è legato all’emisfero destro, ma
può diventare bimodale, quindi coinvolgere l’emisfero sinistro, e
diventare strumento potente di acquisizione. Esistono, nel campo
glottodidattico diversi tipi di piacere: piacere di imparare, piacere
della varietà, della novità, della sfida e della sistematizzazione,
voler capire come funziona qualcosa, scoprire la grammatica
anziché leggere schemi prestabiliti.
Stimulus appraisal L’emozione ha un ruolo fondamentale nel
processo cognitivo; il cervello coglie degli stimoli, li valuta, li
apprezza e poi decide se accettare l’input, ossia il cervello
seleziona solo ciò che vuole sulla base di 5 motivazioni: 1) novità,
2) attrattiva, 3) funzionalità, 4) realizzabilità, 5) sicurezza
psicologica e sociale.
L’insegnante deve: - saper lavorare in squadra (insieme agli altri
docenti); - imparare a cambiare ed evolversi; - saper cogliere il
valore dell’esperienza: apprendere dai problemi incontrati e
risolverli; - avere competenza gestionale; - garantire il
collegamento tra l’istituzione in cui lavora e il Paese di cui insegna
la lingua: scambi di studenti, progetti internazionali, convenzioni
con enti stranieri. Definizione di materiale didattico Il
materiale didattico è un complesso che prevede l’utilizzo di: - un
libro di testo di base; - materiali di rinforzo e recupero altri dal
libro di testo; - materiali audio e video; - Internet; - guide
didattiche per i docenti; - prove di verifica graduate; - un sito in
cui raccogliere materiali e valutazioni in modo ordinato.
La lingua dell’interazione in classe: Il foreigner’s talk, espressione
dal significato negativo, indica i tentativi di un madrelingua di farsi
capire con sintassi elementare, coordinazione di frasi, gestualità
accentuata che sono spesso controproducenti perché non rispettano
la realtà con cui una lingua è effettivamente utilizzata;
Il teacher’s talk è molto simile a quanto visto sopra, ma riguarda il
docente non madrelingua che insegna una lingua straniera. Il
professorese può essere utile solo durante le prime fasi di
insegnamento;
Il teacher’s talking time è un concetto ovvio: più un docente parla,
meno gli studenti parlano e acquisiscono. Studenti come
protagonisti e non (solo) uditori.
Le variabili dell’evento comunicativo seguono l’acronimo
SPEAKING di Hymes che verrà adattato al contesto
glottodidattica: Setting: disposizione dell’aula - l’aula ad U è la
migliore; Partecipanti: studenti e docenti; Ends (scopi): gli scopi
vanno condivisi; il docente deve spiegare perché utilizza
determinate tecniche o attività, Atti: gli atti comunicativi del
docente devono tendere all’effetto sul destinatario e non conta
l’intenzione del mittente; Key (chiave psicologica); Instruments
(mezzi); Norme di interazione: come il docente si pone in termini
di formalità/informalità e uso della lingua straniera; Genere
comunicativo: il monologo, genere che pare stia scomparendo dalla
scena glottodidattica; interventi guida del docente durante visione o
ascolto di testi (percorso guidato); lavori in coppia/gruppo/squadre
(qui è fondamentale la disposizione dell’aula).
Un curricolo è un modello operativo che definisce un profilo
formativo e quindi indica le mete, gli obiettivi e i contenuti che
costituiscono l'oggetto di un corso. Si può dire che un curricolo
fonde le nozioni di programma e di sillabo, in realtà oggi i
curricoli tendono a includere anche sezioni che offrono:
- parametri per variare il curricolo a seconda delle caratteristiche
della situazione didattica, della natura degli allievi, del quartiere in
cui si opera, delle dotazioni glottotecnologiche disponibili, ecc.;
- una guida metodologica relativa alle tecniche didattiche che si
consiglia di utilizzare (o che vengono considerate incongrue con le
premesse del curricolo) per raggiungere gli obiettivi; - una serie di
parametri per la verifica e la valutazione del raggiungimento degli
obiettivi.
Un sillabo è un modello operativo particolare: si tratta infatti di un
elenco dei contenuti, risultato di un processo di analisi dei bisogni
strumentali, senza particolare attenzione alle mete educative.
Negli anni settanta del secolo scorso il Progetto Lingue Moderne
del Consiglio d'Europa ebbe la forza di coinvolgere vari paesi
europei nel tentativo di superare la nozione di "programma" e
diffuse dei sillabi, detti "livelli soglia". Dagli anni Ottanta i sillabi
sono entrati a far parte di un modello operativo più ampio e
complesso, il curricolo. Il concetto di sillabo è presente nella
tradizione italiana anche con la denominazione di "corpus", ma
ormai questo termine viene usato da pochissimi studiosi.
Nella tradizione italiana il programma era una sorta di manifesto,
che indugiava molto sulle finalità e poi passava ad una rapida e
sommaria indicazione dei contenuti e delle metodologie di
insegnamento e di verifica. Negli anni Settanta questo modello è
entrato in crisi; pur continuando a chiamarsi "programmi", quelli
proposti oggi in Italia sono in realtà dei curricoli.
Per progettare un curricolo bisogna prima di tutto definire i bisogni
degli apprendenti.
L’analisi dei bisogni linguistici deve tenere conto di:
- Bisogni pragmatici futuri;
- Bisogno di imparare ad imparare, ossia raggiungimento
dell’autonomia nell’apprendere una lingua;
- Bisogni presenti, quelli dell’ambiente classe, quelli che, se
percepiti e soddisfatti, danno motivazione e portano
all’acquisizione (modello egodinamico).
- Mete dell’insegnamento linguistico: educazione linguistica vs.
istruzione
Le mete educative da perseguire:
- Culturizzazione: la conoscenza e il rispetto dei modelli culturali e
dei valori di civiltà dei paesi in cui si parla la LS;
- Socializzazione: la possibilità di avere relazioni sociali in LS;
- Autopromozione: la possibilità di realizzare un proprio progetto di
vita avendo una maggiore conoscenza del mondo, una maggiore
ricchezza cognitiva, avendo imparato ad imparare e divenendo così
sempre più autonomi.
- Mete glottodidattiche specifiche
Il matema: l'unità minima di apprendimento; può corrispondere a
un obiettivo didattico, ma più spesso, soprattutto in un approccio
comunicativo, ciascun obiettivo comprende più matemi: questa
divisione è essenziale in termini di programmazione didattica: ogni
ora di lezione deve avere un numero accettabile di matemi,
evitando sia il sovraccarico sia la demotivazione.
L’unità minima del processo di acquisizione e si basa su tre
momenti: