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I MAESTRI BOLOGNESI : DA IRNERIO AD ACCURSIO
Le origini della scuola nata a Bologna sono tuttora oscure. Sappiamo dell’importanza che rivestì un certo personaggio, tale
Pepo, giurista medioevale, che verso la fine del secolo XI aveva dato inizio ad un insegnamento di diritto che non lascio quasi
traccia in Italia. Al contrario viene occasionalmente citato in Francia ed in Inghilterra nel secolo XII. Lo stesso fu probabilmente
presente al processo di Marturi del 1076 (vedi sopra).
Di lui si sa che fu l’esponente principale della scuola di Ravenna che fu effettivamente il primo che si cimentò nello studio delle
opere di Giustiniano, anche se probabilmente solo per erudizione personale e non per scopo didattico come avrebbe fatto poi
Irnerio.
2 Tale differenza tra i due giuristi pare essere confermata da un altro importante glossatore, tale Odofredo Denari.
La prima testimonianza in assoluto del nuovo approccio della scuola bolognese alle fonti romanistiche riguarda il nodo dei
rapporti tra diritto naturale, diritto romano e diritto longobardo; fu proprio Pepo, secondo la testimonianza del teologo inglese
Ralph Niger ( maestro a Parigi nella seconda metà del XII secolo) ad aver contestato l’applicabilità della pena pecuniaria
longobarda nei confronti di un uomo libero accusato dell’omicidio di un servo, argomentando che lo ius naturale impone la
pena del taglione e non distingue il libero dal servo. In questo caso il richiamo di Pepo al diritto naturale comporta da un lato
l’applicazione della pena capitale per l’omicida secondo il diritto romano, ma dall’altra l’assimilazione del servo all’uomo libero
che con tale diritto contrasta. Da ciò ne deriva un chiaro esempio della natura poliedrica del concetto di ius naturale.
Fondatore della scuola dei Glossatori fu senza dubbio Irnerio che operò tra il 1112 ed il 1125; egli fu il massimo esponente
dell’attività di interpretazione della compilazione giustinianea.
Digesto, Codex, Istituzioni e Novelle vennero studiati nel testo originale e analizzati con straordinaria capacità critica (si
consideri che non aveva a disposizione nessuno strumento interpretativo preesistente) e da lui corredati ai margini di migliaia
di annotazioni (glosse).
Le glosse avevano diverse funzioni: alcune chiarivano il significato del testo, altre creavano collegamenti con altri passi del
testo, altre ne discutevano l’applicabilità a fattispecie simili a quelle previste dal tenore letterale della norma.
In queste tre operazioni si concentrava il nucleo vitale del metodo creato dai Glossatori.
Allievi di Irnerio furono Bulgaro, Martino, Iacopo e Ugo, vissuti a Bologna nella prima metà del XII secolo.
La conferma dell’autorità precocemente riconosciuta alla scuola dei Glossatori viene dallo stesso imperatore Federico I
Barbarossa, il quale nel 1158 convocò la Dieta di Roncaglia, un’assemblea in cui venne elaborata una complessa serie di
costituzioni feudali sui diritti spettanti all’Impero. Alla compilazione vi parteciparono con funzioni consultive i 4 dottori della
scuola di Bologna, i quali stabilirono che agli imperatori, come successori dei Cesari, spettava la piena sovranità sui comuni
italiani.
Bulgaro (11151166) fu colui che lasciò la traccia più duratura; tra le sue opere più importanti si ricordano il “De
1) regulis iuris”, un apparato di norme esplicative, lo , una raccolta di questioni legali discusse in classe, il “De iudiciis”, breve
trattato di procedura e le “Dissensiones dominorum”, in cui polemizzando con Martino, propugnò la tesi a favore di una
interpretazione strettamente aderente al testo delle leggi.
Tali attività diedero vita a due importanti generei letterali: gli ordines iudiciorum, ovvero antichi trattati di argomento
processuale sia civile che canonico e le quaestiones disputatae.
Martino Gosia (11001166) uomo spirituale, incline a dar peso maggiore all’equità piuttosto che al rigore della legge.
2) Nelle Dissensiones dominorum appare difatti rappresentante di un’interpretazione elastica del testo, in opposizione alla
linea interpretativa di Bulgaro, più aderente al significato letterale della norma.
Uno tra i discepoli più importanti di Bulgaro fu Rogerio, possibile autore di una delle prime somme al Codice,scritta in
Provenza, opera tuttavia rimasta incompiuta.
Nell’anno 1162 gli venne affidata , nel corso di un’importante causa, la difesa dei conti di Barcellona contro i conti di Baux in
Provenza, difesi da Bulgaro. Ne uscì vittorioso.
Altro allievo di Bulgaro fu Guglielmo da Cabriano, autore dei Casus Codicis, riscoperti in tempi recenti dallo studioso Gero
Dolezalek e considerati secondo una sua analisi una reportatio delle lezioni di Bulgaro.
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Per ultimo non possiamo non considerare il discepolo Giovanni Bassiano; cremonese di origini fu un giurista particolarmente
sensibile alle realtà nuove del suo tempo, che spesso risultavano estranee alla disciplina del Corpus Iuris; egli valorizzò quelle che
lui definiva “le consuetudini dei moderni” riferendosi all’autonomia dei comuni cittadini e alle consuetudini locali, a scapito del diritto
positivo.
Contemporanei di Bulgaro, nei decenni finale del secolo XII, furono Pillio da Medicina e il Piacentino.
Il primo, fu autore di diverse opere processuali e didattiche tra cui una importante raccolta di questioni, Questiones
• Sabbatinae , ed una prima analisi dottrinale delle consuetudini feudali; a tal proposito sviluppa la teoria del “dominio
diviso” del feudo lombardo: distinzione tra dominium diretto (ovvero il diritto del soggetto che aveva la titolarità astratta del
bene – il proprietario ) e dominium utile (ovvero il diritto del soggetto (vassallo) che godeva del bene senza essere il
proprietario). Nel 1182 fondò lo studio di Modena, dove si trasferì con un gruppo di scolari da Bologna. Opera
fondamentale fu il Libellus disputatorius, che mirava a formare i giuristi in modo nuovo e che li abituasse al dibattito sui
principi e sulla tecnica dell’argomentazione. Nello specifico espone il suo metodo brocardico: utilizza brocardi (massime
giuridiche) tratti dalla compilazione giustinianea e corredate da argomentazioni giuridiche (argomenta o generalia) sia a
favore sia contro i principi espressi nell’opera giustinianea. Da questo dibattito veniva poi espressa la solutio della
controversia.
Il Piacentino fu un celebre professore sia a Bologna che a Montpellier, dove soggiornò dal 1162 al 1164; redige una
• Summa Codicis ed una Summa Institutionum.
La nuova scienza giuridica si era diffusa precocemente nella Francia Meridionale. Sin dal 1127 è testimoniata la presenza di
giuristi formati sul modello bolognese.
Contemporaneamente a Bologna affluivano studenti non solo dall’Italia del Nord , ma anche dal sud Italia, dalla Germania,
dalla Francia , dalla Spagna, etc.
A partire dai primi decenni del Duecento nascono, sullo stesso modello della scuola di Bologna, altri centri di studio
universitari: a Padova nel 1222, a Napoli nel 1224, etc.
La quarta generazione di Glossatori ha come esponente di maggiore spicco il glossatore Azzone, allievo di Giovanni Bassiano
e a sua volta maestro di Odofredo.
AZZONE visse tra la fine del XII secolo e l’inizio del XII secolo.
E’ conosciuto soprattutto per la sua instancabile attività didattica; insegnò a Bologna per diversi anni; pare che in diverse
occasioni dovette spostare le sue lezioni in piazza poiché l’aula non bastava a contenere gli alunni.
L’opera principale di Azzone è la Summa Codicis, opera che rappresenta la più esaustiva sintesi del diritto civile e che restò
insuperata nel suo genere per completezza e per chiarezza. La Summa sintetizzava l’intero Corpus Iuris, seguendo lo schema
del Codice giustinianeo; ad esempio nel titolo dedicato alla compravendita venivano riportate le regole fondamentali in materia
contenute nel Corpus Iuris giustinianeo.
La Summa Codicis di Azzone venne costantemente consultata per cinque secoli.
Abbiamo già detto che già i Glossatori della prima generazione corredavano i propri manoscritti di testi romani con capillari
apparati di glosse, che arrivavano a coprire l’intero volume. Il lavoro dei maestri precedenti veniva utilizzato dai maestri
successivi attraverso l’integrazione e la modifica delle glosse stesse.
Con il tempo i manoscritti si riempirono di strati successivi di glosse ( una singola pagina poteva contenerne anche cento) e ci
fu presto l’esigenza di predisporre apparati più leggibili.
4 ACCURSIO (1180 – 1262) ;
A questo si dedicò il professore bolognese egli dedicò decenni di lavoro alla composizione di un
gigantesco apparato di glosse (quasi centomila) alla compilazione giustinianea. Riuscì ad incorporare nella sua opera, la
Magna Glossa, le interpretazioni di ben 4 generazioni di Glossatori, raccogliendo così il meglio della grande esperienza
scientifica della scuola, da Irnerio al suo maestro Azzone.
Venne terminata probabilmente nel 1228; designata con il nome di Glossa ordinaria per la sua completezza e chiarezza, è da
considerarsi fondamento del diritto comune europeo.
L'opera ebbe enorme autorità (già in vita dell'autore) e fu stampata in tutte le edizioni del Corpus iuris civilis nel periodo 1468
1520 e in quasi tutte ancora fino al 1627; sino alla fine del Settecento ogni giurista che in Europa ricorreva al Corpus Iuris nel
proprio lavoro di avvocato, consulente e giudice, lo fece con l’ausilio costante dell’apparato accursiano.
Con essa si concluse l'attività originale della scuola dei glossatori, che infatti decadde, facendo luogo alla scuola degli
accursiani o postaccursiani.
IL METODO DIDATTICO E I GENERI LETTERARI
Per comprendere a pieno il significato dell’attività dei Glossatori, dobbiamo partire dal ruolo fondamentale che riveste per loro il
testo della legge scritta; il Corpus Iuris Civilis è per i giuristi bolognesi diritto vigente: non solo ogni sua parte è valida ed
applicabile, ma per ogni caso, ipotetico o reale che sia, si trova una possibile soluzione al suo interno. Compito dell’interprete è
quello di chiarirne la portata mediante gli strumenti concettuali che sono propri del giurista. Possiamo dire che i principi
riprodotti o ricavati dai testi giustinianei rappresentavano il campo del vero, non soggetto a discussione, del quale non era
lecito dubitare: ogni principio era in vero e autorevole.
Da ciò possiamo capire due cose:
1. Credenza che il Corpus Iuris Civilis non contenga massime contrastanti;
2. L’eventuale contraddizione è solo apparente e può essere eliminata con il ragionamento.
Nel campo della verità non esiste spazio per la contraddizione. I testi sono perfetti. Si tratta di un atto di fede tipicamente
medioevale che può tr